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Afrodite/Venere

AFRODITE la dea greca dell'amore, dai Romani identificata con Venere nasce secondo la leggenda dalla schiuma del mare; Esiodo ci racconta che la dea sarebbe nata dal mare nei pressi dell'isola di Citera per poi passare a Cipro. Un altro mito, di cui si ha notizia sempre grazie a Esiodo e probabilmente più antico, partendo dal mito cosmico del Cielo e della Terra narra che Urano, il dio del Cielo, si stese nell'amplesso amoroso sulla Terra, quand'ecco sul più bello sopraggiungere Crono che lo mutila. Il membro staccato galleggia sulle onde finché non si trasforma in bianca spuma nella quale si forma la fanciulla divina.

Nata dal mare, Afrodite veniva venerata dai naviganti, non come Poseidone, ma come colei che rende il mare bello e tranquillo e sicura la navigazione. Le era sacro il delfino, l'allegro accompagnatore dei naviganti.

Afrodite ammansisce dunque non soltanto il mare, ma rende bella anche la terra. Ella è la dea della primavera in fiore. Le sono sacre le rose, ma anche molte altre piante, quali il melograno e il mirto. Anche la mela, antico simbolo dell'amore, si trova nella sua mano.

Se la primavera è la stagione dei fiori, essa è anche la stagione che invita all'amore.

Era quindi ovvio che Afrodite venisse collegata al matrimonio e alla generazione dei figli, ma in fondo non fu mai la dea dell'unione coniugale, quale fu Giunone. Lei era piuttosto quella potenza che spinge un essere irresistibilmente verso un altro essere. Il mortale non può opporsi alla volontà di Afrodite.

In occidente, il culto di Afrodite ebbe il suo maggiore centro in Sicilia sul monte Erice, dove esisteva un santuario punico dedicato a Tanit. Vi si praticavano riti di fecondità e, pare, anche la prostituzione sacra. Dalla Sicilia il culto della dea si diffuse in Italia fino a Roma, dove fu venerata col nome di Venus Erycina.

Ma per quanto nella sua genesi dea asiatica della fecondità, Afrodite in Grecia diventa una divinità ellenica. Pare per altro che in Grecia la sua immagine si sia fusa con quella di una antica divinità indigena. Anche i suoi rapporti con un dio sanguinario come Ares, dal quale avrebbe avuto Demo e Fobo (il Terrore e la Paura), ma pure Armonia, fanno ritenere che sulla figura di Afrodite abbia influito qualche antica divinità legata alla terra.

Per Omero, Afrodite è figlia di Zeus e di Dione.

Afrodite era rappresentata con il corpo cinto di rose e di mirto, su un carro tirato da passeri colombe e cigni. Suo era un cinto miracoloso che rendeva irresistibile chiunque lo possedeva, perché vi erano intessute tutte le malie d'Afrodite, il desiderio e il favellare amoroso e seducente che inganna anche il cuore dei saggi, come diceva Omero. Persino Giunone, i cui rapporti con Afrodite erano improntati a quel miscuglio prettamente femminile di amicizia dispettosa e di ripicche valutate, se lo fece prestare allorché Giove aveva per la testa qualche avventura galante.

Accompagnavano Afrodite le Grazie e i geni della bramosia e della persuasione: Eros, Imeros e Peito.

La leggenda più famosa di Afrodite è legata alla causa della guerra di Troia.
Alle nozze del re Peleo con la ninfa Teti non venne invitata Eris, dea della discordia, che per vendicarsi gettò durante il banchetto una mela d'oro su cui erano incise le parole "Alla più bella".
Subito la mela venne rivaleggiata da Era, Atena ed Afrodite che si rivolsero a Zeus per un scelta.
Zeus però non volle decidere chi fosse la più bella ed esse allora si rivolsero al principe di Troia Paride.
Ognuna di esse gli promise un dono.Era gli avrebbe dato potere, Atene gloria militare, Afrodite la donna più bella del mondo.
Paride diede la mela ad Afrodite e come dono chiese Elena, moglie del re greco Menelao.
Il rapimento di Elena scatenò la guerra di Troia.

Da un abbraccio con l'eroe troiano Anchise, Venere concepì il pio Enea e dovette per comando di Giove sposare Vulcano, il dio deforme del fuoco, che ella si affrettò ad ingannare con Marte, dal quale avrebbe avuto due figli, Eros o Cupido, cioè Amore, ossia Anteros. Ma Vulcano, al quale avrebbe dato un figlio, Priapo (che secondo altri sarebbe invece nato dall'unione con Bacco), aveva qualche sospetto che Afrodite lo stesse tradendo. Un giorno, sorpresa Afrodite in flagrante con Marte, volle avere la sua vendetta; e, circondato il letto dell'infedeltà d'una rete così ingegnosa che i due amanti vi rimasero accalappiati, li offrì in spettacolo a tutti gli dei accorsi al richiamo del marito tradito (le dee pudiche rimasero nelle loro camere). Gli dei, naturalmente, si fecero delle gran risate sul conto di Vulcano.

Oltre a Marte, numerosi altri amanti furono attribuiti ad Afrodite; fra l'altro Dioniso, che l'avrebbe resa madre delle Grazie e di Imene. Anche da Poseidone, dio del mare avrebbe avuto un figlio, Rodo, la personificazione divina dell'isola di Rodi. Dall'unione con Mercurio infine le sarebbe nato Ermafrodito. Ma la sua grande passione fu Adone che doveva poi cadere vittima della furiosa gelosia di Marte. Anche senza compromettersi, aveva un debole per gli uomini in genere, come ad esempio per Faone cui donò, in compenso d'averla traghettata da Lesbo al continente, una bellezza tale da renderlo mira delle bramosie delle donne, fra cui la poetessa Saffo. Andò a finire che si considerava Afrodite anche la dea della fortuna; la si invocava nel gioco dei dadi.

Per le rappresentanti del proprio sesso, Afrodite invece sembrava non nutrire troppe simpatie. Basti pensare quante sventure portò ad Elena e a tante altre. Anche Psiche, l'amante di suo figlio Amore, venne da lei trattata in modo piuttosto umiliante.

Venere

di Max (foto in alto)

Venere è un’antica divinità italica della primavera con centro di culto ad Ardea. Fu identificata con la greca Afrodite, dea dell’amore e della bellezza. Ma la divinità fu anche associata alla dea Iside degli Egiziani e alla dea Astrate dei Fenici.
Come madre di Enea fu considerata progenitrice dei Romani e della gens Iulia. Le feste dedicate a Venere si svolgevano il 1 aprile ed erano chiamate Venerali.
Questa dea fu nei secoli omaggiata da artisti antichi e moderni per la sua eccezionale bellezza.

Le due nascite di Venere

Esistono due versioni della nascita di Venere. Secondo una delle quali il titano Crono recise i genitali di Uranio e li gettò nel mare. Il sangue e il seme in essi contenuti si trasformarono in un ammasso di schiuma che galleggiò fino all’isola di Cipro. Sulle spiagge dell’isola Venere mosse i suoi primi passi dopo essere emersa dalle acque e dalla schiuma. La parola aphros significa schiuma e da qui il nome di Afrodite. La dea non aveva avuto né infanzia e né fanciullezza poiché era venuta al mondo come una giovane donna. Questa versione è nota come “versione della conchiglia.”
Nella seconda versione conosciuta come “versione dei cherubini”, Venere era figlia di Zeus e di Dione, ninfa degli oceani. Andò poi in sposa a Vulcano ( Efesto ). Tuttavia non fu una moglie perfetta poiché passava gran parte del tempo con i suoi amanti divini come Ares (il dio della guerra), con cui ebbe una relazione piuttosto duratura e l’avvenente Adone. Ebbe diversi figli tra cui: Eros (Cupido), Deimos (Terrore) Phobos (Paura) ed Armonia, la moglie di Cadmo. Uno dei suoi figli mortali era Enea che ebbe dopo una relazione con Anchise, Re di Dardania. Ma quando Zeus scoprì che lui era stato amante di Venere lo rese storpio con una saetta.

Il tempio di Venere

Il tempio di Venere si trovava nel Foro Romano tra la basilica di Massenzio e la valle del Colosseo e fu costruito da Adriano ed inaugurato nel 135. L’imperatore ne avrebbe personalmente curato il progetto. Di questa costruzione restano solo alcune colonne e le absidi con le volte a cassettoni. Per terminare i lavori del tempio furono usati materiali tratti dalla Domus Aurea e del Colosso di Nerone presso il Colosseo.

Il Porto dell’Incastro

Il Porto dell’Incastro (oggi identificabili con parte di un arco e di una fognatura) di Ardea sarebbe stato costruito da alcuni navigatori fenici prima ancora della fondazione della stessa Ardea. I suoi resti si trovano alla foce del fiume Incastro. Il porto venne utilizzato tra l’altro dai Romani che lo fortificarono e lo ribattezzarono "Castrum Inui" in onore del dio Inuo, figlio di Giove e Venere.





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