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Aggrappata al passato

di warrior heart


Gabrielle aprì la porta lentamente, stando bene attenta a non fare rumore. Era ad Amphipoli, dove riposavano le spoglie mortali di Linceo, Cyrene…ed ora anche Xena. La giovane donna si avvicinò all’ultimo sarcofago, quello più recente, con infinita tristezza che dominava un volto tuttavia percorso da un dolce sorriso “Eccomi qua, Xena. nonostante tutto questo tempo, non riesco proprio a starti lontana. Maledizione a te! Come hai potuto lasciarmi sola?” esclamò battendo i pugni sulla nuda pietra. Già. Era ormai passato quasi un anno dalla morte di Xena. Per gli dei, quanto le mancava…quanto le mancava. Ora che la sua amica se n’era andata si sentiva persa; ora che la sua famiglia l’aveva abbandonata si sentiva vuota. Ma esisteva ancora qualcosa per cui vivere. Olimpia aveva raccolto l’eredità di Xena e ora girava il mondo aiutando la gente in difficoltà, manteneva vivo il nome della Principessa Guerriera. Era l’unico modo per commemorare la sua fine; Xena, che era morta come un’eroina, col cuore colmo di amore e coraggio. Ed era anche l’unico modo per non sprofondare nella depressione. Xena non l’avrebbe voluto. D’un tratto sentì un rumore alle proprie spalle “Marte!!!” si voltò di scatto, prese il chakram e lo puntò alla gola del dio della guerra “Ehi, ehi, calma! Sinceramente mi aspettavo un’accoglienza migliore da una delle mie ‘cheer’…” “E hai il coraggio di mostrare il tuo sedere divino soltanto ora?!?” “Allora è morta sul serio…speravo fosse solo uno scherzo di cattivo gusto - Marte si inginocchiò davanti alla tomba - mi dispiace” era sincero “Non ti pare un po’ tardi per dispiacerti?!?” sussurrò truce Olimpia “Io non l’ho uccisa” replicò Marte “Non hai fatto niente per impedirlo!” sibilò poi con il cuore colmo di odio, disprezzo, dolore… “Devi capire, mia cara Gabrielle, che alcune situazioni escono dalla mia sfera di competenza, ed io non posso intervenire. Le lontane terre dell’oriente ne sono un esempio, come il Celeste Impero. Lì io non ho possibilità di agire” “si presuppone, giusto?” “Giusto” “Allora avresti potuto tentare, almeno provarci. Era un tuo dovere nei confronti di Xena. Lei ha lottato per restituirti i poteri. Mi chiedo a che cosa sia servito…” Lo sguardo di Gabrielle era severo. Aveva gli occhi sbarrati. Marte sospirò tristemente e abbracciò forte la giovane. Ella, con il cuore affranto, si abbandonò a un pianto silenzioso. “Ora devo andare” le sussurrò infine Marte. Così dicendo si voltò e fece ritorno sull’Olimpo. La giovane accese un cero ed abbandonò la città. Per quella volta. Ma quante altre volte ancora vi avrebbe fatto ritorno? Mentre si incamminava verso Atene, venne fermata da un uomo “Sei tu Gabrielle?” “Certo. Dimmi, che succede?”
“I -il nostro villaggio è stato attaccato da un guerriero…non sappiamo chi sia perché cela il proprio volto, ma è forte; troppo, per noi - a questo punto l’uomo si inginocchiò ai suoi piedi - te ne prego, aiutaci” Gabrielle prese l’uomo per le braccia e lo fece alzare “Verrò” disse infine con un placido sorriso dipinto in volto “Qual è il tuo nome?” “Mi chiamo Tauro, ed il villaggio in cui abito è Atlas” disse, quasi le avesse letto nel pensiero “Atlas…avevo sentito parlare di questo villaggio. Dicono sia uno dei più fiorenti in tutta la Grecia. Prati verdi, dei boschi rigogliosi ed un fiume ricco di pesci…un vero e proprio paradiso” “Certo, lo era” rispose Tauro con voce pacata “Da molto tempo ormai questo nemico compie razzie nel nostro piccolo villaggio, e noi non riusciamo a difenderci. Tu sei la nostra unica speranza.” Il resto del tempo parlarono ancora del misterioso guerriero mascherato, dei suoi modi di lottare. “Giuro che non ho mai visto nessuno combattere a quel modo: potente, precisa, rapida” “è una donna?” chiese Gabrielle incuriosita “Lo è” rispose Tauro con voce truce “Bene, una donna. Non sono rimaste molte donne guerriere su questo mondo” aggiunse la giovane con tono ironico. In men che non si dica furono ad Atlas. La gente stava cercando di rimettere insieme i cocci del proprio villaggio che era realmente ridotto a pezzi. Alcune case erano bruciate, altre crollate, le coltivazioni quasi del tutto distrutte. Un vero e proprio disastro. Chi poteva essere tanto crudele e potente da compiere un atto simile? I tempi degli ‘antieroe’ erano finiti; da molto non si vedevano elementi del calibro di Callisto, Cesare, Velasca, Yodoshi…da un po’ di tempo, ormai “Ha un’armata?” “No, combatte da sola” “Ammesso che sia una donna” “Lo è” “Non ne siamo sicuri, da quel che mi hai detto è infagottata per bene, quindi presumiamo che sia una donna” “Sono sicuro di quel che dico. Non è un uomo” “E da cosa l’avresti dedotto?” ribatté Gabrielle scettica “Il suo urlo. È molto marcato, ma si capisce chiaramente che è femminile” il suo urlo…Gabrielle sbiancò in volto, si fermò con gli occhi spalancati. Il mondo le stava crollando addosso ‘No, fa che stia sbagliando, fa che sia in errore!’ pensò, con la mente che turbinava in ricordi passati, dolori che erano sepolti in fondo al cuore. Vide la sua amica, Xena, venirle incontro, lentamente, con passi solenni e misurati, un sorriso solare che le illuminava il volto e quella luce negli occhi che li faceva brillare. Gabrielle si sentì svenire, sentì le forze venirle meno. E si ritrovò a cadere, lentamente, quasi stesse scivolando. Xena, che ormai era accanto a lei, la sostenne con le sue robuste braccia. La strinse forte a sé, e Gabrielle si sentì confortata da quel caldo abbraccio “Dimmi che non sei tu…” disse mentre un rivolo di lacrime segnava le sue guance arrossate. A quel punto Xena svanì, e Gabrielle iniziò a sentire delle tremende fitte al torace. Un dolore insopportabile. Aprì gli occhi e scoprì di essere in ginocchio, le mani premure sul petto, il respiro affannoso e quel maledetto quanto improvviso dolore che le squarciava il torace, pulsando fino al capo. Tauro era accanto a lei e la guardava attonito, poi la aiutò a rialzarsi. D’un tratto si sentì gridare. “Arriva!” “Il guerriero mascherato!!” raccogliendo tutte le forze che la rimanevano, Gabrielle mollò il braccio di Tauro e cercò di rimanere in piedi. Si preparò per lo scontro. Arrivò su un cavallo nero, cavalcando come solo un eroe colmo di orgoglio sapeva fare. Si arrestò bruscamente un paio di metri davanti a lei. Con una calma abissale scese da cavallo ed estrasse la spada. A sua volta Gabrielle estrasse la propria. Aveva iniziato ad usare la spada anche lei, ne aveva avvertito la necessità. Le due scattarono all’attacco fulmineamente, quasi nello stesso istante. Qualche attimo ed erano faccia a faccia, anche se sarebbe meglio definirlo un faccia a mantello: Gabrielle non riusciva a penetrare oltre quell’imperscrutabile velo. E lo scontro continuò, le due forze erano alla pari, nessuna riusciva a prendere il sopravvento. ‘è forte - pensò la giovane - molto più di quel che avrei potuto immaginare. Sembra quasi che…’ il dolore al torace si fece sentire di nuovo, più intenso di prima. Gabrielle crollò a terra, tossendo vistosamente “sangue!” esclamò guardandosi il palmo della mano “Hai vinto. Finiscimi” aggiunse con tono rassegnato, attendendo la condanna ‘Sto arrivando, Xena, aspettami…’ pensò con un caldo senso di pace che le avvolgeva il cuore. Ma per tutta risposta l’altra guerriera depose la spada e si avviò verso il proprio cavallo. Gabrielle era stupita “Chi sei?” chiese con aria decisa. Niente. “Chi sei?!?” stavolta il tono era perentorio. La donna continuò a camminare verso il proprio cavallo. Allora Gabrielle prese il chakram e lo scagliò. Questo si divise in due, una parte andò a urtare contro un albero e passò davanti alla guerriera, bloccandole il cammino, l’altro le arrivò da dietro e strappò il cappuccio, rimbalzò contro un altro albero e cambiò direzione. Le due parti infine si ricongiunsero e il cerchio rotante tornò fra le mani di Gabrielle che lo depose. Capelli neri. Lunghi. Questa fu la prima cosa che vide sotto il velo che stava già cadendo a terra. Lentamente la donna si voltò…Xena! No, questo non poteva essere vero, non poteva essere lei! La guardò negli occhi, ed allora la disfatta fu completa: erano neri, tenebrosi. Completamente. Non più quell’azzurro cielo in cui Gabrielle aveva amato perdersi un tempo. Il suo volto era glaciale, inespressivo. L’aveva riconosciuta? Si ricordava di lei? Era veramente Xena, o solamente una che le assomigliava? “Gabrielle…” a quel punto il suo volto iniziò ad addolcirsi, o per lo meno ci provò. Un lampo piombò giù dal cielo, e colpì la guerriera. Allora la sua espressione ritornò quella fredda di prima. Le lacrime iniziarono a scendere dagli occhi di Gabrielle, incontrollate ma soprattutto non volute “Xena…” la vista era annebbiata, non riusciva più a distinguere i particolari del suo volto. Era un bene? O forse no…la mente turbinò, confusa, nel passato. Ormai il mondo le sembrava sempre più distorto, le immagini sfalsate, tremolanti. Svenne e cadde a terra, priva di forze. Quando rinvenne era in una stanza, adagiata su un comodo giaciglio, coperta da una morbida coltre. “Dove…” una donna stava strizzando una benda, ed ora gliela stava ponendo sul capo “Sei molto debole. Devi riposare, ora” “Dov’è Xena?” chiese debolmente Gabrielle. Solo in quel momento si rese conto di essere così stanca da non riuscire quasi a parlare. “Se n’è andata, ma tornerà. Lo sento” E di nuovo, amare lacrime le rigarono il volto “La conoscevi già? Così mi è parso” “Lei era la mia migliore amica, la mia famiglia. Una guerriera leale e coraggiosa, buona di spirito, pronta a sacrificarsi per salvare la vita di qualcuno, anche se non l’aveva mai visto prima” “Cosa può averla cambiata a quel modo?” “è morta” rispose Gabrielle con tono truce “Quasi un anno fa, nelle lontane terre dell’estre­mo oriente. Dovevamo affrontare uno spirito maligno molto potente, reso forte anche da un errore che Xena aveva commesso in passato. L’unico modo per poterlo sconfiggere era…diventare uno spirito. E lei si è sacrificata per salvare le 40.000 anime prigioniere di Yodoshi” “Si, ma se è morta, come può essere…come dire…così reale?” “È questo che non riesco a spiegarmi. Devo tornare ad Amphipoli: lì troverò le risposte che sto cercando” “No, Gabrielle, non puoi ancora muoverti. Sei malata. Devi riposare” Malata. Quella parola risuonò per lei come una condanna. Ricordava anche fin troppo bene quel dolore, ma che cos’era? Era sorto così all’improvviso, ed ogni volta la sua intensità aumentava. Doveva far ritorno ad Amphipoli. Lì avrebbe scoperto tutto quanto. “Come ti chiami?” chiese alla giovane donna che la stava curando. Si era dimenticata di chiederlo “Il mio nome è Erika, e questa è la mia casa” Erika era una giovane sulla trentina, con gli occhi azzurri, i capelli rossi e uno splendido sorriso. Era snella e alta, le forme del corpo e del viso aggraziati, la carnagione chiara. “Mi dispiace di darti tanto disturbo” “Non ti preoccupare, la mia casa sarà sempre aperta per te. Non dai alcun disturbo” era così gentile… “Ti ringrazio, Erika, ma non ho intenzione di restare a lungo. Presto ripartirò” Gabrielle fece per alzarsi, ma non vi riuscì. Tentò una seconda volta. Niente da fare. Era così debole da non riuscire a muovere un muscolo “Non ti devi sforzare; riposa” “Devo...andare…” a quel punto le forze le vennero meno e, per la seconda volta, crollò. E di nuovo i suoi ricordi presero a tormentarla. Sognò Xena, la quando si incontrarono, ricordò di come rimase affascinata da quella coraggiosa guerriera con gli occhi tristi e solitari; poi le venne in mente di tutte le volte in cui Xena l’aveva aiutata, salvata, di tutte le buone azioni che aveva compiuto, tutti gli sforzi che aveva fatto per dimenticare il proprio passato ‘quella non può essere Xena. È controllata da qualcuno, e io la devo salvare!’ all’improvviso si ritrovò in un luogo strano, tutto attorno a lei era vuoto. I suoi sensi erano disorientati, confusi, si sentiva strana. Poi arrivò Xena ‘Xena! Sei tu…perché fai una cosa simile? Non puoi farlo; non dopo tutto il tempo passato a cercare di riparare ai tuoi errori! Non puoi tornare indietro…” i suoi occhi erano di nuovo azzurri, illuminati dalla accecante luce che la dominava abitualmente. Questo fu un conforto per Gabrielle ‘sei tu…’ sospirò correndole incontro. Xena la abbracciò teneramente ‘mi dispiace, davvero’ la giovane fece un paio di passi indietro e sedette ‘che ti sta succedendo?’ ‘Una divinità malvagia mi ha riportata in vita non so come, ed ora ha il pie­no controllo del mio corpo e della mia mente. Devi aiutarmi, devi sconfiggere questo dio e liberarmi’ ‘lo farò. Aspettami’ ‘ti ringrazio’ rispose Xena con un tono di voce che fece sussultare Gabrielle. La giovane si risvegliò di nuovo nella stanza. Ovvio! Dove altro poteva essere? Erika le stava parlando ma nella confusione aveva perso metà del discorso. La donna aveva un piatto di brodo fumante. Con un indicibile sforzo riuscì a mettersi seduta sul letto. Afferrò la ciotola e iniziò a mangiare. Il brodo non aveva mai avuto un sapore così buono. Lo mangiò velocemente, quasi con ingordigia “Hai fame…bene, è un buon segno. Stai guarendo” “Posso averne ancora?” chiese Gabrielle un po’ imbarazzata “Se non ti dispiace” “Sicuro, ne puoi avere quanto vuoi. Sarai di certo molto affamata, dopo tutto il tempo che hai dormito” “Cosa?” esclamò la poetessa confusa “sei rimasta svenuta per due giorni di fila, senza mai svegliarti” “Due giorni! Anche troppo” “Cerca di ri­met­ter­ti, sei stata male, devi rimanere a letto” “Ma io non ho tempo. Devo liberare Xena. Domani partirò alla volta di Amphipoli” “È così importante per te questa Xena da farti rischiare la vita?” “Lo è anche di più! Ci conosciamo da molto tempo, e ne abbiamo passate tante insieme durante il nostro vagabondare per il mondo; troppe per potermi lasciare tutto alle spalle in questo modo. Io e lei siamo due metà che si completano, due elementi che non possono esistere da soli, ma solo combinati fra loro. E ora che è di nuovo qui, devo farla tornare quella di un tempo. Una speranza c’è; ho scrutato nei suoi occhi ed ho visto che la Xena buona e generosa che conoscevo esiste ancora. E poi mi è anche apparsa in sogno, chiedendomi aiuto. La devo salvare!” ora la convinzione e la speranza bruciavano nei suoi occhi “Quand’è così - disse infine Erika con un dolce sorriso sul volto - non posso fare altro che augurarti buona fortuna. La vedo quella luce che ti brilla nel profondo degli occhi. È la fiamma eterna dell’amore puro, e finché arderà nel tuo cuore, sarai salva” si misero entrambe a ridere “Se vuoi partire domani, riposati” Gabrielle passò così il resto della giornata dormendo, stavolta però non sognò; né Xena, né altro. La mattina seguente si alzò all’alba. Si sentiva meglio. Bè, era riuscita ad alzarsi, questo era un passo avanti. Riusciva perfino a camminare. Il giorno precedente non avrebbe creduto di poterci riuscire. Erika le diede una sostanziosa colazione e del cibo per sfamarsi durante il viaggio “Sei troppo gentile…non posso accettare” “Il tuo cuore è puro e le intenzioni buone. Vai diritta per la tua strada e non voltarti mai indietro” Gabrielle ringraziò Erika di cuore e si diresse verso Amphipoli. Verso mezzogiorno era giunta nella città ed era andata senza ulteriori indugi al sepolcro di Xena. Con gran fatica, grazie anche all’aiuto di un bastone, iniziò a rimuovere la parte superiore del sarcofago. Ne conosceva bene il contenuto: una piccola urna posta al centro di una tomba vuota. Era stata proprio lei a deporre le spoglie di Xena nel suo sepolcro.
Dopo un paio di tentatici finalmente la pesante lastra di marmo cominciò a muoversi. La spostò di quel tanto che bastava per poterci guardare dentro. I suoi sospetti divennero realtà: l’urna con le ceneri era scomparsa. Gabrielle si appoggiò sfinita al bordo della tomba, con occhi e bocca spalancati “Niente…è vuoto” Da dietro le sue spalle si sentì un rumore a lei ormai noto che distrasse la donna dai suoi pensieri. Era Venere “Possibile che voi divinità dobbiate venire a ficcare il naso nella mia vita proprio quando non dovete?!?” esclamò voltandosi e guardando Venere negli occhi seccata “Scusa tanto se mi preoccupo per te!!” rispose la dea dell’amore, altrettanto adirata. Fece per andarsene, ma Gabrielle la trattenne “No, perdonami Venere, non intendevo suscitare la tua collera - disse accucciandosi a terra - è che questi momenti sono molto difficili per me. Ma scommetto che tu sappia bene quel che accade” “Devi essere proprio disperata per profanare la tomba di…Xena. Strano, sai? In qualche modo pensavo che fosse immortale anche lei, forse perché malgrado tutti i tentativi dei miei fratelli di eliminarla, era riuscita a sopravvivere. Ed ora che è morta…” “No, Venere, non è questo il problema. Xena non è morta. Non più, per lo meno. Vedi? Le sue ceneri sono scomparse. Mi è apparsa in sogno, non molto tempo fa. Mi ha detto che una divinità malvagia l’ha resuscitata, e la tiene sotto il proprio controllo - si alzò da terra - io la devo salvare! Devo tentare, almeno, per pareggiare tutte le volte in cui lei…” Gabrielle avvertì di nuovo quel dolore straziante al petto; crollò a terra in preda a tremende convulsioni. Le colava sangue dal naso a fiotti. “Cosa…” Venere non sapeva che fare, ormai non aveva più il potere di guarire le persone. Era terrorizzata a morte “Gabrielle, che ti succede?” disse avvicinandosi a lei “Non lo so…è una malattia che da un po’ non mi dà tregua” riuscì a dire “Tra un po’ passa” qualche minuto dopo del dolore non c’era più traccia, ma Gabrielle era priva di energie, ed ansimava vistosamente “Questo è un problema serio. Non puoi andartene in giro ridotta così” “Ho un compito da svolgere, Venere, non mi posso bloccare per uno stupido malore” “Ah, no, cara mia, devi riposare. La tua salute viene prima di tutto” “No; Xena viene prima di tutto” Venere stava già per controbattere quando la porta si abbatté di colpo, rumorosamente, sfiorando le due “Ma che bel quadretto…” “Xena!” “Oh, mamma, adesso sono guai! Eh, vi saluto! Sbrigatevela fra di voi!” “Ve…” era già sparita. Xena si avvicinò lentamente a Gabrielle con un tetro sorriso sul volto “Ed ora a noi…l’altra volta ti sei salvata, ma oggi non ce la farai” La guerriera aveva alzato la spada e si preparava a colpire l’amica di un tempo che, inerte, non aveva possibilità di difesa. “Xena…” la supplicò “Ti prego, torna in te, combatti! So che ci sei ancora tu lì dentro, da qualche parte. Non lasciare che ti controlli, affrontalo! Puoi vincere, lo so” La spada cadde a terra, e Xena si risvegliò. Era ancora confusa. Poi si chinò per aiutare la propria amica a rialzarsi. “Gabrielle…” piangevano entrambe “Oh, Xena, mi sei mancata tanto…” “Solo ora comprendo che non posso vivere senza di te…” “Non lasciarmi più” Ora il volto di Xena, però, era serio “Gabrielle, il cammino per la mia liberazione è ancora lungo, ma prima dobbiamo curare il tuo male. È stato provocato da Seth, una divinità egizia molto malvagia. Egli vuole uccidere gli dei dell’olimpo per diventare l’unico dio greco. Mira ad estendere il proprio dominio su tutto il mondo, sottomettendo le altre divinità. Ha seminato nel tuo cuore il seme del dolore; ogni volta che pensi a me, che ricordi, dai nutrimento al seme e ti indebolisci” “Eppure ora non soffro” “Il seme si nutre di tutti i ricordi che provocano dolore” “Allora basta che io non pensi più al passato” “No, il seme cercherà nella tua mente, troverà i ricordi e li farà riaffiorare comunque” “Ci deve essere un modo per levarlo…” “Esiste un antico rito egiziano; ma è molto pericoloso, potremmo morire entrambe” Gabrielle prese un profondo respiro “Così sia. Dobbiamo provarci” “Non abbiamo molto tempo; Seth presto riprenderà il controllo su di me. Non riuscirò a tenerlo ‘fuori’ ancora a lungo” “Forza, allora” Xena e Gabrielle andarono al tempio di Venere “Venere!!!” urlò Xena “Ehi, Xena, piano…non mi distruggere il tempio, te ne prego” “Non ti preoccupare, non è mia intenzione farlo. Siamo qui per chiedere il tuo aiuto. Abbiamo bisogno di alcune cose per compiere un rito e liberare Gabrielle dal male che la affligge. ” “D’accordo, vi aiuterò” Così si fecero portare il materiale di cui avevano bisogno. “Dell’incenso, otto candele bianche e una rossa” poi Xena chiese alcune essenze magiche. Con le otto candele formarono un cerchio attorno alle due guerriere, l’incenso fu posto al centro assieme alla candela rossa. Con le essenze magiche Xena preparò un rito di iniziazione. Poi trasse un pugnale e si fece un taglio alla mano, in seguito ferì anche la mano di Gabrielle. Il loro sangue andò a mescolarsi con la cera rossa della candela. Alla fine i tagli furono cosparsi con una polvere speciale. Xena e Gabrielle svennero, le loro anime furono proiettate in un altro mondo. Quando ripresero i sensi, le due erano in una spiaggia, distese al margine di essa, davanti a loro si estendeva un oceano dall’acqua limpida; alle loro spalle un prato lussureggiante con delle pinete, dei frutteti. Un po’ più in là, al centro della pianura, si stagliava imperioso un castello, tetro e spaventoso, con guglie e torri a non finire. Era enorme; forse il più grande che avesse mai visto. Gabrielle era disorientata; quel luogo le era nuovo ed ostile “Siamo nel regno di Seth, ora” annunciò Xena, quasi avesse percepito i dubbi della donna “Cosa?!?” chiese Gabrielle stupita ed allo stesso tempo spaventata “Non…” prese le proprie armi, pronta a combattere “Non ti preoccupare, va tutto bene. Solo qui è possibile estirpare il seme del dolore dal tuo cuore. Stai calma” Gabrielle annuì e depose i sai “Ok; ora viene il difficile. Dovrò usare il pinch, e mi scuso in anticipo perché non sarà per niente piacevole, poi entrerò nel tuo corpo per eliminare il seme” “D’accordo” e così Xena usò il pinch, ed il cuore di Gabrielle rallentò fino al minimo consentitole. La Principessa Guerriera la fece distendere, poi si concentrò. Il suo corpo divenne una sfera di luce che entrò in quello di Gabrielle. Le fu facile trovare il cuore, seguì il flusso di sangue. Il cuore era circondato da una specie di pianta rampicante nera, che continuava a risucchiare energia. “Maledetto seme…” ora aveva ripreso le proprie sembianze umane. Estrasse la spada, ed iniziò a tagliare rami. Erano troppi. Il seme si difese, un paio di liane la afferrarono e presero ad avvolgerla, stringendo sempre più. Tentò di liberarsi con la spada, ma una terza liana le urtò violentemente contro il braccio e l’arma cadde a terra. La donna si dimenò, morse, tirò pugni; ma più si divincolava, più stretta era la morsa della pianta. Ormai era talmente stretta che non riusciva a respirare “Gabrielle!!!” fu l’unica parola che riuscì a pronunciare prima di svenire. Il cuore iniziò a battere con maggior vigore, allentando la presa che le liane avevano su di sé. Questo fece allentare anche la stretta della pianta su Xena, la quale rinvenne, prese il pugnale che aveva nello stivale e, dopo un paio di concitati minuti di lotta furiosa, si liberò, una volta per tutte. Riprese la spada e finì di tagliare le radici del seme. La pianta morì all’istante: si rinsecchì e poi svanì nel nulla. “Bene, ce l’ho fatta” Assunse nuovamente la forma di luce ed uscì dal corpo di Gabrielle. Con le ultime energie rimastele tolse il pinch alla giovane. Appena in tempo. Cadde a terra stremata; si era addormentata. Il bardo pian piano si ridestò. Si sentiva meglio, quella sgradevole sensazione che le provocava il seme era svanita. Certo, il pinch le aveva lasciato un altro ricordino spiacevole, aveva la gola irritata ed un dolore al petto; ma niente a che fare con quello che aveva provato in precedenza. Trovò Xena che dormiva accanto a lei “Per gli dei, Xena, ti metti a dormire! Io non so come tornare indietro! Forza, svegliati!” Iniziò a scuoterla delicatamente. Nulla accadde. Provò con un violento strattone ma il risultato fu lo stesso “Non disturbarti, giovane Gabrielle, ci penserò io a svegliarla!” Disse una voce rombante. La donna si voltò. Era Seth, o per lo meno credeva che lo fosse: non l’aveva mai visto in fondo. Egli era un uomo alto, di carnagione scura, avvolto in un nero mantello, aveva gli occhi bianchi, un volto spigoloso. Era pure calvo. Sull’ampia fronte c’era un simbolo, in rilievo, come fosse stato marcato a fuoco, che rappresentava un serpente. Animale più che appropriato per raffigurare un individuo del genere…Seth era in piedi in cima al proprio castello, che ovviamente era grottesco, tenebroso, sempre sovrastato da una fitta coltre di nuvoloni neri. Un classico. “Che vuoi da noi, Seth?” “Il potere - sussurrò lui mentre la luce della follia avvolgeva i suoi occhi - Xena ha il potere di uccidere le divinità; gliel’ho restituito (o per lo meno, ho convinto Michele a farlo), ed ho intenzione di servirmene per soggiogare gli dei di tutto il mondo e diventarne il legittimo padrone” “Ma se sei così potente, perché non puoi uccidere divinità?” “Ahimè, il mio odiato rivale Horus ha maledetto il mio nome, e limitato i miei poteri, così ho ancora delle capacità psichiche superiori a quelle di tutti gli altri dei, ma purtroppo mi è stato negato il potere di ucciderli. Ma non importa; con Xena al mio fianco, nulla sarà impossibile…” una cinica risata risuonò lungo tutta la valle. Seth se ne stava lì in piedi, con le braccia allargate ed il viso rivolto verso il cielo ‘Ma che fa? Si aspetta forse un applauso? Magari contempla i suoi bei nuvoloni…’ pensò Gabrielle ironica. Non riuscì a trattenere una flebile risata che per fortuna non fu udita da Seth. Lui era impegnato in chissà cosa ‘questo è pazzo’ concluse poi scuotendo il capo “Sei folle se pensi che ti lasceremo compiere un tale disastro!” “Come? Che cosa intendi dire con ‘non ti lasceremo’? chi sarebbe l’altro pazzo che ti asseconderebbe nella tua impresa?” “Xena” ribatté Gabrielle. In quello stesso istante iniziò a piovere. Poco dopo la lieve pioggerella si trasformò in una tempesta; lampi e tuoni scuotevano l’aria “Xena? Mi chiedo come farà ad aiutarti mentre è impegnata ad ucciderti!” Lanciò un lampo nero verso la guerriera che si rialzò. Aveva di nuovo quegli occhi neri che la spaventavano. Il bardo indietreggiò di qualche passo “Xena, ho, non farlo…te ne prego” Ma lei non l’ascoltava. Non più. Estrasse la spada dal fodero e si preparò a combattere. Stavolta non ci sarebbe stata via di scampo. Una delle due sarebbe morta. Gabrielle impugnò le proprie armi, a malincuore. Non avrebbe mai avuto la forza di combattere in uno scontro mortale contro Xena, non sarebbe riuscita a farle del male. Ma sapeva che lo scontro era inevitabile, purtroppo “Xena, io…” le sue lacrime si confondevano con la pioggia “Non posso combattere” disse abbassando il capo e lasciando cadere i sais “Tu DEVI combattere!” esclamò la Principessa Guerriera. Colpì Gabrielle alla nuca di lato, con l’elsa della spada, ella cadde in ginocchio con il volto subito sopra le proprie armi “Uccidimi” la supplicò Xena “Gabrielle, non c’è modo di liberarmi…niente se non la morte. Sono stanca di essere usata da Seth. Tu sei la sola persona da cui accetterei di essere uccisa. Fallo, e sarà meglio per tutti” “Non per me!” esclamò la bardo guerriera disperata “Xena io non potrò mai ucciderti!” “Allora lo farò da sola” la donna ruotò la spada e fece per trafiggersi ma Gabrielle, alzatasi di scatto, la fermò. La prese per mano “Xena, c’è sempre un’altra via. Non puoi arrenderti. Io non l’ho fatto quando tu sei morta; e tu non devi farlo ora. Dobbiamo affrontare Seth, e lo faremo assieme” “È rischioso, potrei anche…” “Zitta! Sta zitta ed ascolta! Dov’è finita la Xena temeraria e coraggiosa che conoscevo, quella pronta a rischiare, che non ha paura di niente? Mi sembra di parlare con la tua ombra! Devi reagire - aggiunse scuotendola - lo dobbiamo sconfiggere!” Xena prese un gran respiro, a occhi chiusi, poi li riaprì e disse: “Mi hai convinta, verrò. Lo raggiungeremo in cima al castello; Seth rimane quasi sempre lì” “Detto fra noi, a me sembra completamente pazzo!” “Sì ma non glielo dire o si arrab­bia!” le due bofonchiarono sommessamente alle spalle di Seth ancora qualche istante; poi si diressero di gran carriera verso l’ingresso del palazzo “L’avventura inizia!” “Avanti!” Ci volle la forza di entrambe per aprire l’enorme portone. Dietro ad esso si snodava un intricato giardino con un centinaio di piante diverse armoniosamente accostate che andavano a formare un vero e proprio labirinto “C’è da perdersi qui dentro!” “Seth adora vezzeggi del genere, anche se non sembra” l’atmosfera era surreale: stavano tranquillamente passeggiando in un giardino fiorito, erano calme e rilassate, mentre sapevano che sarebbero potute morire da un momento all’altro, soprattutto nelle condizioni in cui si trovava Xena; a lottare costantemente contro una divinità che aveva il controllo pressoché totale della sua mente. Una battaglia persa in partenza. Eppure lei era lì, a combattere a denti stretti per difendere la propria dignità. Xena fece strada con sicurezza attraverso le intricate vie del giardino, fino a giungere dall’altro lato, o per lo meno al centro, dove era situato il palazzo vero e proprio “Conosci bene il posto” “Oh, bè, quando non c’è niente da fare, ogni cosa va bene per passare il tempo…” la porta d’ingresso stavolta era più piccola ma fatta con un legno pregiato superbamente intagliato. Xena aprì la porta senza indugi. Uno stuolo di guardie armate le attendeva, pronte a respingere gli intrusi e riportare l’arma finale (quello era il soprannome che Seth aveva dato alla guerriera) al signore. Xena e Gabrielle si buttarono nella mischia “Solo otto? Non è giusto, non c’è parità!” “Taci e combatti!” fu la risposta secca di Gabrielle che fece rimanere Xena di sasso “Piuttosto competitiva oggi, eh?” “Zitta e combatti!” era già impegnata a respingere due guardie “Poveri mai loro, li vedo male!” esclamò la Principessa Guerriera mentre ne stendeva uno con un acrobatico calcio volante. Poi si voltò per colpire un altro malcapitato che stava sopraggiungendo urlando come un pazzo. Mezzo secondo dopo era disteso a terra, zitto “Sia lode agli dei!” Ora le due erano schiena contro schiena, e nel frattempo erano giunte altre sei guardie dalle retrovie “Adesso sì che siamo pari…” Gabrielle scosse la testa seccata e sconsolata “Xena…” “Lo so, taci e combatti! È solo che mi sento piena di energie; non so come spiegarlo…preparati che arrivo!” il bardo si accucciò, Xena la sorpassò saltandole oltre e si avventò sul poveraccio che le stava di fronte. Di conseguenza Gabrielle si rialzò ed andò a mettere fuori combattimento la prima guardia che le capitò a tiro. Il cerchio lentamente iniziò a stringersi, e le due furono di nuovo schiena contro schiena “Ok, e adesso?” “Adesso si balla…Sheeee - ya!!” Xena si avventò sul malcapitato che si trovava davanti, lo fece roteare un poco prima di scaraventarlo contro quello che gli stava accanto. Bum! Finirono entrambi a terra. Gabrielle bloccò a mezz’aria una lancia che le stava arrivando addosso e depose i sais “Il bastone è la mia arma preferita!” puntò l’improvvisata asta a terra e, facendo leva su di essa, si catapultò addosso a due guerrieri che, attoniti, non riuscirono a muoversi. La giovane rimbalzò su di loro come una palla ed atterrò di nuovo al punto di partenza “Eccoti servita” “Mi complimento con lei” rispose Xena abbozzando un ridicolo inchino. Dietro di lei stava giungendo a tutta velocità una guardia; Gabrielle scagliò la lancia che trafisse l’uomo “Tutto calcolato…” disse Xena guardando la propria compagna di viaggio in cagnesco. Ella infatti la stava prendendo in giro “Tutto calcolato? Sicuro, Xena. Era calcolata anche quella guardia?” “Un po’ di collaborazione ed aiuto reciproco non fanno mai male” Restavano altre cinque guardie. Xena prese una lancia che giaceva a terra, la puntò a terra e facendo perno sulla stessa, si cimentò in una spettacolare ruota aerea che andò a mettere K.O. i rimanenti guerrieri “Bè, ecco fatto” Xena gettò a terra la lancia e si diresse al lato opposto del salone. Questo era ampio, con un soffitto alto, arredato da mobili pregiati ed oggetti preziosi ovunque “A quanto pare Seth ama anche circondarsi di oro…” “Lui adora osservare il suo luccichio, è un fanatico” Gabrielle aprì la porta che si trovava di fronte a loro. Essa immetteva a una ripida scalinata, che portava al piano superiore. Le due guerriere salirono velocemente le scale; Xena stava attenta a quel che poteva scen­dere, l’altra era impegnata a controllare quel che poteva salire (oltre al salone c’erano altre stanze nel piano sottostante e sarebbero potute giungere altre guardie) Il secondo piano del castello era diverso dal precedente: lì c’erano camere da letto, stanze di cui Gabrielle e Xena ignoravano la funzione e saloni da ballo “Ancora un paio di piani e siamo in cima. Seth ci starà di sicuro aspettando - Xena cinse l’amica con le braccia - ma devi sapere che ben presto egli riprenderà il pieno controllo su di me. Più mi avvicino, più forte è il suo potere” la Principessa Guerriera infatti aveva tutta la fronte sudata e stava leggermente ansimando. Gabrielle si limitò ad annuire, poi fece cenno a Xena di andare avanti. Dall’altro lato del corridoio giunsero due guardie, da una svolta a destra ne giunsero altre due, mentre una arrivava dall’angolo a sinistra (quel piano era come un intricata rete di corridoi, angoli e svolte). Xena si gettò sulle prime due, Gabrielle si occupò di quelle che venivano da destra, mentre l’ultimo guerriero guardava la scena sbalordito: un quattro e quattr’otto i suoi compagni erano belli che sistemati. Fece per fuggire, ma le sue gambe non volevano proprio muoversi. Le ultime cose che vide furono le nocche di Gabrielle che urtavano violentemente contro la sua guancia. “Più saliamo, più scarsi diventano. Non è gius­to, Seth! Dannazione, impegnati almeno un po’!” “Xena, resta calma! Meglio per noi se ci manda degli idioti” “sì, ma è una noia!” replicò ella battendo un piede a terra. Si vedeva chiaramente che l’influsso maligno di Seth stava avanzando nella mente della guerriera “Cerchiamo di arrivare vive in cima; poi ne riparleremo” Xena e Gabrielle corsero verso la fine del corridoio. Tre guardie si pararono loro contro; le due non dovettero nemmeno fermarsi: li stesero in corsa; due calci, un pugno ed erano a terra. E finalmente giunsero al terzo livello del palazzo “Qui c’è la sala per mangiare, le cucine e le stanze della servitù” “Ah! Pure dei servi ha!” “Bè, è un dio, lui se li può permettere…” dalle cucine sbucò un omuncolo di stampo orientale, basso e tozzo, con degli abiti da cuoco e due coltellacci saldamente impugnati. Gabrielle fece per andargli incontro ma Xena le bloccò la strada allargando il braccio “No, Gabrielle, stai lontana. A quello ci penso io” la guerriera estrasse nuovamente la spada ed ingaggiò un violento scontro con il nuovo sfidante. La giovane si mise a sedere in disparte, e ne rimase fuori, come aveva chiesto l’amica. Restò a guardare la lotta. ‘Però, li sa maneggiare bene i coltelli’ Xena riuscì a cavargliene uno di mano e lo buttò lontano. L’uomo però era furbo, e soprattutto agile malgrado la sua stazza, riuscì ad approfittare di un attimo di distrazione della donna per ferirla seriamente ad una gamba “Xena!” Gabrielle scattò in piedi e iniziò a correre verso la guerriera che era inginocchiata a terra e si teneva la gamba con la mano “Torna a sederti!” urlò rabbiosamente la Principessa guerriera. Il bardo sobbalzò a quell’ordine imperioso, poi obbedì. Xena si rialzò ed im­pu­gnò saldamente la spada mentre con il braccio sinistro premeva contro la ferita. Ora aveva lo sguardo furioso, tremava dalla rabbia. “Yaaaaaah!” la donna si scagliò contro il nemico, la spada che roteava in aria pronta a colpire. L’arma trafisse l’uomo, che con un ultimo gemito crollò a terra. Ma anche Xena cadde: l’uomo riuscì a piantarle un pugnale nello stomaco prima di morire “Bastardo!!” urlò Xena “Aaaargh!” Il pugnale non era grosso, ma ficcato in un maledetto punto delicato, ed un coltello nello stomaco non fa mai bene… “Oh, Xena, no!” E di nuovo Gabrielle si precipitò a soccorrere l’amica. Stavolta non fu fermata “Xena…” disse cogliendola fra le braccia “Va tutto bene” rispose lei con un dolce sorriso che le illuminava il volto “Non va affatto bene” rispose Gabrielle tastando delicatamente la ferita. Xena non poté trattenere un acuto grugnito di dolore. Poi aggrappandosi alla poetessa, cercò di rimettersi in piedi. Il dolore era troppo forte. “Xena, non cercare di alzarti. Stai calma, almeno una volta nella tua vita!” Gli occhi della donna erano tristi, preoccupati, velati da una sottile cortina di lacrime. La guerriera allora le strinse forte la mano “Siamo…solo…al terzo piano” “Non ha importanza ora. Ehi, ma siamo nel mondo di Seth, giusto? Quindi è tutto finto?” “Purtroppo no. Quel che ci succede qui, accade anche ai nostri corpi” “Xena” non sapeva che dire. Il cuore le batteva forte e le mani le tremavano. Era terrorizzata all’idea di vederla morire, non voleva perderla di nuovo “Non piangere” sussurrò la donna asciugando le lacrime dal volto di Gabrielle con una carezza. Lentamente sentiva le forze venirle meno, la vista si annebbiava. “…ho freddo” la giovane allora cercò in un paio di stanze, poi corse in una camera da letto lì accanto e tornò con una coperta che avvolse attorno alla guerriera “Grazie” “Tieni duro, Xena…” “Gabrielle, sento che stavolta per me è la fine…ma tu devi vivere - prese un sacchetto che teneva legato al collo - bevi questa pozione e tornerai nel mondo reale” dentro al sacchetto c’era una piccola ampolla con un liquido giallognolo “No, Xena. Senza di te non me ne vado. O ne usciamo entrambe, o non se ne va nessuna”. Si legò il sacchetto al collo “Non posso chiederti di morire con me” “Se permetti decido io del mio destino. Rimango qua. Dobbiamo sconfiggere Seth” Ma Xena non l’ascol­ta­va: era svenuta. Una forte luce la investì, e per magia le sue ferite guarirono. La Principes­­sa Guerriera aprì gli occhi di scatto. Gabrielle fece qualche passo indietro: i suoi occhi erano di nuovo neri. Seth aveva il pieno controllo su di lei. Un lampo illuminò il suo viso che si perdeva nella penombra: un ghigno malefico le sfigurava il volto. La poetessa si precipitò verso la fine del corridoio, in cui era situata la porta che conduceva al piano superiore. Xena la seguiva con l’arma spianata “Corri, leprotto, corri…” sussurrò sbarrando gli occhi. La giovane aprì la porta e corse su per le scale. Sapeva che alla fine c’era l’ultimo piano, quello esterno, il tetto. Sapeva anche di essere in trappola: sopra c’era Seth che le stava aspettando, sotto c’era Xena che la stava seguendo su per la rampa di scale. Allungò il passo, ed in breve giunse alla fine. Fuori diluviava, tuoni e lampi scuotevano l’aria. Virò bruscamente a destra finché si trovò ad avere Seth davanti e Xena dietro a sinistra. “Sei in trappola” disse il dio del male “Perché te la prendi con me? Io non ti ho fatto nulla, Xena è già sotto il tuo controllo!” “ C’è una fondamentale ragione per cui ti devo eliminare: tu hai molto più potere su Xena di quanto io possa imporle. Non so cosa succede fra voi due e sinceramente non m’importa, ma ti devo uccidere, e Xena sarà mia per sempre” “Non te lo permetterò mai!” gridò Gabrielle estraendo la propria spada. Scattò in direzione di Seth, ma la Principessa Guerriera si frappose. Le due spade si incrociarono. La giovane fece due passi indietro “Non provare a fermarmi, Xena, per favore” “Hai paura di combattere? Che c’è, la piccola Gabrielle non ce la fa a ferire Xena? Su, forza, uccidimi!” Xena allargò le braccia e fece un passo avanti, invitava l’altra a colpirla “Smettila!” gridò ella agitando la spada. La guerriera fece un altro passo avanti; aveva una odiosa espressione strafottente dipinta in faccia. Il bardo depose la spada e sferrò un poderoso gancio destro direttamente in faccia a Xena, la quale accusò il colpo, fece un passo indietro e asciugò il sangue che colava dall’angolo destro del labbro “Questa è la Gabrielle che mi piace!” e le puntò addosso la spada. Con un calcio la bardo guerriera fece cadere l’arma lontano. Xena si gettò allora su di lei e le due rotolarono a terra. Ne seguì una lotta confusa e con­­vulsa; né Xena, né Gabrielle poteva rimettersi in piedi, all’inizio. La giovane riuscì a mettersi in ginocchio, ma la Principessa Guerriera la rigettò nella mischia. La colpì violen­temente al volto, ed ella ci mise qualche fatale istante a riprendersi. Nel frattempo Xena aveva raccolto la spada che si trovava accanto e l’aveva sollevata in aria con entrambe le mani. Gabrielle riaprì gli occhi “Xena!” la sicurezza della guerriera venne meno. Aveva scorto qualcosa di indecifrabile nei suoi occhi. “Uccidila! Uccidila, Xena, e sarai libera!” “…libera…” Gabrielle era consapevole del fatto che quella non era Xena, ma soltanto un mostro penetrato nel suo corpo “Ti voglio bene” disse la donna sorridendo teneramente come solo lei sapeva fare. “Aaaaah!” Un dolore lancinante turbinò nella mente di Xena con lo stesso rumore rombante di un tuono. Che doveva fare? Chi ascoltare? La giovane Gabrielle o il suo signore? Doveva ucciderla o rivoltarsi contro il proprio padrone? Quel dolce sorriso aveva risvegliato in lei sentimenti che aveva dimenticato; emozioni che aveva seppellito in fondo al cuore. Eppure provava un profondo senso di eterna lealtà verso Seth, suo sovrano. Che fare? Maledizione, che fare?
Seth scorse il velo di indecisione negli occhi di Xena “E così, mia cara Xena, questo sentimento è così forte” disse allargando le braccia e guardando la guerriera negli occhi “Amore - aggiunse, con tono di disprezzo - il tuo amore dunque è più potente del mio odio?!? Vedremo” portò entrambe le braccia in avanti e lanciò il suo influsso malefico alla Principessa Guerriera. Ella cercò di lottare contro l’impulso demoniaco che si insinuava dentro di sé, ma era una battaglia dura da vincere. Cercò di aggrapparsi a quella singola emozione, poi guardò nuovamente il viso della donna distesa sotto di lei: aveva gli occhi chiusi, un’espressione pacifica. Quant’era bella…e quanto dolci le erano suonate quelle parole…invece di schiarirsi, la foschia nella sua mente continuava ad infoltirsi. Sentiva che stava per impazzire. Non sapeva più cosa fosse giusto e cosa invece non lo fosse. Guardò Seth, poi Gabrielle, di nuovo Seth ed infine Gabrielle. Aveva perso totalmente la percezione di sé e di coloro che conosceva. Quella donna, Gabrielle, aveva l’impressione di conoscerla e sentiva qualcosa pulsarle dentro ogni volta che la guardava negli occhi “Non ricordi?” le chiese ella con aria triste, guardandola fissa negli occhi. Xena scosse lentamente il capo, con un’espressione persa stampata in volto. La giovane riuscì a mettersi in ginocchio, davanti a lei, le prese le mani e depose la sua spada a terra. Era come se ci fos­sero due Xena: quella buona e generosa, la sua Xena, che non si voleva arrendere, e quella creata da Seth, senza memoria e senza passato, senza umanità né sentimenti. Le due parti erano come il giorno e la notte. Quale delle due avrebbe vinto il scontro? Seth lanciò un’altra ondata di malvagità contro la guerriera. Stavolta il dolore fu straziante, in breve distrusse ogni resistenza da parte della scomoda e smanciosa Xena buona. Con un pugno atterrò Gabrielle, raccolse la spada. E fu la fine: la spada affondò rapida nello stomaco della poetessa, fino a toccare il pavimento. Ella urlò disperata: non aveva mai provato un dolore simile. Fu nell’istante stesso in cui la punta della lama toccò il terreno che Xena tornò se stessa. Estrasse la spada dal corpo inerte della propria amica e la sollevò, stringendola a sé “Noooo!” Solo ora capì le parole di Seth, pronunciate all’inizio di tutto: “Nel momento in cui dolore, rabbia, disperazione ed amore si mescoleranno al sangue, tu sarai salva”





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