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I giorni dell’amore e della gloria

Di IPPOLITA

PARTE X


Ribadisco che non intendo infrangere alcun copyright e che parecchi personaggi di questa storia sono di mia invenzione. Chiunque voglia utilizzare questo mio lavoro dovrà chiedere il mio permesso. Dedico questa mia modesta fatica letteraria a tutti gli amici e amiche che amano Xena. Ringrazio Xandrella che mi sta dando l’opportunità di rendere visibile parte del mio mondo interiore. Ringrazio INTUBINO E Sonia per l’incoraggiamento. La mia e-mail: arielet@virgilio.it

SCONTRI E ...INCONTRI.

""TU SAI CHE SOFFERENZA D’AMORE NON SI CURA

SE NON CON LA PRESENZA DELLA SUA FIGURA"

(SAN GIOVANNI DELLA CROCE)

Era trascorso ormai un mese da quando Anna si era messa sulle tracce del ladro di medicine ed era soddisfatta. La trappola tesa all’infermiere Sorciano aveva funzionato perfettamente. Con quel suo particolare atteggiamento seduttivo a cui era impossibile resistere, aveva attirato la sua attenzione, e poi aveva sferrato l’attacco finale accennando a gravi problemi economici che da qualche mese l’affliggevano. L’uomo, il tipico bellimbusto, faccia maschia ma brutale, sposato, senza figli, era stato mollato dalla moglie stanca delle sue angherie, si era sentito lusingato della confidenza che la bellissima dottoressa gli stava concedendo. Le aveva confessato, sperando, forse, anche in una "ricompensa" in natura, che c’era una miniera d’oro a cui attingere: l’ospedale.

Anna aveva avuto così la conferma dei sospetti suoi e dei suoi più fidati collaboratori. Controllando l’impulso di torcergli il collo, anzi, mantenendo il dominio della situazione, gli aveva dichiarato che con la sua protezione i furti di materiale sanitario e cibarie, sarebbero passati definitivamente inosservati. L’altro aveva replicato di avere per le mani un grosso affare: qualcuno gli aveva commissionato una merce veramente preziosa: morfina! E qui l’aiuto della dottoressa sarebbe stato veramente indispensabile, le chiavi dell’armadietto dove era chiusa la droga-medicina infatti le teneva soltanto lei . Anna assunse un’espressione impenetrabile, voleva tenerlo ancora un poco sui carboni ardenti, farlo penare di timore e desiderio per averlo poi, completamente ai suoi piedi.

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Il side-car rosso sfrecciava lungo il corso principale di Montesagioioso in quella fredda mattina di Novembre con un fragore assordante, tanto che Valerio si affacciò

dalla finestra del suo studio di podestà veramente infastidito. Ecco, era quella pazzoide

di sua sorella Magda seguita da quell’altra oca della sua amica Vanessa!

La giovane e spericolata guidatrice saltò giù dalla moto con un movimento agile e grazioso, anche l’altra ragazza scese dal side-car ma brontolando e sbuffando:"Lo sapevo, povera me, la mia acconciatura si è rovinata per sempre, peccato i soldi che ho speso da Luciano!" - "Ma uffa che palle con queste tue acconciature, sei stata tu ad insistere hai voluto provare il brivido della velocità!" Così discutendo Magda e Vanessa entrarono nel caffè-pasticceria Rapagnetti decise a gustare un buona tazza di cappuccino bollente. Il loro ingresso fu salutato allegramente dagli avventori, colleghi e studenti del liceo dove le due giovani insegnavano, Magda lingua e latteratura greca, Vanessa ginnastica. Mentre scegliavano alcune paste entrò, seguito da una folata di vento freddo, Pasquale, che subito volle offrire la colazione alle due donne. "Ehi, sei

capitato proprio a fagiolo, esclamò Vanessa soddisfatta addentando una fetta di pan di spagna- ti stavamo pensando intensamente!"- "Già, per ringraziarti del bellissimo orario che ci hai preparato, ci hai sistemato per le feste! La Logatto, poi, se ti vede ti mangia vivo!. "Ragazze ma io non capisco, parlate voi che avete avuto tutti i desiderata richiesti, allora è come si dice in Sicilia lamentarsi è vizio!"

Magda fece una piccola smorfia, i suoi occhi scuri tanto intensi ed espressivi mostravano però una sincera allegria, lei voleva bene al suo ""Coniglio Pasquale", lo considerava il suo migliore amico, l’unico essere maschile di cui aveva stima. Vanessa scosse la sua bella testa bionda e sul suo viso pieno di fossette si dipinse un’espressione maliziosa-"Negli ultimi tempi ti si vede poco in giro come è che sei diventato casalingo?" Pasquale arrossì ma non fece a tempo a rispondere per le rime alla collega perché nel frattempo era entrato Valerio. L’uomo si diresse verso Magda intenta a sorseggiare il suo cappuccino. "Saranno almeno quindici giorni che non ti fai vedere, stai bene almeno?"- "Vorresti darmi a intendere che avete notato la mia assenza, tu e tua madre?"- "Nostra madre- la corresse gelido - certo, non ti chiedo di occupartene, ma almeno, passare a salutarla!" I presenti guardavano IMBARAZZATI quella scenata domestica, Pasquale intervenne conciliante-"Sa, Valerio, abbiamo avuto tante cose da fare a scuola, le giornate scorrono così veloci che uno arriva a sera senza quasi accorgesene". - "Ti ringrazio, Pasquale- disse Magda- ma tanto è inutile, ormai mi hanno dato il ruolo della cattiva e allora, che fare? Tanto per loro è sempre colpa mia, scommetto che se perderemo la guerra sarà per me!" La parola "Guerra" risuonò funesta e quasi tutti abbandonarono il locale, tranne Valerio e Pasquale che decisero d’intrattenersi ancora. " Non so come prenderla" mormorò, quasi a se stesso, in fondo provava molto affetto per sua sorella anche se non riusciva a dimostrarglielo. Certo i rapporti tra madre e figlia erano sempre stati difficili però adesso erano al limite della rottura, meno male che--" Fra quaranta giorni sarà Natale"- l’esclamazione di Pasquale interruppe il corso dei pensieri. I due uomini si guardarono con un misto di preoccupazione e speranza. "Sarà’ un Natale di guerra anche questo, speriamo sia l’ultimo"- aggiunse il professore sommessamente.

Prima che Valerio potesse replicare una voce stentorea dal greve accento tedesco percosse le orecchie dei presenti. "- fossi in voi non mi farei illusioni!" Klaus Troelscht era appena entrato- "Prima dobbiamo spazzare via tutta la feccia che impesta il mondo e dopo ci sarà anche troppo tempo per la pace!" Pasquale s’irrigidì, salutò immediatamente Valerio ed uscì esclamando:- "Va bene, allora vi lascio alle vostre pulizie!" Anche Valerio, dopo un poco si congedò non senza aver ricordato al capitano tedesco l’invito a cena per la prossima Domenica.

Klaus rimase solo masticando amaro: quel professore Coniglio, come poteva permettersi tanta insolenza con quel cognome?

La professoressa Adriana Pellicanò era andata a prendere all’asilo il suo piccolo Ettore. La donna quel giorno si sentiva più amareggiata del solito, aveva scorto da lontano Valerio che l’aveva appena salutata; si chiedeva perché continuasse ad amarlo, forse sperava che lui e Anna si separassero, che sarebbe tornato con lei? Avevano avuto una breve ma intensa storia d’amore, l’unica veramente significativa per lei, e poi, era tutto svanito, Valerio era ritornato all’ovile con la coda fra le gambe, vigliacco come tutti gli uomini non era riuscito ad andare fino in fondo, o forse, la verità era molto più semplice, non l’amava e non l’aveva mai amata. Ma ciò che la feriva profondamente, proprio dentro, era l’indifferenza che l’uomo mostrava per il bambino, per il suo stesso figlio! Ma quel giorno non si sarebbe fatta intimidire dal suo atteggiamento distaccato, sarebbe andata a dirgli tutto ciò che effettivamente pensava di lui. Eccolo Ettore correrle incontro gioiosamente! Il bimbo scuro di capelli, occhi neri grandi e sognanti, il viso dai lineamenti puri e l’espressione intensa, la corporatura

snella e ben proporzionata, era il ritratto vivente di Valerio. La madre lo abbracciò, lo strinse a sè con forza quasi disperata come se non lo vedesse da mille anni, si sentiva in colpa verso di lui, avrebbe voluto dargli tutto l’amore che il padre gli stava negando. certamente se i suoi studenti l’avessero vista in quell’istante sarebbero rimasti molto sorpresi, avrebbero faticato parecchio a ravvisare in quella tenera e appassionata madre la donna sarcastica e temibile che quotidianamente li tartassava .

Ettore si sciolse dalla stretta materna, le sorrise dolcemente. Mentre si avviavano verso casa cominciò a raccontarle i fatti più importanti della sua giornata scolastica: l’oggetto preferito dei suoi racconti erano soprattutto le gesta del suo compagno di banco, Daniele Sereni.

Il signor Cantalupo salutò con simpatia la giovane donna che in poche settimane era diventata la sua cliente più affezionata, tutte le volte che si fermava davanti alla sua edicola si riempiva letteralmente le braccia di giornali: il "Corriere della sera", "Il corriere dei piccoli", diverse riviste d’enigmistica, "La Domenica" ecc; leggeva più lei da sola che tutto il paese, gli piaceva veramente tanto la professoressa Sereni, anche

i suoi bambini erano adorabili, Natalie, specialmente, avrebbe voluto portare a casa tutta l’edicola, si accontentava però di ciò che la madre le suggeriva e dopo ritornavano a casa conversando gioiosamente in inglese e in italiano. Angelica era riuscita a comprare, una bella e comoda bicicletta blu che ormai adoperava per i suoi spostamenti, anzi, Pasquale gliela aveva modificata a triciclo affinchè potesse trasportare comodamente anche Natalie e Daniele, che, naturalmente si divertivano da matti a girare con la loro affascinante mammina. La ragazza in poco più di un mese

si era inserita piuttosto bene nell’ambiente scolastico e cittadino di Montesangioso riuscendo a sentirsi parte attiva di quella piccola comunità.

I coniugi Coniglio e i loro figli si stavano affezionando ogni giorno di più ad Angelica e ai suoi bambini. Rosa le insegnava a cucinare, a governare le piccole, grandi cose di una casa, i segreti per spendere meno quando si andava a fare la spesa, come far

andar via le macchie di frutta e di caffè,ecc, e Angelica aveva suscitato in lei il desiderio d’imparare, di leggere, aveva cura di ritagliarle articoli dai giornali su argomenti che potevano interessare la donna, anzi, le aveva prestato dei libri di una certa levatura culturale come : "Sulla schiavitù della donna" di Stuart Mill, ne discutevano insieme la sera, davanti al caminetto, a casa di Pasquale che fingeva di preoccuparsi nel ritrovarsi una moglie "femminista", in realtà si sentiva in paradiso.

Un frequentatore assiduo dei "salotti culturali" dei Coniglio era anche il maresciallo dei carabinieri Ottavio Rapagnetti, padre del famigerato pluriripetente Ernesto Rapagnetti.

Ottavio aveva un viso rotondo e ilare, di corporatura massiccia, statura certamente non da corazziere, simpatico, aveva una carica prepotente di umanità che distribuiva a dosi massicce specialmente ai bambini, la sua età era decisamente prossima ai sessanta ma la sua risata gioviale risultava contagiosa perché era quella di un fanciullo

allegro. I figli di Angelica, specialmente Natalie, lo aspettavano con ansia tutte le sere

per assistere alle spassose scenette tra lui e Pasquale, eternamente in polemica per qualunque cosa anche se, invero, tra i due uomini esisteva una lunga e profonda amicizia, anzi, un fraterno affetto. Ottavio era di origine pugliese, si era sposato non più giovanissimo con Lella,una sua lontana parente ed erano stati felici per tanti anni, lui, la moglie e il loro Ernesto. Il maresciallo poi era rimasto vedovo all’improvviso, la povera Lella era scivolata in cucina ed aveva battuto la testa morendo sul colpo, forse aveva avuto un piccolo malore, le era sopraggiunta una menopausa molto fastidiosa, fatto sta che il buon Ottavio non si era mai dato pace per questa morte così stupida e ignorante come lui la definiva. Non si era mai più risposato, o meglio, si era definitavamente unito all’arma, che "quella almeno non muore mai.

Un’altra amica di casa era certamente la preside del liceo, Teodora Salimbeni, come sappiamo anche lei vedova, il suo sposo era stato il capitano Ulisse Xennakis, alla quale il maresciallo faceva una corte timida ma tenace pur sapendo di non avere molte "chance". Teodora era ancora molto avvenente ma anche lei diceva di essersi maritata con il suo lavoro, lo ripeteva fermamente anche se con molto affetto proprio ad Ottavio che fingeva di non capire. Le sere trascorrevano tra conversazioni interessanti, tazze fumanti di caffè o di orzo, qualche biscotto fatto in casa da Rosetta e accanite partite a scopa tra Pasquale e Ottavio condite da numerosi annedoti sulle diverse esperienze

dei due uomini o da qualche divertente episodio scolastico. Quando arrivavano i figli di Rosetta e Pasquale: Felice, Gioconda, Fortunato e il giovanissimo Tonino anche loro partecipavano con entusiasmo al convegno, mentre il pappagallo Manolo gridava a squarciagola frasi sboccate suscitando la finta indignazione degli astanti. Durante una di queste serate, funestate di tanto in tanto dalla sirena d’allarme della contra aerea che per fortuna si concludeva presto e senza che ancora accadesse niente, Natalie si lasciò sfuggire che la mamma aveva una voce molto bella e che sapeva suonare il pianoforte alla perfezione, anche Daniele assentì più convinto che mai e così Angelica

fu assediata dai suoi amici che non la mollarono finchè la giovane acconsentì a cantare

una splendida canzone americana. La sua voce dai toni caldi, sensuali e dolcissimi, intonata con un senso eccezionale del ritmo, trasportò tutti in una dimensione di appassionata, raffinata, magia, dove non c’era più posto per la guerra nè per gli assurdi, feroci massacri d’innocenti che si stavano consumando nella comune ignoranza o cieca complicità del mondo. Alla fine erano tutti applaudirono commossi

Teodora, sospirando disse al piccolo gruppo che le sarebbe piaciuto condividere questi

rari momenti di serenità con sua figlia, la dottoressa Anna Xennakis Sanzio, notevole

estimatrice di tutto ciò che è bello, della musica in particolare, ma, purtroppo era una donna molto presa dal suo lavoro e dalla sua famiglia e per lei, ormai, aveva sempre

poco tempo. Angelica al sentir pronunciare quel nome avvertì un immediato interesse, qualcosa che le prese la gola e fece accellerare i battiti del suo cuore ma non parlò, del resto non sapeva nemmeno lei che cosa le accadesse, da quando aveva visto quel

ritratto desiderava e temeva incontrare quel volto così particolare, così struggentemente bello. "Voi non l’avete mai vista di presenza, Angelica?" La voce roca

e cordiale del maresciallo Rapagnetti la strappò ai suoi intimi pensieri. Teodora sorrise. "E’ una dea dell’antica Grecia" aggiunse subito Pasquale.




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