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I giorni dell’amore e della gloria

Di IPPOLITA

PARTE V


I personaggi di Xena E Olimpia appartengono alla Universal, non intendo infrangere alcun diritto d’autore e non sto scrivendo a fine di lucro. Desidero soltanto scrivere per

il piacere di narrare una storia d’amore. Se qualcuno vuole comunicare con me in modo gentile e intelligente può farlo a arielet@virgilio.it

VII capitolo

LA NUOVA VITA- NUOVI AMICI.

SOGNI INQUIETI.

Pasquale entrò in casa con una certa cautela, non voleva svegliare la sua numerosa famiglia, specialmente sua moglie Rosetta. Invece, ahi, inciampò in una sedia proprio in camera da letto, ovviamente la consorte si drizzò all’istante. "Pasquale, Pasquale"

-"Che c’è?"- Allora è arrivata la tua collega da Roma?"- "Sì, sì, mettiti a dormire". Ignorando l’ordine del marito, Rosetta continuò il suo interrogatorio:"Com’è, com’è?"

"Chi?!"- "Come chi?! Lei, la tua collega!" A questo punto l’uomo avrebbe voluto rispondere:" è bella, bellissima, il suo viso risplende come il sole, i suoi occhi sono due smeraldi, la sua voce è una musica soave", ma, sensatamente si limitò a dire: "E’ caruccia, niente di speciale". Rassicurata la donna sprofondò tra le braccia accoglienti, almeno quelle, di Morfeo, mentre Pasquale istintivamente si toccò la punta del naso, Pinocchio!!

Achille vegliava. Si alzò, stiracchiò le sue membra gattesche, con la zampina cominciò

a farsi una deliziosa grattatina, quindi si avviò per un giro di perlustrazione, aveva sentito l’odore nauseante dei topi, non aveva la minima intenzione di mollarli, il vecchio istinto felino lo guidava, quello del cacciatore implacabile: per i ratti di MONTESANGIOIOSO sarebbe stata una lunga notte.

Anna si alzò dal suo grande letto. Che significava quel sogno? Perché le aveva lasciato tanta inquietudine ma anche quella strana esaltazione? Si recò nell’enorme cucina, si versò dell’acqua, bevve avidamente, guardò fuori dalla grande finestra assorta nei suoi pensieri. L’alba stava sorgendo.

Angelica si svegliò scossa dolcemente da sua figlia, si girò, Daniele dormiva ancora tutto raggomitolato al suo fianco, così innocente e bello le sembrò la visione più cara dell’universo. Natalie era in piedi, i suoi grandi occhi azzurri, così simili a quelli della nonna americana, avvolgevano sua madre con tenerezza. Dalla strada provenivano dei belati, stava passando un gregge di pecore. La donna sospirò. Tirò fuori dalla valigia una larga e morbida giacca di lana rossa, cachemire, regalo di sua madre, vi si avvolse dentro, il calore la confortò, abbracciò la bambina, le propose di tornare a letto:"Conviene che ci riposiamo, tesoro, domani è Domenica, usciremo per conoscere la città"-"Mi comprerai il diario e la penna stilografica, mamy?"- "Sì, adesso vieni, torniamo a dormire"-"sai, sono sicura che ci troveremo bene qui" le disse la piccola con sicurezza abbracciandola. Un sordo miagolio attirò la loro attenzione; Achille aveva afferrato la sua preda.

Klaus Troelscht si svegliò di soprassalto, di nuovo l’antico incubo era tornato a funestare le sue notti. Un bambino giace a terra singhiozzando, sta chiedendo pietà:" No, papà, no, per favore, perdonami!"In piedi sopra la sua testa un uomo livido di rabbia lo sta sferzando con la cinghia dei pantaloni, lo colpisce sul viso, sulle braccia, sulle spalle magre, lo colpisce e lo insulta con sprezzante ferocia- "Femminuccia, smidollato, tieni, così impari a prenderle!" Ancora calci allo sterno e quel ghigno sulla sua faccia stravolta, in un angolo una donna, o quel che ne resta, piange sommessamente, sua madre.

Klaus si deterse il freddo sudore con un morbido asciugamano. Ormai suo padre era morto da un pezzo, quanto a sua madre lo aveva rinnegato dal momento in cui le si era presentato in divisa da "SS", Frieda era una donna buona, coraggiosa, aveva lasciato suo marito Udo dopo l’ennesimo pestaggio subito nel tentativo di impedirgli d’assassinare il figlio. Per mantenersi e permettere al suo Klaus di studiare aveva lavorato senza tregua adattandosi a tutto purchè fossero attività lecite. Poi, finalmente, aveva trovato un posto di cameriera nel ristorante di Liebermann, ebreo, che con tutta la sua famiglia aveva preso a ben volere lei e il figlio tanto da farla entrare in società nella gestione del locale.Anche se le circostanze storiche erano avverse nulla sembrava ostacolare ormai la loro serenità, nulla se non per un imbianchino austriaco: un certo :Adolf Hitler.

Per Klaus aderire al partito nazista era stato istintivo, la sua laurea in ingegneria militare non gli era bastata per riscattare la rabbia e l’odio che si erano accumulati nel suo cuore durante tutta la sua infanzia e la prima adolescenza verso il padre, ma anche nei confronti degli altri da cui si sentiva escluso e umiliato ingiustamente. Aveva visto i figli dell’ebreo con i bei vestiti, le scarpe nuove e lucide andare alle feste, accaparrarsi le ragazze più belle e raffinate mentre lui restava in un angolo, taciturno, scontroso, con una ridicola aria di superiorità che lo isolava sempre più nel suo mondo

tenebroso. Il padre, oltre ad essere un violento, ai suoi occhi aveva anche un grosso difetto, imperdonabile: era un piccolo operaio meccanico, un poveraccio che

prima di spendere un marco doveva farsi un giorno intero di conti.

Klaus era diventato un giovane attraente, praticando diversi sport si era costruito un corpo muscoloso e compatto che usava per sedurre le donne sfruttandole per il suo piacere senza riuscire a provare altro che lussuria. Aveva percorso una buona carriera nelle fila delle SS, capitano, niente male, ma una sorda insoddisfazione non gli dava requie, poteva pretendere molto di più da se stesso, poteva contribuire a costruire il nuovo mondo, il millennio nazista, in modo ben più efficace, poteva farsi amare sempre di più dal suo Furher, il padre d’elezione. Adesso la sorte lo aveva portato in quell’oscura cittadina italiana dove non sembrava ci fossero molte occasioni per mettersi in mostra, ma poco male, non voleva scoraggiarsi, sarebbe bastato aspettare,

le circostanze sarebbero volte a suo favore, lui aveva fiducia in Hitler, fiducia nel destino di gloria della Germania.

Anna era uscita presto, la mattina di quella domenica ottobrina si presentava fresca, asciutta, il cielo limpido prometteva un giorno soleggiato tanto da non far rimpiangere

l’Estate appena trascorsa. I suoi figli e suo marito stavano ancora dormendo mentre lei diresse la sua auto verso il mare. La spiaggia era deserta. Si diresse verso il bagnasciuga, sentì l’acqua tiepida lambirle i piedi, socchiuse gli occhi, si lasciò prendere dalla pura sensazione fisica, la sua pelle si scioglieva nel liquido piacere del contatto con il ritmo delle piccole onde, una strana gioia si faceva strada dentro di lei: si sentiva libera e insieme parte di qualcosa ben più grande di lei, così, come nel sogno. Il ricordo di quelle visioni le riportò l’intensa emozione vissuta a tal punto che si sentì la gola chiusa mentre il cuore accelerò i suoi battiti. Sentì il bisogno irresistibile di parlarne con qualcuno, pensò ad Akiko, la sua amica, la saggia e bellissima

signora orientale. La villa della principessa sorgeva in cima a un’ impervia altura.

Anna percorse il sentiero sinuoso e scabro che costellava un boschetto di larici, e che infine l’avrebbe condotta da Akiko, con il suo passo elastico e deciso, il pensiero di rivederla le dava un gran sollievo. Un poco prima si udiva l’abbaiare dei cani, davanti

all’altissima cancellata c’erano due servitori vestiti alla maniera dell’antico Giappone, la riconobbero e subito l’introdussero al cospetto della signora. Akiko accolse l’amica con gioia invitandola a fare colazione con lei. La bella signora indossava abiti occidentali, una semplice camicetta bianca, pantaloni dello stesso colore che mettevano in risalto la sua figura nobile ed elegante, anche Anna indossava un abito

bianco che le donava un’aria quasi d’adolescente. Akiko la guardò, subito comprese

il suo turbamento, invero a lei bastava una semplice occhiata per leggere nel cuore della gente, a maggior ragione in quello delle persone care e ad Anna voleva molto bene. Sedute nel giardino, circondate dalla bellezza di cespugli di rose tardive, mentre giochi d’acqua sgorgavano dalle fontane sapientemente disposte, le due amiche assaporavano una pausa confortevole e rilassante dalle fatiche di un’intera settimana.

"Così, Anna, hai avuto delle strane visioni notturne, sarei lieta d’ascoltarti, se vuoi"-disse Akiko guardandola con i suoi profondi occhi neri.

IL SOGNO DI ANNA.

Anna cominciò:"-Nel sogno mi trovo ad Alessandria d’Egitto. Alloggio in uno splendido albergo bianco come la luce che domina tutto lo spazio. Due insoliti personaggi attirano la mia attenzione: un uomo ancora giovane e attraente e la sua bella accompagnatrice. Lui porta un panama bianco ben calcato sulla fronte, i suoi occhi sono scuri e intensi, ha una barba rossiccia, incede con sicurezza ed eleganza, indossa una sahariana bianca. Lei è bionda, i capelli sono lisci e brillanti, il suo volto è splendido. I due camminano a braccetto, si sente che sono molto innamorati l’uno dell’altra. A un certo punto ci troviamo in un piccolo bazar, il mio umore è piacevolmente turbato dalla presenza della coppia con cui ho una forte intesa erotica.

Ad un tratto squilla un telefono, una voce maschile mi avvisa che l’uomo mi aspetta ma non mi dice dove. Uno strano cameriere, sembra un minatore, mi porta la sahariana bianca dicendomi che è un regalo del professore. Nelle tasche della giacca trovo una bussola e uno strano cerchio metallico. Senza rendermene conto mi sento trasportare, qui, in questa città, la stessa voce mi dice che la vita è un fenomeno non-locale, quindi si manifesta come e quando vuole. Nuovo cambio di scena. Stavolta mi trovo in cima ad una grande collina tonda e brulla, sembra uno scenario teatrale, anzi, c’è una festa, attorno a me c’è tanta gente che danza, che canta, clown, giocolieri, acrobati, ballerine stanno animando l’ambiente. Io sono meravigliata e felice, ho appena il tempo di riprendermi dallo stupore che un mormorio sbigottito passa tra la gente: alzo gli occhi e vedo in alto, stagliato nel cielo blu cobalto, un angelo. E’ immenso, i suoi capelli sono biondi, lunghi e inanellati, le sue vesti sono veli con tutte le tonalità del rosso, tra le mani tiene stretto un arco e sta per scagliare una freccia verso il basso, tutti fuggono in preda al panico, soltanto io rimango ferma, affascinata e terrorizzata. La freccia vola, mi colpisce al petto, ma non mi uccide, io sento un calore insopportabile in tutto il corpo, un piacere e una felicità mai provati nel mondo reale, muoio ma sono viva, piena di passione infinita verso l’angelo vorrei che mi prendesse con sé per sempre."

Akiko rimase ancora in silenzio, poi disse:"Anna, tu hai sognato l’amore".




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