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I giorni dell’amore e della gloria

Di IPPOLITA


Ribadisco che non intendo infrangere alcun copyright e che parecchi personaggi di questa storia sono di mia invenzione. Chiunque voglia utilizzare questo mio lavoro dovrà chiedere il mio permesso. Dedico questa mia modesta fatica letteraria a tutti gli amici e amiche che amano Xena. Ringrazio Xandrella che mi sta dando l’opportunità di rendere visibile parte del mio mondo interiore. Ringrazio INTUBINO E Sonia per l’incoraggiamento. La mia e-mail: arielet@virgilio.it

IL VUOTO E LA SPERANZA

""Un amore vibrante come un arco di tenebre

Io l’ho custodito in tutto il suo dolore,

Non è stato un sogno che si può negare,

ma reale la durata mi estenua."

(A.A. G.B. )

Rosetta bussò discretamente, la porta si aprì, una bambina bionda ancora assonnata apparve: Nathalie. La donna annunciò che la colazione era pronta anche per loro, c’erano degli ottimi avanzi anche per il gatto che doveva aver lavorato sodo tutta la notte, almeno a giudicare dai suoi indiavolati miagolii. Rosetta non vedeva l’ora di conoscere la collega di suo marito. La domenica a Montesangioioso trascorreva tranquilla, malgrado la guerra, se non fosse stato per i soldati tedeschi che transitavano per le vie e per qualche militare della guarnigione italiana ci si poteva illudere che tutto fosse rimasto come prima. Pasquale diceva che inevitabilmente tutta questa quiete sarebbe scomparsa, inutile dire con che atteggiamento i suoi concittadini accogliessero le sue dichiarazioni.

"Arriba, arriba, c’è Manolo el matador spagnolo!" Con questi strepiti il pappagallo di casa Coniglio finì di svegliare tutto il vicinato.

La radio cantava con la voce di Rabagliati: "IL primo pensiero d’amore sei tu, sei tu"

Rosa si aggiustava i capelli scuri folti e lisci che lei tutte le sere caricava di bigodini

cartacei, e tutte le sere Pasquale la guardava avvilito cercando di scoraggiarla, ma non c’era niente da fare, la donna, di media statura, magra e nervosa, voleva una pettinatura, stile ASSIA NORIS o ALIDA VALLI, le dive del cinema che facevano sospirare i giovanotti.

Un ammiratore sfegatato, comunque l’aveva anche lei: Manolo, che la chiamava fischiando rumorosamente con i nomi più ardenti:"Rosita, hermosa morena besame mucho"

Pasquale fece la sua comparsa vestito di tutto punto, pulito, profumato come un cespuglio di lavanda e un sorriso vago sulle labbra tumide. La moglie lo squadrò da capo a piedi sospettosa:"Che?! Ti sei lavato di nuovo?"- "Veramente sono almeno dieci giorni che non facevo un bagno come si deve!"_"Solo la gente fetente si lava spesso, come diceva la buonanima di mio zio Totonno!"- "Infatti, lui, la buonanima aveva un’’armatura di sudiciume addosso!"rispose Pasquale deciso- Rosa non lo degnò di una risposta continuando ad apparecchiare la tavola per la colazione. Allora il marito volle trionfare-"Sai che ti dico? Da stamani in questa casa ci si laverà almeno, almeno una volta la settimana, è giunto il momento di dare un giro di boa alla nostra igiene personale!" La donna lo guardò con un miscuglio di meraviglia e di commiserazione, Manolo emise uno zufolo assordante, in quel momento suonò il campanello dell’uscio.

Entrarono nell’ordine: Nathalie, Daniele, Il micio con tanto di codina alzata e infine, Angelica. Rosa li accolse con fervore sincero, lei era fatta così, burbera ma schietta, profondamente generosa. La madre e i figli si accomodarono graziosamente

davanti alla tavola imbandita, Angelica notò il buon gusto di Rosa, le piacque la tovaglia celeste ricamata agli orli, ammirò anche il modo in cui era disposto il cibo, si sentì subito a proprio agio. Manolo iniziò ad arruffare le penne, la vista del gatto lo mise in apprensione ma Achille non sembrò accorgersi di lui, si tuffò immediatamente sui prelibati avanzi di cefali miagolando di gioia. I bambini inzuppavano i biscottini nel

caffelatte e Angelica ne assaporava il profumo e il gusto. Pasquale godeva della loro compagnia indugiando a guardare la giovane donna con simpatia ma anche con discrezione. Rosa, suo malgrado studiava la sconosciuta:"E così, questa sarebbe quella "niente male, nulla di speciale"?!" Gesù, che mascalzone, che bugiardo quel Pasquale! Una con questi occhi, con questo sorriso ammaliante, e come veste bene, decisamente l’azzurro le dona!" Così pensava e nel frattempo scoccò un’occhiata lanciafiamme al marito che con la sua coda di paglia fra le gambe avrebbe voluto sparire. Angelica conversava amabilmente, queste persone già le piacevano molto, ma il suo stato d’animo era inquieto. quella notte aveva sognato di far l’amore con il marito. Samuele le era apparso radioso, innamorato, proprio come quando era in vita, erano in riva al mare, passeggiavano abbracciati, e poi lentamente scivolano sulla sabbia morbida baciandosi con desiderio infinito, i loro corpi si fondevano appassionatamente e l’ orgasmo che provò la scosse tutta facendola svegliare di colpo.

Adesso sentiva il vuoto, quella voragine aperta nel suo cuore che di tanto in tanto l’assaliva a tradimento. Anche per questo mangiava con appetito e le diede conforto

non sapersi sola insieme ai suoi figli in questa nuova abitazione in un paese ancora sconosciuto. La mattinata trascorse abbastanza in fretta. Angelica e i bambini erano stati invitati da Rosa anche per il pranzo, di pomeriggio sarebbero usciti tutti quanti insieme, sarebbe stato piacevole passeggiare per le strade di Montesangioioso. La giovane disfece le valigie, fuori un organetto di barberia stava suonando una canzone

d’amore, un tango nostalgico "BESAME MUCHO" che l’indusse a riflettere sulla sua condizione attuale, forse avrebbe continuato a far l’amore con un fantasma per tutto il resto della sua vita.

Il pranzo domenicale in casa Sanzio era un’occasione per la famiglia di stare unita specialmente con i loro figli. La tavola veniva imbandita nell’ampio salone con una certa solennità che piaceva molto a Valerio mentre lasciava Anna piuttosto indifferente.

Il lusso non la interessava, i suoi gusti erano semplici ed austeri, preferiva la sostanza

all’ apparenza, comprendeva, però il bisogno del marito di ribadire come poteva, l’eccellenza della sua famiglia. La cuoca aveva già pronte le vivande. I componenti della casa si sedettero attorno alla tavola ovale: Valerio, impeccabile nel suo completo gessato , Anna, bellissima e affettuosa come sempre, indossava un pull bianco leggermente scollato su una gonna nera dalla linea semplice ed elegante, i tre figli, Alessandra, diciotto anni, Filippo sedicenne e infine, Costantino, il cucciolo di casa, quattordici anni, mostravano, pur con sfumature diverse la loro avvenenza costituita dall’intreccio di armonia fisica e psichica che l’adolescenza con i suoi tormenti non era ancora riuscita a guastare. Prese posto, con ostentata lentezza , anche la madre di Valerio, la marchesa Canziani Sanzio Erminia, così, lei si presentava, settanta anni fieramente portati, magrezza aristocratica, viso allungato e risoluto, occhi scuri vivaci

che fissavano tutto quanto capitasse loro a tiro con sdegnosa alterigia. Tutti la salutarono con rispetto. Adesso il pranzo poteva iniziare. Anna avrebbe desiderato instaurare un rapporto veramente affettivo con la suocera, ma questa, fin dal principio

della sua storia con Valerio, il suo prediletto, le aveva fatto capire di non approvare quest’unione, la ragazza aveva il torto non solo di non essere italiana, ma soprattutto di appartenere a una classe sociale inferiore. L’anziana nobildonna si era chiusa nei suoi retrivi pregiudizi che la magnanima e forte personalità della nuora non era riuscita

minimamente a scalfire, anzi, i suoi successi in qualità di donna, di madre e di medico,

sembravano indispettirla accrescendone l’ ingiusto risentimento. Erminia, serbava tutto

questo veleno nel suo cuore, dissimulandolo con un atteggiamento di formale riguardo, ma la sensibilità di Anna lo percepiva in ogni sfumatura della loro convivenza, e poi, c’era stata l’occasione, anni fa, in cui la verità nascosta era balzata fuori in tutta la sua crudezza. Per fortuna Anna aveva smesso di soffrire per lei, ormai quella presenza le dava un vago senso di fastidio che a volte diventava però difficile da sopportare. Valerio sapeva, ma dopo la morte del padre, il vecchio Filippo, Erminia, con astuzia era riuscita a far leva sui sentimenti d’affetto viscerale del figlio nei suoi confronti e così, con la forza della sua debolezza si era insediata nella sua vita d’uomo manovrandola occultamente.

Anna guardava i suoi familiari, sentì un’ondata di tenerezza sconfinata verso i suoi ragazzi, si soffermò sul marito, ricordava come si era innamorata di lui, con tutto lo slancio appassionato della sua prima giovinezza, lo vedeva sicuro, convinto di poter migliorare il mondo, pieno d’entusiasmo; fisicamente non era cambiato, il suo profilo sembrava scolpito nel bronzo, il naso piccolo e diritto, la bocca imbronciata, gli conferivano un’aura irresistibile ed elusiva. Quel giorno le appariva anche un poco stanco, i loro sguardi s’incontrarono, lui le sorrise , in quel momento la voce d’Erminia s’intromise stridula, lamentando l’assenza di Magda, la sorellastra di Valerio. "E’ fatta

a modo suo, mamma, è inutile prendersela, quando vorrà tornare noi l’accoglieremo" . "E’ soltanto una ragazza capricciosa e tu sei fin troppo comprensivo con lei!" Rispose

Erminia. "Forse, cerca soltanto un po’ di affetto dai suoi familiari senza sentirsi continuamente criticata"-affermò pacatamente Anna. L’anziana signora la fissò con irritazione, la nuora sostenne il suo sguardo con fermezza . Valerio cambiò discorso rivolgendosi ai figli che cominciavano a sentirsi a disagio, specialmente Alessandra che con tutto il suo cuore desiderava l’armonia tra i suoi cari. "Bene, tra pochi giorni tornerete a scuola, non siete contenti di ritrovare i vostri compagni?"-"Uh, sì papà, specialmente quest’anno, è l’ultimo, finalmente!"

Rispose Alessandra, mentre i fratelli con le bocche piene di cibo ammiccavano verso di lei. Anna colse l’allusione maliziosa, tra i compagni di scuola la figlia annoverava qualche corteggiatore, sorrise lievemente ma la nonna intervenne":Perché fate quelle facce?" I ragazzi si guardarono con un atteggiamento innocente ma rimasero in silenzio. Erminia però non voleva lasciarsi sfuggire l’occasione per guastare il pranzo ai suoi:" Anche quest’anno continuerete con le vostre frequentazioni plebee?"Nessuno parve raccogliere la provocazione. Anna aveva deciso stoicamente di arrivare alla fine della giornata con la speranza di godere dell’intimità con il suo sposo e dei loro figli non appena Erminia si fosse dileguata nei suoi appartamenti.

Filippo, però, in modo inatteso replicò-"Cara nonna, io frequenterò chi mi pare e piace, i miei amici anche se non sono nobili sono ragazzi intelligenti e generosi "

Valerio lo fulminò con un’occhiata-"Non rispondere così, Filippo, ricordati con chi stai parlando!"Anna si lasciò sfuggire un sospiro, Costantino e Alessandra si lanciarono

uno sguardo d’intesa. "Del resto, continuò Erminia, non è un male tener presente le proprie origini, ci sono caste superiori e caste inferiori, razze pure e ibride."

"La teoria della razza superiore non ha alcuna base scientifica seriamente comprovata, gli esseri umani discendono dalle scimmie antropomorfe", affermò Anna, volutamente didascalica. "Il vostro Darwin, quel miscredente che osa mettere in dubbio la creazione

dell’uomo da parte di Dio, quello, secondo te è uno scienziato? E dove sarebbero le prove delle nostre ascendenze scimmiesche?"-rispose Erminia . "Nonna, hai guardato bene il cugino Eugenio di Torrismondo? Altro che prova, quella è una certezza!" Esclamò Costantino provocando l’ilarità dei fratelli. Tra una battuta faceta e qualche

frase all’acido prussico il pranzo si avviava alla sua conclusione, dopo la marchesa Canziani Sanzio si sarebbe appartata nella sala dei ricevimenti per accogliere i suoi

amici, due coppie di nobili del luogo e il prefetto Cantalupo con la moglie con i quali avrebbe tenuto interminabili tornei di bridge conditi di cioccolatini, liquori e maldicenze.

A questo giro ogni tanto partecipava anche Valerio, all’inizio anche Anna, più per accontentare suo Marito che per suo gradimento, aveva fatto parte del gruppo,

ma da quando vi si era insinuato il maggiore Wolf Mayer, comandante della guarnigione tedesca, preferiva starsene in disparte, a disposizione dei figli o a

dedicarsi ai suoi studi e ai suoi interessi.

Durante tutto il tempo del pranzo, la dottoressa, malgrado le ciance della suocera,

era stata occupata a cercare la soluzione di un problema che le stava molto a cuore: procurare cibo abbondante per i piccoli orfani e per le suore che li accudivano. Aveva già in mente un piano.

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""Vaghissima sembianza d’antica donna amata

chiunque v’ha ritratta con tanta simiglianza

io guardo, guardo e credo d’avervi a me davanti.

La cara rimembranza nel cor mi si è destata....

(Donaudy)

Finalmente arrivò il giorno d’apertura delle scuole. Pasquale bussò all’uscio di Angelica chiamandola a gran voce, era in perfetto orario ma in qualità di vice preside

voleva dare di sé un’immagine esemplare. La giovane aprì con sveltezza, ci teneva anche lei ad essere attenta e puntuale, ma non ne faceva una questione d’immagine bensì di senso di responsabilità. Angelica aveva saputo che Pasquale Coniglio era il suo collega di corso di Storia e Filosofia. La ragazza indossava un tailleur di velluto verde scuro, una camicetta bianca, completava il suo abbigliamento un delizioso cappellino dell’identico colore dell’abito, anche le scarpine a tacco alto beige contribuivano alla sua eleganza. Pasquale l’ammirava incapace di parlare, poche

volte nella sua vita aveva visto una creatura tanto celestiale, forse al cinema, disse a se stesso." Adesso dai suoi passi spunteranno dei fiori" pensò l’uomo trasognato.

"Pasquale"-il suono della sua voce lo fece sobbalzare- che hai? Va tutto bene?"-"Sì, sì. Ehm, è che stavo considerando che...che... per i bambini non ti devi preoccupare,

Rosetta li accompagnerà a scuola e poi, andremo insieme a prenderli, per i giorni successivi ci organizzeremo..."Angelica lo guardò con simpatia, anche se lo conosceva da pochi giorni sentiva già di potersi fidare di lui senza esitazione.

La "Balilla" del professore Coniglio si arrestò davanti ad un austero edificio settecentesco. "Questo è il nostro liceo "DANTE ALIGHIERI"! La voce di Pasquale risuonò emozionata. Con cura aiutò la collega ad uscire dall’automobile, Angelica lo prese sottobraccio e insieme varcarono il massiccio portone del palazzo. Nell’atrio antistante l’ampia scalinata che conduceva alle aule e agli uffici di presidenza e di segreteria stava una piccola folla di professori e di familiari che salutarono con cordiale rispetto il professore e la sua accompagnatrice, gli studenti avevano un’ingresso a parte, nel versante opposto della struttura scolastica. Pasquale le disse che per quella prima giornata di lavoro si sarebbero fatte soltanto le prime due ore, dopo ad ogni docente sarebbe stato dato l’orario provvisorio, comunque, al massimo tra due settimane sarebbe entrato in vigore quello definitivo. "Tu oggi hai soltanto la seconda

ora in terza "A", ora dovresti recarti in presidenza, Teodora, cioè, la professoressa Alfieri vuole parlarti, sai, le solite cose, le classi, il regolamento, non devi preoccuparti"-L’uomo la guardò con i suoi begli occhi neri e carezzevoli, Angelica gli sorrise dolcemente, lei, si sentiva tranquilla infatti, tra quelle mura solide e spesse si sentiva a casa. Pasquale l’accompagnò allo studio della preside che non era ancora arrivata. La ragazza entrò nell’ufficio accolta da un piacevole miscuglio aromatico di cuoio, caffè e di libri.

In fondo alla stanza si trovava un’ampia finestra dai vetri decorati, davanti una grande scrivania troneggiava piena di carte ordinate e di riviste. Tutt’intorno una biblioteca colma di libri antichi. Angelica osservò tutto attentamente, poi di nuovo i suoi occhi caddero sulla superficie dello scrittoio e qui si accorse di un portaritratti d’argento. Istintivamente lo prese tra le mani: c’era la fotografia di una giovane donna, i capelli

neri incorniciavano un volto veramente di fattezze mirabili. Angelica non si stancava di guardarlo, la fronte spaziosa, gli zigomi alti, le guance un poco incavate configuravano una fisionomia appassionata e fiera, gli occhi erano profondi e assorti, ma quel sorriso...dove l’aveva visto?" Vedo che è rimasta impressionata da quella fotografia"- Una voce femminile grave e benevola la fece sussultare, così persa nella sua contemplazione Angelica non si era accorta dell’ingresso della sua interlocutrice.

"Sono la preside, lieta di darle il benvenuto e questo è il ritratto di mia figlia, la dottoressa Anna Xennakis Sanzio".




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