Hazel
          by 
            Route66
          (nona 
            parte) 
          I 
            personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal 
            Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright. 
            Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi 
            e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono 
            utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi 
            o scomparse è del tutto casuale.
            Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
          Mac 
            si risvegliò per prima dopo la caduta. Aveva preso una bella 
            botta sul fianco. Tastò il pavimento attorno a sé finchè 
            non sentì un braccio.
            -“Valery? Valery sei tu?”, la strattonò.
            La ragazza emise un gemito di dolore.
            -“Stai bene?”
            -“C-credo di si…non si vede nulla qua sotto”.
            Anche gli altri pian piano si ripresero. Si sentì la voce del 
            Prescelto ordinare ai suoi di fare luce.
            Colin aveva approfittato del momento per raggiungere Mac.
            -“Ehi, slegami forza”
            -“Brutto figlio di un cane! Tu mi hai tradita”
            -“Mac non è esattamente così…se mi lasciassi 
            spiegare…”
            -“Spiegare cosa?”, continuò sussurrando, “Hai 
            agito alle mie spalle, ti sei dimenticato della nostra amicizia, per 
            l’ebbrezza del comando?”
            -“No. Per te. Volevo portare a termine la missione, ma tu eri 
            perennemente ubriaca. E ho fatto quello che avrebbe fatto qualsiasi 
            amico: salvarti il culo”
            -“Io non la vedo così”
            -“Per favore slegami. La mia punizione l’ho già 
            scontata…cadere a mani legate in una voragine non è il 
            massimo”, disse provando a scherzare, ma l’amica non cedette. 
            “Mac…Gabriel alla fine ha messo in pericolo tutti…”
            -“Già!”, scattò lei, “Ma se fosse 
            successo qualcosa a Valery…l’unico responsabile saresti 
            stato tu. Non ti avrei mai perdonato per questo”, disse dura.
            Jacob riuscì ad accendere una debole fiammella. Valery tagliò 
            il cordino che legava Colin. L’uomo si girò e la vide, 
            sorpreso.
            -“Non è il momento di fare questi discorsi”, susurrò 
            la ragazza ai due.
            Mac le rivolse uno sguardo arrabbiato e si alzò.
            -“Cos’è questo posto allora?”, disse poi 
            il Prescelto.
            -“Quello che cercavi no?”, disse ironico Colin.
            -“Sta zitto idiota”, lo ammonì.
            Colin sorrise mostrando le mani libere. Il Prescelto gli rivolse una 
            smorfia e passò avanti.
            -“Perlustrate, forza”, ordinò ai suoi uomini.
            -“Io non capisco una cosa”, disse poi Colin, “Tutto 
            questo parco risale alla metà del settecento, e anche gli altri 
            posti con cui abbiamo avuto a che fare qui a Vienna appartengono tutti 
            a secoli successivi al periodo di Von Salza. Come è possibile 
            che gli indizi siano legati a questi luoghi?”.
            -“Nei libri è scritto che nel cinquecento lo stato teutonico 
            si dissolse in seguito all’avanzata della riforma luterana, 
            ma l’Ordine sopravvisse sotto l’ala protettrice della 
            monarchia asburgica, presso cui si rifugiarono gli ultimi cavalieri 
            rimasti fedeli al cattolicesimo”, gli rispose Mac.
            -“Quindi chi custodiva la spada la portò fin qui e la 
            nascose per secoli in questi posti?”, domandò ancora 
            poco convinto.
            Mac alzò le spalle. C’era qualcosa che non tornava neppure 
            a lei.
            -“Basta parlare ora”, disse stufo il Prescelto alzando 
            la pistola contro i tre amici. Fece un cenno col capo indicando il 
            tunnel buio.
            I tre esitarono.
            -“Serve luce”, disse Mac.
            Jacob si fece largo e affiancò la donna. Lentamente avanzarono 
            nel cunicolo. Dopo qualche metro Mac si fermò di scatto.
            -“Dà qua”, disse a Jacob, afferrando l’accendino.
            Prima sulla parete destra poi su quella sinistra, la debole fiammella 
            diede vita ad una scia luminosa che si protrasse fino in fondo.
            -“Fiaccole collegate tra loro”, esclamò Colin.
            -“Bene, adesso è tutto molto più nitido”, 
            disse il Prescelto avanzando bruscamente.
            -“Fermo”, lo bloccò Mac. “Guarda”, 
            indicò ai lati.
            -“Fori per frecce”, notò Valery.
            -“Sganciati la spada”, disse la donna a Jacob.
            -“Vuoi scherzare?”
            -“Non serve che un maiale faccia oink per essere riconosciuto”
            -“Ripetilo se hai coraggio”, disse rabbioso provando a 
            sfoderare la spada, ma il Prescelto lo bloccò.
            -“Fa come ti dice”.
            Controvoglia il giovane eseguì gli ordini. Mac afferrò 
            l’arma e la gettò a peso morto davanti a lei. In un istante 
            una serie di frecce ad altezza delle ginocchia andò a conficcarsi 
            nella parete opposta.
            Pian piano scavalcarono gli ostacoli e proseguirono. Jacob recuperò 
            la sua spada con una smorfia.
            La compagnia si inoltrò ancora.
            -“E ora questa cos’è?”, disse poco dopo Valery.
            Una corda cadeva dal soffitto fino a terra proprio nel mezzo del cunicolo. 
            Gli altri si guardarono attorno, ma sembrava tutto normale: in quel 
            tratto non c’era altro.
            Mac provò a strattonarla leggermente, ma non accadde nulla. 
            
            -“Forse è meglio se cerchiamo di capirne il senso…”, 
            disse.
            -“E’ solo una vecchia corda”, fece eco uno dei cavalieri, 
            “Andiamo avanti”, disse superando gli altri.
            Quando sorpassò la fune si sentì un rumore sordo. Il 
            giovane sentì il pavimento aprirsi sotto i suoi piedi e cadde 
            in una buca profonda costellata da spuntoni acuminati.
            Gli altri indietreggiarono impauriti. Poi il Prescelto si sporse appena.
            -“E’ sempre stato un ragazzo irruento”, commentò 
            con freddezza. “Come passiamo oltre?”, disse infine.
            -“Beh ora sappiamo a cosa serve la corda”, disse Mac afferrandola.
            Tornò indietro qualche metro, poi prese una rincorsa. Velocemente, 
            aggrappata saldamente alla fune, si ritrovò dall’altra 
            parte del fossato. Lasciò la corda, che ritornò dal 
            lato opposto.
            -“Forza”, disse poi.
            Uno alla volta, anche gli altri la raggiunsero non senza esitazione.
            -“Vediamo di arrivare alla spada senza altri morti”, disse 
            duro Jacob.
            Poco più avanti Valery si soffermò ad osservare alcune 
            incisioni sulle pareti. Mac la raggiunse.
            -“Cosa sono?”
            Raffiguravano volti di persone, perlopiù donne.
            -“Hey guardate”, disse Colin, “La nostra Hazel”.
            Gli altri lo raggiunsero sulla parete opposta.
            -“Data di nascita e morte, e figli avuti”, notò 
            Mac.
            -“Questo…è chiaramente l’albero genealogico 
            di Hazel…”, disse Valery affascinata. “Guardate”, 
            disse poi spolverando le incisioni piene di polvere.
            -“Questa era sua figlia, che a sua volta ebbe dei figli…fino 
            ad arrivare a…i primi dell’ottocento. Poi ci sono delle 
            tavolette rotte”, notò Mac.
            -“Ogni suo discendente doveva aver avuto premura di aggiornare 
            questo albero genealogico. Anche se non capisco perché qui 
            sotto”, disse Colin aggrottando la fronte.
            -“Che stai pensando?”, chiese Mac all’amica.
            -“Che evidentemente Von Salza prima di morire non affidò 
            la spada e i documenti dell’Ordine ad un cavaliere, come si 
            è sempre creduto. Ma ad Hazel. L’unica che ritenesse 
            degna di tale onore. Lei li custodì e li nascose per tutta 
            la sua vita. Poi probabilmente prima di morire li affidò a 
            qualcuno di cui si fidava ciecamente”
            -“Sua figlia”, esclamò la donna.
            Valery annuì.
            -“Hazel era incinta quando morì Von Salza, guardate le 
            date… E’ per questo che non sposò mai Federico”, 
            gli amici rimasero perplessi dall’ipotesi della ragazza, “Fuggì 
            non appena lo scoprì e si rifugiò qui a corte, sotto 
            falso nome probabilmente, e fece perdere ogni traccia di sé. 
            Ecco perché sotto la statua che la raffigurava non c’era 
            la data di morte”, disse rivolta a Mac. 
            Poi continuò:
            -“Hazel tramandò questo segreto solo alle sue eredi, 
            che restarono per generazioni legate alla famiglia reale. Perciò 
            non abbiamo tenuto conto di un passaggio importante. E cioè 
            che molti membri della casa reale asburgica fecero parte dell’Ordine…anzi: 
            da un certo periodo in poi la carica di Gran Maestro fu appannaggio 
            esclusivo della dinastia degli Asburgo”, sorrise e scosse il 
            capo come se tutto fosse diventato chiaro. “Se ho ragione io…la 
            risposta a tutto è sempre stata Hazel”.
            -“La spada, i documenti, il medaglione e quant’altro sono 
            sempre stati qui a Vienna. Ecco come si spiega il fatto che gli indizi 
            e gli oggetti stessi riposassero sotto punti chiave simbolici degli 
            Asburgo e dei Teutonici”, disse infine Mac, dopo che l’ultimo 
            tassello era stato chiarito. “Appartenevano all’Ordine…”
            -“E all’Ordine dovevano restare…”, disse Valery 
            completando l’amica.
            Le due si guardarono negli occhi soddisfatte.
            -“Stupide sciocche”, sibilò il Prescelto, rompendo 
            quel momento. “Mi sembra di sentire le stesse blasfemie di Ablack… 
            Anche lui la pensava così. Ma la verità è che 
            Von Salza fu la rovina di tutto”, disse arrabbiato, “Fu 
            un disonore per l’Ordine il suo comportamento sacrilego e irrispettoso. 
            Meritava di essere bandito, ma per quel pazzo di Federico era intoccabile…era 
            il suo pupillo. Almeno quel giorno ebbe ciò che si meritava”
            -“Che intendi dire?”, chiese Mac.
            -“Che si meritò la morte che ha avuto. Un traditore ripagato 
            con la sua stessa moneta”
            -“Perché? Che significa?”, incalzò Colin.
            -“Il 20 Marzo 1239 era a Salerno, per conto di Federico…affari 
            diplomatici. Il Papa approfittò proprio di quella occasione 
            per dare una lezione ai suoi due uomini più scomodi: Federico 
            e Von Salza come sapete si erano votati alla setta Sufi…cosa 
            a dir poco vergognosa per il Pontefice e la Chiesa. Il Papa ordinò 
            al sovrano di porre fine a tutto ciò, pena la scomunica. Ma 
            Federico era un uomo testardo e poco incline ai comandi… Sua 
            Santità d’altro canto non poteva permettere che qualcuno 
            si opponesse alla sua volontà, tantomeno il re che doveva sottostare 
            al potere ecclesiastico. Così ordinò a qualcuno di uccidere 
            Von Salza… Fu un monito per il sovrano e la fine di un personaggio 
            scomodo. Quel giorno, mentre Von Salza moriva, Federico venne scomunicato 
            per la seconda volta senza poter dire addio al suo caro amico”, 
            sorrise compiaciuto.
            -“Scommetto che chi lo uccise fu qualcuno dell’Ordine… 
            Diciamo qualcuno di quelli contrari alle idee di Von Salza”, 
            disse dura Mac.
            L’uomo si limitò a guardarla soddisfatto.
            -“Bastardo! Come puoi approvare quegli sbagli del passato?!”, 
            urlò Valery, “Sei un folle!”, disse dimenandosi. 
            Ma Mac la trattenne.
            -“La spada tornerà nelle mani di un diretto discendente 
            di chi la meritava, cioè io”, sibilò puntando 
            la pistola. “Ora datevi da fare”.
            Senza fiatare oltre, continuarono ad avanzare nel cunicolo. Poco dopo 
            la strettoia sfociò in una camera molto ampia, quadrata, che 
            le fiaccole illuminavano per intero. A parte questo, non vi era altro.
            -“Non c’è nulla qui”, notò Jacob, 
            “Non ditemi che abbiamo smosso mari e monti per…una stanza 
            vuota”, sibilò.
            Il Prescelto fece per entrare, ma Mac lo bloccò.
            -“Fermo. Non possiamo rischiare che ci siano altre trappole”.
            L’uomo si voltò a fissarla.
            -“Io avrei una mezza idea per scoprirlo”, disse con crudeltà. 
            
            Alzò la pistola contro i tre amici e fece un cenno del capo 
            ai suoi. Jacob e il compagno sfoderarono le loro spade e avanzarono 
            spingendo Mac, Valery e Colin ad entrare.
            -“Cosa vuoi fare?”, chiese Colin.
            -“Vigliacco fino all’ultimo!”, urlò Valery.
            -“No: previdente. È diverso”, rispose secco l’uomo.
            I tre avanzarono incerti. Mac osservò la stanza qualche istante, 
            indecisa sul prossimo passo.
            -“Ehi guardate a terra”, disse poi Valery.
            Alcuni mattoni recavano delle incisioni.
            -“Simboli cosmici ed esoterici”, notò la donna.
            -“C’è una frase qui…è in latino”, 
            disse Valery, “Dice: Entrate nella stanza dei cerchi durante 
            il giorno per scoprire la pietra custodita nel luogo sacro”.
            Le due amiche si guardarono dubbiose.
            -“Mi gira un po’ la testa”, disse Colin.
            -“Anche io non mi sento troppo bene”, aggiunse Mac.
            -“Mac, questa stanza usa le stesse simbologie di Castel del 
            Monte”, concluse poi Valery. “Guarda su quella parete: 
            un doppio cerchio che ne ingloba quattro”
            -“Cosa sono?”
            -“Sono cerchi magici, rappresenta i quattro elementi: aria, 
            fuoco, terra e acqua. E’ un simbolo paragonabile ad un circuito 
            magico o ad un mandala orientale. Ecco perché ci si sente male: 
            amplifica le correnti terrestri”
            -“Resta con lui”, disse Mac
            -“Cosa vuoi fare?”, chiese l’amica preoccupata.
            La donna non rispose e avanzò lentamente. Scrutò il 
            pavimento un istante. Poi si mosse in punta di piedi.
            -“Mac fa attenzione”, disse Valery.
            Prima un passo, poi un altro, un altro ancora e infine l’ultimo: 
            la donna raggiunse illesa quasi la metà della stanza.
            -“Venite. Mettete i piedi dove li ho messi io”.
            Imitando la donna, anche Valery e Colin avanzarono e la raggiunsero.
            -“Ben fatto: bisognava camminare sulle mattonelle con i quattro 
            elementi”, disse Valery. “Hey i malesseri sono scomparsi”, 
            notò.
            -“Avanti sbrigatevi”, urlò dal fondo il Prescelto.
            -“Figlio d’un cane”, borbottò Colin tra sé 
            e sé. “Che facciamo ora?”
            A terra, davanti ai loro piedi, una striscia di mattonelle di diversa 
            fattura dalle altre, recava un’altra frase in latino.
            -“Vediamo…”, disse Valery provando a tradurla, “Dovrebbe 
            essere più o meno così: Dato il pericolo cedi il passo 
            a chi sa”
            -“Cos’è questo?”, chiese Colin.
            Al centro del pavimento vi era un quadrato messo in rilievo da un 
            bordino di pietra. Al suo interno erano appoggiate quattro tavolette, 
            ciascuna con inciso un simbolo diverso.
            -“Dobbiamo dare la combinazione giusta a queste”, esordì 
            Mac indicando le piccole pietre. “Vanno inserite in quei fori, 
            probabilmente”.
            Ad ogni angolo del quadrato, vi erano quattro sagome delle dimensioni 
            delle tavolette.
            -“Accidenti…ci sono almeno un bel po’ di combinazioni. 
            Come facciamo ad indovinare quella esatta al primo colpo? Se sbagliamo 
            scatterà sicuramente una trappola”, disse ansioso Colin.
            -“Zitti, lasciatemi concentrare”, esclamò nervosa 
            Valery.
            La tensione la stava divorando.
            -“Un disco celeste, una luna, un falco e un pentacolo”, 
            disse poi ad alta voce passando in rassegna le tavolette.
            I tre amici restarono pensierosi qualche minuto. Valery socchiuse 
            gli occhi e si concentrò, cominciando a ripetere tra sé 
            e sé tutto ciò che le passava per la mente.
            -“Cosa stai bisbigliando?”, le domandò Mac.
            -“Associazioni d’idee.”, rispose l’amica, 
            “Siamo di nuovo davanti ai quattro elementi. Tutto qui ruota 
            intorno ad essi”, rivelò Valery, “Gli elementi 
            di cui tutto si compone e da cui tutto trae vita”.
            -“Ok ma come li sistemiamo?”, intervenne Colin, “Questa 
            sarà l’Acqua”, disse prendendo la tavoletta col 
            cerchio azzurro, “E il falco l’Aria. Dove li metto?”
            -“No aspetta aspetta”, disse Valery. “Non è 
            così”
            -“Cerchiamo di sbrigarci”, sibilò Mac.
            -“D’accordo, dunque”, la ragazza prese un lungo 
            respiro, “L’Aria è legata alle figure di Giunone 
            o del pavone, mentre nella tradizione cinese al drago blu o verde 
            rappresentato da una tavoletta rotonda blu di giada”
            -“Bene, il disco celeste allora è l’Aria”, 
            ribadì Mac.
            -“Mac prendi il rilevatore di Josh e attiva la bussola”, 
            disse ancora Valery. “Poi poggialo al centro del quadrato”.
            L’amica eseguì quanto le era stato chiesto. Dopo pochi 
            secondi, l’ago della bussola digitale indicò il nord.
            -“Adesso sappiamo a quali punti cardinali corrispondono i fori”, 
            disse Mac.
            Valery annuì.
            -“L’Aria è simbolo di creatività, di libertà, 
            di pensiero e la sua direzione è l’Est”, concluse.
            Mac posizionò la prima tavoletta nel foro secondo quanto detto 
            dall’amica.
            -“Ok, ora gli altri”
            Valery passò al simbolo successivo.
            -“Questo è l’Acqua.”, disse sicura, “Ad 
            essa sono legate le figure di Nettuno, ninfe, folletti…e la 
            Luna. La luna è la signora delle acque, rappresenta la ciclicità, 
            il femminile per eccellenza, la vita, la fertilità”.
            Gli amici annuirono.
            -“L’Acqua è associata ai ricordi, i sogni, l’intuito, 
            le emozioni…e la sua direzione è l’Ovest”, 
            disse.
            La ragazza posizionò anche la seconda tavoletta.
            -“Ora tocca a queste”, disse Colin.
            -“Il falco e il pentacolo”, evidenziò Mac. “Per 
            gli Egizi il falco rappresentava Ra, il dio Sole…Helios per 
            i Greci, Apollo per i Romani… Tutte richiamano il fuoco, lo 
            slancio vitale, la luce e tutte le qualità ad esso associate 
            quali la forza, il coraggio, la passione.”, disse la donna, 
            “Non può essere che Sud”, concluse cercando la 
            conferma a quanto aveva detto nello sguardo di Valery.
            L’amica annuì. Mac posizionò anche la terza tavoletta.
            -“Resta il pentacolo… La Terra.”, disse Valery prendendo 
            la piccola pietra tra le mani. “L’elemento di tutta la 
            natura: minerale, vegetale, animale. Alcuni la considerano il più 
            sacro tra gli elementi. Essa è fertile, creativa, nutriente, 
            rigogliosa, solida, potente. La sua direzione è il Nord”. 
            
            Con gesto quasi solenne incastrò l’ultimo tassello al 
            suo posto. I tre amici si allontanarono di qualche centimetro, in 
            attesa che accadesse qualcosa. 
            Poco dopo il quadrato vibrò. Lentamente scorse, lasciando come 
            una botola aperta. Da qui emerse pian piano una colonna di pietra, 
            simile ad un altare. Al centro vi era inciso lo stemma dell’Ordine 
            e in cima giaceva conficcata la spada di Von Salza.
            Il gruppo rimase qualche secondo rapito e spaesato. Finalmente dopo 
            tante fatiche ce l’avevano fatta. La luce, filtrata attraverso 
            un sapiente gioco di cunicoli nella stanza, faceva brillare l’elsa, 
            interamente d’oro massiccio, e parte della lama nitida come 
            uno specchio.
            -“E’…meravigliosa…”, disse Valery rapita.
            -“E’ proprio così”, convenne Colin.
            Il Prescelto, che era rimasto in fremente attesa fino ad ora, si lasciò 
            scappare un gemito di meraviglia davanti a tanto splendore. Senza 
            indugiare oltre si spinse a grandi passi verso la spada con i suoi 
            due cavalieri. Quando Mac li vide, gettò un urlo.
            -“No! Fermi!”.
            Ma era troppo tardi. Nel percorrere il tragitto senza camminare sulle 
            giuste mattonelle, i tre sprovveduti avevano messo in moto le trappole 
            che giacevano in quel luogo da centenni.
            Una fiamma fuoriuscita dal pavimento, carbonizzò in pochi istanti 
            il primo cavaliere. Jacob osservò atterrito la scena dietro 
            di lui e iniziò a correre con il Prescelto. Qualche secondo 
            dopo, ad ostacolarli si manifestò un getto d’aria fortissimo, 
            proveniente chissà da dove, che gli impedì di correre 
            verso gli altri. I due si buttarono a terra sperando di limitare l’effetto 
            del vento. Passati alcuni minuti il soffio cessò. Jacob e il 
            Prescelto si alzarono e corsero verso il centro della stanza raggiungendo 
            gli altri. 
            -“Che diavolo è stato?!”, chiese terrorizzato il 
            Prescelto.
            -“Non ne ho idea ma credo che non sia finita qui”, disse 
            Mac.
            E nemmeno finì la frase che delle forti scosse da terra li 
            fecero perdere l’equilibrio. In pochi istanti il pavimento della 
            stanza non esisteva più. Solamente l’area centrale con 
            l’altare e loro attorno restò sospeso nel vuoto, sorretto 
            da una qualche colonna di terra.
            Quando anche il terremoto e il rumore cessarono, tutti si ripresero.
            -“Santo cielo…”, commentò Colin osservando 
            quello che era accaduto.
            Anche gli altri restarono ammutoliti. Mac si alzò, mosse qualche 
            passo verso il bordo del quadrato e gettò uno sguardo giù: 
            buio totale. Poi osservò l’accesso al cunicolo da cui 
            erano venuti: era troppo lontano anche solo per tentare un salto. 
            Nel muoversi, notò che il quadrato si inclinava. Gli altri 
            sussultarono. Il fazzoletto di terra su cui si trovavano era in bilico, 
            quindi dovevano restare al centro per non farlo cadere.
            -“Magnifico…siamo su gigantesca pedana mobile, bloccati 
            su un burrone senza fondo e in una stanza senza vie d’uscita”, 
            borbottò Colin.
            -“Ma almeno abbiamo trovato la spada”, disse il Prescelto 
            lanciandosi su di essa.
            Gli altri lo fissarono sconcertati.
            -“Non fare movimenti bruschi o cadremo tutti!”, lo ammonì 
            Mac.
            Ma l’uomo era accecato dal desiderio. Con quanta più 
            forza aveva in corpo stava tentando di tirare fuori la spada conficcata 
            nell’altare ottagonale.
            -“Sarà incastrata dal tempo…”, disse affannato 
            mentre il sudore cominciava a imperlargli la fronte.
            Riprese fiato per qualche secondo poi ricominciò.
            -“Jacob, vieni qui. Aiutami”, disse nervoso.
            Entrambi i cavalieri provarono in ogni modo ad estrarre l’arma 
            ma invano.
            -“Smettetela!”, disse ancora Mac, “La spada ora 
            è l’ultimo dei nostri problemi!”
            Il silenzio calò nella sala, come se si fossero resi conto 
            della loro condizione per la prima volta. Mac restò pensierosa 
            per qualche istante, poi esclamò.
            -“L’acqua!”
            -“Come?”, chiese Valery.
            -“L’acqua. Manca l’acqua! Il fuoco prima, poi l’aria 
            e poi la terra…ci manca solo l’acqua. E non so da dove 
            arriverà”, concluse Mac.
            Gli altri inorridirono. Di certo non pensavano che la loro fine dovesse 
            avvenire tramite i quattro elementi. Poco dopo un fruscio lontano 
            ma inequivocabile ruppe il silenzio.
            -“Che facciamo?!”, chiese elettrico il Prescelto.
            -“Non possiamo fare nulla…”, disse Mac.
            E sul finire di quelle parole un grande getto d’acqua proveniente 
            dal cunicolo da dove erano venuti sfociò nel profondo burrone. 
            Negli occhi di ciascuno si materializzò un guizzo di terrore.
            -“Siamo spacciati”, disse Colin.
          Poco 
            dopo
          -“Porc’! 
            Il cunicolo era la nostra unica via di salvezza”, disse Mac 
            cercando di sovrastare il rumore assordante dell’acqua.
            -“Non possiamo attraversarlo, il getto è troppo forte!”, 
            continuò Valery.
            -“Da dove viene tutta quest’acqua?!”, chiese stupito 
            il Prescelto.
            -“Non ne ho idea…Forse parte delle condutture che irrigavano 
            giardini e fontane sono state utilizzate per questa trappola”, 
            ipotizzò la ragazza.
            -“Dovremmo ostacolare il cunicolo con qualcosa, ma è 
            praticamente impossibile”, disse Colin.
            -“No. Non ce la faremmo mai. E scommetto che non servirà 
            neppure aspettare che il getto si interrompa: quando accadrà 
            saremo già sommersi”, rispose Mac.
            Qualche minuto dopo l’acqua aveva già raggiunto la piattaforma 
            su cui si trovavano.
            -“Che facciamo?!”, urlò terrorizzato Jacob.
            Mac e Valery si guardarono sconfortate.
            -“Deve esserci una via d’uscita Mac…”, le 
            sussurrò l’amica.
            -“Ho paura di no…”, rispose, mentre l’acqua 
            cominciava a bagnare i piedi.
            Tutti abbassarono lo sguardo al primo contatto dell’acqua fredda.
            -“Toglietevi le cose ingombranti di dosso: fra poco saremo sommersi, 
            i vestiti ci appesantiranno”, comunicò Mac con rassegnazione.
            -“Ma l’acqua è fredda e non voglio lasciare la 
            mia spada qui!”, disse rabbioso Jacob.
            -“Non essere sciocco”, lo fulminò il Prescelto, 
            mentre si sganciava il mantello.
            Pian piano ognuno si liberò delle cose superflue. 
            Mentre l’acqua arrivava alla cintola, ognuno cominciò 
            a fare i conti con i brividi di freddo.
            -“Mac…”, la chiamò Colin saltellando verso 
            di lei.
            La donna si voltò con occhi comprensivi.
            -“Ti giuro che non mi sarei mai aspettato di dover morire annegato 
            a Vienna”, disse provando a fare una battuta. 
            La donna sorrise appena, combattendo con i denti che le battevano. 
            Poi l’amico si fece serio.
            -“Mi dispiace per come sono andate le cose…”
            -“Lo so…”
            -“Non avrei dovuto… Ho sbagliato tutto”
            -“Non è colpa tua se siamo finiti in tutto questo”. 
            Mac vide l’amico annuire poco convinto. “Ascolta… 
            Non ce l’ho con te. Sei stato un vero amico. E non potrei desiderare 
            di avere nessun altro al mio fianco in un momento come questo”, 
            disse infine.
            Gli occhi dell’uomo si illuminarono e accennò un sorriso. 
            Poi l’abbracciò brevemente dandole una pacca sulle spalle.
            Ora l’acqua aveva sommerso l’altare con la spada e in 
            breve si ritrovarono a nuotare per mantenersi a galla.
            -“Non posso credere che moriremo così…”, 
            disse Valery.
            -“Dobbiamo provare a fare qualcosa accidenti! Non voglio morire! 
            La spada è lì sotto, a pochi metri da me e non posso 
            averla!”, urlò impazzito il Prescelto.
            -“Sta zitto idiota! È colpa tua se siamo in questa situazione! 
            Comincia a fare le preghiere di rito perché lassù qualcuno 
            ti darà ciò che meriti!”, lo ammonì Colin.
            Quando ormai mancava poco al soffitto, erano già tutti stremati. 
            
            -“Mac…”, Valery si avvicinò alla donna tremante.
            -“Cerca di restare sveglia, aggrappati alla parete”
            -“Non ce la faccio più Mac…”.
            La donna provò ad abbracciarla meglio che potè e iniziò 
            a strofinarla per farle calore, ma era tutto inutile.
            -“Ti prego…cerca di non abbandonarmi per prima…”, 
            le sussurrò Mac anche lei stremata. Poi la baciò.
            Per qualche secondo le loro labbra restarono incollate producendo 
            uno strano calore nei loro corpi. Valery abozzò un lieve sorriso.
            -“Mac…grazie di tutto…di avermi protetta e amata 
            in questi mesi…e…”
            -“Schhh”, la donna la interruppe. “Grazie a te… 
            Grazie di aver fatto parte della mia vita anche se per poco…”, 
            le sorrise, “E di avermi fatta rinascere”.
            Dopo essersi scambiate un tenero sguardo, come rinvigorita da ciò, 
            Mac si scosse.
            -“Che vuoi fare?”, le chiese Valery stupita.
            -“Voglio vedere se il cunicolo ha smesso di buttare acqua o 
            quantomeno se il getto si è affievolito”
            -“Mac non andare”
            -“Farò presto, sta tranquilla”, prese un bel respiro 
            e si inabissò.
            Con difficoltà, scese qualche metro al di sotto fino a raggiungere 
            il cunicolo. Il forte getto d’acqua la strattonò lateralmente, 
            ma la donna restò ancorata alla parete. Con la delusione nel 
            cuore, gettò un ultimo sguardo alla spada che giaceva sommersa 
            dinanzi a lei, ancora illuminata da un flebile fascio di luce, e risalì 
            più veloce che potè.
            Gli altri la aspettarono impazienti. Ma quando videro la sua espressione 
            nel riemergere, capirono che era davvero finita.
            -“Non importa Mac…hai fatto del tuo meglio per tutti noi”, 
            disse Valery accarezzandole una guancia.
            -“Ma che commozione”, le derise il Prescelto, “L’unica 
            cosa che sapete fare è abbandonarvi a momenti smielati come 
            un film di quarta categoria?”.
            I tre amici lo fissarono duri. Poi aggiunse:
            -“Il mio destino non è di morire con voi nullità 
            in questo luogo dimenticato da Dio… Io sono il Prescelto!”, 
            disse invasato, “Non appena mi ricongiungerò alla spada 
            di Von Salza, il suo potere mi salverà…uscirò 
            di qui e avrò il potere assoluto!”
            -“Tu sei pazzo”, gli fece eco Mac.
            Ma l’uomo si immerse velocemente. Gli amici sgranarono gli occhi.
            -“Cosa spera di fare?! Morirà di certo!”, disse 
            agitato Colin.
            Jacob era già semisvenuto per poter obiettare qualcosa.
            -“Lasciatelo stare…anche noi moriremo fra poco, non ha 
            senso affannarsi per lui”, rispose la donna.
            -“L’unica cosa positiva è che Josh non è 
            con noi adesso”, aggiunse l’amico, “Almeno quel 
            povero ragazzo non ha pagato per le nostre idiozie. Il mio unico rimpianto 
            è di non potergli dire addio”.
            Per qualche secondo ci fu un silenzio di tomba, che conferiva alla 
            situazione un’aria ancora più macabra. Poi, mentre ormai 
            i volti erano quasi del tutto sommersi, si sentì un rumore 
            sopra le loro teste.
            -“Cos’è stato?”, chiese Colin, “Avete 
            sentito?”.
            Neanche lui era convinto che fosse reale, forse erano già semimorti 
            e il cervello cominciava a giocare brutti scherzi. Gli altri non risposero. 
            Poi si sentì ancora il rumore, più forte, più 
            continuo.
            Mac si riprese dal torpore.
            -“L’ho sentito! Cos’era?”
            -“Non lo so, ma forse c’è una possibilità”, 
            disse Colin.
            -“Strattona Jacob, fallo riprendere prima che sia tardi!”.
            Poi iniziarono a gridare aiuto all’unisono, più forte 
            che poterono.
            -“Valery che fai?!”, Mac vide l’amica che stava 
            per immergersi.
            -“Vado di sotto”
            -“No, non esiste”
            -“Mac il Prescelto non è ancora risalito. Devo”
            -“NO! Non hai forze, non ce la faresti a caricartelo!”.
            Valery la guardò dolcemente per l’ultima volta, poi si 
            immerse. Mac rimase con gli occhi persi, impotente.
            -“Mac, non possiamo badare a loro”, disse Colin richiamandola. 
            “Dobbiamo chiedere aiuto. E da solo non ce la faccio”.
            Mac notò che Jacob era svenuto e l’amico lo stava sorreggendo. 
            Facendosi forza lo aiutò a reggere il peso e insieme continuarono 
            ad urlare.
            Proprio quando l’acqua riempì completamente la camera 
            e le loro teste finirono sommerse, il soffitto cedette.
          
            Mac sentì solamente la forza dell’acqua che fuoriusciva 
            per effetto della pressione e che la spingeva verso l’esterno. 
            Senza la piena facoltà dei suoi sensi, percepì di nuovo 
            la luce del sole e il calore sulla pelle. Toccò terra con un 
            tonfo e si ridestò dal torpore. La prima cosa che vide fu l’erba, 
            poi, poco distante da lei, Colin e Jacob nelle sue stesse condizioni. 
            Infine, un altro volto familiare. Quello di Josh.
            -“Ma che…?”, provò a parlare.
            -“S-state bene?”, chiese Josh correndo dall’uno 
            e dall’altro.
            -“Josh?!?”, esclamò Colin steso al suolo.
            Il giovane gli porse la mano e lo tirò su.
            -“Che mi venga un colpo ragazzo mio!”, rise Colin pieno 
            di gioia.
            -“E’ la prima volta che il tuo balbettare è il 
            suono più bello di questo mondo”, esordì Mac rialzandosi.
            -“Ma come ci hai trovato?! Come hai fatto a tirarci fuori…?!”, 
            Colin non sapeva cosa chiedere.
            -“Io vi ho s-solo l-localizzato… Ma per t-tirarvi f-fuori 
            ho c-chiesto aiuto…”, poi indicò alle sue spalle.
            -“Luis?!”, Mac si mise in posizione difensiva, ma era 
            disarmata.
            -“Sta calma amica mia…sarebbe da vigliacchi colpirti ora.”, 
            disse l’ometto, circondato dal fratello Xiaolu, da Sophie e 
            da alcuni suoi scagnozzi.
            -“Perché l’hai aiutato?”
            -“Per uno scambio equo di favori: noi abbiamo dato una mano 
            a lui e lui ci ha portato alla spada.”
            -“E tu come…?”, chiese Mac a Josh, ma in quel momento 
            il getto di acqua che continuava a sgorgare dal terreno sputò 
            fuori quello che era rimasto nella cripta.
            Gli amici si voltarono verso quel rumoroso sbuffo e videro cadere 
            inerme al suolo il Prescelto. Mac continuò a fissare impaziente 
            la sorgente, come in attesa. Qualche secondo dopo infatti vide ciò 
            che sperava. L’acqua emise un ultimo getto spumeggiante nel 
            quale saltò fuori anche Valery, che brandiva la spada in una 
            mano. Ricadde sul prato anche lei, in fin di vita, ma sana e salva.
            Mac corse a rialzarla. L’amica riaprì piano gli occhi 
            e respirò a pieni polmoni. 
            -“Sei viva…”, disse Mac sorridendo.
            Valery l’abbracciò. 
            -“Hai…la spada…!”, notò stupita la 
            donna.
            La ragazza annuì e sorrise. Era sfinita. Poi si guardò 
            attorno.
            -“Ma cosa…? Dove siamo?”, chiese Valery.
            -“Siamo ancora nei giardini di Schonbrunn”, disse Colin 
            sopraggiungendo con gli altri al seguito. “Ed è merito 
            di questo ragazzo se siamo vivi”, sorrise indicando l’amico.
            -“Josh!”, esclamò Valery contenta.
            Il giovane arrossì.
            -“Q-quando Mac è c-corsa via ho p-pensato bene di m-monitorarla, 
            nel c-caso si f-fosse c-cacciata in q-qualche guaio”
            -“Come?”, chiese Mac.
            Josh le indicò il polso.
            -“Certo, l’orologio!”
            -“P-però non p-potevo fare t-tutto da s-solo…così 
            ho c-chiesto aiuto un po’ in g-generale…”.
            Colin aggrottò la fronte non capendo.
            -“Ho p-portato loro con m-me e ho m-mandato Adam e S-stella 
            ad avvisare anche il G-gran Maestro M-McKnight”
            -“Ottimo lavoro”, disse Mac.
            Ma prima che potessero dire altro gli uomini del Prescelto erano accorsi 
            in aiuto del loro maestro. Luis lo vide avvicinarsi con aria minacciosa 
            e si tenne pronto.
            -“Ottimo lavoro davvero”, gli fece eco il Prescelto, “Peccato 
            che non servirà a nessuno di voi fare fronte comune”.
            Con un cenno i suoi uomini si lanciarono su di loro. E mentre tutt’intorno 
            gli uni si scontravano con gli altri, lui e Valery erano rimasti immobili, 
            a fissarsi negli occhi, come due rivali che sanno che è arrivato 
            il momento decisivo.
            -“Tu hai qualcosa di mio…”, disse piano il Prescelto 
            con occhi crudeli. Poi estrasse dall’abito il medaglione. “E’ 
            ora che si ricongiungano”
            Valery strinse saldamente la spada tra le mani.
            -“Io sono la sola e legittima che può brandire questa 
            spada…io sono Hazel!”, disse ferma la giovane, “E 
            tu sei un traditore del sacro Ordine. E pagherai per questo”.
            Il Prescelto le riservò un sorriso furbo, poi rapidamente afferrò 
            una spada da terra e in un attimo vennero allo scontro.
            Le spade luccicavano sotto il sole del primo pomeriggio e i corpi 
            affannati si muovevano con rabbia. I vestiti ancora bagnati erano 
            un peso ma nulla importava in un momento come quello. Due diverse 
            menti, due diversi animi, due diversi destini si stavano scontrando. 
            Uno scontro ancestrale, una battaglia vecchia di secoli. Ciascuno 
            coinvolto portava con sé una propria eredità, un proprio 
            essere, giusto o sbagliato che fosse, e in quel momento era tutto 
            ciò che lo spingeva a combattere. Valery e il Prescelto, adesso, 
            stavano combattendo la battaglia dei loro avi.
            Mac si fermò qualche secondo, dopo aver steso l’ennesimo 
            uomo, per fare il quadro della situazione. Gettò uno sguardo 
            all’amica. La vide poco lontana da lei, che combatteva con una 
            grinta mai vista, con una forza insospettabile, con un carisma che 
            non era il suo.
            -“Non pensavo di dover partecipare ad uno scontro… Il 
            tuo amichetto ci ha messi nel sacco”, disse Luis alle spalle 
            della donna, mentre teneva testa ad un uomo.
            Mac tornò alla realtà e sorrise.
            -“Avanti, lo so che in fondo in fondo sei un uomo dal cuore 
            tenero”, disse liberandolo da un avversario.
            Ormai erano rimasti pochi uomini ancora in piedi, ma non demordevano. 
            Colin mise k.o. un cavaliere stordendolo con i suoi pugni. Jacob invece, 
            dopo aver ucciso un paio di uomini di Luis, stava correndo verso Mac.
            -“Ah eccoti”, disse la donna vedendolo arrivare, “Ti 
            aspettavo: io e te abbiamo un conto in sospeso”.
            Detto questo si lanciarono l’uno sull’altro. 
            -“Ehi così non vale: io sono disarmata”, disse 
            Mac parando un colpo di spada con una vaso.
            -“Problemi tuoi”, rispose l’uomo.
            -“Che cavaliere! Sai essere davvero gentile con le donne!”, 
            gli fece eco ironica.
            E, schivati alcuni colpi, alzò con un calcio una manciata di 
            ghiaia da terra accecandolo. Rapida disarmò il giovane, gettando 
            la spada lontano da lì.
            -“Ecco, ora va meglio”, esclamò.
            Jacob più rabbioso che mai si gettò su di lei inferocito.
            Nel frattempo Valery e il Prescelto continuavano a lottare. In una 
            danza di colpi che non vedeva un vincitore, i due stavano abbandonandosi 
            alla stanchezza. Valery si fermò per prendere fiato e l’uomo 
            la imitò.
            -“Non dovresti affannarti tanto”, le disse, “Anche 
            Kildare e Ablack l’hanno fatto…e guarda ora dove sono…”, 
            rise.
            Valery sgranò gli occhi.
            -“Li hai uccisi tu?”
            -“Si sono affannati tanto…e per tanti anni nella ricerca 
            della spada, dimenticandosi che sarebbe dovuta finire nelle mani del 
            degno erede…”, fece una pausa, “Kildare era testardo 
            e ostinato come te…non ha voluto aiutarmi e ho dovuto ucciderlo. 
            Mentre Ablack era più malleabile…più ingenuo. 
            Ma quando ha saputo della morte di Kildare è diventato ingestibile.”.
            Valery non poteva credere alle sue orecchie.
            -“Eppure non sai che piacere mi ha dato uccidere quel professorino….Sentire 
            le ossa che si rompevano sotto il mio tocco…la carne trafitta…e 
            il sangue caldo sulle mie mani…”.
            A Valery sembrò come d’impazzire. Con un urlo di dolore 
            si gettò di nuovo sull’uomo, lottando con una rabbia 
            che credeva di aver dimenticato.
            Le spade cozzavano con ferocia e i colpi si fecero più corti 
            e serrati. Adesso non le importava più nulla di lasciarlo in 
            vita. Non le importava di farsi male. Gli si avventava contro con 
            irruenza senza preoccuparsi delle ferite, ma mettendoci tutta se stessa, 
            opponendogli tutta la sua arma fisica.
            Poco distante, gli altri giacevano sfiniti al suolo. Solo Mac e Jacob 
            continuavano a darsi battaglia senza esclusione di colpi. Il parco 
            era diventato il loro campo: statue, fontane, panchine…tutto 
            aveva partecipato nel loro combattimento. 
            -“Sarà ora che la smettiamo…”, disse poi 
            Mac affannata, parando un colpo del giovane, “Gli altri penseranno 
            che vogliamo l’attenzione tutta su di noi”, ribadì 
            sorridendo.
            -“Forse hai ragione…chiudiamola qui una volta per tutte”, 
            Jacob schivò un calcio della donna saltando e, nel farlo, compì 
            una piroetta a mezz’aria, spingendo Mac con le spalle contro 
            un albero.
            Il giovane sorrise soddisfatto.
            -“Vediamo se ora fai la spiritosa…”, disse trattenendole 
            le gola con il braccio.
            Mac provò a divincolarsi ma invano.
            -“Devo ammettere che mi hai preso di contropiede…”, 
            disse a fatica.
            Jacob continuò a stringere sempre più forte. Mac era 
            allo stremo, il volto livido e senza respiro. Josh comparve in quel 
            momento e rimase paralizzato per qualche secondo. Poi facendosi forza 
            disse:
            -“L-lasciala s-stare”.
            Jacob non si voltò neppure. Sorrise e rispose:
            -“Certo, come no”
            -“Ti ho detto lasciala stare!”, urlò il giovane, 
            e con un gesto secco colpì Jacob alla nuca con il suo zaino.
            Il cavaliere cadde al suolo, inerme. Mac scivolò a terra lungo 
            il tronco dell’albero, senza più forze. Tossì 
            per riprendere fiato.
            -“Accidenti…”, disse affannata, “Deve essere 
            davvero pesante la roba che hai lì dentro”.
            Josh sorrise, poi si avvicinò per aiutarla ad alzarsi.
            -“E’ già la seconda volta che mi salvi oggi…comincio 
            a farci l’abitudine”, disse la donna.
            Il giovane tentò di dire qualcosa impacciato.
            -“Josh…non hai balbettato”
            -“C-come?”
            -“Quando hai urlato contro Jacob…tu non hai balbettato”.
            Gli occhi di Josh si illuminarono.
            -“E’ vero…”, disse contento.
            Mac gli diede una pacca sulla spalla.
            -“Andiamo”.
            Mentre stavano tornando sentirono l’urlo di Valery e corsero 
            nella sua direzione. Si aspettavano di trovarla ferita, ma appena 
            arrivati videro che la ragazza stava sopra il Prescelto pronta ad 
            ucciderlo. Il suo urlo di disperazione era stato il suo ultimo slancio 
            di forza. E ora avrebbe messo fine a tutto.
            -“Valery fermati!”, le gridò Mac da dietro.
            L’amica esitò un istante.
            -“Non ucciderlo! Tu non lo faresti mai!”
            -“E’ ciò che merita!”, rispose urlando.
            -“Lo so…Ma la tua anima vale molto più di questo”, 
            continuò. “E poi pensa a Kate. L’antidoto…ci 
            serve l’antidoto…”.
            In quella frazione di tempo in cui Valery fu distratta, il Prescelto 
            la disarmò e si impossessò della spada. Rapidamente 
            balzò in piedi. Con un sorriso beffardo sul volto estrasse 
            il flaconcino con l’antidoto, lo mostrò nella mano e 
            in un istante lo frantumò tra le dita.
            -“Nooo!”, urlarono gli amici all’unisono.
            Poi prese il medaglione che portava al collo e lo innalzò accanto 
            alla spada.
            -“Ora…sono miei! Ora avrò il potere!”, esclamò 
            invasato rivolto al cielo.
            E mentre il sole andava inabissandosi dietro la collinetta della Gloriette, 
            un bagliore di luce quasi innaturale accecò l’uomo. In 
            quell’istante parve come se quella luce fosse un’energia 
            primordiale, che agiva di vita propria. Il cavaliere si portò 
            le mani agli occhi, lasciando cadere gli oggetti.
            In quello stesso istante sopraggiunsero le auto della polizia accompagnate 
            dal Gran Maestro McKnight.
            -“Arrestate quell’uomo”, disse senza perdere tempo 
            agli agenti appena le macchine furono ferme.
            I poliziotti corsero ad ammanettare il Prescelto ancora spaesato.
            Nella confusione che seguì Luis provò ad acciuffare 
            gli oggetti. Ma Mac gli comparve alle spalle.
            -“Lascia stare amico… ”, gli consigliò a 
            bassa voce. “Non sei nelle condizioni di potertelo permettere. 
            E’ meglio se vai ora…”.
            Luis capì e apprezzò il gesto della rivale.
            -“Sai bene che avrai un debito con me…”.
            La donna annuì. L’ometto le fece un cenno d’intesa 
            e scomparve tra gli alberi. Mac sospirò: finalmente era finita.
          
            Quando raggiunse gli altri, vide che i poliziotti e i paramedici sopraggiunti 
            con l’ambulanza stavano occupandosi dei feriti a terra. Colin 
            e Josh stavano dando spiegazioni ai detective, Valery era seduta sull’ambulanza 
            avvolta in una coperta circondata da Adam e Stella. Ormai era calata 
            la sera e il trambusto della mattina, solo di poche ore prima, sembrava 
            lontano. 
            -“Maestro”, disse Mac avvicinandosi all’uomo e stringendogli 
            la mano.
            Insieme osservarono quello scenario.
            -“Non posso credere che sia accaduto tutto questo…”, 
            disse pacato l’uomo.
            -“Ormai ho imparato a non stupirmi più dell’animo 
            umano”, gli fece eco la donna.
            -“Ci saranno molte persone che dovranno dare spiegazioni”, 
            disse il Gran Maestro duro.
            -“Già”, sospirò, “Ma non si aspetti 
            di trovarci qualcosa di logico”.
            Con un cenno lasciò l’uomo per andare da Valery. Adam 
            e Stella la videro arrivare.
            -“Abbiamo fatto giusto in tempo a quanto vedo”, disse 
            Adam sorridendo.
            -“Ci avete messo decisamente troppo”, rispose Mac.
            -“Abbiamo fatto il prima possibile. Ma una volta arrivati all’Ordine 
            non ci fidavamo di nessuno, volevamo parlare direttamente con McKnight…e 
            questo ci ha creato non pochi problemi”, disse Stella.
            Gli amici videro gli uomini portare via i reperti.
            -“Stai bene?”, disse Mac all’amica.
            Valery annuì.
            -“Io si. Ma Kate…l’antidoto…”, disse 
            cupa. “Mi dispiace Mac”.
            La donna provò a farle forza, forse più per se stessa.
            -“Non è colpa tua. Abbiamo fatto il possibile…”.
            La strinse tra le braccia, rassegnata.
          
            BASE CENTRALE OMEGA - Qualche ora dopo
          Gabriel 
            vide Mac percorrere il corridoio della base e capì che era 
            tutto finito. Aveva un aspetto orribile, ma ce l’aveva fatta 
            anche stavolta. L’uomo abbassò lo sguardo, impacciato.
            -“Gabriel…”, iniziò la donna con tono minaccioso.
            -“Kate si è svegliata”, disse d’un fiato 
            l’uomo interrompendola.
            Mac sgranò gli occhi.
            -“Cosa?”.
            Gabriel annuì.
            -“Qualche ora fa”
            -“Sta bene? Quali sono le sue condizioni? Che dicono i medici?”
            -“Non se lo spiegano. Ora è stabile ma deve essere ancora 
            monitorata. Per loro è strano che si sia risvegliata senza 
            antidoto, ma non impossibile. Hanno detto che di solito non ci si 
            riprende senza aiuto farmacologico e che sono rari i casi in cui l’organismo 
            reagisce alle sostanze velenose. Ma considerando la giovane età 
            e l’ottima salute…”.
            Mac sospirò.
            -“Grazie al cielo…”, esclamò stremata.
            Poi guardò Gabriel.
            -“Ascolta… il Prescelto è stato arrestato, la spada 
            è stata trovata ed è in salvo, noi tutti stiamo bene, 
            ma…tu Gabriel dovrai dare spiegazioni a più di una persona 
            e cosa peggiore: portarti dietro il peso delle tue azioni”.
            L’uomo riflettè mesto, poi disse:
            -“Lo so.”, fece una pausa, “Ma per la prima volta 
            ho agito seguendo il cuore e non per il bene comune. E non me ne pento 
            affatto”.
            Mac gli rivolse uno sguardo comprensivo, poi fece per andarsene.
            -“Mac…”.
            La donna si fermò.
            -“Voglio che tu sappia che ho profondo rispetto per te. Perciò…mi 
            dispiace. Per tutto.”, disse infine con sincerità.
            Mac annuì, mettendo silenziosamente fine al loro conflitto. 
            Poi andò via.
            Gabriel si chiese se l’avrebbe rivista. Poi sospirò. 
            Aveva da fare un’ultima cosa.
          
            Il giorno dopo 
          Arrivò 
            al quartier generale della difesa poco dopo. Senza parlare, mostrò 
            un tesserino e la guardia lo fece passare. Camminò nei corridoi 
            semibui. Più avanti un uomo lo introdusse in una stanza con 
            una grande vetrata a specchio. Era una camera per gli interrogatori. 
            Il Prescelto era seduto, in severa compostezza, senza proferire parola. 
            Non era stato affidato alle autorità cittadine. Di lui si stavano 
            occupando i vertici più importanti. Questo certamente lo lusingava, 
            in un qualche modo.
            Appena Gabriel entrò l’uomo sorrise, come se l’aspettasse.
            -“Sapevo che saresti venuto a farmi visita”
            -“Ho portato anche da bere”, disse Gabriel, mostrando 
            due bicchieri di caffè.
            Si sedette di fronte a lui. Per qualche secondo si fissarono senza 
            parlare.
            -“Tua figlia è ancora viva?”, chiese il Prescelto 
            sporgendosi sul grande tavolo, con un sorriso beffardo.
            -“Non certo grazie a te”
            -“Non essere duro… E’ ammirevole che abbia reagito 
            al veleno. Ha sbalordito persino me: nessuno è mai sopravvissuto”, 
            disse ammiccando.
            Gabriel capì che si riferiva anche al suo amico morto. Gli 
            fece cenno con gli occhi di bere. Poi assaporò un sorso anche 
            lui.
            -“Perché l’hai ucciso?”
            -“Perché odio le persone che cercano di fare le furbe. 
            Pensano che gli altri sono stupidi evidentemente…”
            -“Era un agente”, disse duro Gabriel.
            -“Esatto. Ma beh sai…questo non l’ha scritto nel 
            suo curriculum quando si è infiltrato nel nostro Ordine”
            -“Cos’è, aveva scoperto abbastanza per farti sbattere 
            in una cella d’isolamento?”
            -“Qualsiasi cosa abbia scoperto…ora non ce n’è 
            più traccia”, fece un sorso di caffè, “Ma 
            ammetto che ha fatto un buon lavoro. Prima si è guadagnato 
            la nostra fiducia e poi ha cominciato a scavare”
            -“E’ stato sempre un ottimo elemento”, disse rammaricato 
            Gabriel. “E tu l’hai ucciso”
            -“No, non io direttamente. Se n’è occupato Mika, 
            l’antiquario. Le regole dell’Ordine sono dure a volte…è 
            difficile starne al passo. Abbiamo solo anticipato l’inevitabile”
            -“Certo, perché lo drogavate!”, disse furioso.
            -“No ti sbagli. Non abbiamo obbligato nessuno. Questa era una 
            delle tante regole…”
            -“Funziona così tra voi? Vi drogate? Che eroi!”
            -“Siamo mangiatori d’arsenico, è diverso”
            -“Per me è la stessa cosa”
            -“Non essere arrabbiato Gabriel”, disse pacato l’uomo 
            vedendo la collera negli occhi dell’altro.
            -“Non hai neanche un po’ di rimorso?”, chiese schifato.
            -“Il rimorso non fa parte delle regole del gioco quando sei 
            parte di qualcosa di grande”
            -“Già…ne so qualcosa anch’io”, gli 
            fece eco svuotato.
            -“Esatto. Ecco perché puoi capirmi. A proposito, ho saputo 
            che ti hanno reintegrato grazie a me”, sorrise, “I tuoi 
            superiori hanno apprezzato il servizio reso alla comunità!”
            -“Si”
            -“Bene! Come si dice: basta qualche buona azione per lavare 
            la coscienza dalle macchioline del passato! Tutti possono ricominciare”.
            Gabriel si alzò, stanco.
            -“Non tu. Tu non la passerai liscia. Non pensare che ti andrà 
            di lusso”.
            Il Prescelto scosse le spalle e accavallò le gambe. 
            -“Per chi come te non prova rimorso per gli errori passati, 
            nulla può tornare alla normalità”
            -“Non andare via ti prego, cominciano a piacermi i tuoi sermoni!”, 
            disse ironico, “Sai, ti ci vedrei bene in chiesa con un gregge 
            tutto tuo”
            -“Non sono degno di tanto, ma avrò pietà per te.”, 
            fece una pausa, “Ti concederò questo ultimo brindisi. 
            Alle nostre anime”, alzò il bicchiere.
            Il Prescelto sorrise e lo imitò. Poi ognuno buttò giù 
            d’un fiato il suo caffè.
            Quando ebbe finito, Gabriel restò in attesa qualche secondo, 
            fissando l’altro. Poi vide gli occhi del Prescelto sbarrati.
            -“Cosa hai fatto?!”
            -“Ho solo anticipato l’inevitabile”, lo beffeggiò 
            Gabriel ripetendo le sue parole, “Quando arriveranno gli agenti 
            vedranno solo un pericolo per la società che si è tolto 
            la vita per non subire un processo sfavorevole. E per un mangiatore 
            di arsenico come te, al medico legale non sembrerà certo una 
            novità scoprire che ti sei suicidato con una dose maggiore 
            a quella abitualmente assunta.”, disse freddamente afferrando 
            il bicchiere dell’uomo e accartocciandolo.
            Il Prescelto era diventato paonazzo, non respirava più, cercava 
            invano di parlare e gesticolare. Gabriel si avvicinò al microfono 
            a muro e schiacciò un tasto.
            -“Agente? Mandi qualcuno: il detenuto si sente male”.
            Sempre con occhi di ghiaccio continuò a fissare l’uomo.
            -“Che Dio mi perdoni…”, disse infine. E andò 
            via mentre il Prescelto agonizzava sul tavolo.
          
            La mattina seguente
          Valery 
            trovò Mac nel cottage intenta a preparare la sua valigia. 
            -“Posso?”, disse facendo capolino dalla porta.
            Mac si voltò.
            -“Ehi… Certo”
            -“Stai già facendo la valigia? Vuoi dartela a gambe il 
            più presto possibile!”, rise.
            -“Beh avrei dovuto farlo all’inizio, ora non ha più 
            senso!”, scherzò la donna. “Come stai?”
            -“Benone…tutto sommato. Camminiamo un po’?”
            -“Certo”.
            Si incamminarono nell’aria tiepida del boschetto. Ora le giornate 
            primaverili riservavano piacevoli sorprese. Non era più freddo 
            come prima. Mossero i passi nell’erba verde smeraldo.
            -“Mi mancherà questo paesaggio”, disse Mac, perdendo 
            lo sguardo dinanzi a sé.
            -“Mmm…io dico di no!”, sorrise Valery.
            -“Forse hai ragione!”, rise.
            -“Come stanno gli altri?”
            -“Bene penso. Qualche giorno di vacanza e Vienna sarà 
            solo l’ennesima avventura da ricordare davanti ad un bicchiere”
            -“Questa storia ci ha lasciati tutti un po’ scossi…”
            -“Ti riferisci all’aspetto magico della faccenda?”.
            Valery annuì.
            -“Mac, tu credi davvero che tutto quello che è accaduto 
            sia stato governato dalla magia?”
            -“Vuoi che te lo dica sinceramente?”
            -“Si”
            -“Beh per me sono solo un mucchio di sciocchezze. Tutta una 
            serie di coincidenze e casualità che hanno creato in ognuno 
            di noi un condizionamento psicologico, aiutate dai momenti di disagio 
            che abbiamo vissuto”.
            L’amica restò pensierosa.
            -“Aha non lo so… Fin dall’inizio ci sono state tante 
            cose inspiegabili… Tipo tutte le mie sensazioni che mi hanno 
            guidato sempre nella direzione giusta, gli indizi che non sapevate 
            come interpretare ma io stranamente si, la mia somiglianza con Hazel, 
            la voglia sul braccio…”
            -“Questo significa solo che hai una grande intuitività, 
            non c’entra nulla con la magia o col fatto che tu stessa sia 
            Hazel. Sai quanti casi ci sono di somiglianze con persone del passato?”
            -“E la spada allora? Il Prescelto ha provato con tutta la forza 
            che aveva ad estrarla, ci ha provato anche assieme a Jacob, ma nulla. 
            Poi arrivo io, sott’acqua per giunta, e riesco a sfilarla come 
            se nulla fosse. Solo Hazel poteva estrarla, ricordi?”
            -“Beh probabilmente il reperto era indurito dai secoli. Il Prescelto 
            facendo forza più di una volta ha preparato il terreno per 
            te. Con l’acqua che è subentrata successivamente, è 
            stato facile poi rimuoverla dall’altare”
            -“Ma quando stavo combattendo contro il Prescelto Mac…mi 
            sono sentita diversa…come se non fossi più io… 
            Come se fossi Hazel”
            -“E’ normale che le sensazioni e i sentimenti che ti hanno 
            coinvolta erano legati a lei. L’hai fatta tua, come la sua causa. 
            E quando è stato il momento hai tirato fuori ciò che 
            provavi”
            -“Il bagliore però l’avete visto tutti… Quando 
            il Prescelto è caduto al suolo accecato dopo aver avvicinato 
            spada e medaglione”
            -“In quel momento è calato il sole dietro la collina. 
            I raggi perpendicolari alla lama hanno creato un riflesso abbagliante”.
            Valery sospirò.
            -“A sentire te tutto filerebbe”.
            Mac sorrise.
            -“Tu non sei Hazel”, le posò le mani sulle spalle, 
            “Tu sei Valery Cowper”.
            L’amica si arrese.
            -“Penso che chiunque essa sia stata ora si meriti di venire 
            finalmente riscattata”, disse poi Valery, “Lei e Von Salza…il 
            loro amore ci ha guidato in tutta questa storia ed ha sfidato i secoli. 
            Meritano di essere ricordati”.
            Mac annuì.
            -“Che farai ora?”, chiese poi Valery.
            -“Si torna a Miami. Tu?”
            -“Penso che resterò ancora un po’ qui. Dobbiamo 
            sistemare tutta la faccenda degli scavi e dei reperti. Ci sarà 
            da lavorare per un po’ con le autorità e le scartoffie. 
            Ma per fortuna c’è la squadra con me. Ho intenzione di 
            far si che il merito della scoperta vada al professor Kildare e alla 
            sua memoria.”
            -“Si, è giusto così.”, concordò. 
            “Bene. Allora…ci salutiamo qui”.
            Valery annuì. Poi le portò le braccia al collo e la 
            baciò con passione. Per un istante sembrò che il bosco 
            ruotasse attorno a loro. Il verde smeraldo e il sole abbagliante tra 
            le fronde si fusero e crearono un atmosfera di astrazione.
            -“Mi mancherai”, disse poi staccandosi dalle labbra dell’amica.
            Mac ancora frastornata, riaprì piano gli occhi.
            -“Mi mancherai anche tu…”
            -“Appena rimetto piede a Miami ti chiamo ok?”
            -“Ok…”, sorrise la donna.
            Valery la lasciò. Le rivolse un ultimo sguardo sorridendo, 
            poi si voltò e andò via.
          
            MIAMI – una settimana dopo
          Era 
            bello tornare al sole caldo della propria città. Stranamente 
            da qualche giorno l’umidità era bassa e le temperature 
            erano piacevolmente asciutte. Dopo il rigido inverno viennese Mac 
            era tornata alle sue magliette estive. E alla normalità. Era 
            passata una settimana dalla fine della missione e ognuno stava riassaporando 
            il gusto del dolce far niente. L’avventura era stata pazzesca, 
            ma sembrava lontana anni luce ormai. Aveva prodotto un effetto strano 
            su ciascuno di loro, tanto che sembravano essersi liberati da chissà 
            quanti pesi. Josh era tornato per un po’ dai genitori in Massachussets 
            per raccontare loro l’incredibile storia che aveva vissuto e 
            per mostragli quanto fosse cresciuto. Colin aveva chiuso l’Agatha 
            Investigation per ferie e si stava godendo un po’ di meritato 
            riposo. E Mac…
            -“Ecco a lei. Ci sono le spatole, la carta vetrata, le spugne, 
            i barattoli di vernice e quelli di impermeabilizzante”
            -“Perfetto”
            -“Aspetti: un pennello in più. Omaggio della casa”
            -“La ringrazio”, la donna rivolse alla cassiera un sorriso 
            smagliante.
            -“Buona giornata”
            -“Buona giornata a lei”.
            Uscì dal negozio col volto radioso. Tutto sembrava facile, 
            solare, bello e a portata di mano da qualche tempo. Tutto era possibile. 
            Inforcò gli occhiali da sole e si infilò gli auricolari 
            del lettore mp3 regalatole da Josh. Anche se odiava la tecnologia, 
            doveva ammettere che questa diavoleria le andava a genio.
            Prese al volo un autobus che passava. Aveva lasciato a riposo la sua 
            moto e la macchina. Voleva camminare, voleva stare in mezzo alla gente. 
            Per la prima volta vide Miami come non l’aveva mai vista. Per 
            la prima volta si sentì viva. 
            Sorrise trascinata da quest’aria strana e potente che l’aveva 
            invasa da un po’ di giorni. Arrivò al porto poco dopo. 
            Come sempre era affollato di turisti e di merci. Nessun posto era 
            più variegato e multicolore di quello. Superò la banchina 
            principale e svoltò verso un pontile più tranquillo. 
            Poco distante trovò una panchina e vi si sedette. Socchiuse 
            gli occhi e respirò a pieni polmoni. Una lieve brezza le accarezzò 
            il volto. Se avesse potuto sarebbe rimasta lì in eterno.
            Un’ombra le oscurò il viso e riaprì gli occhi.
            -“Sapevo che ti avrei trovata qui”, disse la sagoma davanti 
            a lei.
            La donna sorrise, poi si alzò.
            -“Ciao”, Mac la salutò abbracciandola.
            -“Ti trovo in grandissima forma, davvero”
            -“Neppure tu sei malaccio, guardati”
            -“Si ma tu…hai qualcosa di diverso…sembri rinata”.
            Mac sorrise imbarazzata.
            -“Anche tu…”
            -“Beh io di sicuro rinata lo sono!”, ironizzò Kate.
            -“Non volevo dire…”
            -“Lo so, tranquilla”, fece una pausa, “Fra poco 
            ritorno a lavoro”
            -“Certo. Come stai? Come va?”
            -“Direi bene. Ho ripreso i miei ritmi. Mi assorbono parecchio. 
            Così forse dimenticherò prima del previsto tutta quella 
            storia”
            -“Si…è un bene tornare alla normalità”.
            Ci fu qualche secondo di silenzio.
            -“Sto provando…a recuperare il rapporto con mio padre”, 
            disse poi Kate.
            -“E’ magnifico, sono certa che ce la farete”
            -“Beh pian piano…vedremo…”
            -“Ti vuole bene: troverete un modo per superare le incomprensioni”
            -“Un po’ come per noi…”.
            Mac si voltò e la fissò.
            -“Esatto”, disse senza paura.
            -“Mac…”
            -“No non dire niente: siamo state due stupide. Ti chiedo scusa 
            per tutto, anche se in ritardo”
            -“Ti chiedo scusa anch’io…abbiamo fatto un cumulo 
            di errori tutte e due senza riuscire a gestirli, come se fossimo due 
            bambine dell’asilo!”.
            Le due scoppiarono a ridere.
            -“Credo che il problema che ci ha impedito di superare tutto 
            sia stato fondamentalmente uno: il fatto di esserci abbarbicate sulle 
            nostre posizioni senza cedere mai, senza aprirci all’altro, 
            senza fidarci dell’altro. Siamo state due giocatrici solitarie, 
            senza capire che in effetti quando si ama, quando si vive in coppia, 
            è necessario affidarsi dell’altro e non temere di scoprirsi 
            con esso”
            -“Già. Forse perché nei rispettivi rapporti precedenti 
            siamo sempre state così, non ci siamo mai aperte completamente, 
            e abbiamo considerato l’altro come un nemico da cui difenderci 
            quando qualcosa andava storto. Non è facile cambiare il modo 
            di essere, ma bisogna necessariamente imparare dagli errori…o 
            si finisce per perdere le persone”.
            Mac annuì.
            -“Sono contenta che siamo riuscite a parlarne”
            -“Anche io”, concordò Kate. Fece una pausa. “Mac…volevo 
            ringraziarti per avermi riportato a casa sana e salva anche in questa 
            avventura”
            -“Non ho fatto proprio chissà che…”
            -“E riguardo quel giorno…mentre ero in coma…quando 
            mi hai sussurrato quelle parole…”.
            Mac rimase sorpresa, paralizzata.
            -“Tu…le hai sentite?!”.
            Kate annuì.
            -“Ero incosciente eppure…mi sono arrivate le tue parole…e 
            mi hanno dato una forza che pensavo di aver perso. Da quel momento 
            credo di aver lottato con tutte le mie energie fisiche e psichiche 
            per risvegliarmi”.
            Mac era sorpresa e in confusione totale.
            -“Sono contenta, ma…erano solo parole dette in un momento…”
            -“Schhhh”, Kate la zittì posandole un dito sulle 
            labbra. Poi la guardò negli occhi. “Ti amo anch’io”, 
            sussurrò.
            Entrambe sentirono il cuore in gola per qualche istante. 
            Poi Kate l’abbracciò. Restarono così pochi minuti, 
            ma sembrò un’eternità. 
            -“Abbi cura di te Mac”.
            La donna sorrise e annuì.
            -“Ci vedremo presto Kate”
            -“Ne sono certa”, disse la ragazza.
            Le rivolse un ultimo sorriso e andò via.
            Mac la osservò allontanarsi finchè non scomparve del 
            tutto. 
            -“Ehi…sbaglio o era Kate quella che è andata via 
            poco fa?”.
            Colin comparve alle spalle dell’amica.
            -“Finalmente! Sei in ritardo. Si, era lei”
            -“Tutto ok tra voi?”.
            Mac si rinfilò gli occhiali da sole.
            -“Si. Direi di si. Dopo tanto tempo finalmente è tutto 
            ok”, disse felice.
            -“Bene. Sono davvero contento.”, disse l’amico. 
            “Che farai ora?”
            -“Che farò ora?”, Mac sospirò. Poi un largo 
            sorriso le comparve lentamente sul volto. “Ora ricomincio da 
            me”.
            Colin la guardò soddisfatto. Poi le posò una pacca sulla 
            spalla.
            -“Ah proposito”, esclamò l’uomo, “Si 
            può sapere perché mi hai fatto venire qui?”.
            La donna si avviò verso la barca attraccata dinanzi a loro 
            e lanciò una spugna a Colin.
            L’amico fissò l’oggetto tra le sue mani.
            -“Che me ne faccio di questa?”.
            Mac montò a bordo senza parlare, indicando solamente la sua 
            imbarcazione.
            -“Cosa?! No, non se ne parla nemmeno”, protestò 
            Colin.
            -“Avanti non fare storie”.
            L’uomo salì a bordo sbuffando.
            -“Questa è costrizione a lavori forzati”
            -“No: queste sono cose che si condividono solo con i migliori 
            amici. Prendi la tua spugna e inizia a scartavetrare come faccio io”
            -“Odio essere il tuo migliore amico”, sbraitò.
            -“Ti va qualcosa da bere?”.
            Colin si bloccò. Mac lo vide sbiancare in volto e sorrise.
            -“Ma ti avverto che ho solo limonata”
            -“Accidenti! Per un attimo…! Me l’avevi quasi fatta!”
            Scoppiarono a ridere insieme. Come due bambini. Sotto il sole.
          
          
          FINE