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Hazel

by Route66

(seconda parte)

I personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright.
Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi o scomparse è del tutto casuale.
Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it

Vienna – qualche ora dopo


Mac entrò come una furia nella stanza, aprendo con rabbia entrambe le ante della porta. Gabriel era seduto. Appena la vide scattò in piedi.
-“Non sono disposta a lavorare in queste condizioni. Tantopiù che mi ha assunto la Omega, non un manipolo di incapaci. Posso mollare tutto in questo istante, non sono affatto vincolata. Me ne ritorno al mio lavoro adesso. Perché per seguire questo caso ho dovuto accantonare altre questioni! C’è disponibilità da entrambe le parti, non solo dalla sua.”, disse ferma.
Gabriel fece un piccolo sorrisetto.
-“Certo. Il lavoro dell’Agatha Investigation.”, scosse la testa.
-“Cosa diavolo vuole dire?”
-“Dico che dopo la missione dello scorso anno vi siete risollevati dalla feccia in cui galleggiavate tu e il tuo socio. Uno scantinato che fungeva da ufficio, una sottospecie di agenzia investigativa che faticava perfino a pagare l’affitto. E ora pensi che qualche lavoretto qua e là ti renda parte di qualcosa di grande come tutto questo?”, allargò le braccia.
-“Credo che lei adesso abbia davvero passato il segno. Non le permetto di parlare così del nostro lavoro. Per quanto sia piccolo il nostro contributo, per quanto non siamo ai livelli di “tutto questo” come lei lo definisce, ognuno ha la sua dignità e merita rispetto. Si sente davvero così onnipotente? Bene. Allora mi spieghi come mai ha mandato me e il mio socio in una missione di salvataggio dell’ultimo minuto!”
Ci fu un attimo di silenzio.
-“Credo che per quanto mi disprezzi, sappia meglio di chiunque altro il mio e il nostro valore, altrimenti non si sarebbe preso il disturbo di assumermi. Non lo ammetterà di certo, ma non insulti la mia intelligenza. Anche io non ho alcun piacere a lavorare a contatto con lei. Ma adesso pretendo una voce in capitolo”.
L’uomo rimase zitto.
-“Ho parlato personalmente col Capitano Zane e mi ha fatto rapporto completo di…”, disse cercando di riparare. Ma Mac lo interruppe.
-“Già, beh…faccia rapporto anche a tutti gli altri che aspettano qui fuori”, fece per andarsene. “Ah, quasi dimenticavo… C’è anche sua figlia”, disse sbattendo la porta.
L’uomo sbarrò gli occhi.


Il ticchettio dell’orologio rendeva tutti ancora più nervosi di quanto non fossero. Seduti nel salone al pianterreno, gli ospiti stavano aspettando in silenzio. A parte qualche sguardo scrutatorio, nient’altro volava per la stanza.
Mac stava con la testa gettata all’indietro sulla poltrona. Colin giocherellava con il suo portafortuna. Josh era talmente nervoso che sedeva rigido, le mani tese e sudate. Kate fissava la ragazza di fronte a lei. Aveva capelli castani e occhi azzurri. Era seduta sulla scalinata che si apriva sulla sala, facendo palloncini di chewingum. Era alta più o meno quanto lei. Aveva un fisico asciutto e slanciato. Si vedeva che praticava sport da molto. Si chiese come facesse ad essere così tranquilla.
Gabriel sopraggiunse poco dopo. Mac alzò la testa borbottando tra sé:
-“Inizia il teatrino”.
-“Per favore…”, mormorò l’uomo. Poi scorse con lo sguardo tutti i presenti, soffermandosi infine sulla figlia. “Kate…”, cercò di dire qualcosa.
La ragazza guardò altrove. Gabriel sospirò e riprese.
-“La situazione è questa: faccio parte dell’Omega…un’organizzazione indipendente per la difesa nazionale”.
A queste parole Kate lo fissò con occhi distrutti. L’uomo parve incassare il colpo e si girò, rivolgendosi agli altri.
-“E’ in corso una missione molto delicata.”, fece una pausa, “Lei è Valery Cowper”.
Kate si voltò verso la ragazza a cui finalmente riusciva a dare un’identità.
-“Vi ringrazio per questa riunione finalizzata a ricordarmi il mio nome: non c’era bisogno di smuovere i servizi segreti per farlo”, disse ironica la giovane.
-“A questo punto è chiaro che i sospetti che avevamo sono stati dissipati. Siamo intervenuti perché c’è qualcuno che ti preferisce morta”, disse serio Gabriel.
-“Ah…magnifico”
-“E’ per questo che organizzeremo un piano di protezione”, continuò.
-“E cosa avrei fatto di grave per attirarmi le simpatie di questo “qualcuno”?? Non mi pare di aver rubato gioielli reali, né segreti militari o inventato armi da sterminio di massa! Sono una ragazza normale, conduco una vita normale…l’unico peccato che commetto è che mi piace divertirmi, amo la vita e la gente…”, lanciò un sottile sguardo a Mac.
Kate lo intercettò, notando l’intesa tra le due.
-“Oltre ad essere una ricercatrice che ha appena trovato il manufatto del secolo, aggiungerei”, concluse Gabriel.
-“Certo…ovviamente”, disse la giovane tornando seria.
-“Valery Cowper: una giovane archeologa che si è fatta conoscere negli ultimi anni per le importanti scoperte fatte in diversi siti europei e non”, disse l’uomo come per spiegare, “Hai affiancato alcuni dei più famosi archeologi e ti sei fatta notare per le tue notevoli doti in varie occasioni. Insomma, una ragazza con le carte in regola per essere una vincente. Anche se non è passato inosservato il tuo caratterino”.
La ragazza sorrise.
-“Ha studiato bene il mio curriculum”
-“Tu…sei la figlia di James Cowper? Il famoso James Cowper?”, chiese Kate, parlando per la prima volta.
-“Esatto. Ma non credere a tutto quello che c’è scritto nelle biografie in circolazione: mio padre non era l’incarnazione di Indiana Jones. Era solo un uomo”, rispose divertita Valery.
Poi ritornò a rivolgere l’attenzione a Gabriel.
-“Allora, cos’è che vogliono da me?”
-“Non lo sappiamo. Probabilmente c’entrano le tue ultime scoperte”
-“Ok, allora perché non puntare direttamente ai manufatti? Perché uccidermi?”
-“Purtroppo non sappiamo dare risposte: è successo tutto in fretta. Come te, siamo stati presi di sorpresa anche noi”
-“Beh, lasci stare: non è esattamente come per me!”
-“Forse ti sei fatta qualche nemico in giro?”, propose Colin.
-“Chiaramente!”, esplose ridendo lei, con sorpresa di tutti, “L’avere nemici è una certezza rassicurante! Bisogna preoccuparsi quando non ce ne sono. E io col mio lavoro…me ne sono creati non pochi”
-“D’accordo. Credo che ora sia il caso che andiate a riposarvi. Domattina ci organizzeremo”, disse infine Gabriel. “Darò disposizioni: bisogna organizzare un piano d’azione. Capitano Zane…”, chiamò all’auricolare, ma Mac lo interruppe.
-“No. Si farà a modo mio o niente”, disse dura, “Subentrerò io al comando, avrò carta bianca per quanto riguarda organizzazione e gestione dei reparti, delle operazioni e di qualunque decisione relativa alla missione. Colin e Josh mi affiancheranno come supporto tecnico. Prendere o lasciare”, disse fissando negli occhi Gabriel.
Calò il silenzio nella stanza. Tutti aspettavano impazienti.
-“E va bene”, disse infine l’uomo. “Ma ricordati che resto io il direttore. Qualunque cosa dovrà passare al mio vaglio. Per questa notte sarete sistemati in dormitori provvisori. Domattina ci sarà la prima riunione tecnica.”.
Mac scosse il capo dando il suo assenso.
-“E’ necessario che contatti la mia squadra: si staranno chiedendo che fine abbia fatto, cosa è successo”, intervenne Valery.
Gabriel annuì, poi chiese:
-“Cosa ne sarà dei manufatti?”
-“Devono essere riportati in massima segretezza qui in Austria. Le autorità competenti dovranno finire di studiarli e poi saranno esposti in qualche museo”
-“Chi se ne sta occupando?”, chiese Colin.
-“Noi ovviamente. La nostra squadra è l’unica che ha il permesso di analizzarli. Alle nostre spalle c’è l’Istituto delle Antichità”
-“Bene. Mi metterò in contatto con loro per informarli che sei ancora viva e per sapere del rientro dei manufatti”, disse Gabriel, “Ci aggiorneremo appena possibile”.
Gli altri annuirono.
-“Andiamo”, fece Mac a Colin, e si avviarono alla porta.
-“C-cosa voleva dire con: s-saremo il s-supporto tecnico?”, chiese Josh a Colin.
L’uomo rise.
-“Che siamo i secondi di Mac, ragazzo. Saremo ai vertici della missione figliolo!”, rise, dandogli una pacca sulla spalla.


-“Qual è il mio compito? Cosa devo fare io?”, chiese Kate inseguendo Mac a grandi passi per il corridoio.
La donna sorrise.
-“Cosa? Tu non hai un compito”
-“Come sarebbe?! Tutti faranno qualcosa! Voglio rendermi utile”
-“Tu non fai parte della missione. Devi restarne fuori”
-“Non esiste! Io parteciperò! Dammi un compito”
-“Non se ne parla. Non puoi entrarci”
-“Mac fermati!”, la bloccò, “Io voglio esserci”
-“Mi dispiace. E tra l’altro non sono io che mi occupo del “cast”…dovresti parlarne a tuo padre”
-“Ma se non sbaglio poco fa hai preso il comando con un colpo di mano: tutte le decisioni spettano a te!”
-“Ehi ascolta: per quanto ne so tu non fai parte dell’Agatha Investigation né dell’Omega per cui non so proprio come possa entrare nella missione. E’ pericoloso, non è un gioco. Tornatene a casa”, disse seria. Si voltò, incamminandosi.
Kate la guardò andar via, ferita.
-“E così…faceva tutto parte del tuo piano di protezione?”, disse.
Mac si fermò.
-“Cosa?”, chiese non capendo.
-“Con Valery…”.
Mac la scrutò perplessa.
-“Certo”
-“La palestra, le passeggiate sul pontile, il gelato….”
-“Ehi, basta così”, disse dura, “Va a casa”, disse ponendo fine al discorso e se ne andò.
Kate incrociò le braccia, guardando il soffitto per soffocare le lacrime.


-“Allora, diamoci da fare”, disse Mac rivolgendosi a Josh, Colin e Valery.
-“Cosa vuoi che facciamo?”, chiese l’amico.
-“Dobbiamo aspettare notizie da Gabriel sulla squadra e sui manufatti, ma intanto possiamo pensare alle cose pratiche. Tu occupati del piano di protezione, procurati i fascicoli della Omega su luoghi e unità tattiche: non voglio mettermi Gabriel contro più di quanto già non lo sia”.
Colin annuì, e andò via.
-“Josh tu penserai all’aspetto tecnico della faccenda: voglio un rapporto di tutte le attrezzature in dotazione alla base. Stila una relazione dettagliata, verifica la funzionalità delle armi. D’ora in poi sarai tu il capo del settore informatico e dell’armeria della divisione. Và.”.
Josh impallidì.
-“I-io…?!”, riuscì a malapena a dire.
Mac lo fissò.
-“Si, tu. C’è qualche problema?”
-“Ehm…N-no…non c-credo…N-no…vado”, si mise in moto rischiando quasi di cadere. Poi sparì.
Valery sorrise.
-“Che tipo!”
-“Già”, disse Mac scorrendo un foglio.
-“Allora! Io cosa devo fare?”
-“Tu puoi andare a riposarti, è stata una giornata lunga. Abbiamo noi il compito ingrato”
-“Hmm…sta a vedere che forse in tutto ciò sono io la più fortunata!”, sorrise.
Mac ricambiò.
-“E così…eri la mia guardia del corpo eh? E io che pensavo che fossimo diventate amiche per caso…”, rise. “Quindi…tutto quello che mi hai raccontato era parte di un copione?”, le girò attorno.
-“Ho solo omesso un piccolo particolare. Per il resto…ero me stessa”
-“Bene…”, le sussurrò, “…perché mi piaceva, la Mac che ho conosciuto…”, sorrise. Poi riprese: “Anche io ho omesso qualcosa comunque…”.
Mac la scrutò curiosa.
-“Non sono una frana nelle arti marziali come credi tu”, le strizzò l’occhio.
-“Che ci facevi allora in quella palestra?”
-“Hmm….era il mio passatempo…un modo per riprendere contatto con la mia città…”, le sorrise maliziosamente, “Notte”.
Mac le fece un cenno. La vide andar via, poi sospirò.


-“Kate…finalmente!”. Gabriel si avvicinò alla figlia cercando di abbracciarla, ma lei si scansò.
La stanza era buia e silenziosa. La luna filtrava i suoi raggi dalla grande finestra.
-“Chi ti ha ridotto così?”, chiese l’uomo notando la ferita in volto.
-“Sto bene”
-“Kate, lascia che ti spieghi ora che abbiamo modo di parlare tra di noi…”.
La giovane fece un cenno schifata.
-“Sta zitto per favore”
-“Ti prego tesoro, non fare così. So che è difficile per te ma renditi conto che…”
-“Difficile?”, disse amareggiata, “Difficile è un lavoro stancante, difficile è imparare una lingua sconosciuta…ma questo…questo è umiliante e spiazzante”
-“Ascolta, non è mai stato semplice neanche per me. Dover mentire per una vita alle persone che più ami, condurre un’esistenza segreta, sempre in guardia, piena di menzogne, senza mai certezze…ci vuole una forza incredibile…”, tornò a fissarla, “Ma quando si lavora per la sicurezza nazionale, quando ti fai carico di doveri e responsabilità più grandi di te stesso, non c’è legame di sangue che tenga”.
Kate rimase in silenzio.
-“Tesoro…”
-“No.”, si allontanò, “Sono qui per parlare col capo dell’organizzazione, non con mio padre”.
L’uomo ritornò duro.
-“Voglio far parte della missione”, continuò lei.
-“Non se ne parla”
-“Dammi un compito e inseriscimi in questa dannata missione!”, urlò.
Gabriel la fissò stupito.
-“E’ pericoloso. Non posso permettere che mia figlia entri in tutta la faccenda. Mi dispiace”
-“E’ troppo tardi accidenti! Ci sono entrata nel momento in cui mi hanno fatto questo!”, indicò la ferita.
L’uomo abbassò lo sguardo.
-“Piantala di fare il padre ora! Mi serve la tua parola altrimenti Mac non mi includerà mai!”
-“Già…Mac… Si preoccupa per te lei. Mentre dovrei essere io quello che ti mette in pericolo?”.
La giovane non rispose.
-“Perché vuoi far parte della missione?”, continuò, “Pensavo che il tuo viaggio fosse servito a lasciarti tutto alle spalle. O forse ci speravo”
-“Già…Non conta chi amerai, l’importante è che tu sia felice...non erano parole tue queste? Gabriel Walters, l’uomo integerrimo, di grande integrità morale! E poi? Quale punto non ho rispettato?”, fece una pausa. Poi sussurrò, “Io l’amavo ed ero felice”, disse con gli occhi lucidi, fissandolo.
-“Io…per me…”, Gabriel parve non trovare parole.
-“Per te era troppo, non è vero? Puoi sopportare una vita da spia, tra rischi di ogni sorta…ma che tua figlia ami un’altra donna no”. Lo guardò colma di pietà. Scosse il capo e si avviò alla porta.
-“Sarai del gruppo”, disse infine l’uomo.
-“Grazie”. Fece per uscire.
-“Kate…”.
La giovane si fermò.
-“…Credevo che conoscessi tuo padre”
-“Già. Lo credevo anch’io.”, disse con un groppo in gola e si chiuse la porta alle spalle.


BASE OPERATIVA OMEGA – Sala centrale

-“Ehi…”, Colin diede uno strattone all’amica, “Hai notato che classe?”
-“Mmm”.
La donna non si scompose, continuando a fissare i fascicoli sotto di lei.
-“Non se la passano malaccio qui…”, disse stendendo le gambe sul grande tavolo per le riunioni, “E pensare che la OMEGA aveva fama di essere un’organizzazione ormai passata…”.
L’uomo roteò sulla sedia girevole dando uno sguardo attorno. Era una sala del tutto moderna, dotata dei comfort indispensabili. Due schermi piatti erano addossati alle pareti principali; ogni postazione era dotata di touch screen; le porte a vetro scorrevoli automatiche immettevano su un corridoio piuttosto trafficato; ai muri, cartine operative e mappe contrassegnate da oscuri simboletti riempivano il bianco abbagliante della stanza.
-“Quante persone ci lavoreranno qui? Da quando siamo arrivati non ho mai incontrato molta gente ”
-“Mmm”
-“Come non detto!”, Colin si ricompose, “Sono quasi sicuro che in una vita precedente tu sia stata una mucca”.
In quell’istante arrivò Josh con una pila di fogli e il suo portatile nella cartella a tracolla.
Tentennò dietro le porte a vetri, impacciato.
Mac lo vide e sbuffò.
-“Uff…per favore digli che deve schiacciare il tasto verde”, disse seccata.
Colin lo raggiunse e aprì la porta.
-“G-grazie! N-non l’avevo no-notato!”, sorrise nervosamente e andò a sedersi di fronte agli amici.
Mac gettò uno sguardo a tutta la roba che aveva portato con sé.
-“Non siamo a scuola”, sibilò.
-“Lascialo in pace dai”, intervenne Colin.
Le porte si aprirono ancora ed entrò Gabriel con un auricolare all’orecchio.
-“No, su questo punto non transigo”, disse con tono risoluto parlando al telefono, “L’accordo andrà in porto alle mie condizioni”. Schiacciò un pulsante interrompendo la conversazione.
I tre rimasero in attesa.
-“Eh”, sospirò, “Bisogna sempre essere così diplomatici…!”, disse sedendosi. “Bene. Ci siamo”
In quell’istante la porta si aprì ancora ed entrarono Kate e Valery.
Colin lanciò uno sguardo a Mac.
-“Accidenti, ci siamo proprio tutti eh…”, disse Valery, “Forse è il caso di chiamare anche la ditta di pulizie…”, disse sarcastica.
Kate afferrò l’allusione e guardò il padre.
-“Tutti i presenti sono coinvolti nella missione; ognuno ha il suo compito”, disse Gabriel per voler chiudere ogni lamentela.
-“Tutti tranne uno..”, continuò sibilando la giovane.
Kate si agitò sulla sedia, ma il padre le posò una mano sul braccio.
-“Kate affiancherà Josh nel reparto tecnico. Imparerà molto”, le lanciò un’occhiata.
-“Valery inizia col dirci tutto delle tue ricerche”, intervenne Mac, ponendo fine a quel battibecco.
-“Accidenti, ci vorrebbe un’eternità! Vi semplificherò le notizie, dandovi quelle più essenziali”.
Gli altri annuirono e la giovane iniziò.
-“Quattro anni fa ho iniziato gli scavi al sito, in seguito ad una ricerca universitaria che avevo condotto col mio gruppo di studio. Poi da semplice studentessa sono diventata assistente del professore. Quando egli sparì poco prima che arrivassimo alla scoperta, un anno fa, presi io il suo posto e il suo incarico”
-“Che colpo di fortuna!”, disse Colin.
-“In realtà la ricerca era andata troppo avanti per essere chiusa proprio in quel momento e i beni culturali ci avevano investito un bel po’ di capitali. Così, quando dimostrai di poter continuare io il lavoro iniziato perché ero l’assistente di Kildare e sapevo dove mettere le mani, hanno ceduto subito”
-“Parli di Kildare, il professore di cui diedero notizia in tv?”, chiese Kate.
Valery annuì.
-“E’ stato e continua ad essere un mistero quel caso…incredibile…”, disse pensoso Colin.
-“Già. Ma le nostre vite sono andate avanti. Ognuno di noi ha voltato pagina a modo suo.”
-“Cosa puoi dirci degli scavi?”, chiese ancora Mac.
-“Un sito interessante, non c’è che dire. Ma solo nell’ultimo anno e mezzo abbiamo cominciato a raccogliere i frutti. Prima d’allora eravamo ritenuti quasi dei pazzi: a sentire i massimi esperti era una zona priva di ogni interesse scientifico. Ma alla fine…li abbiamo fregati”, disse con un risolino compiaciuto, soddisfatta di sé.
-“Come mai allora vi siete accaniti per anni in quel luogo?”, chiese Colin.
Valery sospirò.
-“Il professor Kildare. Era lui che aveva adocchiato il sito. Ed è solo per lui che abbiamo lavorato anni senza neppure un segno positivo. Lui era così…un genio, un pazzo…. Aveva queste intuizioni geniali, queste illuminazioni…”, fece una pausa, “Una mattina si svegliava con qualcosa che gli frullava in testa e noi lo assecondavamo, lo seguivamo in tutto… Eravamo tutti in adorazione per lui”.
Mac colse un guizzo negli occhi della giovane. Era una luce particolare, che pochi conoscevano. E lei sapeva esattamente di cosa parlava, di cosa si provava.
Gabriel interruppe il torpore sognante che aveva catturato tutti.
-“Ieri sera sono riuscito a parlare con i servizi segreti austriaci per il rientro dei manufatti”.
Gli altri si risvegliarono.
-“Ah bene”, disse Mac.
-“Una falsa delegazione si muoverà oggi stesso da Miami, trasportando delle copie ovviamente. I veri manufatti partiranno domani in massima segretezza con una scorta al seguito e la tua squadra al completo”, disse rivolto a Valery. “Ho comunicato della tua presenza presso la nostra base. E’ tutto apposto”
-“Perfetto”
-“Ho messo a vostra disposizione un alloggio in città. Si trova in un fabbricato che usiamo spesso come appoggio, quindi sarete tranquilli”.
Gli amici annuirono.
-“Per quanto riguarda il nostro uomo misterioso da cui è iniziato tutto, mi sono permessa di fare qualche indagine: ho chiesto al laboratorio di analizzare il foglio con su scritto il nome di Valery e parlerò anche col medico legale”, disse poi Mac.
Gabriel sembrò impallidire.
-“Ma…non c’è nulla da sapere. Abbiamo già fatto le ricerche necessarie e invano, come ti ho già detto”, disse impacciato.
-“Già ma ora mi occupo io della faccenda. E voglio essere certa di non tralasciare nulla”, rispose la donna chiudendo il discorso. “C’è qualcos’altro?”, chiese poi rivolgendosi a tutti.
-“Si ora che ci penso…”, intervenne Valery. “Una parte importante delle ricerche è contenuta in un cd. Non ho avuto tempo di recuperarlo dopo quello che è successo”
-“Di sicuro gli aggressori avranno messo a soqquadro le vostre camere d’albergo: non troveremo più nulla”, disse Mac.
-“Si…ma non era lì…”. Valery fissò Mac per qualche secondo e in quel momento parve come se si stessero parlando con gli occhi, in un linguaggio riservato solo a loro due.
-“La casetta?!”, sbottò poi interrogativa Mac.
-“Esatto”
-“E pensi che non sapessero…?”
-“Beh…io non ho mai detto a nessuno di quel posto. Forse…”
-“Scusate, ci fate capire qualcosa?”, intervenne Colin.
-“Ho una piccola casetta a Miami... Si trova in una zona poco frequentata ed è poco visibile. Chi non ne conosce l’esistenza non può capitarci per caso. È il mio rifugio quando ho bisogno di studiare, meditare, stare per conto mio”, spiegò la ragazza.
-“Bene. Manderemo qualcuno a recuperare questo cd”, disse Gabriel.
-“No, so solo io come trovarlo”
-“Non se ne parla, tu resti qui. Andrò io. Conosco il posto”, concluse Mac.
Kate sentì un piccolo tuffo al cuore. Conosceva il posto?
-“Se volete andrò io.”, propose poi timida lei. Gli altri la fissarono. “Non sanno che faccio parte del gruppo. Valery sarebbe troppo esposta e Mac e Colin ormai li hanno già visti”.
Gabriel parve dubbioso, poi disse:
-“Va bene. Non dovresti correre alcun rischio in effetti. Valery ti fornirà tutti i dettagli. Partirai stasera”, si alzò.
-“Ma è assurdo!”, sbottò Mac, “Non può mandare Kate da sola a recuperare quel cd! Se gli aggressori avessero scoperto la casa potrebbe rischiare la vita!”
-“Questo è quanto. Ci aggiorniamo più tardi”, chiuse fermo l’uomo, e uscì dalla stanza.


Poche ore dopo

-“Signorina Gavin!”. Miss Anna chiamò Mac dal fondo del corridoio, sporgendosi dalla porta a vetro del suo laboratorio.
Mac la raggiunse in pochi passi.
-“Ci sono novità?”, chiese.
-“Ho le risposte dei test che mi aveva chiesto”. Si avvicinarono al banco dove tutti gli strumenti da lavoro erano perfettamente in ordine.
Miss Anna afferrò dei fogli ancora caldi di stampa.
-“Ecco”, li porse a Mac.
La donna li scorse velocemente, poi aggrottò la fronte.
-“E’ saltato fuori qualcosa di curioso dagli esami della carta e della soluzione d’inchiostro”, disse. Poi fece una pausa afferrando un altro foglio, “Galle vegetali, vetriolo, gomma arabica e acqua”, disse.
-“Tradotto?!”
-“Inchiostro ferrogallico”
-“Un tipo di inchiostro ormai in disuso”
-“Esatto. Sostituì l’inchiostro di China. L’epoca esatta di transizione tra i due è imprecisabile, ma sostanzialmente venne adoperato a partire dal Medioevo fino al 1950. Anche se in effetti era ancora ufficialmente utilizzato dal Governo Tedesco fino al 1973.”.
Mac rimase pensierosa.
-“Ah, e quest’altra cosa”, continuò Anna. Si avvicinò al microscopio. “Dia un’occhiata”.
Mac guardò nell’apparecchio.
-“Sembra….”
-“Pergamena”
-“Già… Anche se un po’ diversa dalle solite”
-“Infatti. La lavorazione è molto più moderna, si avvicina praticamente alla carta normale. Ma gli esami non lasciano dubbi”.
Mac si portò le braccia ai fianchi, riflettendo fra sé e sé. Dopo pochi minuti di silenzio aggiunse:
-“Riguardo l’inchiostro…è possibile ricrearlo da sé?”
-“Beh…si. Non è complicato procurarsi i componenti, ma è un po’ più difficile ottenerlo. Bisogna conoscere le giuste dosi e i tempi esatti, sapere quali parti vanno aggiunte prima… E poi si può intervenire con molti altri aggiuntivi a seconda dell’effetto che si vuole dare all’inchiostro. Insomma, è qualcosa per veri intenditori”
-“Non può essere stato comprato già pronto? Si trovano negozi o affini che possono rivenderlo?”
-“Non ne ho idea, magari qualche antiquario, collezionista…. Farò una breve ricerca”
-“Bene. Voglio sapere qualcosa di più anche sulla pergamena. Scova qualche cosa di interessante”.
La salutò e si incamminò per il corridoio.


-“Ehi ma…!”, il medico legale sobbalzò vedendo entrare Mac nel suo laboratorio. “Non può stare qui! Chi l’ha fatta entrare?!”, disse agitato.
-“Tranquillo…”, Mac alzò il tesserino che aveva con sé. Poi si avvicinò al bancone.
Un uomo giaceva pallido e scarno sul tavolo da lavoro. Il medico stava compilando una scheda.
-“Dunque questo è l’uomo del biglietto”, disse irruenta la donna.
-“Come scusi?”
-“L’uomo del biglietto. Il caso di protezione Cowper…”, lo guardò confusa.
-“Mi scusi ma io non ne so nulla. L’agenzia non mi ha messo al corrente del quadro generale. Per me è solo un caso nullius come un altro. Lo stavo preparando per la cremazione”.
Mac fu fulminata da un lampo.
-“Di già?”, disse. Poi lo bloccò. “Sta fermo. Che ore sono?”, chiese.
-“Le tre perché?”, il medico parve non capire.
-“Tu sta solo buono buono. Non toccare il corpo finchè io non sarò tornata. È un ordine di un tuo superiore”, poi corse fuori.


Kate mosse i passi sulla scaletta del piccolo aereo privato e diede un cenno ad un operatore che stava a terra. L’uomo col casco e la tuta da lavoro, pronunciò qualcosa all’auricolare e salutò la giovane. Non appena il portello fu chiuso Kate prese posto in una delle otto poltroncine della cabina. Gettò lo zaino accanto a lei e diede uno sguardo dal finestrino: la pista, situata a pochi passi dalla base, era praticamente circondata dalla boscaglia. Non vi era traccia umana, a parte quell’unica scia di cemento grigio che stavano lasciando.
Quando l’aereo si alzò, la voce del comandante le diede il benvenuto. In effetti era un messaggio registrato. Non era la prima volta che viaggiava su un aereo privato, ma di solito riceveva l’accoglienza ossequiosa di qualche hostess che lavorava per il padre. Stavolta invece avrebbe fatto a meno di tutti quei convenevoli di rito.
Dopo qualche tempo le venne il dubbio però di come avrebbe sopperito ai propri bisogni corporei. Inanzitutto: dov’era il minibar?! Si alzò diretta verso la porta scorrevole alle sue spalle. L’aprì e vide altre due porte: la stiva e il bagno.
-“Quantomeno ho trovato qualcosa di utile”, disse.
Poi si diresse verso l’altra porta in testa all’aereo, oltre la quale c’era la cabina di pilotaggio. Infatti quando l’aprì, nel piccolo disimpegno che la divideva dalla cabina, trovò le scansie riservate al personale di bordo.
-“Neanche qui il minibar…forse è il caso che chieda al pilota”, pensò tra sé.
In quell’istante la cabina di pilotaggio si aprì.
-“Tu?!”, esclamò esterrefatta Kate.
Davanti a lei c’era Valery con il suo sorrisetto malizioso sul volto. Fece spallucce poi disse:
-“Scusami ma non potevo lasciare che andassi da sola”
-“Oh tante grazie! Da dove quest’amore improvviso?!”, chiese ironica Kate.
-“Ma non è per te. Ovviamente per il cd. Solo io posso trovarlo.”
-“Ovviamente!”, fece eco la giovane spazientita. “Mio padre sa che sei qui?!”
-“Ovviamente…no!”, rise divertita.
-“E lo trovi divertente?! Siamo nei guai! Anzi: SEI nei guai! Puoi giurarci che contatterò mio padre in questo istante!”, fece per andare allo zaino, ma Valery la fermò.
-“Sta calma avanti… Guarda qui”, la trascinò vicino ad un oblò. “Ormai siamo in volo già da un po’, abbiamo lasciato Vienna e presto saremo sull’oceano. Cosa credi che possa fare tuo padre? Finiremo col dare nell’occhio”. Kate sbuffò arrendendosi e Valery riprese: “Per di più sono l’unica che sa dove trovare il cd”, alzò le braccia, “Quindi rilassati e goditi il volo”
-“Si…come se fosse facile”, disse Kate con le braccia incrociate, “Piuttosto: non sapevo che fossi in grado di pilotare uno di questi”
-“Oh beh…infatti non so farlo”.
Kate sbarrò gli occhi.
-“C’è il pilota automatico”, sorrise indicando alle sue spalle.
-“Io giuro che ti ammaz…!”.
Kate stava per metterle le mani al collo quando sentirono un tonfo provenire dalla stiva e si zittirono.
-“Ops…sarà caduta la tua valigia di Gucci”, la derise Valery, dirigendosi in punta di piedi verso la coda dell’aereo.
-“Non ho valige di Gucci”, borbottò Kate, seguendola.
Valery si avvicinò alla porta della stiva in silenzio e si fece scivolare in mano una pistola. Kate lanciò un urletto.
-“E questa da dove salta fuori?!”
-“Sccchhhh”, la zittì l’altra.
Valery aprì piano la porta quasi senza respirare. Poi tenne la pistola davanti a sé. Accese la luce di colpo e puntò l’arma con decisione. Ci fu un secondo di sorpresa generale.
-“Tu?!?”, dissero in coro tutti.


MIAMI – qualche ora dopo


-“Valery accidenti! Tu dovevi restare a Vienna!”
-“Senti chi parla! Siamo nella stessa posizione quindi niente storie”, ribattè secca la ragazza.
-“Insomma volete piantarla?!”, intervenne dura Kate, “Ne ho abbastanza di voi due! Mai qualcosa che vada come deve andare quando siete assieme!”.
Mac e Valery restarono in silenzio come due bambine sgridate dal genitore.
-“Visto che ormai il danno è fatto, vediamo di fare in fretta!”, disse Kate chiudendo il battibecco.
Appena scese dal velivolo, trovarono una macchina parcheggiata lì per loro. In breve si misero in moto e si tuffarono nel quotidiano traffico della città.
La differenza di temperatura con Vienna era palese.
-“Mi mancava il caldo della mia Miami”, disse Kate, spalancando il finestrino.
-“Beh non abituartici troppo: stasera saremo di nuovo in Austria”, sibilò Mac.
La donna svoltò ad un semaforo affollato.
-“Ecco, ora devi seguire il rettilineo”, disse Valery.
-“Credo che invece dovresti girare sulla sinistra. Accorciamo di molto”, ribattè Kate.
-“No, deve andare dritta”, insistette Valery.
-“Scusa se mi permetto, ma conosco molto bene la zona del porto. Deve girare a sinistra”
-“Naturalmente! Grazie per la velata allusione al fatto che tuo padre possiede almeno una decina di yatch! Un bell’applauso e possiamo proseguire sul rettilineo”
-“Ehi! Ma…”
-“Ragazze! Ragazze!”, intervenne Mac, “Basta per favore! Vedete questa?”, indicò un foglio, “Si chiama cartina stradale. Vi state scaldando per nulla, perché sto seguendo le indicazioni che ci sono qui”.
Dopo una ventina di minuti raggiunsero un parcheggio e vi lasciarono l’auto. A pochi metri davanti a loro si stagliava parte del porto, con decine di imbarcazioni attraccate. Il sole creava riflessi abbaglianti sugli alberi delle barche.
-“Allora, se non erro bisognava andare di là, giusto?”, chiese Mac.
Kate sentì una piccola fitta allo stomaco. Il fatto che Mac conoscesse casa di Valery implicava tante cose. Chiaramente lei doveva proteggerla, quindi era logico che sapesse dove abitasse. Ma non era tranquilla lo stesso.
-“Dietro questa fila di case”, disse Valery, “Dobbiamo svoltare più avanti”.
Le tre si incamminarono.
Poco più avanti videro un ragazzo sulla porta di un negozio salutare calorosamente Valery.
La ragazza sorrise.
-“E’ Jake! Aspettate solo un attimo ok?”.
Corse via. Kate sbuffò incamminandosi verso il molo. Il sole era accecante quella mattina. Dopo qualche minuto Mac la raggiunse. La trovò che fissava qualcosa.
-“Che gli è successo?”, chiese Kate all’amica.
-“Ha incontrato diverse tempeste, ci sono stati molti incidenti, parecchie disavventure…è ridotta piuttosto male”, rispose guardando la sua barca che giaceva in un angolino del molo, lontano dagli yatch luccicanti dei milionari.
-“Già…come il nostro rapporto…rispecchia quello che siamo ora”.
Mac si voltò, sperando che troncasse il discorso.
-“Mac…dobbiamo parlarne”
-“E per dire cosa? Abbiamo passato gli ultimi mesi senza far altro che parlare…parlavamo, parlavamo…ma in effetti non comunicavamo più, non c’era più niente da dire”
-“Ora è passato del tempo. Vorrei capire cosa è successo. Perché te ne sei andata”
-“Sei stata tu a lasciarmi Kate”, disse piano.
-“Si è vero, ma perché non mi avevi lasciato altra scelta. Ti eri chiusa in te, litigavamo sempre, era diventato tutto insopportabile”
-“Certo, come sempre è stata colpa mia”
-“Mac…”.
In quell’istante sopraggiunse Valery.
-“Eccomi! Scusate! Non lo vedevo da tanto!”, disse sorridendo.
-“Bene, sono contenta che vi siate incontrati”, rispose Mac.
-“Beh, se dovevi amoreggiare col tuo ex potevi avvisarci: avremmo tolto il disturbo!”, disse Kate, irritata da quell’interruzione.
-“A dire il vero è mio cugino Jake. E’ riuscito finalmente ad aprire quel negozio di surf di cui ti parlavo”, disse rivolta a Mac, “Ma che ti prende?!”, guardò Kate interrogativa.
-“Sarà meglio sbrigarci”, concluse in fretta Mac.


-“Eccoci finalmente!”, sorrise Valery.
-“Io non vedo nien…”, Kate non ebbe modo di finire la frase che all’improvviso, davanti ai suoi occhi, la vegetazione lasciò intravedere ciò che nascondeva: una piccola casetta di legno.
-“Non sembra di essere a Miami qui…assomiglia piuttosto ad un angolo di giungla: strade sterrate, vegetazione a perdita d’occhio e nessuna traccia umana”, continuò.
Valery annuì.
-“E’ per questo che la adoro”
-“Entriamo”, intervenne Mac, “Ma prudenza”.
Le amiche annuirono.
-“E’ tutto normale”, disse Valery dopo aver aperto la porta e lanciando un’occhiata generale.
-“Evidentemente non sapevano di questo posto”, aggiunse Mac, “Darò comunque uno sguardo”
-“Ok. Io prendo il cd”, disse la ragazza correndo su per le scale.
Kate ne approfittò per guardarsi intorno: tutto parlava di Valery in quel posto. Sembrava il rifugio di un vecchio esploratore…vecchie carte geografiche, reperti, foto ingiallite, ritagli di giornale, documenti vari, libri, souvenirs… Il tutto sovrapposto ad uno sfondo esotico d’altri tempi. Tuttavia qua e là spiccava un guizzo di modernità. Accanto agli oggetti di uso comune, al pc, al telefono e ad altri elettrodomestici, pochi ma visibili segni del presente, come la laurea incorniciata sopra la scrivania. Era incredibile come quella ragazza assomigliasse a Mac. Facendosi trascinare da quell’aria trasognata, sparì dietro un’altra porta.
-“Eccomi…tutto fatto”, disse Valery con un largo sorriso mentre scendeva.
-“Trovato?”, chiese Mac dal fondo delle scale.
La giovane annuì soddisfatta.
-“Bene…per fortuna”, sospirò la donna. Poi aggiunse: “E quello?”, indicando sulle spalle dell’amica.
Valery sorrise.
-“Diciamo che poi una cosa tira l’altra e…ho deciso di portarmi qualcosina”, disse mostrando una sacca piena. “Vediamo…”, disse restando pensierosa.
-“Cosa?”, chiese Mac.
-“Non ricordo dove ho lasciato i miei inseparabili occhiali…”. Dopo poco roteò su se stessa e poi schioccò le dita, “Ecco!”.
Si diresse verso il mobile del salotto.
-“E’ carino qui”, disse Mac guardandosi attorno.
-“Si, non è niente male…Un appartamentino comodo per me…al massimo un’altra persona.”, provò a forzare il cassetto difettoso, “Era di mia zio. Non chiedermi come ma è finito a me. C’erano vecchie ruggini tra lui e mio padre… Due fratelli in perenne conflitto! Uff!”
Mac sorrise vedendo la giovane con i capelli arruffati combattere contro il cassetto.
-“Vuoi una mano?”
-“No….Ci sono…quas…. Ecco!!”, sbuffò, “Conosco bene questo aggeggio infernale! Prima o poi me ne libererò!”. Prese gli occhiali e li ripose nel fodero, poi tornò vicino la valigia e li mise dentro. “Credo che ora ci sia tutto”, disse esausta, guardando Mac.
La donna sorrise.
-“Sarà una bella gita”, disse con ironia per rincuorarla.
Valery sospirò.
-“In effetti…non possiamo saperlo Mac. Non sappiamo quanto ci vorrà”.
Mac si avvicinò all’amica e le posò le mani sulle braccia, accarezzandole dolcemente.
-“Tornerai qui al più presto. Te lo prometto. E quando accadrà sarai talmente assalita dalla noia da invitarmi a soggiornare per un po’ qui da te!”, sorrise.
-“Mmm… Potrei prenderti in parola sai? L’immagine di te in casa mia…mi attira da morire”, rise.
Kate rientrò dal giardino. Aprì la porta e rimase in un certo senso paralizzata. Vide Mac e Valery scambiarsi sguardi teneri e si sentì raggelare il sangue. Rimase sulla porta per un po’.
-“Andrà tutto bene vedrai”, disse infine Mac.
Valery annuì col capo, poi si lasciò baciare la fronte dall’amica. Si sentiva protetta.
Kate decise di interrompere l’idillio.
-“Scusate, mentre ero fuori ho trovato della vecchia posta”, disse tutto d’un fiato e posò delle buste sul tavolo.
-“Bene. Non manca proprio nulla allora”, disse Valery sorridendo.
-“E’ ora di andare”, concluse Mac afferrando la valigia.

 





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