Hazel
          by 
            Route66
          (settima 
            parte) 
          I 
            personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà della MCA/Universal 
            Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun Copiright. 
            Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi 
            e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono 
            utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi 
            o scomparse è del tutto casuale.
            Potete scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
          
            KUNSTHISTORISCHES MUSEUM – Museo di Storia dell’Arte di 
            Vienna
          -“Come il gemello Museo di Storia Naturale, 
            anche questo è stato costruito in stile neorinascimentale. 
            Siamo di fianco al Neue Burg dell’Hofburg”, disse Colin.
            -“V-vedo che sei p-preparato… La v-vicinanza di S-stella 
            ti fa b-bene”, ammiccò Josh.
            -“Come ci muoviamo?”, chiese Valery.
            -“Abbiamo i pass forniti da Gabriel. Al pianterreno ci sono 
            le collezioni dell’Antico Egitto, di arte orientale, di scultura 
            e arti decorative. Al primo piano invece c’è la pinacoteca 
            suddivisa in due ali espositive simmetriche, poste a sinistra e a 
            destra dello scalone: la prima di pittura francese, italiana e spagnola; 
            la seconda di pittura fiamminga, olandese e tedesca. È qui 
            che dobbiamo andare.”.
            Con passo sicuro superarono l’ingresso e si trovarono nell’atrio.
            -“Wow! E’ g-grandioso!”, esclamò Josh rapito.
            -“E’ Vienna”, sorrise Valery, e si avviò 
            verso la scala. Era quasi di casa in quel museo, ma ogni volta restava 
            folgorata come la prima.
            Salirono i gradini e giunsero al primo piano. Anche qui lo splendore 
            delle opere e della struttura stessa li lasciò senza fiato.
            -“Cos’è?”, chiese Josh correndo a vedere.
            -“C’è la caffetteria, volete qualcosa?”, 
            disse Colin.
            -“No, non siamo qui per fare salotto. Forza”, bofonchiò 
            Mac.
            -“Ma almeno guarda che bello”, la chiamò Valery. 
            “Si vede il piano terra”.
            La giovane si sporse dal parapetto che circondava un grande foro rotondo 
            al centro del pavimento di marmo, da cui si poteva osservare il pianterreno. 
            Tutt’intorno erano sistemati i tavolini della caffetteria e 
            persone di ogni sorta erano seduti lì per concedersi un attimo 
            di riposo.
            -“Si, è molto bello…”, disse Mac.
            -“Ma non abbiamo tempo per questo bla bla bla…! Ho capito, 
            andiamo”, concluse Valery.
            Oltrepassarono la soglia della seconda sala e si ritrovarono nella 
            sezione tedesca e olandese. 
            -“Dobbiamo controllarli uno a uno?”, chiese Colin.
            -“Se Kate f-fosse s-stata qui avrebbe s-saputo dirci d-dove 
            si t-trova il d-dipinto”, sbuffò Josh.
            -“Piuttosto…dov’è?”, chiese Valery.
            -“Non si è presentata. Non so dove sia. In ogni modo 
            non è la missione che deve adattarsi alle persone ma viceversa. 
            Per me può anche restare alla base se non ce la fa”, 
            disse Mac dura, chiudendo il discorso.
            Poi incontrò lo sguardo severo di Colin e capì che forse 
            aveva esagerato.
            -“Iniziamo il percorso come tutti”, disse l’uomo.
            Procedettero per una mezz’ora assieme al flusso di visitatori. 
            Quando furono verso la fine delle sale, trovarono ciò che cercavano.
            -“Ehi ragazzi”, Valery si fermò indicando una tela.
            -“E’ questo”, concordò Mac.
            -“Heiliges Ritter. Aveva ragione Kate”, disse Valery leggendo 
            la targhetta.
            -“Ok vediamo un po’… C’è un uomo a 
            cavallo sullo sfondo di un paesaggio”
            -“Qui in basso c’è la targhetta con il nome del 
            quadro. È opera di un anonimo. Ma con le date ci troviamo perfettamente”
            -“Ma che sciocca…giusto!”, esclamò la ragazza.
            -“Cosa?”
            -“Guardate: il nome del dipinto fa riferimento al soggetto stesso. 
            Le parole Heiliges Ritter in tedesco stanno rispettivamente per Santo 
            e Cavaliere”, indicò la traduzione scritta.
            -“Quindi potrebbe essere stato un gioco di parole dell’autore 
            per riferirsi al cavaliere qui dipinto, uno dei tanti che combatteva 
            per le crociate”, ipotizzò Colin. 
            -“Al collo…guarda al collo”, disse sussurrando Mac 
            all’amica. 
            Valery notò un ciondolo simile a quello del professore. Abbassò 
            lo sguardo confusa.
            -“E io che pensavo fosse un regalo della moglie…”
            -“Come dici?”, chiese Mac.
            -“Il ciondolo del professor Kildare. In realtà era un 
            reperto”, sorrise, “Non poteva essere diversamente”
            -“Cosa state bisbigliando voi due?”, sbuffò Colin. 
            “Insomma, perché il medaglione conduce a questo dipinto?”, 
            chiese stufo. 
            -“F-forse la t-tela n-nasconde qualche incisione s-segreta”, 
            propose Josh.
            -“Hmm…Troppo banale…”, disse Mac, ispezionando 
            centimetro per centimetro l’immagine. Poi qualcosa le saltò 
            all’occhio.
            -“Aspettate. Sullo sfondo… La chiesa che è sullo 
            sfondo… Forse c’è ancora”, propose.
            -“Certo! E come la troviamo?”, chiese ironico Colin.
            -“Vediamo…”, Valery inforcò gli occhiali 
            e si avvicinò al dipinto con la classica aria di qualcuno che 
            sa dove mettere le mani.
            Mac la osservò e sorrise. La ragazza amava il suo lavoro più 
            di qualsiasi altra cosa e ciò traspariva anche ora, nella semplice 
            osservazione di un quadro. E come se per magia le avesse parlato in 
            una lingua arcana e misteriosa, poco dopo esclamò:
            -“Ecco. Dovrebbe essere appena fuori Vienna”.
            Gli altri la fissarono accigliati. 
            -“L’immagine non ha punti di riferimento, tranne questa 
            chiesa. Ed è normale, considerando a che epoca risale: il bosco 
            la faceva ancora da padrone. Comunque la riproduzione della chiesa 
            è dettagliata e mi sono ricordata di questo particolare fregio 
            dell’arcata”. Fece una pausa. “Sono stata qui e 
            ho studiato questi ruderi qualche annetto fa. E’ appena fuori 
            Vienna”
            -“Perfetto. Andiamo.”, disse Mac. E sparirono nella saletta 
            seguente.
          
            Qualche ora dopo
          La ricetrasmittente satellitare di Josh stabilì 
            un contatto: era Gabriel.
            -“Dove siete ragazzi?”, domandò dopo qualche ronzio.
            -“Stiamo seguendo una pista”, rispose Mac.
            -“Hanno rubato il medaglione”, disse d’un fiato 
            l’uomo.
            I quattro ammutolirono.
            -“Cosa? Quando?”
            -“Come hanno fatto?!”, chiesero tutti all’unisono.
            -“Poco fa. Si sono infiltrati nel caveau.”
            -“Accidenti!”
            -“Almeno il resto dei manufatti è rimasto dov’era”, 
            disse Gabriel.
            -“Maledizione!”, Mac battè un pugno sul cruscotto 
            dell’auto.
            -“Chi può essere stato?”
            -“Quel Jacob…sono sicura che c’entra lui: sapeva 
            che il medaglione era lì perché quello del museo era 
            un falso. Sono certa che quando è venuto col Gran Maestro ne 
            ha approfittato per capire come entrare nel caveau! Bastardo”
            -“Calmiamoci. Questo significa che chiunque l’abbia preso 
            non ci metterà molto a fare il nostro stesso percorso, quindi 
            dobbiamo provare a mantenere il vantaggio”, disse Valery.
            -“S-siamo quasi arrivati. Baden è p-piuttosto vicina.”, 
            si intromise Josh per tranquillizzarli.
            -“Nel frattempo vorrei sapere dove sono gli altri: non li trovo 
            da nessuna parte”, disse Gabriel spazientito.
            In quel momento un’altra connessione si aggiunse alla chiamata.
            -“Mettila in conferenza”, disse Mac.
            Poco dopo le voci di Adam e Stella risuonarono nell’abitacolo 
            che sobbalzava per la strada sterrata.
            -“Ehy, avete saputo del medaglione?”, esordì Colin.
            -“Si, abbiamo ricevuto il messaggio di Gabriel. Non ci voleva”, 
            rispose Stella.
            -“Già. State bene voi?”, aggiunse Adam.
            -“Dove siete?”, si intromise Gabriel agitato. “Possibile 
            che nessuno si preoccupa di farmi rapporto?!”
            -“Ci scusi signor Walters, non era nostra intenzione mancarle 
            di rispetto. Stamattina, poco dopo la loro partenza, siamo tornati 
            agli scavi. Stiamo analizzando alcuni dettagli”.
            Gli amici restarono in silenzio per qualche minuto, temendo una reazione 
            di Gabriel.
            -“C’è anche Kate con noi, ci ha dato una mano con 
            le analisi”, aggiunse Stella previdente.
            -“D’accordo, per oggi avete già fatto tutti abbastanza”, 
            sbraitò l’uomo. “Voi finite quello che avete iniziato”, 
            disse rivolto a Mac, “Invece voi raccogliete le vostre cose, 
            mando qualche agente: vi voglio alla base fra un’ora”, 
            disse risoluto parlando con Stella, e chiuse la chiamata.
            Gli amici aggrottarono la fronte e proseguirono nel tragitto.
            -“S-svolta adesso”, disse Josh seguendo il navigatore 
            satellitare
            Dopo poco si ritrovarono su un sentiero in mezzo al bosco.
            -“Proseguiamo a piedi”.
            Afferrarono gli zaini e si incamminarono. Dopo qualche metro comparve 
            un rudere abbandonato, circondato da piante ed erba.
            -“E’ quasi impossibile notarla…”, notò 
            Colin.
            -“Andiamo”, disse Mac.
            Oltrepassate delle rocce posate come altari dinanzi l’ingresso, 
            si ritrovarono sotto ciò che restava del porticato. Una volta 
            entrati notarono lo stato di abbandono generale. Il tetto non esisteva 
            più e tutto intorno la natura si era ripresa ciò che 
            le apparteneva.
            -“Non c’è più nulla qui…cosa dovremmo 
            sperare di trovare?”, disse Valery guardandosi attorno.
            Per terra, le pietre ammucchiate li costringevano a camminare a zig-zag.
            -“Non saprei. Forse c’è qualcosa che si ricollega 
            al dipinto”, disse Mac ispezionando una parete. “Tu sei 
            stata qui prima di noi, puoi darci una mano”
            -“Beh sono stata qui anni fa. E tanto per cominciare la parete 
            est non era crollata. Non ricordavo che fosse messa così male”, 
            concluse posandosi le mani sui fianchi.
            -“Ragazzo com’è il segnale?”, chiese Colin 
            a Josh.
            -“S-sembra de-debole…ma c’è”
            -“Bene. Dà la posizione alla base per ogni evenienza”
            -“Mmm…a quanto pare sembra che ti stia interessando delle 
            questioni tecniche ultimamente…”, disse Mac vaga.
            Colin tentennò.
            -“Beh…lo sai che ho sempre preferito l’organizzazione 
            all’azione… E’ capitato spesso in questi giorni, 
            si… Ma siamo una squadra, no?”, precisò l’amico, 
            lasciando cadere il discorso.
            -“Io vado di qua”, mugugnò Mac, sparendo dietro 
            alcune colonne.
            Colin raggiunse Josh dinanzi a ciò che restava dell’altare.
            -“Trovato qualcosa?”, chiese.
            Il giovane scosse il capo.
            -“Il r-rilevatore di anomalie m-magnetiche e r-radiazioni non 
            mi s-segnala nulla”
            -“Bene”
            -“Guardate questi scudi di pietra scolpiti sulle pareti”, 
            disse Valery.
            -“Quello era l’emblema di Federico II e del casato di 
            Svevia”, disse Colin.
            -“A-anche qui r-ricorre la f-figura alata dell’aquila”, 
            notò Josh.
            -“Esattamente. Si può dire che i Cavalieri Teutonici 
            diventarono quasi la milizia privata dell’imperatore. L’incontro 
            tra lui e Von Salza avvenne nel 1216 a Norimberga, in occasione di 
            una donazione che fece all’ordine. Da subito si stabilì 
            tra i due un’ottima intesa e rispetto reciproco. Von Salza divenne 
            consigliere diplomatico di Federico II e ricevette incarichi di grande 
            importanza, divenendo uno degli uomini più fidati di corte 
            e interlocutore privilegiato di Onorio III”, spiegò Valery.
            -“Questo ci dice che personalità fosse per l’epoca”, 
            commentò Mac da lontano.
            Gli altri annuirono.
            -“Se così fosse, se Von Salza era davvero la rockstar 
            del momento, dobbiamo approfondire la questione da questo punto di 
            vista”
            -“Che vuoi dire?”
            -“Ablack era un fanatico si, e magari credeva anche di essere 
            la reincarnazione di Von Salza, ma non era sciocco. Era uno studioso, 
            un antropologo, e si stava avvicinando alla verità. Lui aveva 
            capito che la chiave di tutto non era la spada o il medaglione, ma 
            lo stesso Von Salza.”
            -“E allora?”, chiese Valery.
            Mac riemerse da un cumulo di macerie.
            -“E allora Von Salza non era solamente un cavaliere tra tanti... 
            era il cavaliere per eccellenza. E se il nostro nemico ha solo un 
            briciolo di smania di onnipotenza di quella del Gran Maestro…allora 
            dobbiamo preoccuparci”. 
            Nel silenzio che era calato, si sentì solamente il ticchettio 
            delle dita di Josh sull’apparecchio. Colin si avvicinò 
            a lui.
            -“Che succede ragazzo?”
            -“Il s-segnale. Va e v-viene. Ci s-sono delle interferenze”
            -“Puoi migliorarlo?”
            -“N-no”.
            Colin afferrò la sua ricetrasmittente.
            -“Accidenti...non funziona”
            -“N-niente. È andato d-del t-tutto”, disse Josh 
            arrendendosi.
            Nel frattempo Mac e Valery avevano preso ad ispezionare un altro lato 
            della chiesa.
            -“Questo posto mi provoca una strana sensazione”, disse 
            la ragazza.
            -“Positiva o negativa?”, le chiese Mac facendole strada 
            tra i detriti.
            -“Ancora non lo so”.
            Qualche metro più avanti, si infilarono in un’insenatura 
            nella roccia. Mac accese la sua torcia e si avviò.
            -“Questo cunicolo non c’era anni fa. Deve essersi aperto 
            in seguito al crollo.”, constatò Valery. “Sembra 
            una cappella questa, non ti sembra?”, continuò.
            Ma l’amica non le rispose.
            -“Mac?”.
            Avanzò incespicando tra le pietre.
            -“Mac mi senti?”.
            Quando raggiunse la donna, vide che era rimasta a fissare qualcosa 
            davanti a sé.
            -“Ma cosa stai guardando?”.
            Mac le fece un cenno col capo. Valery si girò in quella direzione 
            e vide ciò che il fascio di luce illuminava. E capì 
            perché l’amica non rispondeva.
            -“E’…incredibile”, disse Mac.
            Valery scrutò la statua dinanzi a sé, che la fissava 
            dall’alto della sua imponenza.
            -“Sembra…è come…”, Mac non sapeva che 
            dire, “Assomiglia…”
            -“A me”, concluse Valery.
            Mac la guardò incerta, poi si avvicinarono insieme, sfiorando 
            la donna di marmo. 
            -“Chiamiamo gli altri”, disse Mac.
            Valery annuì ed uscirono dal cunicolo.
            Colin le vide.
            -“Ehi dov’eravate finite? Il segnale è praticamente 
            morto. Vado a prendere il segnalatore della jeep”
            -“Abbiamo trovato una cappella, dovete venire a vedere…”.
            Mentre le loro voci si accavallavano, un rumore di corde srotolate 
            fece eco sopra le loro teste. Simultaneamente alzarono gli occhi verso 
            la vecchia cupola e videro, dal tetto semicrollato, un manipolo di 
            uomini in nero calarsi sopra di loro.
            -“Porc’…! Giù!”, urlò Mac, trascinando 
            Valery per terra con sé.
            Colin e Josh fecero lo stesso, ma finirono dal lato opposto. Riparati 
            dietro le colonne, gli amici videro gli uomini imbracciare le loro 
            armi e fare fuoco. Mac guardò Colin nell’altra navata 
            coprirsi come meglio poteva.
            Erano in cinque, con una tuta integrale nera, agili come ninja. In 
            pochi secondi erano scesi dal tetto e una pioggia di proiettili aveva 
            riempito l’aria.
            -“Brutti figli di…!”, Valery si alzò di scatto 
            impugnando la sua pistola.
            -“Dove credi di andare?! Stai giù!”, disse Mac 
            strattonandola.
            -“Josh e Colin sono dall’altra parte!”
            -“Lo so, cosa credi!? Ma non riusciresti a raggiungerli senza 
            diventare uno colabrodo!”
            -“Credono di saper sparare solo loro?! Assaggiate la mia pistola!”.
            La ragazza si sporse da dietro la colonna e cominciò a rispondere 
            al fuoco nemico. Mac la assecondò.
            -“Accidenti…è troppo difficile da qui. E stanno 
            riducendo le rovine a brandelli più di quanto non siano”, 
            disse la donna.
            Dall’altra parte, Colin e Josh erano nelle loro stesse condizioni.
            -“Devo dedurne che non ami il rumore soave delle armi!”, 
            ironizzò Colin dando uno sguardo fugace al giovane.
            Josh si limitò a restare con le mani sulle orecchie. Il frastuono 
            era incessante, ma nonostante ciò Colin si dava da fare sparando 
            con la sua pistola. Dopo qualche minuto vide uno degli uomini accasciarsi 
            al suolo: lo aveva colpito alla gamba.
            -“Colin ne ha colpito uno!”, disse Valery a Mac.
            Malgrado questo però, la pioggia di proiettili non si decideva 
            a cessare.
            -“Se non smettono di sparare, fra poco non resterà più 
            nulla in piedi”, disse Mac.
            -“Io mi preoccuperei di noi! Bisogna uscire da qui!”
            -“Cosa vuoi fare?”
            -“Non lo so…provo a inventarmi qualcosa!”
            -“Valery torna qui!”.
            Ma la ragazza era già scivolata dietro l’altra colonna 
            e per poco non era stata colpita da una manciata di proiettili. Mac 
            tirò un sospiro, poi le urlò dietro qualcosa, ma l’amica 
            stava già pensando alla prossima mossa. Sgusciò velocemente 
            dietro il piccolo altare di pietra. Dal foro al suo centro diede un’occhiata 
            della situazione.
            -“Finalmente si vede qualcosa…”, disse tra sé 
            e sé.
            Tre uomini davanti e due dietro. Formavano un gruppetto compatto. 
            E soprattutto sembravano avere munizioni infinite. Poi, d’improvviso 
            e senza un motivo, il fuoco cessò. Il silenzio calò 
            tra le pareti della chiesa. I quattro amici, ognuno dalla sua postazione, 
            rimasero in silenzio e in attesa. Il respiro si era fatto impercettibile, 
            i battiti del cuore aumentarono.
            Una voce metallica vibrò nell’aria. Valery ebbe un sussulto: 
            la stessa voce che sentì la notte dell’agguato nella 
            sua camera.
            -“Salve a tutti”.
            Mac strinse la pistola nel palmo e si sporse dalla colonna per guardare 
            cosa stava accadendo. Il sudore le imperlava la fronte e aveva il 
            respiro affannato. Come lei, anche Colin fece lo stesso. Josh finalmente 
            si scoprì le orecchie e sospirò. Valery aguzzò 
            lo sguardo dal suo nascondiglio.
            -“Sono felice che finalmente abbiamo la possibilità di 
            presentarci”, continuò la voce.
            Gli amici si guardarono attorno, ma non videro nessuno.
            -“D-dov’è?”, chiese Josh impaurito.
            -“Non so…credo sia un fuori campo…”, disse 
            Colin scrutando tutt’intorno, “Sta parlando ad una trasmittente…non 
            è qui. Puoi inserirti nella sua frequenza?”
            -“C-ci p-provo”. Josh cominciò ad armeggiare con 
            le sue attrezzature.
            Intanto Valery notò che la voce proveniva da un apparecchietto 
            che possedeva uno degli uomini. Da dietro l’altare fece un segno 
            a Mac.
            -“Non può definirsi una vera presentazione questa”, 
            disse la donna, uscendo dalla sua postazione con la pistola bene in 
            vista e lanciando sguardi attorno a sé.
            -“Ma che fa?!”, disse Colin sussurrando.
            La voce emise una risatina.
            -“Tu devi essere Mac”, fece una pausa, “Diciamo 
            che questa è solo una piccola precauzione… Voglio accertarmi 
            che tu e i tuoi amici abbiate chiara la situazione. Sono colui che 
            muove le redini del gioco”
            -“Un po’ vago direi…”, continuò Mac, 
            “Considerando che tu conosci noi”
            -“Hai ragione… Ma forse non siete poi così sprovvisti. 
            Penso che un’idea ve la siate fatti… Io sono il Prescelto. 
            E sto combattendo per una causa più grande di quello che le 
            vostre menti possano concepire”
            -“Tieni così tanto alla tua causa da mandare a morire 
            i tuoi adepti invece di esporre te stesso?”, disse sfacciata 
            la donna.
            Un’altra risata.
            -“Sai, è proprio questo il punto: se mi esponessi io 
            e morissi…come potrei mandare avanti la mia causa?”
            -“Punti di vista”
            -“Già. Punti di vista. Proprio quelli che fanno girare 
            il mondo da millenni.”
            -“Cosa vuoi?”, tagliò corto Mac.
            -“Ciò che voglio è ciò che mi appartiene…Che 
            appartiene alla nostra confraternita da secoli. Se siete ancora vivi 
            è perché ho voluto rendervi parte del mio gioco e della 
            mia ricerca.”, fece una pausa. “Come avrete saputo di 
            certo, il medaglione adesso è nelle mie mani”
            -“Bene, allora proseguite la ricerca da soli!”, disse 
            Mac.
            -“E’ proprio quello che ho intenzione di fare. Ma prima 
            dateci il ciondolo trovato da Ablack”
            Mac sbarrò gli occhi.
            -“Cos’è quella faccia? Pensavate che non lo sapessimo?”, 
            continuò la voce.
            -“Ci sono delle telecamere puntate su di noi”, sussurrò 
            Colin al giovane dopo aver ascoltato queste parole.
            -“C-ci penso io. Intanto ho p-preso la f-frequenza…”.
            Colin guardò sull’apparecchio.
            -“E’ qui vicino”
            -“Non so di cosa tu stia parlando”
            -“Non provate a fare i furbi inutilmente: conosco l’esistenza 
            di quel ciondolo. Conosco molte cose più di voi… Sono 
            in questo gioco da più tempo di chiunque altro e conosco alla 
            perfezione ogni giocatore…morto o vivo che sia. Ora, se volete 
            essere così gentili…”, continuò la voce, 
            “Consegnatecelo e sarete liberi di andare”.
            Mac tentennò.
            -“E se non volessimo?”.
            Gli uomini in tuta imbracciarono di nuovo i mitra.
            -“I miei ragazzi sarebbero ben lieti di finire il loro lavoro”.
            Ci fu qualche minuto di silenzio.
            -“E va bene”, disse Mac.
            Valery sussultò dietro l’altare.
            -“Ottima scelta signorina Gavin. Sono certo che…”
            -“Spero che i suoi uomini abbiano ancora munizioni”, l’interruppe 
            Mac, “Perché non vi daremo nulla”, disse infine.
            Valery sorrise e andò al fianco dell’amica.
            -“Ho pensato il peggio per qualche istante”, le disse 
            poi.
            -“Credo che una persona normale consideri quello che sta per 
            succedere il peggio!”.
            Dietro la colonna, Colin incitò Josh.
            -“Ora ragazzo! Stacca la visuale al nostro amico!”.
            Il giovane schiacciò qualche tasto. Poi la voce parlò 
            un’ultima volta.
            -“Ve la siete cercati. Buon viaggio all’altro mondo!”.
            Gli uomini col mitra diedero inizio alle danze. Di nuovo, una scarica 
            di proiettili invase la chiesa. Mac e Valery si ripararono dietro 
            l’altare e presero a sparare senza sosta. Anche Colin impugnò 
            la pistola.
            -“Tieni! Datti da fare”, ne lanciò una a Josh.
            -“I-io…io n-non…”.
            Ma il frastuono era troppo incessante. Dopo un po’ gli uomini 
            iniziarono a sparare ancora più ferocemente, stanchi della 
            situazione e frettolosi di chiudere la faccenda.
            Mac guardò le colonne vicino l’altare, poi alzò 
            lo sguardo. 
            -“Mac!”
            -“Ancora poco e crollerà tutto”, disse la donna.
            Poco dopo infatti si sentì un tonfo. Gli amici alzarono gli 
            occhi e videro ciò che restava della cupola crollare definitivamente. 
            Le colonne delle navate subirono la stessa sorte. Colin e Josh, che 
            erano ancora nella navata laterale presero a correre verso l’uscita. 
            Mac e Valery abbandonarono l’altare qualche secondo prima che 
            crollasse tutto su di loro. Gli uomini in nero non ebbero la stessa 
            fortuna: il tetto precipitò su di loro, seppellendoli sotto 
            cumuli di macerie. Dieci minuti dopo, regnava nuovamente il silenzio.
            A qualche metro di distanza dalla chiesetta, una berlina nera era 
            ferma sulla strada dissestata. L’uomo al suo interno osservò 
            tutta la scena, poi disse qualcosa all’autista e la macchina 
            sfrecciò via.
            Colin uscì dalla chiesa tossendo, bianco da testa a piedi. 
            Josh si trascinò senza forze fin fuori, poi si gettò 
            sul prato. Avevano il respiro affannato ma, a parte qualche graffio 
            stavano bene.
            -“Stai bene ragazzo?”
            -“S-si…c-credo di si…”.
            Colin si gettò sulle proprie ginocchia, ansimando e fissando 
            l’entrata della chiesa.
            -“D-dove s-sono…?”, chiese Josh riferendosi alle 
            amiche.
            Colin lo guardò, poi accennò col capo a ciò che 
            restava delle rovine, e sospirò.
          
            -“Sei tutta intera?”.
            Mac si avvicinò all’amica, aiutandola a rialzarsi.
            -“Spero di si”, disse Valery. Poi una fitta le attraversò 
            il ginocchio.
            -“Fa vedere”.
            Valery si stese di nuovo a terra.
            -“Non è grave. C’è una ferita. Te lo bendo”
            -“Dove siamo?”, chiese la giovane guardandosi attorno.
            -“Deve essere la cappella che avevamo scoperto. Siamo bloccate 
            dal crollo del tetto e delle colonne”
            -“Magnifico! Ahi!”
            -“Scusa. Ecco fatto”.
            Mac si alzò e andò verso l’uscita bloccata. Esaminò 
            la parete di macerie sperando di trovare un passaggio verso l’esterno.
            -“Niente.”, disse dopo un po’, “Non c’è 
            possibilità di uscita da questa parte. Ci saranno metri e metri 
            di pietre”
            -“Maledizione!”, disse Valery.
            -“Ok, vediamo gli apparecchi”. Mac prese la radiotrasmittente 
            dallo zaino e provò a metterla in funzione. “E’ 
            andata anche questa”
            -“Perfetto! E ora come usciamo di qui? Colin e Josh…chissà 
            loro in che condizioni sono”
            -“Li ho visti andare verso l’uscita prima del crollo… 
            Sono certa che stanno bene. Vedrai che ci tireranno fuori”
            -“Il connettore satellitare nel mio zaino… Prendilo”.
            Mac prese l’oggetto ma aggrottò la fronte.
            -“Ha preso una bella botta”, disse.
            Valery sospirò.
            -“Do un’occhiata nella cappella, forse c’è 
            un’altra uscita”
            -“Vengo con te”
            -“No, resta seduta, non sforzare la gamba”.
            Dopo un po’ la donna ritornò senza grandi notizie.
            -“La cappella sembra fine a se stessa. Non ci sono sbocchi, 
            né passaggi secondari. La statua occupa tutta la parete di 
            fondo, le altre sono muri portanti”.
            La donna andò a sedersi accanto all’amica.
            -“Sembra che resteremo qui per un po’”, disse infine.
            Valery non rispose. Si limitò a poggiare il capo alla parete, 
            sfinita.
            Mac afferrò lo zaino e vi rovistò dentro.
            -“Mmm…c’è anche la cena”, sorrise. 
            E agitò tra le dita un paio di barrette proteiche.
            Valery si arrese al sorriso. Dopotutto dovevano prenderla per il verso 
            giusto.
            -“Ne hai vissute tante di situazioni del genere?”, chiese 
            la giovane all’amica.
            -“Mmm… Abbastanza”
            -“Ok, allora…molte più della media che avevo in 
            mente”, sorrise.
            -“Ci è andata bene, tutto sommato”, disse Mac.
            -“Oh certo! Tutto sommato moriremo di stenti in un luogo di 
            interesse culturale… Chiunque sogna di finire la vita così!”, 
            ironizzò Valery.
            Poi scoppiarono a ridere entrambe.
            -“Sai quale sarà la nostra salvezza?”, disse Mac.
            -“No”
            -“L’ironia”
            -“Si come no”
            -“In questi casi conta più non abbattersi che avere gli 
            strumenti per salvarsi”
            -“Ok…mi fido della parola dell’esperta. Proviamo 
            con le barzellette: magari le pareti crollano per le risate!”.
            Mac sorrise.
            -“Per ora proporrei semplicemente di riposarci un po’: 
            siamo stremate”
            -“Si…non reggo più”
            -“Bene. Sistemati questo sotto la testa”.
            Mac svuotò lo zaino e lo passò all’amica. In breve 
            si addormentarono.
          
            -“Colin! State bene?”. Gabriel andò incontro ai 
            due amici, agitato e affannato.
            -“Si…si… Ma…dobbiamo recuperare Mac e Valery: 
            sono ancora sotto le rovine”
            -“Si lo so”, disse frenetico mentre camminavano svelti 
            per i corridoi della base, “Ho già inviato una squadra 
            sul posto. Non ci voleva…”, borbottò agitato.
            Colin lo fissò.
            -“Che altro succede?”, chiese.
            Gabriel lo guardò con occhi disperati.
            -“Seguitemi”.
            L’uomo trascinò Josh e Colin davanti ad una vetrata. 
            
            -“Santo Cielo…”, fu tutto quello che Colin riuscì 
            a dire. “Come…?”
            -“E’ successo poco prima che ricevessi la vostra richiesta 
            di soccorso”.
            Josh appoggiò le mani al vetro, guardando con occhi tristi 
            dietro di esso.
            Colin vide l’espressione distrutta di Gabriel.
            -“Se non saranno le macerie ad uccidere Mac…lo farà 
            questo”, disse infine Colin amareggiato.
          
            Valery aprì gli occhi nella penombra e vide Mac armeggiare 
            vicino ad una roccia.
            -“Che stai facendo?”
            -“Volevo vedere se questa cappella è stata costruita 
            con lo stesso materiale ovunque. Magari ci sono zone di pietra più 
            morbida dove possiamo scavare facilmente”
            -“Mmm…”
            -“Come ti senti?”
            -“Peggio di prima, se è possibile”.
            Valery si raddrizzò a fatica. Aveva dolori ovunque e le girava 
            la testa.
            -“Mangia una barretta”
            -“C’è dell’acqua?”
            -“Ne è rimasta poca. Dobbiamo centellinarla”.
            La ragazza afferrò la borraccia e fece un sorso.
            -“Da quanto siamo qui?”
            -“Sono cinque ore ormai”, disse Mac continuando nella 
            sua ricerca.
            -“Abbastanza ormai per cominciare a provvedere da sole alla 
            nostra salvezza”, aggiunse Valery.
            -“Esatto”
            -“Pensi che…?”
            -“No”, Mac si voltò fissandola, “No, loro 
            sono vivi. Ne sono certa. Ma forse è più difficile tirarci 
            fuori di qui di quanto pensiamo”.
            La donna andò verso l’amica.
            -“Fa vedere la tua ferita forza”.
            Con dolcezza le srotolò la benda ed esaminò il ginocchio.
            -“Ahi”
            -“Sanguina ancora. Devi tenerla stretta. Ed evita che ci finisca 
            la terra su”
            -“Voglio provare ad alzarmi”
            -“No, se non è necessario. Conserva le forze per quando 
            servirà”
            -“Voglio provare”, disse ferma.
            -“Ok”, Mac si arrese, “Ma fa piano. Appoggiati a 
            me, forza”
            -“Ce la faccio…ce la faccio”.
            A stento la ragazza si mise in piedi. Tutto sommato riusciva a tenersi 
            in equilibrio, malgrado zoppicasse.
            -“Dò un’occhiata di là”
            -“Ok, ma muoviti con cautela”.
            Mac riprese a scavare la roccia. Sembrava abbastanza uniforme. Le 
            probabilità di creare un passaggio verso l’esterno erano 
            praticamente nulle. Valery superò il basso arco che introduceva 
            nella cappella. Si guardò attorno incerta, poi fissò 
            la statua di fronte a sé. Si massaggiò la fronte e sospirò. 
            Ci mancava solo la sua somiglianza a quella scultura.
            Era una statua ben proporzionata, il marmo ancora candido. La donna 
            rappresentata sedeva su un piccolo trono ed era abbigliata come una 
            principessa. Mac raggiunse l’amica e rimase ad osservarla.
            -“A cosa stai pensando?”, le chiese dopo un po’.
            Valery non rispose subito, continuò a scrutare la statua.
            -“Sono così confusa…”
            -“Lo so. Hai sentito le parole del Prescelto? Sapeva del ciondolo”
            -“Già. Mi chiedo quante cose il professore mi abbia tenuto 
            nascoste. E’ come…se scoprissi ora una persona del tutto 
            diversa”
            -“Beh però ora sappiamo che quel ciondolo non è 
            un semplice oggetto di valore affettivo.”
            -“Ma non so come possa esserci utile”, disse Valery abbattuta.
            -“Lo sapremo al momento giusto vedrai”, la confortò. 
            “La roccia nel tunnel è omogenea… Non ce la faremo 
            mai a scavare un passaggio”
            -“Lo immaginavo”
            -“Ascolta…lascia che pensi io a tutto questo…tu 
            prova a rilassarti”
            -“Ti ringrazio, lo apprezzo, ma non sono una bambina da proteggere. 
            Sono in grado di sopportare certi pesi e certe situazioni”
            -“Lo so…”.
            Mac pensò che Valery non era Kate. Nella sua esperienza precedente 
            aveva dovuto mettersi in gioco al cento per cento. Con Valery invece 
            era diverso: era in grado di affiancarla nei combattimenti, aveva 
            dimestichezza con le armi, era più pronta emotivamente. Questo 
            la confortò in un certo senso. Vide l’amica sfiorare 
            la statua.
            -“L’agguato è stato ben orchestrato non trovi? 
            Almeno abbiamo avuto il piacere di avere un contatto con il nostro 
            nemico. Il Prescelto… che razza d’idiota. Quantomeno adesso 
            ho la conferma che si tratta di qualcuno all’interno dell’Ordine. 
            Mi chiedo solo se McKnight sospetti qualcosa”
            -“Probabilmente ne sarà all’oscuro”
            -“Già, lo credo anch’io. Quel giorno, parlando 
            con lui…ho avuto la sensazione che ci fosse qualcosa di poco 
            chiaro. Quel suo consigliere, Jacob…ho già visto i suoi 
            occhi”.
            Valery continuò ad accarezzare il marmo liscio. C’era 
            qualcosa in quella statua che l’attirava. Mac parlava, ma lei 
            non le prestava attenzione. Strinse la gelida mano protesa in avanti. 
            Era misteriosa e bellissima. Avrebbe voluto conoscerne la storia. 
            In quel momento ebbe una fitta al ginocchio e cadde a terra.
            Mac le andò in soccorso. Provò a farla rialzare.
            -“Valery! Tutto bene? Forza!”, l’afferrò 
            per le braccia.
            Respirò profondamente, poi guardò Mac.
            -“Sto bene…è stata solo una fitta…sto bene”
            -“Ora tu resti ferma qui e non ti muovi!”
            -“Non trattarmi come una bambina!”, sbuffò.
            -“Diamoci da fare per uscire di qui”, disse Mac sicura 
            di sé, “Sono certa che questa cappella abbia un’uscita 
            secondaria. Proviamo con la statua”.
            Con fare incerto ma frenetico iniziò a tastare l’opera, 
            ma non ottenne alcun risultato. 
            -“Era la promessa sposa di Federico II”, disse Valery 
            dopo un po’.
            -“Come?”
            -“La statua. Rappresenta la donna che era promessa all’imperatore”.
            Mac si avvicinò e lesse la targa indicatale dall’amica.
            -“Non l’avevo neanche notata”
            -“Hazel. Questo era il suo nome”, sussurrò Valery.
            -“Federico le dedicò questa cappella dove ella poteva 
            venire a pregare in pace.”, la donna scorse col dito l’incisione, 
            “Guarda. È morta poco prima che venisse incoronata. Era 
            giovanissima…”
            -“Non dice di cosa è morta?”
            -“No…qui la targa è rotta.”
            -“Senti, forse è il caso di metterci l’anima in 
            pace: se non vengono a tirarci fuori, noi non possiamo fare niente”, 
            disse Valery.
            -“Forse, ma…”.
            In quel momento la donna sentì un sibilo.
            -“Cos’è?”
            -“Sembra provenga dal tuo zaino”, disse la ragazza.
            Mac svuotò la sacca sul pavimento e rovistò tra le sue 
            cose. Poi vide un esserino a sei zampe muoversi fra gli oggetti. Le 
            due amiche lo guardarono mentre camminava, sicuro della sua meta. 
            Si arrampicò sulla nuda roccia e quando fu abbastanza in alto 
            si fermò, emettendo un ronzio.
            -“Che accidenti…?”.
            Valery si limitò a guardare Mac stupita.
            -“Scommetto che c’è lo zampino di Josh”, 
            disse la donna. Poi, curiosa, si avvicinò per osservarlo meglio. 
            In quell’istante l’esserino emise un suono e un led rosso 
            cominciò a lampeggiare. Mac sobbalzò.
            -“Ma che…?”.
            Un brusio, poi una voce disturbata.
            -“Capitano Gavin, mi sente?”.
            Mac sgranò gli occhi.
            -“Tenente Ryan?”.
            Ancora un brusio.
            -“Si, sono io. State bene?”.
            Mac e Valery sorrisero. Era il tenete del reparto speciale. Erano 
            venuti a salvarle.
            -“La connessione è molto bassa. E’ stato un miracolo 
            che siamo riusciti a stabilire un contatto. Ora mi ascolti: sono qui 
            con la mia squadra e i suoi amici. Tenteremo di tiravi fuori al più 
            presto”
            -“Si…va bene…Cercate di sbrigarvi, Valery è 
            ferita e l’aria comincia a scarseggiare”
            -“Purtroppo non è semplicissimo. C’è qui 
            il suo amico Colin. Avete pochi minuti prima che la connessione salti. 
            Ci vediamo fuori, capitano”, disse per confortare la donna.
            Poi si sentì la voce di Colin.
            -“Mac? Valery?”
            -“Santo Cielo…stai bene…”
            -“Si…io e Josh siamo tutti interi! Voi? Mi avete fatto 
            preoccupare”
            -“Già…anche noi lo eravamo”, guradò 
            l’amica, poi continuò, “Allora, che succede?”
            -“La situazione è un po’ complicata… Anche 
            se solo ora siamo riusciti a parlarvi, la squadra era sul posto da 
            un po’. Devono muoversi con la massima cautela altrimenti è 
            la fine. Siete finite in una parte delicatissima…E’ come 
            se foste in una specie di bolla d’aria sotto le macerie: se 
            si muove il pezzo sbagliato crolla tutto”
            -“Fatemi capire: noi dovremmo restare qui ad aspettare che voi 
            finiate questa partita di shangai?!”
            -“Esattamente. Anzi: cercate di non toccare nulla, di non smuovere 
            niente”
            -“Accidenti…”. Mac si passò una mano tra 
            i capelli.
            -“Mantenete la calma ok? Noi faremo tutt….”.
            Un ennesimo brusio interruppe il collegamento.
            -“Maledizione!”, sbraitò Valery.
            L’esserino meccanico smise di lampeggiare e si spense del tutto.
            -“Ok calmiamoci: ora sono qui. Ce la faranno”. La donna 
            si rimise giù, portando con sé anche l’amica. 
            “Mettiamoci qui e aspettiamo, d’accordo?”.
            Valery annuì. Mac si aggiustò lo zaino sotto la testa 
            e provò a riposarsi un po’. Anche la ragazza fece lo 
            stesso.
            Come degli echi lontani, nel silenzio più assoluto, potevano 
            sentire i rumori degli uomini all’esterno che scavavano sotto 
            le macerie.
            -“Fra poco sarà notte”, sussurrò Mac.
            Valery fissava il soffitto ad archi.
            -“Vorresti essere altrove ora?”.
            Mac si girò guardando la ragazza. I suoi occhi incrociarono 
            quelli dell’amica. Capì cosa volesse dire.
            -“Mi sta bene così. Credo…di stare bene, ora”, 
            le sorrise.
            Valery ricambiò, poi disse:
            -“Ti tirerò fuori di qui”.
            Mac ridacchiò
            -“Come? Tu che tiri fuori la tua guardia del corpo?”
            -“Ti tirerò fuori di qui…”, sussurrò 
            ancora la ragazza. Poi si addormentò.
            -“Ok”, disse piano Mac, guardandola e sfiorandole una 
            guancia.
          
            Valery aprì gli occhi nel buio pesto. Aveva sete. A tentoni, 
            afferrò la borraccia e fece un sorso d’acqua. Ormai ne 
            era rimasta poca. Dopo averla riposta accese la torcia. Vide l’amica 
            che dormiva profondamente. La guardò con dolcezza desiderando 
            di essere con lei nel loro bel letto pulito. 
            Tirò fuori dalla tasca del jeans il ciondolo e sospirò. 
            Se il professor Kildare fosse stato lì avrebbe saputo cosa 
            fare. Avrebbe pensato a qualche sua diavoleria e l’avrebbe tirata 
            fuori di lì. Stringendolo nella mano, si alzò delicatamente, 
            meglio che poteva, e reggendosi alla parete arrivò fino nella 
            piccola cappella. Le sembrò che i rumori della squadra all’esterno 
            fossero cessati. Ma forse si sbagliava. Magari le avrebbero tirate 
            fuori da un momento all’altro. O magari…sarebbero morte 
            lì.
            La sola cosa però a cui pensava era una strana associazione 
            di idee che continuava a balzarle in mente. Andò verso la statua, 
            illuminandola. Osservò il mantello marmoreo che le cadeva sulle 
            spalle, adornato da quel motivo floreale antico. Poi fissò 
            ancora una volta la sua mano, protesa in avanti come a porgere qualcosa.
            -“Tu sai qualcosa, non è vero?”, sussurrò 
            rivolta alla figura inanimata.
            Poi si portò la torcia in bocca e illuminò il suo ciondolo. 
            Fece rimbalzare il suo sguardo dalle sue mani alla statua e viceversa. 
            Osservò il mantello, poi il ciondolo: era lo stesso disegno 
            floreale. 
            Come se d’improvviso sapesse cosa fare, si diresse verso la 
            donna inanimata.
            -“Questo…appartiene a te…”, sussurrò, 
            con un tono di rispetto profondo.
            Fece scivolare il ciondolo nella mano protesa della statua, laddove 
            c’era un rilievo circolare inciso nel palmo. Il ciondolo si 
            incastrò. Per qualche secondo non si udì nemmeno il 
            respiro della ragazza. Poi accadde qualcosa. Gli occhi della statua 
            si illuminarono. Divennero verde smeraldo, come se non fossero mai 
            stati di marmo. Un attimo dopo, emisero due fasci di luce, come fossero 
            dei laser.
            Valery si scansò, osservando incantata questa magia. Poi spinse 
            lo sguardo fin dove si spingevano i fasci di luce: andavano a colpire 
            gli occhi di giada di un gufo di pietra. Lentamente il becco del rapace 
            si aprì. La pietra addormentata da secoli, scricchiolando, 
            rivelò i suoi segreti. La ragazza raggiunse la parete e vide 
            la parte concava che il becco nascondeva. Quando il rostro fu spalancato, 
            Valery vi infilò la mano. Nella roccia fredda e umida toccò 
            qualcosa di liscio. Lo afferrò e lo tirò fuori: era 
            un piccolo cofanetto di legno. Il becco del gufo si richiuse lentamente 
            e, d’improvviso, nella stanza ancora rischiarata di verde, si 
            sentì un frastuono. Come se le pareti si muovessero.
            Mac si svegliò di soprassalto per il rumore. Dal cunicolo dove 
            stava dormendo vide quel bagliore verde provenire dalla cappella. 
            Afferrò le sue cose e corse in quella direzione. Vide l’amica 
            che stringeva il cofanetto, la statua illuminata, il pavimento che 
            tremava, e capì che si era persa qualcosa.
            Valery si voltò verso di lei.
            -“Mac…”
            -“Che diavolo…?!”
            -“Dobbiamo uscire di qui”, urlò l’amica nel 
            frastuono. Poi indicò alla donna la statua: si stava spostando 
            lentamente.
            Qualche secondo dopo, dietro di essa, si rivelò un passaggio. 
            Mac guardò l’amica.
            -“Come hai fatto?”
            Valery alzò le spalle, poi incitò la donna a correre: 
            la cappella stava crollando. Senza pensarci due volte, le due donne 
            si infilarono nel cunicolo e sparirono nel buio.
          
            Qualche minuto dopo, si ritrovarono nella radura vicino le rovine: 
            il passaggio le aveva condotte di nuovo all’aperto. Uscirono 
            appena in tempo per sentire il tonfo delle restanti macerie.
            Gli uomini della squadra indietreggiarono mentre quello che era rimasto 
            in piedi crollava definitivamente.
            Mac aiutò Valery a rialzarsi.
            -“Cos’è questo?”, chiese, indicando il cofanetto.
            -“Ne parliamo dopo”, disse Valery tra le fitte di dolore.
            -“Hai mantenuto la tua promessa”, disse Mac, “Mi 
            hai tirata fuori da lì”, sorrise.
            L’amica ricambiò meglio che poteva, sorreggendosi al 
            braccio della donna, sfinita.
            Quando sbucarono davanti alla squadra, in molti le scambiarono per 
            due fantasmi. Colin corse loro incontro e le abbracciò.
            -“Santo Cielo…siete vive…”
            -“Stiamo bene…”
            -“Tenente, un paio di uomini e il paramedico!”, urlò 
            l’uomo.
            -“Vogliamo solo andare via di qui…”
            -“Si…”
            -“Tu e Josh state bene?”, chiese Mac.
            -“Si, sta tranquilla…”.
            Ma la donna vide il volto indecifrabile dell’amico.
            -“Che succede?”, gli chiese.
            -“Niente…ero solo in ansia per voi”, rispose.
            Ma quando arrivò il paramedico per la gamba di Valery, Mac 
            trascinò Colin in disparte.
            -“Ora stiamo bene”, disse fissandolo.
            Colin la guardò tentennando, poi parlò.
            -“Mac…è successa una cosa…una cosa molto 
            brutta.”.