episodio 12

EPISODIO N. 12
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di GXP

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L’insostenibile leggerezza dell’essere - parte II

 

Capitolo 17 – Congedi

Nessun rumore proveniva dalle altre stanze. Una luce soffusa passava tra le sgangherate finestre legnose. Un filo d’aria muoveva la tenda di stoffa chiara. Il caminetto era spento e i tizzoni si stavano freddando.

Xena osservava la stanza in stato confusionale. Le girava la testa e non riusciva a capire come fosse arrivata fin lì. L’ultima cosa che ricordava era Olimpia in lacrime tra i genitori. Poi il vuoto. Provò a ruotare sul fianco destro e accanto a sé ritrovò la figlia, Evi, sveglia, che la osservava placidamente.

- Ti hanno trovato le amazzoni poco distante dalla stalla – sussurrò.

Xena la osservò con fare interrogativo.

- Ti hanno trovato questa mattina presto, poco prima dell’alba. Eri molto fredda. Si sono molto spaventate ma per fortuna era solo l’aria della notte. Ti hanno portato qui e ti abbiamo subito messa nel letto. Non ricordi nulla? –

- No - rispose la guerriera con un filo di voce - Olimpia? – chiese con occhi pieni di timore.

Evi si spostò in modo tale da mostrare alla madre che l’amica giaceva al suo fianco ancora addormentata.

- È stato un rito piuttosto pesante per entrambe, Olimpia non ha aperto più occhio da quando è crollata ieri - commentò la messaggera.

Poi ritornò alla posizione precedente oscurando la visuale alla madre.

- Cerca di riposare madre. È ancora molto presto – suggerì.

- Hm, no – disse con fatica la guerriera cercando di alzarsi- Devo trovare Marte e capire cosa è successo.

Evi la osservò perplessa. La domanda era implicita nello sguardo.

- Mi trovavo in un posto detto limbo ma improvvisamente sono ricomparsa nella foresta e di lì a poco sono svanita. Voglio capire perché sono riapparsa e scomparsa due volte -.

- Temi che qualcosa nel rito sia andato male? Ti posso assicurare che nessuno è rimasto. Né i genitori di Olimpia né Corilo –

Xena tacque. Nella mente rivide gli attimi di fugace passione con Marte e pensò che forse il dio avesse ragione nel sostenere che fossero stati cacciati per quel motivo. Lo sguardo tradì colpevolezza.

- Cosa è successo nel limbo, madre?- Evi era figlia di Xena nei fatti e certe volte anche nei modi.

- Nulla -

- Tu menti -

- Non voglio parlarne -

Un vagito le fece zittire. Olimpia si stava risvegliando. Le due si scambiarono uno sguardo di intesa: quell’argomento sarebbe stato affrontato più tardi.

Fillide irruppe nella stanza con un vassoio carico di leccornie da prima colazione.

- Sorgete, stelle leggiadre e cominciate a splendere – cinguettò citando il padre in una delle avventure raccontata la notte prima.

Olimpia balzò su letto chiamando incredula il nome di Corilo ma quando vide Fillide riuscì solo a regalargli un sorriso triste.

- Quante cose buone, Fillide – Evi tentò di sdrammatizzare mettendosi seduta sul letto.

- Le ho fatte tutte con le mie mani! Su forza, gli altri sono tutti svegli! Venite! In tavola c’è molta altra roba! –

- Così presto, Fillide? – domandò quasi disturbata la messaggera di pace.

- È giorno di partenze Evi, bisogna sfruttare ogni secondo! Forza, Su! – rispose allegramente il ragazzo.

- Dacci qualche minuto e vi raggiungeremo – disse Xena, mentre poggiava la schiena alla parete mettendosi seduta a letto.

Solo allora Olimpia si voltò dalla sua parte e si rese conto della sua presenza.

Le due si scambiarono uno sguardo lungo e muto.

- Bene - disse Evi, battendo le mani sulle ginocchia - Direi che ci possiamo alzare- Si spostò dalla posizione di trincea in cui si trovava scendendo dal letto.

- Forza allora, ho scoperto che il Cos’è con il latte di mucca è delizioso!- esortò il ragazzo, lasciando la stanza e trascinando per un braccio la messaggera di pace. La porta rimase aperta.

Olimpia, che aveva distolto lo sguardo per osservare la figlia scendere dal letto rocambolescamente, tornò ad osservare la principessa guerriera in procinto di scendere dal giaciglio.

La osservò mentre, di spalle, si infilava i calzari. Continuò a guardarla mentre si allacciava il corpetto e quindi chiudeva l’armatura. Con le mani si sistemò i fluenti capelli neri.

- Posso?- chiese la guerriera senza guardare l’amica. Con la mano indicava la spazzola che giaceva sul comodino di fortuna posto ai piedi del letto.

Olimpia annuì. Bastò un rapido colpo di spazzola per rendere quei capelli lucidi e visibilmente morbidi.

Dall’esterno della stanza si sentivano gli ospiti prepararsi per la colazione e commentare positivamente i panini dolci che il bravo Fillide aveva preparato per tutti. Nella stanza si udiva solo lo strusciare dei capelli di Xena sull’armatura e i respiri profondi di entrambe.

- Ho finito- disse la guerriera voltandosi verso l’amica.

Le due si guardarono ancora.

Olimpia aveva in viso un’espressione frustrata. Xena lo vide subito e anche il suo volto, falsamente quieto, mostrò un alone di tristezza. L’aedo notò quel repentino cambiamento e un senso di colpa la pervase.

Quello che ha fatto, l’ha fatto per me. Forse dovrei essere più cortese con lei. Ma come faccio? Non so dove sia stata... con chi. Che cosa c’entra Marte? Non guardarmi così, Xena. Non guardarmi così… L’hai fatto per me. Ma cosa hai fatto?

- Io vado- disse con tono dispiaciuto la principessa guerriera - Cerca di fare presto o non rimarrà nulla in tavola –

Dandole le spalle si accinse a raggiungere la porta ancora aperta, ma con uno scatto la poetessa si slanciò versò di lei afferrandone il polso destro. Si ritrovarono così: Xena di spalle diretta verso la porta ed Olimpia in ginocchio sul letto che la fermava per un braccio.

- Xena - sussurrò lei. – Voltati-

La guerriera si voltò con timore. Negli occhi l’espressione di chi non sa cosa aspettarsi.

- Grazie - le disse l’amica allentando la presa e accarezzandole il polso con le dita.

Xena le sorrise. Olimpia la trasse verso di sé finché le ginocchia della mora non toccarono l’asse che fungeva da struttura del letto. Quindi la stessa Olimpia, sulle proprie ginocchia si avvicinò al corpo dell’amica. Una maniera un po’ goffa che fece sorridere entrambe. Si guardarono nuovamente sempre con il timido sorriso a rallegrare i loro occhi. In quel momento poteva bastare. Avrebbero parlato dei dettagli dopo. Olimpia le si cinse al collo e la abbracciò.

Fu un sollievo per Xena. Ricambiò l’abbraccio respirando avidamente l’odore della pelle che a lungo le era stata negata. L’amazzone le aveva appoggiato il mento tra il collo e la spalla e poteva sentire i capelli corvini sfiorarle il naso. Li faceva passare tra le dita mentre le accarezzava la testa. Eppure in cuor suo sentiva che doveva avere spiegazioni. Perché Xena si era assentata durante un momento così importante? Lei l’aveva cercata con lo sguardo, ma l’amica era sparita. Nuovamente la lista di domande che le avevano affollato la mente nella notte precedente e nel mattino, le stava rovinando quell’attimo di tregua che attendeva da mesi.

Brunhilde non mi avrebbe lasciata sola.

Il solo averlo pensato la fece rabbrividire. Erano un paio di giorni che non pensava a lei mentre stava con Xena. Che fosse qualche residuo del sortilegio di Marte? Decise di sciogliersi dall’abbraccio. Xena non aveva tentato di andare oltre e lei stessa non lo avrebbe voluto. Le sorrise ancora una volta e poi la invitò a seguirla nella sala da pranzo dove gli altri stavano già mangiando.

Il primo a dar loro il benvenuto fu Hercules.

- Eccovi qui! - disse, alzandosi per fare spazio in tavola.

- Ben svegliate – commentò ridente Iolao.

Evi guardò dritta sua madre che fece finta di ignorarla.

- Ed ecco qui i miei panini dolci! Provateli col Cos’è e il latte. Sono deliziosi! – squillò Fillide, comparendo alle loro spalle con un vassoio. Le due si accomodarono vicine.

In questa occasione i commensali erano così disposti partendo dal capotavola più vicino al cucinino: Fillide a capotavola, alla sua sinistra Valesia, Caleipe, Genziana, Iolao, Hercules, Virgilio all’altro capotavola, quindi Evi, Olimpia, Xena, Soloniche e infine Mistrene che osservava Fillide con occhi meravigliati.

- Mistrene, sorella, devo ricordati quali sono gli obblighi di un’amazzone? – la rimproverò la regina.

- Oh su, Valesia, non essere così rigida – commentò divertita Olimpia.

- Non le sto impedendo nulla, Regina Olimpia, solo non è il momento di pensare all’accoppiamento –

Il povero Iolao che stava sorseggiando la sua miscela col latte si ingozzò ed il bravo Hercules prontamente gli diede due colpetti sulla schiena per aiutarlo a riprendersi. Quindi si pulì la bocca.

- Accoppiamento? - chiese Fillide - Con i panini e il Cos’è ci sta bene il latte! Non vi pare? -

- È senza speranza!- commentò incredulo Virgilio.

Tutti scoppiarono a ridere.

Fecero colazione serenamente senza menzionare la festa della sera prima. Ognuno parlava dei propri progetti dopo quella giornata che difatti sarebbe stata l’ultima trascorsa insieme.

Valesia annunciò che la delegazione sarebbe dovuta rientrare al campo amazzone non prima di aver cacciato un po’ si selvaggina perché dalle loro parti scarseggiava e la battuta di caccia sarebbe costata loro ancora due giorni e due notti di viaggio.

Hercules avvisò che era ben lieto di riportare a casa l’amico Iolao e di aiutarlo del sistemare alcune parti dell’abitazione: da quando anche la figlia se ne era andata con il fratello, c’erano un sacco di lavori da concludere e un piccolo signore della guerra da sistemare sulla strada.

- Ci penso io, Xena, lascia anche a me un po’ di gloria! – disse ridendo il semidio

- Farsi vedere con un vecchietto come me nuoce alla sua popolarità, permettigli di picchiare un po’ di gentaglia, sù – commentò ironico lo stesso Iolao.

- Fate pure – disse lei, sorridendo – Spero di avere ancora qualche giorno di tregua – disse toccandosi la spalla che si era slogata (ed ovviamente sistemata da sola) al tempo del Ragnarok.

- Io… - si introdusse timidamente Fillide – io ho chiesto a Virgilio di portarmi alla locanda di nostro padre, sperando che i miei fratellastri l’abbiano saputa gestire bene... e magari potrei…sì, ecco… avere anche io… una famiglia – concluse passandosi le mani sui calzoni come a volere pulire.

- Ma è una notizia meravigliosa Fillide! - esclamò Olimpia, ma subito si rabbuiò

- Certo, ci mancherai… però è giusto che anche tu abbia la tua famiglia e... beh un’attività sicura –

Senza di lui sarebbe stato più duro rimanere da sola con Xena.

Il pubblico si voltò verso Evi. Ovviamente tutti volevano sapere quali fossero i suoi piani.

-Beh io… ecco, vorrei predicare nel villaggio qui vicino e nella polis… ma posso sempre chiedere alloggio ai miei confratelli, non c’è problema! –

Xena intervenne prontamente - Sciocchezze, starai qui! Ho intenzione di fermarmi ancora per un po’. Sei sempre la benvenuta in casa mia –le sorrise. In mezzo a loro due c’era Olimpia, ancora turbata per la partenza di tutti, ma ancora di più dal fatto che nessuno aveva chiesto a lei quali fossero le sue intenzioni. Davano tutti per scontato che sarebbe rimasta lì con Xena. Forse nessuno di loro sapeva. Era certa che Evi e Fillide ne fossero a conoscenza eppure nessuno di loro due le aveva chiesto nulla. Si sentiva quasi ignorata. Come se un bel dono bastasse a farle dimenticare il passato.

Fu un lampo. Xena le aveva fatto quel dono meraviglioso perché l’aveva perdonata! E lei si stava comportando come se fosse la vittima. Che sciocca che era stata. Attorno a lei tutti ridevano, erano sereni. Erano certi che lei sarebbe rimasta con Xena proprio perché la sua principessa guerriera aveva organizzato tutto quello solo ed esclusivamente per lei. Per farle capire che l’amava ancora. E quale dono migliore per dimostrare amore eterno se non restituirle l’eterno amore delle persone care?

Si voltò a guardarla mentre l’amica sorrideva rivolta a Fillide, spiluccando il suo panino dolce. Ascoltava la sua voce melodica che derideva dolcemente i due fratelli per la scelta fatta. La osservava fiera nella sua statura. Con i gomiti poggiati al tavolo ed i capelli che le scendevano dolcemente verso la tavola. Le venne istintivo: lentamente le spostò una ciocca dietro l’orecchio evitando che finisse nel piatto. Xena provò un brivido mentre spostava gli occhi nella direzione della bionda per trovarvi un dolce sorriso. Ricambiò placidamente e tutti quelli che sapevano trassero un sospiro di sollievo.

A colazione finita ognuno si dedicò al rifacimento delle proprie bisacce, pronti per il rientro verso i rispettivi compiti. Un po’ di malinconia scese su tutti loro, consci del fatto che solo gli dei potevano sapere quando ancora avrebbero potuto trascorrere momenti sereni come quelli.

Le prime ad andarsene furono le amazzoni. Abbracciate una per una e salutate con il classico gesto del pugno, Olimpia le osservò cavalcare verso il villaggio, fino a quando le loro sagome non furono sparite nella luce.

Nel primo pomeriggio partirono anche Hercules e Iolao. Preferivano viaggiare a piedi come ai bei vecchi tempi e si erano organizzati un piccolo itinerario con numerose soste per far riposare le gambe del più anziano.

Virgilio e Fillide avrebbero preso il carro serale che dalla Polis portava direttamente a Tebe, lo stesso che aveva utilizzato il più giovane per rintracciare Evi ed il fratello. Da lì avrebbero raccolto gli oggetti personali che il poeta aveva lasciato presso la bottega dove aveva recuperato un lavoro utile a pagare dei corsi di poesia nella grande città e a cui era disposto a rinunciare per amore del fratello ritrovato. Una rinuncia provvisoria, chiarì subito. Una volta sistemato Fillide, lui sarebbe tornato a Tebe per diventare un grande poeta.

- Non è pericoloso viaggiare di notte? – chiese Olimpia, con il vero intento di scoprire come Xena avesse organizzato tutto quanto.

Fillide commentò seriamente

- Beh in realtà è pericoloso viaggiare anche di giorno - poi aggiunse diventando ironico - Ma tutti sanno che quello è un carro di poveracci in cerca di fortuna presso la grande città. Anche se ci attaccassero non troverebbero altro che tasche bucate - mostrò un dito fuoriuscire da un buco nei calzoni.

La risata fu nuovamente collettiva.


Marte li osservava insieme alla sorella dal suo bacile magico.

- Babbeo- commentò disgustato riferendosi a Fillide.

- Qualcosa mi dice che il tuo potentissimo piano è fallito, fratello – disse sorridente la dea dell’amore focalizzando le immagini del bacile su Xena e Olimpia sempre vicine nel corso della giornata.

- Non sarà certo un gesto così sciocco a riportare la pace tra quelle due – disse lui, pensieroso.

- Non ti inventare altro Marte –

- Oh, io non mi devo inventare assolutamente nulla. La tua amica bionda è sempre stata estremamente curiosa e non si accontenterà di spiegazioni sommarie. E quando saprà cosa ha patteggiato con me la sua amata Xena…-

- Penserà come tutti che ti ha intortato come suo solito! – rispose lei rapidamente, scostandosi una ciocca dal viso e guardandosi le unghie perfette.

Il dio si voltò verso la sorella mostrandole una smorfia rabbiosa poco prima di sparire.


Capitolo 18 – La verità

 

Xena avvertì una presenza nella casa mentre si accingeva ad aiutare Virgilio a sistemare le ultime cose nelle bisacce di Fillide, mentre quest’ultimo, nella sala da pranzo, era intento a spiegare ad Olimpia come preparare i panini dolci.

Percepì un forte senso di disagio e poi di smarrimento al punto tale che le venne un capogiro. Virgilio se ne accorse e cercò di sorreggerla ma lei, tastando le pareti, si trascinò nella sala dove trovò Evi con le mani sulla bocca e gli occhi sbarrati ed Olimpia di spalle con ai piedi una brocca in frantumi. La vide voltarsi lentamente verso di lei con lo sguardo inorridito. Alle sue spalle Fillide reggeva tra le mani il pugnale che la principessa guerriera aveva preso a Krug il nordico.

- Dove hai preso quel pugnale?- chiese incredula la principessa guerriera stabilizzandosi.

- Ci ho affettato il pane - rispose Fillide con tono automatico.

- Ti ho chiesto dove l’hai preso, chi te l’ha dato? - chiese nuovamente.

Olimpia iniziò a parlare con voce roca.

- Immaginavo, Xena. Immaginavo che avresti fatto un patto con Marte per organizzare tutto quello che hai fatto. Ma non credevo. Non credevo davvero che saresti arrivata a tanto! -

- Olimpia posso spiegare -

- COSA MI DEVI SPIEGARE?- urlò l’amazzone diventando rossa in viso

- Olimpia per favore, prova a … - intervenne Evi.

- E TU STA ZITTA! – si voltò rabbiosa verso la figlia di Xena e con mossa decisa strappò il coltello dalle mani di Fillide.

- Madre, stavamo parlando di ricette e improvvisamente Fillide ha estratto questo coltello e …

- E HA DETTO CHE E’ IL COLTELLO CHE TI AVREBBE RESA DI MARTE SE IO NON FOSSI TORNATA CON TE! – ruggì nuovamente Olimpia.

- MARTE, BASTARDO, MOSTRATI! – urlò Xena muovendosi per la stanza.

Virgilio fece un passo indietro grattandosi la testa. Poi, fattosi coraggio, raggiunse il fratellastro e lo trascinò via dalla traiettoria che Xena aveva intrapreso con buona probabilità di rompergli la faccia.

- Ma che razza di idea hai avuto?- chiese visibilmente alterato il poeta.

- Io… non so… l’ho trovato in cucina e ... io non sapevo nulla. Mi è uscito - cercò di giustificarsi il ragazzo.

- COSÌ ME LO VOLEVI ANCHE TENERE NASCOSTO? VOI LO SAPEVATE!– chiese sempre più alterata il bardo.

- Olimpia, per favore, calmati - supplicò Evi mentre le si avvicinava.

- INDIETRO! - urlò l’amazzone puntando il coltello dritto al collo della messaggera di pace. Quest’ultima cambiò espressione dal supplichevole al seriamente preoccupato. Alzò le mani in segno di resa mentre con la coda dell’occhio cercava la madre. Xena raggelò nel vedere la scena.

Un bagliore rosa illuminò la stanza. Era la dea Venere, visibilmente angosciata.

- Olimpia, ti prego, posa quell’arma – la supplicò guardandola negli occhi

- Venere… anche tu? - domandò l’amazzone con la voce ormai rotta dal pianto e crollò sulle ginocchia facendo cadere la lama per terra.

Xena si affrettò a raccoglierla. Olimpia la osservava.

- Xena, che cosa hai fatto?- implorò in lacrime.

- Olimpia io… -

- Che cosa ha fatto Xena? Cosa rappresenta quel pugnale? –

- Io… è vero. -

Calò il silenzio. Olimpia venne fatta rialzare da Venere ed ora stavano tutte e due di fronte ad una Xena a testa china. La figlia Evi e i due fratelli si erano rintanati nell’angolo della stanza vicino al camino.

- Xena… - sussurrò incredula Olimpia – hai stipulato un patto con Marte? –

- Si -

- Perché? -

- Perché era l’unico modo -

- Per fare cosa? -

- Per farti riavere qui la tua famiglia e Corilo -

Calò nuovamente il silenzio.

- Xena… mi hai fatto un sortilegio per far sì che tornassi con te? -

Xena alzò lo sguardo di scatto inorridita .

- No, assolutamente! Non ti imporrei mai un sortilegio –

- E poi lo avrebbe chiesto a me !- interruppe Venere, che si zittì da sola subito.

- XENA – tuonò Marte apparso nella stanza - Qualcosa mi dice che il tuo potentissimo piano è fallito - disse arrogantemente con lo sguardo rivolto verso la sorella.

Xena andò dritto verso di lui colpendolo in faccia con un pugno.

- Perché lo hai fatto?- chiese il dio massaggiandosi la mascella – Dopo quello che c’è stato tra noi… nel limbo – disse con un tono mellifluo.

- Ne ero certa! – si lasciò sfuggire Evi, subito guardata con rimprovero da Virgilio.

Olimpia si sentì crollare.

- Sei stata con Marte?- chiese in un sol colpo ingoiando poi le lacrime.

- NO- esclamò l’altra cercando di avvicinarsi all’amica.

- no no no, Xena, non si dicono le menzogne - insinuò il dio e con un gesto felino della mano fece apparire un alone bianco in cui si proiettavano i ricordi dei momenti fugaci nel limbo.

Xena iniziò a scrollare la testa sopraffatta dal rammarico.

- Non è come sembra, Olimpia - cercò di giustificare.

- Oh si Olimpia, non è come sembra - la scimmiottò il dio - Mi stava solo usando! Sì, stava solo giocando con me, non trovi? -

- CANAGLIA! – urlò la guerriera cercando di colpirlo nuovamente ma lui evitò prontamente il colpo, immobilizzando la principessa guerriera per le braccia torcendogliele dietro la schiena.

- Non ti dimenare troppo, l’altra sera non ti dispiaceva – sussurrò, annusandole i capelli.

Lei rispose con una testa diritta sul naso del dio che mollò la presa. La principessa guerriera approfittò del momento di distrazione per avvicinarsi ad Olimpia e prenderla per le spalle.

- Olimpia, ascolta, ho creduto fosse l’unica soluzione. Io volevo darti qualcosa che Brunhilde non avrebbe potuto darti e quindi, sì, è vero, ho stretto un patto con Marte. Ho promesso che sarei stata sua se il mio dono non avesse smosso in te nessun interesse verso di me. Da quando ho... abbiamo distrutto tutti gli dei, l’altro mondo è diventato molto più complesso e necessitavo di poteri speciali… Solo un Dio greco poteva accedere al regno dei nostri morti e riportare qui i nostri cari, ma serviva una garanzia. -

- Oh Xena, non vorrai spiegarle per filo e per segno … - tentò di dire il dio, ma venne scaraventato contro la parte da un potente fascio di luce scagliato dalla sorella. L’urto fu così forte da fargli perdere i sensi.

- Prosegui pure… - disse la dea mordendosi il labbro inferiore e alzando le spalle a segno della sua colpevolezza.

Xena osservò Olimpia, che non ricambiava il suo sguardo. Si fece forza e proseguì

- Serviva una garanzia. Quindi accettai di donare il mio sangue come pegno dell’anima al traghettatore. Solo così potevo permettere a Marte di attraversare lo Stige e raggiungere la tua famiglia e Corilo. Ma se anche solo uno di loro fosse sfuggito al rientro, la mia anima sarebbe stata trattenuta da Caronte –

Olimpia alzò lo sguardo incredula. Xena continuò gesticolando con le mani per enfatizzare il suo racconto.

- Ero certa che nessuno di loro avrebbe tentato la fuga! Ma come sai Marte non fa mai nulla per niente. Il coltello che ho usato apparteneva a Zeus ed è una delle poche armi che si usano nei patti di sangue tra dei e mortali, l’ultima rimasta dopo il vaticinio. Sembra assurdo ma… Marte lo diede in pegno quando perse l’immortalità. Per lui aveva perso ogni valore magico ed era ottimo come forma di pagamento. Quel pugnale passò di mano in mano fino ad arrivare a Krug il Nordico. L’ho affrontato e gli ho preso il pugnale con cui ho stipulato il doppio patto: con Caronte per riavere i nostri cari qui e con Marte affinché si occupasse di tutto il rituale, cosa che un semplice umano non può fare. Nemmeno io. –

- Potevi chiederlo a Hercules o a Venere - fu il commento baritonale della poetessa che rivolse uno sguardo d’odio verso l’amica dea.

- Lei… era contraria e... Hercules…È un semidio. Ha solo la forza… non mi sarebbe stato di aiuto –

- E così hai pensato bene di donare la tua anima a Marte… di nuovo -

- Era uno dei suoi soliti ricatti Olimpia, ne sarei uscita come sempre -

Venere sorrise compiaciuta nell’aver avuto conferma di aver anticipato le mosse della principessa guerriera. Poi guardò il fratello accasciato e privo di sensi e scosse la testa.

- Povero idiota - commentò a bassa voce.

- Xena ti sei promessa a Marte, non si esce da questi patti -

- Sì, invece! Se tu non avessi mostrato interesse nei miei confronti mi avresti condannata ad un legame eterno con lui, invece mi hai dato un segno di affetto oggi -

- … Ti ho solo spostato una ciocca di capelli, Xena. – il tono della donna si fece duro.

Xena non poteva credere alle sue orecchie. Quella mattina si erano abbracciate. Si erano strette l’una all’altra fino a respirarne l’odore della pelle… Eppure Olimpia interpretava come gesto d’affetto quello spostamento di capelli. Ignorava completamente l’abbraccio della mattina. Allora era tutto una farsa! Era solo uno zuccherino per tenere buona la bestia! Xena era incredula.

Marte si stava riprendendo. Nel frattempo, così stordito, la sua proiezione delle vicende nel limbo era stata interrotta.

Venere andò dritta verso il fratello .

- È meglio che noi ce ne andiamo. Voi concludete la vostra discussione. Io farò in modo che mio fratello non sappia quello che temo vi stiate per dire. Olimpia, ascolta il tuo cuore e non farti annebbiare dalla gelosia - dettò ciò sparirono.

Calò nuovamente il silenzio. Fu Virgilio a tentare di iniziare un nuovo dialogo.

- Olimpia… devi aver fiducia in quello che ha progettato Xena… - tentò di calmar le acque, ma lo sguardo inviperito di Evi gli fece capire che stava sbagliando tutto.

di GXP

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