episodio n. 9
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Capitolo quinto
Olimpia aprì lentamente gli occhi... Per un istante sperò fosse stato solo un brutto sogno.
Si ricredette presto, sentendo il dolore che provava alla bocca. Si tastò lievemente il labbro: era gonfio e sanguinava.
Anche la testa le doleva ma cercò ugualmente d’alzarsi, sorreggendosi con un braccio, ma si accorse di provare dolore anche all’arto.
Si guardo intorno e non vide Xena, nè le tende, nè gli uomini.
Nessuno.
Non v’era traccia dell’armata della Principessa Guerriera, se non qualche oggetto senza valore, lasciato li. Tutto sembrava essersi smaterializzato.
Olimpia guardò il cielo, era terso, grigio e malinconico. Il buio ormai era calato.
Era rimasta svenuta qualche ora, il tempo giusto per far migrare Xena e la sua nuova armata.
Il bardo notò il suo cavallo, fermo nel punto in cui l’aveva lasciato.
Xena avrebbe potuto ucciderla, portarla con sè, lasciarla agli uomini... No, non avrebbe mai potuto. Quella era la conferma che Olimpia cercava: nonostante il maleficio, dentro a quella creatura divina c’era sempre la sua Xena, quella che l’amava. Quella buona.
Olimpia aveva notato i suoi occhi, la sua espressione, la confusione che provava.
Poteva ancora salvarla, riportarla indietro.
E l’avrebbe fatto.
Rincuorata da questa convinzione, cerco di farsi forza anche nel fisico provato dalle ferite della notte precedente e da tutta la confusione di quelle ore. Salì a cavallo e tornò al Monastero.
Non avrebbe potuto seguire Xena ora. Era troppo debole e se ne rendeva conto.
Aveva bisogno d’aiuto, dell’aiuto di chi già una volta le aveva aiutate e che le aveva indicato la via dell’amore, della pace e che tanto aveva contato nel cammino della sua crescita interiore.

L’armata di Xena camminò a passa sostenuto lungo le alture del Tibet, diretta ad un villaggio non molto distante da lì.
Larek, prima d’ascendere a divinità, s’era accordato con un signore della guerra del luogo, uno dei più noti del continente, conosciuto per le sue ricchezze che avrebbe rifornito di viveri e armi l’armata di Xena verso l’Italia, verso Roma.
La notte scese inesorabile e per quanto invincibile sembrasse, anche la nuova armata della Principessa Guerriera dovette accamparsi.
Gli uomini erano esaltati ma anche molto spaventati. Anche loro sapevano di Xena, della fama della quale godeva, del suo oscuro passato e del cambiamento che l’aveva portata a battersi contro i warlords più potenti.
Ed ora quella stessa donna, aveva ucciso il loro divino e temuto comandante, diventando una dea lei stessa e prendendo il potere.

Xena, dal canto suo, non riusciva più a pensare razionalmente, la sua mente era inebriata, oscurata dal potere che quell’invocazione le aveva conferito.
Dentro di lei era accaduto come quando all’improvviso il cielo si annuvola, oscurando il sole.
Sedeva su una grande sedia dallo schienale alto, giocherellando con un pugnale.
Continuava a tagliarsi: l’idea di non ferirsi mai la divertiva.
<<E’ così tu sei Lord Larek>> Disse una voce alle spalle di Xena.
Lei la riconobbe all’istante ma stette zitta, volendo ascoltare quello che l’uomo misterioso aveva da dire a colei che credeva essere Larek.
<<Io sono Marte, dio della guerra, in Grecia. Vengo per offrirti la mia collaborazione>>
Xena s’alzò dalla sedia rivelandosi per quella che era.
Lo stupore che colse il dio, si leggeva chiaro ed innegabile sul suo volto dagli scolpiti lineamenti.
<<Larek non c’è... - E’ occupato con Lucifero.>> Esclamò la guerriera, enfatizzando un tono di falsa ingenuità.
Il dio della guerra la squadrò dalla testa ai piedi.
Il vestito, i capelli... Ma quel che più lo colpì, fu la bianchissima pelle della guerriera.
<<Tu?! - sussurrò Marte quasi balbettando all’incredulità- Tu hai invocato lo spirito!?>>
<<Ops... sono stata scoperta! - Rispose Xena continuando su quel tono. Poi improvvisamente mutò espressione, apparendo quasi stufa, irritata. - Posso sapere perché ti ritrovo sempre tra i piedi, Marte?>>
Il dio non riusciva a credere a ciò che stava accadendo. Xena, immortale?!
Non aveva senso, doveva esserci sotto qualcosa e doveva scoprirlo.
Così decise di stare al gioco e di assecondare Xena.
<<Ah, no, cara mia! Sei tu ad essere tra i piedi, questa volta! Io sono venuto per cercare Lord Larek e chi mi ritrovo? Te, bianca come un cadavere!>>
Xena si guardò le mani, in effetti il suo pallore non era molto umano.
Rise divertita: non era più una semplice umana ed ancora faticava a rendersene conto.
Mollò un pugnò in faccia a Marte.
Il dio si strinse il naso : quel colpo si cheera forte!
Non aveva mai avuto dubbi sul fatto che la Principessa Guerriera fosse incredibilmente forte ma adesso era devastante!
<< Per Giove, Xena! Questo si che ti rende merito!>>
La guerriera rise, ora sì che cominciava a divertirsi.
Attaccò ancora con un altro pugno ma Marte questa volta si scansò, abbassandosi di colpo.
Xena non s’arrese e gli piantò una ginocchiata all'altezza della pancia.
Il dio si piegò su sè stesso.
Tutta quella violenza, quel gusto nel far male... Erano troppi per la Xena che conosceva. Sembrava tornata quella d’una volta, solo con una potenza duplicata.
Forse aveva sbagliato, questa volta non aveva niente da nascondere. Xena era semplicemente ciò che appariva: una grande guerriera che aveva invocato lo spirito ed era diventata immortale.
I pensieri di Marte venero interrotti da un ennesimo possente calcio, che lo fece volare contro la tenda.
Xena sembrava davvero divertirsi ma Marte ormai era stufo di prenderle, anche se l’idea della guerriera in quel modo gli piaceva. Ma, forse, aveva cantato vittoria troppo presto: s’accorse solo in quel momento,
a quell’ennesimo colpo che una Xena cattiva non sarebbe stata necessariamente un’alleata o la compagna che aveva sempre desiderato ma poteva diventare anche un ancor più temibile nemica.
Doveva capire le intenzione della mora e cominciare a difendersi se non voleva avere tutto il corpo ammaccato.
Il colpo successivo che Xena gl’indirizzo, riuscì a pararlo.
<<Non credere di poter giocare così con me!>> Esclamò.
<<No?>> Chiese la Principessa Guerriera tornando ad assumere lo stesso tono ironico di prima.
Questa volta fu Marte ad attaccare e la beccò in pieno volto non una ma ben tre volte.
Xena planò sul tavolino che era posto al centro della tenda e Marte la bloccò col proprio corpo, montandole quasi sopra.
Anche se avrebbe voluto, le intenzioni del dio non erano certo passionali, in quel momento c’erano troppe cose che non riusciva a capire. Ed il non capire, il non sapere, lo spaventava.
Xena inarcò un sopracciglio.
<<Chissà perché cerchi sempre di venire sopra di me…>> Esclamò per poi afferrare il volto di Marte tra le mani e baciarlo con passione.
Il dio della guerra la strinse sui fianchi... quando la desiderava.
Xena alzó gli occhi al cielo, come annoiata. Poi fece spallucce indicando menefreghismo alchè Marte scomparí, prima che il divertimento ironico della guerriera si trasformasse in collera devastante.
L’alba del giorno dopo arrivò in fretta, l’armata era pronta a ripartire.
Xena cavalcava in testa su uno splendido destriero completamente nero.
Uno dei suoi uomini, il vice comandante, le s’avvicinò.
<<Principessa Guerriera, c’è un villaggio davanti a noi, a poche miglia… sembra ricco, che facciamo?>>
Xena lo guardò stizzita. <<Bruciatelo, no?!>> Rispose come se il da farsi fosse ovvio.
Il vice comandante assunse un’espressione soddisfatta e diede ordine all’armata.
Presto il gruppo capeggiato dalla Principessa Guerriera giunse al villaggio.
Fu subito subbuglio, la gente si spaventò.
Gli uomini attaccarono senza pietà, colpendo chiunque capitasse loro a tiro, uomini, donne, anziani e bambini.
Xena se ne stava li, seduta sul proprio cavallo, come se non fosse parte di tutto ciò che stava accadendo, osservava e basta, senza sentire niente: nè piacere, nè orrore. Nulla.
Non sentiva niente e non se ne accorgeva neanche.
Il male la stava lentamente divorando, sempre di più fino a che non avrebbe più lasciato niente d’umano dentro di lei.
Era questa la gran potenza di quel male invocato: trasformava in indistruttibili, completamente insensibili, macchine da guerra.
Le urla di dolore e i pianti disperati si mescolavano alle grida di battaglia e d’esaltazione dei guerrieri che compivano quel massacro.
Una donna, riuscita a sfuggire alla grinfie di due guerrieri che tentavano di farle violenza, corse da Xena.
<<Ti prego, chiunque tu sia, ferma questo massacro! Te ne supplico!>>
Xena la guardò con occhi gelidi.
<<Perché dovrei?>> Chiese semplicemente.
La donna si stupì di quelle parole, di quello sguardo. Vedendola così, Xena non le parve cattiva, ma più che altro, anestetizzata nei sentimenti, robotica.
<<Perché non ha senso causare tutto questo dolore…>> Rispose la donna, sperando di far leva sul buon cuore della sconosciuta.
Per un istante la Principessa Guerriera si sentì vacillare ma un suo uomo colpì con la spada la donna e questa cadde a terra, con gli occhi aperti, fissi su Xena.

<<Che cosa?!?>> Esclamò , furente, l’arcangelo Michele, in Paradiso.
<<Sta calmo, non è lei, è il male.>> Rispose, più tranquillo, Raffaele.
<<E’ inaccettabile quello che sta accadendo! Ancora Xena! Non smetterà mai di crearci problemi, viva o morta, è sempre un problema!>> Continuò Michele.
Ormai era passata quasi una settimana da quando Xena aveva invocato lo spirito maligno e la preoccupazione negli alti vertici, stava salendo.
Gli arcangeli s’erano riuniti in consulta per discutere della situazione.
I pareri erano vari ma tutti erano d’accordo su una cosa: Quell’armata andava fermata.
<<Una soluzione per fermarla ci sarebbe…>> Intervenne uno degli arcangeli più giovani.
<<Cosa vuoi saperne tu?>> Chiese Raffaele.
<<Zitto, fallo parlare>> Replicò Michele.
<<La compagna di Xena, Olimpia di Potidea è a conoscenza d’una formula che può distruggere la Principessa Guerriera>> Spiegò il giovane arcangelo.
Ci fu un sussultare comune, quindi Michele riprese la parola.
<<Bene! Dobbiamo trovare quella formula e distruggere Xena!>>
Raffaele lo interruppe all’istante <<Non possiamo farlo! Tu parli così perché hai sempre avuto antipatia per Xena ma non è lei ad agire, è il male! Se fossi stato tu stesso ad invocarlo, Michele, saresti diventato uguale a lei.>>
Michele fu scandalizzato da quelle parole <<Ma come ti permetti di paragonarmi a quella donna?!>>
Per poco i due non iniziarono una colluttazione, fermati soltanto dagli altri arcangeli che ebbero il buonsenso d’intromettersi e fermarli.
<<Michele, Raffaele! –intervenne uno del gruppo - Non è questa la soluzione, non possiamo metterci l'uno contro l'altro!>>

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di Lisa

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