Sweet little 
            events
          di Route 
            66
          (Seconda 
            parte)
          
            I personaggi di Xena e Gabrielle sono di proprietà 
            della MCA/Universal Pictures, pertanto non intendo infrangere nessun 
            Copiright. 
            Questo racconto è opera della fantasia. Nomi, personaggi, luoghi 
            e avvenimenti sono prodotto della mia immaginazione o, se reali, sono 
            utilizzati in modo fittizio. Ogni riferimento a fatti o persone viventi 
            o scomparse è del tutto casuale.
          Potete 
            scrivermi a questo indirizzo: us.route66@hotmail.it
          
            SCOZIA
          L'aereo 
            atterrò ad Edimburgo di mattino presto. La ragazza non perse 
            tempo e si diresse ad una concessionaria di macchine come previsto. 
            Aveva meditato a lungo durante il viaggio: l'unica cosa saggia da 
            fare era sbrigare la faccenda al più presto. Avrebbe risolto 
            tutto in fretta, senza coinvolgimenti.
            -"Buongiorno, dovrebbe esserci una macchina affittata a nome 
            Cunningham". Lizzie si rivolse al giovane dietro il bancone.
            -"Un momento, prego". 
            Dopo poco comparve un uomo piuttosto anziano, ma con un'aria di tutto 
            rispetto. Fissò la ragazza dietro le spesse lenti, poi abozzò 
            un sorriso.
            -"Lei dovrebbe essere la signorina Elizabeth. Non c'è 
            che dire....davvero sorprendente...", la squadrò da capo 
            a piedi.
            -"Come scusi?".
            L'uomo ridacchiò: "Mi perdoni...è identica ad una 
            mia cara vecchia amica....", tornò dietro il bancone e 
            prese delle carte.
            -"Ecco. Questa....era da tanto che aspettava lei", le porse 
            una chiave, "Benvenuta in Scozia".
          
            Chissà perchè quelle parole e il volto del vecchio per 
            un attimo l'avevano fatta sentire come un personaggio di quei film 
            fantastici, che stanno per iniziare un'avventura strepitosa e ancora 
            non lo sanno.
            Peccato che l'auto di classe economy predisposta non contribuisse 
            a rendere la stessa atmosfera. Lizzie era certa che l'avrebbe lasciata 
            a piedi quanto prima. Era tutto un traballare e un tremolio. Senza 
            contare poi quel fischio sinistro che l'accompagnava da quando era 
            partita. 
            Mise un attimo da parte l'udito e rimase pensierosa. Sua nonna aveva 
            davvero pensato a tutto da quando era nata. La cosa le provocava un 
            brivido lungo la schiena. O era tutto frutto di una grande dote manageriale 
            e organizzativa o era il risultato di un piano diabolico. L'essere 
            al centro di un qualcosa del genere la faceva rabbrividire. Pensò 
            che sua nonna doveva essere stata davvero una donna grandiosa per 
            farla sentire a disagio anche dall'aldilà.
            Imprecò qualcosa e riprese a guidare con attenzione. Guardò 
            la cartina piuttosto malridotta che aveva sul sedile accanto. La sua 
            meta era Inverness, caratteristica cittadina alle porte delle terre 
            alte, come diceva la guida, a 250 chilometri da Edimburgo.
            Non era mai stata in Scozia, anzi, mai in Gran Bretagna in generale. 
            Sembra ridicolo, visto che i suoi genitori erano di quelle parti, 
            ma lei era nata a Boston, era americana a tutti gli effetti. E fino 
            alla loro morte non c'era mai stata occasione di visitare questi posti. 
            Era troppo piccola per capirci qualcosa, nè successivamente 
            aveva mai approfondito la cosa. In effetti, crescendo aveva messo 
            da parte in un cassetto tutto ciò che riguardava la sua vita 
            con mamma e papà. Era come se l'incidente avesse chiuso per 
            sempre un capitolo e lei non aveva mai voluto riaprirlo. Non che avesse 
            vissuto come una larva fino ad ora, certo. Aveva superato quella tragica 
            fatalità. Era cresciuta serena (grazie all'aiuto di Sandy e 
            Peggy), era diventata una giovane donna in gamba e non aveva problemi 
            a ricordare i bei momenti con i suoi genitori. Tuttavia, c'era un 
            lato della sua famiglia che non aveva mai voluto indagare. Una semplice 
            forma di protezione che aveva messo in atto il suo cuore. Ed era più 
            che normale. 
            Guardò davanti a sè: l'autostrada era piuttosto sgombra. 
            Per il momento non aveva ancora visto le meraviglie paesaggistiche 
            di cui tutti farneticavano. E da un lato era meglio così: si 
            era scoperta più d'una volta a rimanere a bocca aperta davanti 
            a foto di panorami mozzafiato. Col tempo aveva capito che era una 
            di quelle persone che ammutolivano davanti alla bellezza della natura, 
            al chiaro di luna in una sera d'estate, alla mattina soleggiata di 
            primavera. Non poteva farci niente, era più forte di lei. Per 
            cui tutto sommato forse era meglio così. 
            Dopo essersi arresa al grigiume dell'asfalto, prese il cellulare. 
            Almeno una breve conversazione l'avrebbe tenuta sveglia, sempre se 
            non avesse sbandato o peggio fosse stata multata.
            -"Pronto?". Dall'altro capo del telefono una voce rispose 
            come dall'oltretomba.
            -"Steve! Ciao, sono io! Ma stai bene? Mi sembri un pò....cadaverico"
            -"Ciao Lizzie, ecco...è un momento un pò cruciale...."
            -"Sei in redazione? Ti sento lontano! Parla più forte!"
            -"Non ti sento bene neanche io, sarà la distanza....sono 
            qui col capo....ehm...forse è meglio se ti chiamo dopo".
            Lizzie riuscì a percepire un confuso schiamazzo di voci, poi 
            un "passamela" piuttosto agitato e infine la voce cavernosa 
            di Sandy.
            -"Lizzie, tesoro!", esordì con una calma innaturale, 
            "Dove sei, cara?".
            La ragazza rimase alquanto sorpresa, poi si sciolse.
            -"Oh Sandy, sei tu...sai, quasi temevo che la prendessi nel modo 
            sbagliato. Steve ti ha detto che mia nonna è morta?"
            -"Certo che si. Era qui or ora che mi stava delucidando sulla 
            tua fulminea scomparsa....."
            -"Ecco, sono dovuta volare in Scozia all'improvviso e...".
            Ci fu un attimo di silenzio in cui Lizzie potè percepire un 
            certo aumento di elettricità nell'aria. Poi capì cosa 
            significasse assistere allo scoppio di una bomba: l'urlo disumano 
            di Sandy invase tutta la vettura e per qualche secondo si ritrovò 
            a sbandare nella corsia d'emergenza. Alla fine non rimase che un sibilo 
            sordo nelle sue orecchie.
            -"Sandy mi dispiace, non prenderla come una cosa personale...cosa 
            avrei dovuto fare?! Tornerò al più presto"
            -"Ma certo, fa pure con comodo....e se troverai una lettera di 
            licenziamento al tuo ritorno non prenderla come una cosa personale!".
            Si sentì un ultimo boato, poi la cornetta fu messa giù 
            (con un tocco poco cortese, avrebbe giurato).
            Lizzie gettò il cellulare sul sedile.
            -"Al diavolo! Non posso pensare ai tuoi chiari di luna ora!", 
            mormorò fra sè.
            Vide il cartello per svoltare giusto in tempo, prima che lo passasse 
            del tutto, ed effettuò una virata parabolica di considerevoli 
            dimensioni.
            -"E' incredibile! Più sei una persona ligia al dovere 
            e rispettosa degli altri, più ricevi lamentele! Ora sono davvero 
            stufa di Sandy e delle sue farneticazioni! Non gli va mai bene nulla: 
            se sono in redazione sbraita, se non ci sono sbraita lo stesso! Ahhhhrgh! 
            Che nervi!".
            Mentre era intenta a maledire Sandy, Lizzie non aveva notato il radicale 
            cambio di sfondo tutto intorno: dalla monotona autostrada, la svolta 
            l'aveva immessa su un percorso immerso nella campagna. Frenò 
            di scatto.
            -"Accidenti devo aver sbagliato strada. Eppure il cartello era 
            giusto". Scese dall'auto e controllò sulla cartina. "No, 
            è esatto....vediamo un pò...seguendo l'autostrada potevo 
            arrivare in un baleno, perchè diavolo c'è segnato questo 
            percorso?!", la ragazza sbuffò. "Ora ci mancano solo 
            le idiozie di una donna defunta! Anche il tragitto in macchina doveva 
            programmare! Ma in che razza di pazzia sono finita?!".
            Si passò le mani fra i capelli, sfinita, poi rimontò 
            in auto. Girò la chiave, ma questa volta il motore emise un 
            ultimo flebile rumore e morì del tutto.
            -"Perfetto! Che altro manca? Una mandria di tori in corsa che 
            mi travolge?!", tornò fuori sbattendo furiosamente la 
            portiera.
            -"Ok, calma....".
            Si guardò attorno: miglia e miglia di verde e, in lontananza, 
            un mare blu come non aveva mai visto. "No, non posso cedere a 
            tutto questo ora! Mi servo lucida e non imbambolata!". Guardò 
            ancora la cartina: la stazione di servizio era troppo lontana per 
            arrivarci a piedi, autobus non se ne vedevano e di macchine ne passavano 
            una ogni secolo!
            -"Ma che meraviglia! Sono bloccata nel bel mezzo della campagna 
            e non posso neppure chiedere aiuto!", sibilò, "Non 
            mi resta che aspettare qualche anima compassionevole che mi dia un 
            passaggio! Perchè prima o poi passerà pur qualcuno!".
          
            Dopo una lunga e interminabile ora di attesa (durante la quale Lizzie 
            sfoggiò tutte le sue doti più nascoste per ammazzare 
            la noia) le luci di un camioncino illuminarono lo specchietto retrovisore. 
            Lizzie si fiondò letteralmente fuori dalla macchina e cominciò 
            ad agitare le braccia.
            La vettura accostò.
            -"Ti serve aiuto?".
            Una donna fece capolino dal finestrino.
            -"Si, la macchina mi ha abbandonato del tutto...."
            -"Ok, monta su".
            Lizzie non se lo fece ripetere due volte, prese la sua roba e salì 
            su quel rottame ambulante.
            -"In vacanza?", chiese la donna notando la valigia.
            -"Ehm...non proprio...è lunga da raccontare"
            -"Allora non mi interessa. Joey"
            -"Piacere, Lizzie. Grazie mille per esserti fermata. Qui non 
            si vedono molte auto, eh?"
            -"No, ormai la maggior parte prende l'autostrada". 
            Già, l'autostrada!, pensò Lizzie tra sè e sè.
            -"Aspetti da molto?"
            -"Un'ora...ma in compenso mi sono fatta una cultura su Walter 
            Scott, Robert Burns, Braveheart e Rob Roy", mostrò la 
            guida.
            Joey sorrise.
            -"Dov'è che vai?"
            -"Ad Inverness. Mi basta anche se mi lasci alla prima stazione 
            di servizio o comunque dove ci sia qualche traccia umana"
            -"Anche io vado lì. Per me non è un problema, ma 
            naturalmente si fa a metà col liquido"
            -"Come scusa?"
            -"La benzina"
            -"Ah, si. Perfetto!". Lizzie si rilassò e cominciò 
            a cacciar fuori dal suo beauty-case un'infinità di ninnoli.
            -"Cosa stai facendo scusa?", domandò Joey, gettando 
            uno sguardo fugace alla ragazza.
            -"Ho un'aspetto orribile: tra viaggio in aereo, macchina, urla 
            al cellulare....Devo riprendermi", disse passandosi della cipria 
            sulle guance.
            -"Ehm, no....forse ti sfugge qualche dettaglio: sei nel mio camioncino 
            e non puoi trasformarlo in una sala trucco!"
            -"Quanto sei esagerata...solo per qualche cosuccia qui sul cruscotto!".
            Joey mugugnò qualcosa e tornò a guardare la strada. 
            Lizzie la fissò: era una ragazza carina, mora, dai bei lineamenti.
            -"Anzi, sai che ti dico? Dovresti provare anche tu questo: fa 
            miracoli. Non che tu ne abbia bisogno, ma dovresti valorizzare di 
            più le tue qualità!", le afferrò il viso.
            -"Ma che fai?! Toglimi questa roba di torno! E lasciami guidare!"
            -"Ok, ok! Calma! Non sia mai detto che si possa sbadare per colpa 
            mia!". 
            Joey si rassettò.
            -"Cos'è, sei una venditrice di cosmetici porta a porta?"
            -"Uff! Era solo per rompere il ghiaccio, per scambiare qualche 
            parola!"
            -"Io non vedo nessun ghiaccio da rompere! Dobbiamo solo passare 
            qualche ora insieme! E possibilmente in silenzio!"
            -"Hmm, che pesante! E va bene! Tanto sono anche stanca, penso 
            che dormirò!"
            -"Saggia decisione".
            Lizzie si rigirò sul sedile, coprendosi con la giacca e chiuse 
            gli occhi. Ma la pace durò poco.
            -"Sai, mi chiedevo: che lavoro fai?", Joey fece una smorfia 
            di impazienza. "Bisogna pure che facciamo conoscenza: per quanto 
            ne so, potresti essere una serial killer! Al giorno d'oggi non si 
            sa mai...."
            -"Per quanto ne so io, potresti essere tu una serial killer!"
            -"Ma andiamo! Secondo te una serial killer sfodera rossetti e 
            fondotinta, invece di una bella automatica?!
            -"Beh, in effetti..."
            -"Allora, avanti! Dimmi tutto: chi sei, che fai, dove vai....."
            -"Lasciami indovinare, sei una giornalista?"
            -"Come hai fatto a indovinare?"
            -"Beh, ci sono solo due categorie di rompiscatole al mondo: avvocati 
            e giornalisti. E a giudicare dal tuo aspetto....avvocato non sembri", 
            la squadrò fugacemente.
            -"Che vuoi dire!?", Lizzie le affibiò una botta sul 
            braccio, "Che sono...", si guardò, "....pessima?!". 
            
            Lo sguardo di Joey fu eloquente.
            -"Sei proprio una maleducata! Anche se una persona non è 
            al top, non si dice per educazione!"
            -"Mi hai chiesto tu come ho fatto a capirlo"
            -"Beh, potevi inventare una scusa! Ma che mi meraviglio a fare...", 
            mormorò Lizzie.
            -"Oh, oh! Attenzione! Sento profumo di superiorità! Nessuno 
            ti ha detto di venire fin qui e insultare le persone! Sai, mi ricordi 
            una stupida mocciosa che frequentava la mia stessa scuola"
            -"Immagino che sia finita male, perchè ora mi farai la 
            morale no?". 
            Si fulminarono con lo sguardo. Joey fissò l'orologio.
            -"Meno 120 per fortuna", e ingranò la quarta. 
            Lizzie si voltò.
            -"E' una qualche battuta contro di me per caso?"
            -"Si esatto. Solo 2 ore e poi non ti rivedrò più!", 
            esordì.
            -"Sappi che la cosa è reciproca. Non pensavo che fare 
            l'autostop fosse così stressante! E poi questo camioncino...ma 
            a quanto risale?! Allo scontro tra neanderthaliani e homo sapiens?! 
            E' un vero rottame!"
            -"Certo hai una bella faccia tosta! Non solo ti sto dando un 
            passaggio! Avrei potuto lasciarti a piedi, cosa ti fa pensare che 
            non ti scarichi qui sul ciglio della strada dopo questi insulti?!"
            -"Il semplice fatto che ti pago metà benzina. E se ti 
            ho capita solo 1 pò....", sorrise maliziosamente.
            Joey la guardò spazientita.
            -"Accendo la radio, almeno sentiamo qualcosa che non sia un fastidioso 
            ronzio". 
            Lizzie fece una smorfia. La radio emise prima un confuso brusio, poi 
            si sintonizzò sulle note country di una canzone malinconica.
            -"Ma che roba è?!", sibilò Lizzie e cambiò 
            stazione. "Ecco"
            -"Ma che roba è questa, vorrai dire!", incalzò 
            Joey.
            -"E' musica italiana, sciocca! Ma dopotutto tu sarai abituata 
            ai campanacci delle pecore!"
            -"Ora anche allo starnazzare delle oche!", e cambiò 
            ancora stazione. Nell'auto si diffusero le note dei Corrs.
            -"Hmm...questa forse potrei fartela passare....", disse 
            Lizzie allungando la mano verso la radio.
            -"No! Ora tu e la tua manina state buone buone sul sedile e mi 
            lasciate guidare in pace con questa maledetta canzone!".
            Lizzie la fissò qualche secondo, poi con aria da psicologa 
            disse:
            -"Tu hai della rabbia mai sfogata racchiusa in te"
            -"Beh allora devo ringraziarti: sei riuscita a farla venir fuori!", 
            rispose nervosa Joey.
            -"Immagino di si". Lizzie tornò a guardare l'asfalto, 
            poi dopo qualche minuto esordì: "Bene! E' finita! Ora 
            posso girare?!". Con gesto fulmineo cambiò ancora una 
            volta frequenza.
            -"Dio aiutami tu ti prego!", mormorò sfinita Joey. 
            Poi sterzò all'improvviso e frenò fuori dalla carreggiata. 
            
            -"Ma che fai?! Sei matta?!", disse Lizzie sobbalzando sul 
            sedile.
            -"Ok, ora stammi a sentire", Joey guardò la ragazza, 
            "Ecco cosa faremo: Rosy....Maggie...."
            -"Lizzie!"
            -"Lizzie, si, ascolta: che ne dici di finirla e di rilassarti 
            completamente?! Stiamo attraversando uno dei più bei paesaggi 
            al mondo, siamo nella campagna scozzese....quindi perchè non 
            te la godi e basta?! Guarda il mare, il verde a perdita d'occhio, 
            i fiori, gli alberi e lasciati cullare dalla musica in silenzio. Non 
            servono parole, non hai bisogno di intavolare alcun discorso con me 
            e soprattutto per un pò possiamo finire il nostro continuo 
            punzecchiarci! Ti va?!".
            Lizzie era rimasta immobile con gli occhi sbarrati.
            -"O-Ok....era quello che stavo per dire"
            -"Perfetto!".
            Joey rimise in moto e riaccese la radio. In quel momento iniziò 
            Heaved away di Mackeel. Si voltò verso Lizzie con sguardo severo 
            aspettando una reazione.
            -"E-è incredibile....la mia canzone preferita!", 
            disse con riso isterico la ragazza.
          
            Pensate che sia finita così? Un viaggio tranquillo, sull'onda 
            della musica, il paesaggio..... Vi sbagliate. Già, perchè 
            purtroppo Lizzie è tornata alla carica. Non subito, intendiamoci. 
            Per buona parte del tragitto ha ceduto un pò alla stanchezza, 
            un pò alle meraviglie attorno a lei.
            E diciamolo, la colonna sonora (di tutto rispetto) ci ha messo lo 
            zampino. Vedete, il viaggio è già di per sè un 
            uscire fuori dagli schemi quotidiani, sia che siate in terra straniera, 
            sia solo che vi troviate in macchina nella vostra città. Ma 
            quando poi vi accompagna la musica è tutta un'altra faccenda. 
            Succede qualcosa che è difficile spiegare...
            Dunque, dicevamo, mettete insieme un paesaggio stupendo e delle ottime 
            canzoni. Questa alchimia può far ammutolire anche Lizzie Cunningham. 
            Anzi, in alcuni momenti, con alcune melodie, Joey aveva notato come 
            il suo sguardo fosse più perso e triste del solito. Beh, non 
            ho mai detto che non esistono questi risvolti della medaglia. Ogni 
            musica ha un effetto diverso. E quelle più malinconiche ti 
            fanno inevitabilmente toccare gli angoli più remoti dentro 
            te.
            Comunque sia, il silenzio fu interrotto all'incirca a metà 
            strada. E da qualcosa di molto meno poetico: campanacci. Numerosi 
            campanacci.
            Joey rallentò l'andamento del furgone, avvistando una distesa 
            bianca sull'asfalto.
            -"E ora che succ...?", esordì Lizzie voltandosi. 
            "Perfetto! Ci mancava solo questo!"
            -"Sono solo pecore!", disse Joey fermandosi a pochi centimetri 
            da una di esse.
            -"Già! Me ne sono accorta!", sbuffò.
            -"Mi rendo conto che sarai abituata a sfrecciare a gran velocità 
            nella tua città! Peccato che non ci sia la metro!", disse 
            ironica.
            -"Per favore, risparmiati le battute. Certo, non mi capita tutti 
            i giorni di imbattermi in stupidi ovini lanosi!".
            Joey scosse la testa e si appoggiò al volante, restando in 
            attesa.
            Dopo qualche minuto Lizzie parlò:
            -"Pensi che ripartiremo prima del prossimo anno?!", chiese 
            sarcastica.
            -"Mi dispiace ma i reattori posteriori per volare sono fuori 
            uso oggi! Però forse potremmo fare come tutti: aspettare che 
            attraversino"
            -"Certo! E quanto ci vorrà? Sono un bel pò!"
            -"Vedrai che prima o poi se ne andranno"
            -"Magari se le incitassi con il clacson forse si darebbero una 
            mossa!"
            -"Si vede che non sei di qui....da queste parti siamo noi ad 
            aspettare i loro comodi. Mi chiedo perchè non hai preso l'autostrada 
            se preferivi la schiacciante vittoria umana sulla natura!". Spense 
            il motore.
            -"Già. Me lo chiedo anch'io!", sibilò.
            Passarono all'incirca 15minuti. Poi un uomo col cappello calato sul 
            volto e il bastone emerse dal ciglio della strada. Aveva in mano un 
            agnellino. Joey lo salutò.
            -"Ecco Norman", disse.
            -"Chi?"
            -"Il pastore. Norman. E' un amico". 
            Joey scese per salutarlo.
            -"Magnifico! Magari possiamo anche fermarci a tosare le pecore 
            tutti assieme in armonia!".
            Lizzie vide la ragazza chiaccherare amichevolmente col vecchio. Questi 
            sorrideva ed era gentile, nonostante l'evidente fatica. Dopo cinque 
            minuti Joey rientrò in macchina. Lizzie rimase in attesa.
            -"Allora?"
            -"Allora cosa?"
            -"Che ti ha detto?"
            -"Oggi è riuscito a vendere parecchi capi al mercato e 
            ci ha fatto un bel gruzzolo, poi è venuto qui nella piana per 
            pascolare ma sta rientrando prima a casa perchè la moglie non 
            sta tanto bene. Pensa di farle una zuppa calda stasera"
            -"Davvero divertente"
            -"Scusa?"
            -"Quando pensano di levarsi dai piedi?!"
            -"Ah, beh a volte possono metterci anche ore...", Joey vide 
            Lizzie fare una smorfia, "Scherzavo. Sei strana sai? Non sei 
            curiosa, divertita, affascinata, di vedere cose nuove che non hai 
            tutti i giorni sotto gli occhi?! Quando ti ricapita di essere travolta 
            da un gregge?"
            -"Spero mai più!"
            -"Ok, mi arrendo! Sei un caso disperato".
            Finalmente anche l'ultima pecora si unì alle compagne dall'altro 
            lato della starada. Norman salutò ancora Joey. Poi il furgone 
            ripartì.
            -"Halleluja!", esultò Lizzie.
            Joey si limitò a sospirare.
            -"Lo so cosa stai pensando....mi reputi una viziata città-dipendente", 
            aggiunse Lizzie.
            -"Per carità, il mondo è bello perchè è 
            vario"
            -"No, dillo, non aver paura!"
            -"Non ho paura. Sono parole tue".
            Lizzie rimase pensierosa.
            -"Probabilmente hai ragione, ma non credi che questo mio modo 
            di essere, come di molti altri, sia dovuto ad un radicale cambiamento 
            della società?".
            Joey parve confusa. Ok, dopo molto silenzio Lizzie aveva bisogno di 
            sgranchire le tonsille. Quindi stava per intavolare un discorso (forse 
            senza senso) e una volta fatta la premessa, nessuno poteva più 
            interromperla. La sua tesi era questa: la perdita e la scomparsa delle 
            tradizioni, dovuta alla radicale e sempre più veloce omologazione 
            della società a determinati modelli. E di conseguenza la nascita 
            di quel modo di pensare snob e anti-tradizionalista molto diffuso 
            soprattutto nelle grandi metropoli.
            Non c'è bisogno di dire che Joey fece un pò di fatica 
            a seguire le sue argomentazioni, ma non potè restare in silenzio 
            di fronte ad una teoria secondo lei così assurda.
            Controbattere Lizzie era pericoloso. Purtroppo se ne accorse troppo 
            tardi e a suo discapito. Perchè alla sua risposta (Non la metterei 
            proprio così: per me è ancora possibile trovare antiche 
            usanze radicate in ogni società), Lizzie elencò una 
            serie interminabile di posizioni a suo favore. Avrebbe potuto benissimo 
            fare l'avvocato difensore di un serial-killer e farlo passare per 
            un agnellino. E parlava, parlava....senza lasciare a Joey nessuna 
            possibilità di entrare nel dibattito (che proprio così 
            non può essere definito, visto che era più un monologo). 
            
            Probabilmente Lizzie era d'accordo con lei, ma non le diede mai la 
            soddisfazione di ammetterlo e il discorso raggiunse picchi di alterazione 
            che superavano di gran lunga i precedenti.
            Per fortuna arrivarono ad Inverness poco dopo. Joey frenò appena 
            potè: ne aveva fin sopra i capelli. Se fosse stata un fumetto, 
            dalla testa si sarebbe visto uscire del fumo. 
            -"Ma che fai?", disse Lizzie. 
            Joey era scesa come una furia dall'auto.
            -"Ti aiuto! Non vorrai restare un secondo di più con me!?", 
            gettò la valigia della ragazza sull'asfalto.
            -"Ma figurati! Non ci tengo proprio! Hai reso il mio viaggio 
            un inferno! Sei una maleducata, troglodita, incivile, insensibile 
            e potrei continuare all'infinito!", disse Lizzie raccogliendo 
            le sue cose da terra.
            -"Oh, su questo ci scommetto! Beh, addio, allora! E' stato un 
            vero (dis)piacere! Se il destino vorrà metterti ancora sulla 
            mia strada, mi auguro di essere ubriaca quel giorno!", mise in 
            moto e sfrecciò via.
            -"E io mi auguro di accaparrarmi il pezzo per l'incidente in 
            cui sarai coinvolta! Capito?!", le urlò dietro, ma il 
            camioncino ormai aveva preso il largo. "Caprona! Uno Yeti avrebbe 
            più classe!", disse mugugnando.
            Tra battibecchi e discussioni varie Lizzie non si era accorta che 
            era già sera inoltrata e lo stomaco brontolava. Afferrò 
            la cartina che gli era stata allegata: il tragitto per arrivare all'albergo 
            era tratteggiato in rosso e c'era segnato persino il numero dell'autobus 
            da prendere. Senza perdere altro tempo s'incamminò.
            Dopo una ventina di minuti il minibus la scaricò a destinazione. 
            
            Il Glen Mhor Inn era un piccolo albergo caratteristico, tipica costruzione 
            in pietra che affacciava sulle rive del fiume Ness (si avete capito 
            bene: a pochi chilometri dal famoso Loch Ness). Come Lizzie potè 
            scoprire subito dopo, il lodge era a gestione familiare, il che, come 
            spesso accadeva, riusciva a conferire una certa atmosfera che in un 
            qualche modo nei grandi alberghi di lusso si perdeva. Le camere erano 
            accoglienti e dotate di ogni comfort. O perlomeno era quello che le 
            sembrò quando si gettò sfinita sul letto. 
            Prese il cellulare e chiamò Steve.
            -"Ciao! Allora sei viva!"
            -"Ciao...viva non è la parola adatta..."
            -"Dove sei ora? Come è andato il viaggio?"
            -"Lasciamo perdere il viaggio! La macchina si è fermata 
            lasciandomi a metà strada, ho dovuto fare l'autostop e come 
            se non bastasse mi è capitata una caprona delle Highlands"
            -"Cioè hai proseguito in sella ad una pecora?! Bel salto 
            di qualità!"
            -"Sarebbe stato un tragitto più tranquillo, te lo assicuro. 
            Ora sono in albergo...sfinita...senti la voce come è flebile?"
            -"Veramente sembri più viva ora che quando ti trastullavi 
            sul divano di casa! Comunque mi spiace per Sandy...ha esagerato, ma 
            vedrai che fra un paio di giorni avrà rimosso tutto! Soprattutto 
            se torni con una bella bottiglia di whiskij per lui....!"
            -"Ah, Sandy...l'avevo dimenticato....". In quell'istante 
            bussarono alla porta della camera. "Scusa Steve, ti spiace aspettare? 
            Hanno bussato"
            -"Certo, tanto la chiamata internazionale la stai facendo tu!".
            Lizzie si alzò a fatica e andò ad aprire. Davanti a 
            lei una donna di mezza età, bassa e con i capelli rossi le 
            sorrise.
            -"Elizabeth Cunningham, vero?"
            -"Si".
            La donna la strinse in un forte abbraccio.
            -"Oh, sei molto più bella di quanto immaginassimo! Io 
            sono Dorothy. Fa come se fossi a casa tua, giù abbiamo dei 
            piatti in caldo, immagino avrai fame! Ma sarai anche stanchissima, 
            il viaggio è stato lungo! Quindi mettiti comoda e raggiungimi 
            quando vuoi!". La riabbracciò e sparì per le scale.
            Lizzie, ancora stupita, richiuse la porta e tornò sul letto.
            -"Steve ci sei?"
            -"Si e mi è sembrato di riconoscere frammenti di discorsi 
            sdolcinati"
            -"Ora comincio a preoccuparmi davvero: secondo te è normale 
            che qui mi conoscano tutti ma io non conosco loro?!"
            -"Beh, di solito questo accade per le star, quindi....no, non 
            è normale"
            -"Davvero Steve, mi sembra di essere al centro di un piano diabolico!"
            -"Si...hai ragione....vedo una coda spuntare dal tuo sedere....e...o 
            mio Dio! Ora anche due corna!"
            -"Potresti risparmiarmi il tuo sarcasmo?! A proposito, come procede 
            lì in redazione?"
            -"Come sempre, ossia un mortorio!"
            -"Hai captato qualche segnale..ehm...particolare?"
            -"Ti riferisci alla signorina Beth e a Sandy? No, nulla"
            -"Andiamo! Avrai pur notato qualcosa!"
            -"Ora che mi ci fai pensare...."
            -"Si?!!"
            -"Ora che mi ci fai pensare....Beth aveva una faccia più 
            solare del solito stamattina...."
            -"E vai!"
            -"Forse perchè aveva la finestra praticamente di fronte"
            -"Scemo! Ma se è vero quello che mi dici.....chissà....probabilmente 
            stiamo assistendo in diretta al nascere dell'amore più sconvolgente 
            del secolo!"
            -"Sarà! Ora ti saluto, ci sentiamo domani?"
            -"Ok, ma sempre in serata. Domattina ho il fatidico incontro"
            -"Buona fortuna, allora"
            -"Grazie". Lizzie attaccò. "Credo che me ne 
            servirà una buona dose".
          
            Lo studio legale Miller si trovava in un elegante edificio vittoriano 
            ristrutturato, con vista sul parco della città. Era proprio 
            vero: quando lavori in un posto stupendo, anche il dovere diventa 
            un piacere. Chissà se avevano bisogno di una segretaria. Sorrise, 
            pensando a come Sandy avrebbe accolto la notizia. Poi si ricompose 
            ed entrò.
            Una donna, distinta e cordiale, la fece accomodare. Poco dopo un uomo 
            sulla sessantina arrivò sorridendo nella sua direzione.
            -"Signorina Cunningham, che piacere. Sono Walter Miller. Mi dispiace 
            tanto per sua nonna". L'uomo aveva i capelli grigi ma quasi nessuna 
            ruga. Le strinse forte la mano e l'accolse con la sua voce calda nell'ufficio.
            -"Deve essere stato uno shock per lei".
            Veramente no: non la conoscevo neppure!, pensò.
            -"Beh, la perdita di un caro è sempre qualcosa di spiacevole", 
            rispose.
            -"Prego, si accomodi. Come è andato il viaggio? Tutto 
            bene spero, anche la sistemazione".
            Sul viaggio avrei qualcosa da ridire....!
            -"Tutto benissimo grazie", sorrise.
            -"Bene. Aspettiamo mio fratello e poi possiamo procedere".
            Lizzie si guardò attorno: uno studio davvero impeccabile. Buon 
            gusto, ordine e pulizia. C'erano anche parecchie foto, cosa insolita. 
            
            -"Ah, eccolo!", disse dopo qualche minuto Walter.
            -"Scusate il ritardo! Molto lieto, signorina Cunningham. James 
            Miller". Anche lui, come il fratello era uno splendido sessantenne. 
            
            -"Bene. Manca solo la signorina MacLeod, ma arriverà a 
            momenti. James vuoi prendere il testamento?"
            -"Certo".
            Lizzie vide l'uomo alzarsi e andare verso una cassaforte a muro. Chissà 
            come mai d'improvviso aveva perso la sua apparente calma e le era 
            aumentata la sudorazione. Le mani tremavano e aveva un peso sullo 
            stomaco. Walter la vide sbiancare.
            -"Tutto bene? Stia tranquilla, faremo presto". Le strinse 
            la mano.
            -"Ecco, c'è tutto. Che ore sono?", disse James, poi 
            guardò l'orologio, "E' in ritardo di 15 minuti. Che facciamo?", 
            stava parlando col fratello.
            -"Aspettiamo, ovviamente".
            Lizzie non stava affatto badando ai due. Sentiva un'ansia dentro indescrivibile. 
            Ma che stava facendo lì? Non sapeva niente di quella donna 
            che chiamava nonna eppure si trovava coinvolta in questo gioco messo 
            in atto proprio da lei. Prendere la sua eredità sarebbe stato 
            così....squallido! No, indubbiamente avrebbe dovuto dir loro 
            che non poteva...
            -"Sentite, io..."
            -"Su, su, si rilassi signorina". Walter le strinse ancora 
            una volta la mano, poi aggiunse: "Ah bene, ora ci siamo tutti. 
            Direi di cominciare"
            -"Scusatemi ma ho avuto problemi con la macchina...".
            Una voce parlò trafelata alle spalle di Lizzie. Quando si voltò, 
            non potè credere ai suoi occhi.
            -"Tu?!". Entrambe le ragazze pronunciarono quel piccolo 
            pronome con lo stesso tono.
            -"Accidenti, capita raramente, non trovi Walter?", disse 
            divertito James.
            -"Beh, si. A quanto pare vi conoscete già. Meglio, faremo 
            prima". 
            Ma le due non stavano ascoltando affatto le parole dell'avvocato.
            -"Oddio! Vorrei solo sapere cosa ho fatto di male!", esclamò 
            Joey andandosi a sedere di fronte a Lizzie.
            -"Non ci posso credere! Ma che diavolo ci fai qui?! Contavo di 
            non vederti più dopo che mi hai letteralmente buttata fuori 
            dalla tua auto!"
            -"Ci contavo anche io! Ma evidentemente siamo entrambe molto 
            sfortunate!"
            -"Scusate, ma io non ho affatto intenzione di restare un minuto 
            di più in questa stanza con lei! Me ne vado!"
            -"No, resta, per carità! Sono io che tolgo il disturbo!", 
            Joey si alzò.
            -"Ragazze, ragazze, per favore! Non se ne andrà nessuno, 
            invece!", esordì Walter.
            -"Non capisco cosa c'entra questa specie di cavernicola qui! 
            Si sta parlando di me, di mia nonna!"
            -"Vuoi ricominciare con le offese?! Ti avverto che non ho più 
            la pazienza di ieri!"
            -"Piantatela una buona volta!", incalzò Walter.
            -"Non vedevo una scenetta così divertente dai tempi del 
            divorzio dei MacDonald!", disse ridendo James.
            -"Non ti ci mettere pure tu ora! Aiutami a calmare le acque"
            -"Si, scusa", l'uomo si ricompose meglio che potè, 
            "Allora, silenzio! Siete qui tutte e due perchè la defunta 
            ha citato entrambe nel testamento. Signorine MacLeod e Cunningham....andremo 
            avanti solo quando darete segno di maturità".
            James e Walter le fissarono.
            -"Non sarò certo io a fare il primo passo", disse 
            Lizzie. 
            Ci fu qualche minuto di silenzio, poi Joey esordì:
            -"Ah, al diavolo!" e le porse la mano. Lizzie dopo qualche 
            secondo la strinse, anche se con una certa riluttanza.
            -"Bene! Possiamo procedere", aggiunse Walter.
            -"Tuttavia non capisco proprio la sua presenza....Nella lettera 
            che ho ricevuto mi avete scritto che ero unica erede....", disse 
            ancora Lizzie.
            -"Piccola snob ingorda", sussurrò Joey.
            -"Come scusa?!"
            -"Per favore! Siamo in uno studio legale tra persone civili! 
            Un pò di rispetto anche per la defunta!", disse Walter. 
            
            Poi James aggiunse:
            -"Signorina Cunningham, ragazze....avevamo ricevuto precise istruzioni 
            riguardo le vostre comunicazioni e se volete farci leggere il testamento 
            sono certo che si chiariranno tutti i dubbi".
            Dopo qualche minuto di silenzio, finalmente i due avvocati aprirono 
            quella busta dall'aspetto così serio. James si schiarì 
            la voce e lesse:
            -"Io Elizabeth Margaret MacCullum, di Inverness, Scozia, dichiaro 
            che queste sono le mie ultime volontà, nonchè il mio 
            testamento, da me redatto addì 16 luglio 2005.
            1) Nomino Walter e James Miller, di Inverness, esecutori testamentari 
            di questo mio testamento.
            2) Lascio ai suddetti Walter e James Miller, in pegno della grande 
            amicizia e dell'affetto e della stima che porto loro, tutti i miei 
            oggetti sportivi: 2 canne da pesca con i conseguenti utensili allegati, 
            un kajak e non ultimo il mio fedele e caro cavallo. Infine, in ricordo 
            delle tante bevute e dei momenti indimenticabili passati assieme, 
            dono loro la mia collezione di whiskj pregiati, contenuti nella cantina 
            di mia proprietà. 
            Grazie per essere stati gli unici più grandi amici della mia 
            vita."
          James 
            si interruppe, commosso. E anche gli occhi di Walter divennero umidi.
            -"Su, coraggio", lo incitò il fratello. James continuò.
            -"3)Lascio tutti i miei beni mobili e immobili e le mie proprietà 
            personali, di cui non sia stato altrimenti disposto secondo questo 
            mio testamento o qualsiasi codicillo ad esso aggiunto, che consistono 
            nella mia unica proprietà Maple Court e tutto ciò che 
            essa contiene, alla mia unica erede Elizabeth Cunningham, nipote adorata.
            Non posso tuttavia dimenticare una persona cara, restatami vicina 
            fino al giorno della mia morte. A Josephine MacLeod, prima fedele 
            tuttofare al mio servizio, poi sincera e leale amica, lascio il 50% 
            nella quota amministrativa della suddetta proprietà, con la 
            speranza che possa mantenerla come ha sempre fatto.
            Dunque le suddette, Elizabeth Cunningham e Josephine MacLeod, sono 
            da me chiamate ad occuparsi, con gli stessi diritti e nel rispetto 
            l'una dell'altra, di Maple Court. Ogni decisione riguardo alla sorte 
            della qui citata proprietà dovrà essere presa da entrambe, 
            il potere dell'una senza prevaricare quello dell'altra, ma in una 
            cordiale armonia derivata dal fatto che sono state due delle persone 
            più importanti della mia vita.
            4) I miei esecutori testamentari dovranno altresì impegnarsi 
            a versare tutto il mio patrimonio, rappresentato dal denaro liquido 
            in mio possesso, all'orfanotrofio St. James di Edimburgo, Scozia.
          A 
            conferma di quanto sopra, io, Elizabeth Margaret MacCullum, scrivo 
            ancora qui, di mio pugno, la data dell'anno e del giorno, già 
            indicata più sopra.
            Firmato dal sunnominato testatore, quali sue ultime volontà 
            e testamento, alla presenza delle due persone che in sua presenza 
            e dietro sua richiesta e alla reciproca presenza hanno qui sotto appostola 
            loro firma in qualità di testimoni.".
          Seguì 
            qualche minuto di silenzio, ognuno perso nei propri pensieri. Poi 
            Walter si scosse e ritornò in sè.
            -"Elizabeth ha lasciato anche queste", prese due lettere, 
            "Una per lei e questa per lei", ne diede una a ciascuna 
            delle due.
            Lizzie aveva gli occhi persi.
            -"Scusate...io ho bisogno di prendere un pò d'aria....", 
            disse alzandosi.
            -"Certamente. Possiamo continuare in un altro momento", 
            disse comprensivo James.
            La ragazza si ritrovò fuori. Era una giornata soleggiata e 
            luminosa. Si sedette sulla scalinata dell'edificio, senza sapere cosa 
            pensare esattamente, fissando prima la lettera, poi il parco davanti 
            a sè.
            Dopo poco uscì anche Joey. Si fermò in cima alle scale, 
            fissando anche lei il parco, ma in effetti non guardando nulla.
            -"Elizabeth Cunningham, eh?", disse poi. Comparve un sorriso 
            beffardo sul suo viso.
            Lizzie si girò e la guardò senza capire il significato 
            di quella affermazione. Poi la vide andar via.
            Sinceramente, se fosse stato anche uno dei suoi soliti insulti ora 
            non aveva alcuna forza di addentrarsi in nessun ragionamento.
          
            Forse era stanca, assuefatta dalle emozioni, incredula, ma Lizzie 
            pensava che non aveva proprio alcun senso questa storia. Perchè 
            per una volta nella sua vita non poteva esserci qualcosa di semplice? 
            Era venuta fin qui con l'idea che sarebbe stata una passeggiata, ci 
            aveva proprio voluto credere. Ma forse avrebbe dovuto ascoltare i 
            suoi presentimenti prima della partenza. 
            Sua nonna non aveva dato cenni di sè finchè era stata 
            in vita e ora da morta riusciva a creare situazioni paradossali. Non 
            poteva dimenticarsi di lei anche per il testamento?! Forse era peccato 
            pensare queste cose...eppure non riusciva proprio ad essere in pace 
            nei suoi confronti: era arrabbiata e la odiava pur non sapendo con 
            precisione il motivo.
            Stesa sul letto, fissava con occhi di fuoco quella lettera.
            -"Accidenti, no! Non riuscirai ad intimorirmi con una stupida 
            lettera! Vediamo che hai da dire, vecchia malefica!", afferrò 
            la busta e la scartò con rabbia.
            Aprì il foglio e lesse:
            "Cara piccola Lizzie,
            ora sarai una donna splendida e in gamba. Sono fiera di te. Non abbassare 
            mai lo sguardo e non avere mai paura. Ti voglio bene.
            Nonna".
            Lizzie rimase con gli occhi sbarrati.
            -"Come.....si fa? Io....mi chiedo come accidenti si fa....che 
            razza di persona devi essere per lasciare una sola riga ad una nipote 
            che non hai mai visto!?! Non è possibile!", rossa in volto 
            si alzò di scatto dal letto, accartocciò la lettera 
            e la gettò per aria, poi guardò in alto, "Elizabeth 
            MacCullum sei la persona più sgradevole, insensata, crudele 
            e stolta che abbia mai conosciuto! Ti odio con tutta me stessa, capitoooo?!", 
            urlò con tutta la forza che aveva.
          
            -"Lizzie calmati! Se urli e vai di fretta non capisco nulla! 
            Già qui c'è confusione!", Peggy, con un orecchio 
            tappato e l'altro in cui rimbombava la voce della ragazza, cercava 
            di placarla.
            -"Ok, ho capito, ma tu dovresti stare più calma! La tua 
            è una reazione....esagerata!". Un altro urlo seguì 
            l'affermazione. "Ok, ok! Come non detto! Senti...tua nonna era 
            fatta così: di poche parole. Anzi forse quella nella lettera 
            è la frase più lunga che abbia mai proferito!", 
            sorrise.
            -"E questo dovrebbe essermi di un qualche conforto?!", disse 
            Lizzie arrabbiata.
            -"Non so...è che lei era così, però in poche 
            frasi riusciva a dire tutto...io la trovo una lettera molto dolce. 
            Si vede che ci ha messo il cuore".
            Dall'altro capo Lizzie sospirò. Peggy non c'entrava nulla e 
            scaricare la rabbia su di lei non era giusto.
            -"Scusa Peggy...sono così confusa....conoscere una persona 
            della mia vita tutto d'improvviso.....", rimase qualche secondo 
            in silenzio, poi disse: "Perchè non è venuta anche 
            lei a Boston con i miei...perchè non la conosco?". 
            Peggy sospirò: 
            -"Beh, è tutto un pò complicato...vedi, tua madre 
            Giorgia non era come lei, odiava il suo modo d'essere e di vivere, 
            perchè non le consentiva di avere una vita normale, inserita 
            nella società. A tua nonna bastava il suo allevamento e le 
            sue coltivazioni, tua madre invece voleva essere come le sue compagne, 
            avere dei genitori normali, frequentare gli amici, insomma...essere 
            una bambina accettata dal resto delle persone. Ma col carattere e 
            gli atteggiamenti di Elizabeth tutto questo restava solo un' utopia. 
            Fin da piccola tua madre è stata in conflitto con lei, faceva 
            di tutto per opporsi alla sua volontà"
            -"Ora che la conosco appena scatena anche in me degli istinti 
            omicidi! Posso capire mia madre!", ululò, "Poi che 
            successe?", chiese.
            -"Poi, tesoro, tua madre è cresciuta. E come avviene per 
            tutti ha conosciuto l'amore..."
            -"E scommetto che ci furono altre liti"
            -"Già! Tua nonna non approvava quell'omuncolo senza barba 
            e carattere che aveva fatto perdere la testa a sua figlia, ma....si 
            sa! Quando un cuore è in tempesta non c'è comando che 
            tenga! E dopotutto, nonostante Giorgia si sforzasse di essere diversa, 
            era identica a sua madre: impetuosa e testarda. Quell'uomo era tuo 
            padre, Lizzie"
            -"Ma mio padre aveva la barba...e anche carattere, ora che ci 
            penso"
            -"Si...si aveva entrambi! La verità è che Elizabeth 
            questo lo sapeva, solo...non voleva accettare che la figlia fosse 
            cresciuta, non voleva perderla definitivamente. Tuttavia accadde proprio 
            questo. Giorgia e tuo padre partirono: il suo lavoro lo portò 
            fin qui. Tua madre lo seguì perchè lo amava più 
            di qualunque altra cosa. Elizabeth si oppose sempre alla loro unione 
            e neppure quando seppe che si trasferivano volle stabilire un contatto, 
            anzi, si chiuse in un silenzio testardo e carico di rancore. Per anni 
            persero ogni contatto...."
            -"Non immaginavo che si potesse essere così cocciuti! 
            Accidenti, perfino Sandy non regge il confronto!"
            -"Già! Beh, l'animo umano percorre sentieri oscuri a volte....non 
            sempre è facile capirne il senso...!".
            Dall'altro capo del telefono si sentì un urlo.
            -"Che succede?!", chiese Lizzie preoccupata.
            -"Deve essere il nuovo ragazzo....mi ha già sfasciato 
            mezzo locale! Avrà combinato qualche altro guaio dei suoi!"
            -"Ok, va pure...io sto bene"
            -"Liz, ascolta, so che può sembrare tutto complicato e 
            senza senso, ma....prova a lasciarti andare, non opporre resistenza...se 
            vuoi capire tua nonna e il suo mondo devi semplicemente accettarla 
            per quello che era. Solo così troverai pace. Ora scappo! A 
            presto".
            Lizzie riattaccò e rimase a pensare alle parole di Peggy. L'ennesimo 
            punto oscuro della giornata.
          
            La mattina dopo si svegliò con gli squilli insistenti del telefono.
            -"P-pronto...?"
            -"Signorina Elizabeth...?", chiese la voce dall'altro capo.
            -"Si...hmm...chi è?"
            -"Sono Walter Miller. Mi perdoni se l'ho svegliata, ma...vede 
            ieri è andata via in quel modo....non che non ne avesse diritto, 
            per carità! Solo...ci sono delle cose in sospeso: bisogna apporre 
            la sua firma e quella della signorina Josephine sulle carte del testamento"
            -"Si, capisco. So quello che bisogna fare, ma vede...io non ho 
            alcuna intenzione di avere rapporti di alcun genere con quella sottospecie 
            di caprona...per cui...faccia un pò lei!"
            -"Senta...capisco che può essere una situazione spiacevole 
            o quantomeno stramba, ma si metta nei miei panni....mi mette in difficoltà 
            così facendo...."
            -"Lo so, mi dispiace. Io in effetti ho le idee chiarissime: non 
            voglio che Joey MacLeod prenda possesso di un solo pezzo dell'eredità 
            o che faccia parte in qualunque modo della mia vita!"
            -"Vorrebbe contestare il testamento? Io...ehm...se posso permettermi....le 
            consiglio di risolvere i suoi disguidi con Joey a quattr'occhi. Se 
            la faccenda finisse in tribunale, oltre ad una perdita di tempo e 
            denaro, beh...queste storie lasciano solo dell'amaro in bocca...non 
            portano nulla di buono a nessuno".
            Lizzie si strofinò gli occhi, stanca e sfinita già alle 
            prime luci del giorno.
            -"Si, beh....mi lasci del tempo per riflettere"
            -"Certo, ma entro due giorni dovrete essere entrambe nel mio 
            studio. Qualunque cosa abbiate deciso"
            -"Va bene. Grazie e mi scusi".
            Lizzie si alzò sbuffando. Bel modo di iniziare la giornata. 
            Andò in bagno e guardò quella che doveva essere la sua 
            immagine nello specchio. Davvero vergognosa. Non si riconosceva più. 
            Insomma, lei era pur sempre una giornalista! Ma che diavolo stava 
            facendo? Un pò di amor proprio, accidenti! Doveva riprendere 
            possesso di sè, della sua vita, delle sue decisioni. Da ora 
            in poi si sarebbe fatto a modo suo.
            Con lo sguardo risoluto, andò decisa verso l'armadio, si vestì 
            e scese giù in cucina da Dorothy.
            -"Buongiorno!"
            -"B-buongiorno, Lizzie....oggi sei radiosa!"
            -"Grazie, ma...ho bisogno di ricaricarmi!"
            -"Hmm...a questo penso io", Dorothy le fece l'occhiolino.
          Lo 
            sapevate che la colazione in Scozia può essere una vera esperienza 
            gastronomica? Soprattutto se, come per Lizzie, si passa dalle piatte 
            e grigie ciotole di cereali alle abbondanti e squisite degustazioni 
            locali. Al diavolo la dieta: nel mandare giù quelle cose nuove, 
            dal profumo e dall'aspetto invitante, Lizzie si accorse come bastava 
            poco per cominciare la giornata nel modo giusto. Dorothy era davvero 
            brava in cucina: il suo porridge era il migliore della città, 
            a detta di tutti. E Lizzie scoprì per la prima volta che le 
            dicerie popolari avevano fondamento. E poi quei panini ovali e sofficissimi...
            -"Come hai detto che si chiamano?", disse con la bocca piena.
            -"BAPS!", ripetè Dorothy sorridendo.
            Già, baps...come si faceva a resistere?!
            Dopo aver ingollato di tutto un pò, prese l'autobus diretta 
            da Joey. Avrebbe parlato chiaramente con lei, senza lasciarsi trasportare 
            dalla voglia irrefrenabile di strozzarla. 
            Dorothy le aveva dato un foglietto spiegazzato su cui aveva scritto 
            l'indirizzo della ragazza, avvertendola che poteva anche non esserci, 
            che "di solito va a fare commissioni ad Edimburgo". Ma qui 
            si conoscono tutti?, pensò Lizzie.
            Eppure quella mattina nessun imprevisto avrebbe buttato giù 
            il suo umore. Era decisa più che mai a concludere la faccenda 
            e tornare a Boston prima possibile.
            Sul minibus la calca era notevole. A fatica riuscì ad estrarre 
            dalla borsetta il cellulare che squillava.
            -"Pronto?"
            -"Ehilà! Forestiera!"
            -"Steve! Questa si che è una sorpresa! Non posso credere 
            che stai facendo la telefonata a tuo carico!", sorrise.
            -"E infatti io mantengo sempre la stessa linea di comportamento...sto 
            chiamando dalla redazione!"
            -"Come ho fatto a non pensarci?!", disse ridendo Lizzie.
            -"Ascolta, ti chiamo in qualità di tuo inviato speciale...."
            -"Hmm...questa è un'altra sorpresa....non eri scettico?!"
            -"Lo so, ma....senti un pò...", il giovane si posizionò 
            per bene tirando fuori una cartellina piena di appunti, "Da quel 
            giorno in cui Beth era radiosa...ricordi?"
            -"Si, come potrei dimenticare?!"
            -"Beh, da allora ho fatto una specie di tabella giornaliera...registro 
            giorno per giorno tutte le cose strane o che insospettiscono la mia 
            indole di giornalista, sia di Sandy che di Beth....ci sono delle cose 
            che non mi sono chiare, magari col tuo intuito femminile....!"
            -"Wow! Steve! E chi se lo aspettava! Però noto con piacere 
            che la tirannia di Sandy non ha piegato i nostri cuori di reporter....sei 
            più scrupoloso di un agente segreto! Dài, spara!"
            -"Allora..vediamo...ah, si ecco! Martedì, ore 15.17. Fuori 
            piove e fa freddo. Beth ha finito il turno. Sandy la raggiunge prima 
            che sparisca in ascensore e le dà l'ombrello della redazione. 
            Che ne dici?"
            -"Beh, considerando che fuori pioveva...!"
            -"Già...."
            -"Però...Sandy non ha mai fatto un gesto del genere con 
            noi! Ricordi il giorno dell'asta di beneficenza?!"
            -"Hai ragione...quel giorno dovevamo fare il pezzo sull'asta 
            all'aperto e pioveva! Non ci ha dato neanche un impermeabile e poi 
            si è lamentato che gli appunti erano illegibili!", esultò 
            Steve.
            -"Ok, calma. Che altro hai?", disse Lizzie eccitata.
            -"Hmm....ho iniziato anche a tenere d'occhio eventuali cambi 
            nell'aspetto. Ti risulta che Sandy avesse una cravatta rosa?"
            -"Certo che no! Lui odia tutti i colori! Oh, Steve! Che ti dicevo?! 
            C'è qualcosa nell'aria!"
            -"Beh, in effetti ora comincio anche io a convertirmi alla tua 
            tesi. C'è da dire che il suo comportamento è sempre 
            uguale, anzi forse ancora più scontroso, però con Beth....sembra 
            che gli occhi gli si illuminano ogni volta che la vede e lei cammina 
            su una nuvoletta tutto il giorno....!Credo di cominciare a leggere 
            i segni. Devo preoccuparmi?"
            -"No! Anzi mi ringrazierai, perchè ti sto rendendo un 
            reporter più completo!"
            -"Già. E' magnifico poi che la mia prima esperienza di 
            cronaca rosa sia qui in redazione con Sandy e Beth....mi sento appagato!". 
            
            Lizzie rise. 
            -"Grazie, hai reso il mio tragitto in bus meno drammatico di 
            quanto non sia stato....c'è un grassone puzzolente che mi sta 
            appicicato da quando sono salita"
            -"Figurati! Dov'è che stai andando?"
            -"A chiudere una questione definitivamente spero"
            -"Hmm....sembri uno di quei thriller di quarta categoria....ok, 
            allora vado! Anche se Sandy è al settimo cielo, controlla ancora 
            le bollette! Ci sentiamo mostro"
            -"Ok, ciao".
          
            Il bus scaricò Lizzie sulla collinetta a pochi chilometri da 
            Inverness. Gettando uno sguardo a valle era possibile intravedere 
            le famose distillerie Glen Grant. 
            -"Humpf! Così prevedibile! Magari è anche un' ubriacona!", 
            commentò soffermandosi a guardare il panorama.
            Il piccolo lodge dove abitava però doveva ammettere che era 
            carino. Non aveva un aspetto trascurato, anzi.
            -"Beh, anche gli ubriaconi hanno i loro momenti di lucidità", 
            disse, accelerando il passo. 
            In casa non c'era nessuno, come potè constatare bussando ripetutamente 
            e spiando dalle finestrelle come una guardona. Comunque ormai era 
            lì, non sarebbe tornata indietro. Anche se avrebbe dovuto accamparsi 
            lì fuori per molto e molto tempo. Si sedette su una sedia in 
            legno sul porticato e per un attimo le parve di essere come la protagonista 
            de La collina del pianto, immersa in un paesaggio da favola. Sorrise. 
            
            In fondo lei aveva sempre sognato di vivere in un posto così, 
            in una casetta del genere, in pace, immersa nel verde, con la sua 
            anima gemella.....già si vedeva intenta a preparare ai fornelli 
            e ad accogliere sulla porta il suo principe azzurro tornato dalla 
            città con un carico di legna per il camino.....
            Un rombo di motore le fece riaprire gli occhi....accidenti, possibile 
            che il suo sogno si stava avverando?! 
            Dal camioncino scese Joey. No, decisamente si era svegliata.
            La ragazza appena la vide fece una smorfia. Lizzie si alzò. 
            
            -"Se vuoi torturarmi basta dirlo, ma piantala di far sembrare 
            tutto una coincidenza", disse caricandosi sulle spalle un sacco 
            di terra.
            -"Buongiorno anche a te! Premesso che non sono qui spinta da 
            un impeto di gioia, spero che potremmo parlare civilmente", rispose 
            Lizzie.
            -"Fa un pò come ti pare". Joey mise tutti i sacchi 
            sotto il porticato, poi prese degli attrezzi ed entrò in casa.
            -"Questo posto non è niente male", disse Lizzie ferma 
            sulla porta.
            -"Che stai facendo?"
            -"Come scusa?!"
            -"Che fai lì?"
            -"Beh, pensavo di entrare, o vorresti parlare tramite segnali 
            di fumo?!"
            -"A me sta bene. Tu in casa mia non metti piede"
            -"Cavolo, tu non sei una cafona come pensavo....sei molto di 
            più!"
            -"Oh, stanotte non dormirò!".
            Lizzie trattenne a stento la rabbia. Si impose di rimanere calma: 
            se voleva mettere la parola fine a questa faccenda era meglio sorvolare. 
            Con un sorriso forzato disse:
            -"Ok, resto qui se ti fa piacere"
            -"Ammirevole. Stai vedendo uno psichiatra?"
            -"Andrò oltre i tuoi modi da incivile perchè sono 
            una persona evoluta. Dunque veniamo al sodo: sono qui per l'eredità"
            -"Oh, no!Mi hai distrutto! Pensavo fossi venuta per un thè"
            -"Ascolta, non ho intenzione di dividere niente con te. Voglio 
            che tutte le cose di mia nonna restino in famiglia per cui ti chiedo 
            di rinunciare alla tua parte.".
            Joey sorrise.
            -"E' incredibile. Sei davvero il massimo. Ma con che coraggio 
            vieni a dire una cosa del genere?"
            -"Dacci un taglio, vuoi farmi credere che ti importa davvero 
            di occuparti di una vecchia tenuta? Ti liquiderò la tua parte 
            firmandoti un assegno e la finiamo con questa messinscena"
            -"E' chiaro. E' così che si fa nel tuo mondo. Hai sempre 
            fatto così. Vattene da qui.", disse Joey risoluta.
            -"Ma come ti permetti? Sono venuta fin qui per parlare di faccende 
            serie, c'è di mezzo un'eredità che riguarda la mia famiglia 
            e...."
            -"Bubbole"
            -"Come?!"
            -"Balle". Joey la guardò fissa negli occhi. "Tu 
            sei qui per te stessa. Non per chiudere un affare, nè tantomeno 
            per quella stupida eredità. Tu vuoi mettere chiarezza nella 
            tua vita, riannodare i fili del tuo passato".
            Lizzie rimase zitta. Forse quella caprona incivile non aveva tutti 
            i torti.
            -"E ora va via. Ho da fare e la tua presenza mi disturba". 
            Joey diede uno strattone alla ragazza che si ritrovò di nuovo 
            sul porticato.
            -"Ehi! Ma che modi!"
            -"Mi adeguo a chi ho intorno".
            Lizzie divenne rossa in volto, esausta.
            -"Ok, ora basta. Dimmi qual è il tuo problema."
            -"Che? Io non ho nessun problema"
            -"E invece si! Dapprima ho pensato che fosse per via del viaggio 
            assurdo fatto assieme, poi che fosse colpa dell'eredità, ma 
            sinceramente ora come ora mi sfugge il perchè tu ce l'abbia 
            tanto con me!".
            Joey la guardò e sorrise.
            -"Elizabeth Cunningham...."
            -"E perchè continui a ripetere il mio nome come un oracolo?!". 
            
            -"Davvero non ricordi?", chiese Joey.
            -"Cosa dovrei ricordare?!"
            -"Paddington High School, classe B, Joey MacLeod".
            Lizzie vagò un pò con lo sguardo per fare mente locale.
            -"Forse però mi ricorderai meglio come Joey BigMac", 
            aggiunse.
            Un lampo attraversò la mente di Lizzie.
            -"Tu....sei Joey...la bambina grassa che prendevamo in giro?", 
            disse esitando e provando un immenso senso di vergogna. 
            Joey la fissò negli occhi con tutto il disprezzo che aveva 
            in sè.
            -"Esatto". E le sbattè la porta in faccia.
            Lizzie rimase immobile, non sapendo esattamente cosa provare. Sapeva 
            solo che avrebbe voluto sprofondare.
            -"Già. E io la stupida mocciosa antipatica", sussurrò 
            triste.
          
            Da quando era arrivata qui in Scozia quella era stata senz'altro la 
            giornata peggiore. Come aveva potuto non ricordarsi di lei? Ma forse 
            era stato meglio così, perchè tornare indietro a quegli 
            anni e ripensare a quanto era stupida, assieme a Violet, la faceva 
            stare peggio.
            Forse lei e Joey avevano cominciato col piede sbagliato. Malgrado 
            tutto, era doveroso scusarsi con lei. Si sentiva un verme. Nel pomeriggio 
            sarebbe andata a casa della ragazza, sperando che non le puntasse 
            un fucile contro.
            Arrivò in albergo distrutta e col morale sotto i piedi. Trovò 
            Dorothy in cucina, intenta a preparare il pranzo.
            -"Oh, eccoti qui! Giusto in tempo per mangiare! Oggi ho cucinato 
            qualcosa di speciale!".
            Lizzie le sorrise a fatica e andò a sedersi.
            -"Ma che hai? Sei riuscita a trovare Joey? Oh, lei non sta ferma 
            un attimo! E' una ragazza d'oro!"
            -"Già. Sono io quella che meriterebbe la forca"
            -"Ma che dici? Siete entrambe due brave ragazze"
            -"No, ti sbagli. Non mi riconosco neppure più io. Credo...di 
            aver perso la bussola Dotty". 
            Dorothy interruppe quello che stava facendo e si sedette accanto alla 
            ragazza.
            -"Questo viaggio ti sta facendo impazzire, eh?", sorrise, 
            "Si stanno mischiando una marea di cose nuove e vecchie e non 
            trovi il percorso verso te, verso la vera Lizzie..."
            -"Già".
            Doroty sorrise.
            -"Ah, se solo avessi avuto io tutti i dubbi e le crisi che hai 
            tu! Ai miei tempi non c'era spazio per essi. Eppure non sai cosa darei 
            per ritornare indietro e lasciarmi cullare dal dolce malessere dell'incertezza 
            giovanile!", sorrise. Lizzie la guardò come se fosse pazza.
            -"Vediamo se indovino: tu e Joey avete avuto qualche malinteso. 
            Perchè non la raggiungi e vi chiarite? Lei...ha davvero un 
            animo buono...sa perdonare".
            Probabilmente era davvero così, pensò. Per essere diventata 
            quello che era, una persona generosa e in gamba, doveva aver perdonato 
            quei fantasmi del suo passato, Lizzie, Violet o chiunque altro. E 
            se stessa.
            -"Si. Andrò da lei nel pomeriggio. Ma...non si tratta 
            solo di questo. Ho una tale confusione in testa!"
            -"Beh, stai calma. Come diceva tua nonna: si comincia sempre 
            da un piccolo pezzo. Tu comincia con questo, chissà! Poi il 
            resto verrà di conseguenza".
            Lizzie fissò Dorothy. Era strabiliante come quella donna potesse 
            sprizzare solidità da tutti i pori. Avrebbe dato chissà 
            cosa per possederne solo un briciolo. Forse era una caratteristica 
            di questa gente: ovunque si girasse vedeva persone calme e tranquille, 
            sicure di sè. Erano loro a gestire la vita e non viceversa.
            -"Ora smettila di restare sovrapensiero con la bocca aperta, 
            sembri una trota! Vatti a lavare le mani, è pronto, forza!".
            La ragazza sorrise.
            -"Corro!"