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episodio n. 2
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1 CAPITOLO.
-allora sei ancora così scettica?-
Xena si guardò intorno. Doveva ammetterlo quel posto non era proprio male. Era un villaggio incantevole che sorgeva praticamente in mezzo al bosco, tanto che per arrivarci non sempre era possibile proseguire a cavallo. Questo era un po’ un handicap per il villaggio, visto che i commerci non erano proprio molto facili, ma almeno questo lo rendeva isolato e tranquillo.
-allora ti piace o no?-
-niente male- disse semplicemente Xena, deludendo Olimpia.
-come niente male? Ma sai come lo chiamano? Glene, l’oasi della Grecia…andiamo.. non dirmi che non ti piace??- Olimpia le si era parata davanti e con quel suo tono deliziosamente alterato cercava di attirare l’attenzione della principessa guerriera mentre legava Argo II al palo della taverna.
-non ho detto che non mi piace…-
-allora ti piace!!- affermò Olimpia soddisfatta.
Xena sbuffò e si arrese:- Va bene, va bene… lo ammetto è molto carino!- disse in tono esasperato.
-Vittoria!!!- gioì Olimpia, mentre prendeva a braccetto l’amica e con lei entrava nella taverna.
Xena si avvicinò al bancone e chiese se avevano anche delle camere.
-si, straniera... quanto intendete restare?-
-non più di 3 giorni...-
-va bene, va più che bene!!! - urlò di gioia l’uomo. Evidentemente quel posto non era così famoso come le aveva riferito Olimpia ed era raramente visitato da turisti che si fermavano, forse solo per una notte... l’uomo consegnò a Xena una piccola chiave arrugginita che portava inciso il numero “8”.
Xena ringraziò l’uomo e si diresse verso Olimpia che si era seduta ad un tavolo e nel frattempo aveva anche ordinato da mangiare.
Xena si sedette:- restiamo per tre giorni, va bene? -
-sta bene… so che sarebbe inutile chiederti di restare di più… - disse Olimpia sfoderando un sorriso che implorava alla principessa guerriera di restare.
Xena indovinò la sua richiesta e spingendo leggermente la testa all’indietro mormorò:- oh, no Olimpia… lo sai che non mi piace fermarmi a lungo… -
-ma forse un giorno potremo desiderare di fermarci per sempre da qualche parte… no? Io credo che questo sarebbe un posto ideale…-
-Non accadrà, Olimpia. Finché avrò le gambe per camminare, intendo continuare a vedere il mondo… -
Olimpia si arrese. Lei sognava spesso di potersi fermare da qualche parte per un po’ di tempo. Aveva provato a convincere Xena quando Evi era ancora piccola, al villaggio amazzone… ma nulla… dopo 2 giorni si vedeva che era come una tigre in gabbia, un cane legato… non era lei… stava male, anche se lo nascondeva bene. E quella volta Olimpia non aveva saputo vedere la sua amica soffrire, preoccupata per la sorte di Corilo… ma ora non voleva che accadesse di nuovo.
Se mai un giorno si sarebbero fermate da qualche parte, l’avrebbe fatto innanzitutto con il consenso di Xena. La osservò mentre mangiava la sua zuppa di farro.
Lei era un’anima libera, selvaggia e indomita. Sinceramente non la vedeva fermarsi in un villaggio per SEMPRE… “sempre” quella parola che le incuteva un terrore assoluto e che le faceva crescere i timori più grandi. Ma quando sarebbe finita quella vita? Mai? Impossibile prima o poi, anche loro sarebbero invecchiate e Xena avrebbe usato il chakram come soprammobile e non come arma.
Ma forse questo non sarebbe mai accaduto. Forse un giorno sarebbero morte sul campo di battaglia: Xena stringendo la sua arma preferita e lei le sue preziose pergamene… le uniche cose che le avevano dato la forza di andare avanti, quello per cui erano nate.

Stava ancora immersa nei suoi pensieri, quando si accorse che Xena la stava fissando.
Arrossì vistosamente allo sguardo della principessa guerriera, quasi temendo che avesse indovinato quello che le passava per la mente. E in parte era così.
-Non pensare al futuro, Olimpia. Vedi, nella mia vita tante volte sono scivolata via dalle mani della morte e questo mi ha portato a capire molte cose… una di queste è non pensare al domani… ma vivere fino in fondo oggi, perché potrebbe essere l’ultimo giorno…. O magari il penultimo- disse sorridendo.
Olimpia sospirò poi sorrise, si alzò lentamente scostando la sedia mentre pensava agli svantaggi di avere un’amica così perspicace… non si può neppure pensare in pace!!!!!

Ormai era notte inoltrata e le due guerriere stavano preparando la stanza per andare a risposare. Olimpia afferrò una coperta dall’armadio e la stese sul letto, prendendone un’altra subito dopo per sistemarla come la prima. Dal cassettone prese due cuscini per completare l'opera e infine si fermò a guardare il letto. Non convinta aggiunse un’altra coperta.
Xena si era recata al pozzo del villaggio, per prendere un po’ d’acqua per la notte sapendo che Olimpia, si sarebbe svegliata nel cuore della notte blaterando d’avere sete. In questo modo non ci avrebbe più pensato fino al giorno dopo.
Era buio e c’era vento, un vento freddo che si insidiava tra i capelli.
Erano giorni strani: di giorno spesso e volentieri ci si scioglieva dall’afa, di notte si moriva di freddo.
S postò lentamente una ciocca di capelli, che mossa dal vento, le si era insidiata davanti agli occhi.
Afferrò la catena del pozzo e fece forza per tirare su il secchio.
Anche se era una bella serata si sentiva strana.
Si sentiva in sottofondo il melodioso canto dei grilli e il fruscio delle foglie mosse dal vento. Xena afferrò il secchio d’acqua e riempì la sua borraccia.
Quella strana atmosfera la faceva sentire nervosa e aveva voglia di tornare dentro.
A un tratto si sentì bussare sulla gamba. Una bambina dalle trecce bionde le si era aggrappata addosso ansimando per la paura. Le si leggeva il terrore negli occhi e tremava.
Xena istintivamente la prese in braccio… era una bambina molto carina. I capelli legati in due trecce le arrivavano fino alle spalle, e aveva un viso coronato da due occhi neri come la pece. Neanche nell’abbraccio di Xena, si calmò.
-Ehi… ma che ti prende… perché stai tremando in questo modo?-
La bambina continuava ad avere paura, ma ora sembrava leggermente più rilassata.
-Come ti chiami? - continuò a chiedere Xena.
-Helene… mi chiamo Helene - la piccola si strinse ancora di più nelle braccia della guerriera, appoggiando la testa sulla sua spalla.
-Dimmi… Perché hai così paura?-
-Mi ha fatto paura una signora… - disse ancora la bambina, balbettando. Ma ora si sentiva al sicuro.
Era risaputo che Xena non era molto brava con i bambini ma poteva trasmettere un calore di un affetto nascosto sotto quella dura veste di principessa guerriera.
-Quella signora mi guardava… ma i suoi occhi erano gialli… e si è anche avvicinata… -
-Così tu sei corsa via… - concluse Xena.
La fantasia dei bambini li portava molto spesso a vedere cose non vere, e li imprigionava in un mondo tutto loro dove anche la più ingenua delle cose , si trasformava in quella più terrificante.
Comunque dare un’occhiata non le costava nulla.
Si fece indicare dalla bambina il punto esatto dove aveva avuto quell’incontro con la “signora” , poi la accompagnò a casa.
Il punto indicato dalla piccola si addentrava leggermente nella foresta, di cui il villaggio era circondato completamente. Che cosa ci facesse una bambina lì poi… anche questo era da capire, ma si avventurò nel punto esatto indicatole. Era buio, neppure la luce della luna riusciva a penetrarlo.
Constatò in breve che non c’era nulla…. Quasi nulla. Sentiva una presenza strana.
Si girò di scatto alle sue spalle, estraendo la spada. Qualcuno la stava osservando. Ma chi?
Il vento era quasi cessato e questo le permetteva di udire con certezza ogni movimento furtivo nella zona, senza doverlo confondere con quello causato dal soffio di Eolo.
Scrutò con sguardo felino l’ambiente circostante, ormai riusciva a vedere quasi alla perfezione: i suoi occhi si erano abituati all’oscurità del bosco e ora poteva distinguere quasi ogni particolare anche in ombra. La terra era leggermente smossa, alcuni ramoscelli rotti e altri cespugli leggermente spostati. Si, probabilmente la bambina aveva incontrato qualcuno o qualcosa.
Anche se non sapeva quanta importanza dare all’informazione “occhi gialli”, c’erano anche altre tracce che però si addentravano ancora di più nella foresta. Escluse a priori il fatto che potesse essere stata la bambina stessa a lasciare quelle orme: si addentravano troppo nel bosco e sicuramente avrebbe avuto paura a proseguire. Le seguì attentamente sperando di non confonderle con le tracce di qualche animale ma ben presto capì che si trattava di tracce umane: ne poteva distinguere le orme dei calzari. Si guardò istintivamente alle spalle, verso il villaggio.
Il suo fiuto di guerriera la portò a girarsi di nuovo si scatto, notando ancora una volta una presenza nemica alle spalle… chiunque fosse stato si sapeva nascondere bene, senza dubbio.
Alla fine si convinse: non c’era nessuno e rinfoderando la spada si allontanò, dirigendosi verso la locanda ignara delle due iridi dorate che la spiavano magicamente attraverso le foglie di un cespuglio di rovi.

di Diomeche

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