Episodio N. 10
di Nihal


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- seconda parte -

di Nihal

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CAPITOLO II

Vissi quegli anni in uno stato di euforico torpore, troppo spesso accompagnato da laceranti sensi di colpa. Mentire ad Artù, cui non avrei potuto rimproverare nulla come sposo e come compagno, mi faceva sentire una traditrice, ma come potevo chiedere a me stessa di allontanarmi da Xena? Anche se allora i ricordi della nostra vita precedente erano piuttosto vaghi, non potevo negare il profondo legame che ci univa. Sebbene sapessi che non avremmo mai potuto riprendere quella vita, saperla accanto a me era una giusta consolazione, anche rinunciando all’amore limpido e devastante che provavamo l’una per l’altra. Ero la sposa del Re di Britannia e non potevo minare la pace che Artù aveva conquistato mettendo in discussione la sua figura, fuggendo con il suo secondo in comando. Tuttavia il destino è una forza che non sempre possiamo sconfiggere.

 

517 d. C., Camelot

<<Sir Lancillotto, non danzate?>> la voce di Eilan era poco percepibile tra le melodie dei musici che riempivano la sala.
<<Solo se costretto, mia signora>> rispose, sorridendo ed inchinandosi leggermente alla giovane dama.
<<E potrei essere io a costringervi?>> insistette la ragazza, accarezzandosi una ciocca fulva che le cadeva sulla spalla. Con eleganza il cavaliere le porse il braccio, unendosi alle altre coppie che danzavano. Morgana seguì con lo sguardo la figura dei due, notando l’espressione della giovane mentre avanzava al fianco del più fiero dei cavalieri di Artù.
Accanto a quell’uomo Eilan si sentiva raggiante ed ogni volta che egli la sollevava aveva la sensazione di sfiorare le stelle. Lancillotto si inchinò e non si accorse che la rotazione delle dame gli aveva posto di fronte Ginevra stessa. Quando alzò gli occhi ebbe un impercettibile sussulto, mascherando però la sua espressione in una riverenza.
<<Il re ha organizzato davvero tutto alla perfezione>> le sussurrò mentre danzavano. <<È addirittura giunto mio cugino da Escalot>>
<<Eppure non ho ancora ricevuto i suoi omaggi, cavaliere>> gli rispose sorridendo.
<<Attenda ancora un po’, mia regina: le prometto che celebrerò il suo genetliaco degnamente>>
I due si scambiarono uno sguardo d’intesa mentre si allontanavano per tornare ai rispettivi compagni. Ginevra non mancò di notare la gioia della sorella nel ritrovare il braccio del suo cavaliere. Aggrottò la fronte, lievemente preoccupata.
<<Qualcosa tu turba, Ginevra?>> le chiese Artù sollevandola con dolcezza.
<<No, affatto…. È tutto perfetto>> gli rispose, cercando di non fargli intuire la direzione del suo sguardo.
Quando i musici terminarono, Lancillotto dedicò una riverenza alla giovane Eilan, facendo per congedarsi.
<<Siete un ottimo danzatore, cavaliere. Per quale motivo non amate partecipare?>> gli chiese con sguardo limpido. L’uomo era sul punto di rispondere, ma il cugino lo precedette, cingendogli le spalle con un braccio.
<<È troppo discreto, mia signora!>> disse Learco, sorridendo. <<Ha anche una voce meravigliosa, eppure non canta mai!>> aggiunse. La fanciulla spalancò gli occhi per l’entusiasmo.
<<Davvero? E con quale strumento vi accompagnate?>> gli chiese.
<<Ad Avalon ho appreso a suonare la cetra, ma…>> la ragazza lo interruppe bruscamente.
<<Ma è meraviglioso! Voglio assolutamente ascoltarvi!>> esclamò, chiamando un servitore affinché portasse una cetra.
<<Mia signora, non credo sia opportuno: sono presenti musici ben più abili di me questa sera…>> le disse, nel tentativo di sviare l’attenzione da sé.
<<Su, Lancillotto: onoraci con la tua voce!>> insistette Learco, sorridente. Il cavaliere avrebbe voluto fulminarlo con il solo sguardo.
<<È da troppo tempo che non mi esercito>> insistette ancora, mentre il servitore gli porgeva, riverente, lo strumento.
<<Non fatevi pregare, sir Lancillotto! Ad Avalon la Dama del Lago non fa che osannare la vostra voce>> si inserì Morgana con aria di sfida. Lancillotto sostenne il suo sguardo con espressione glaciale.
<<Se me lo chiede una sacerdotessa, non posso certo rifiutare>> disse poi.
Si sedette su di una panca, sfiorando le corde con le dita per saggiarne l’accordatura. I musici tacquero e tutti i presenti si voltarono nella sua direzione. Attese che i sovrani si avvicinassero ed incrociò per un istante gli occhi di Ginevra prima di cominciare. Morgana osservava la scena con sguardo indecifrabile ed un sorriso soddisfatto ad incresparle le labbra.
Mentre il cavaliere cantava del lungo viaggio di un eroe verso la sua amata, Ginevra sentì le lacrime pungerle gli occhi ed un brivido correrle lungo la schiena. Eilan, seduta al fianco di Lancillotto, non faceva nulla per mascherare l’ormai evidente trasporto verso l’uomo. Al sovrano non sfuggì e sorrise: sarebbe stato felicissimo se il più fidato dei suoi cavalieri avesse sposato la sorella minore della sua regina. Si ripromise di parlarne sia a Ginevra che a Lancillotto.
Quando il cavaliere tacque, un silenzio emozionato calò su tutta la sala: Ginevra dovette lottare per trattenere le lacrime che le riempivano gli occhi. Cercò il suo sguardo ed il flusso di emozioni che prese a scorrere tra di loro li travolse al tal punto che Lancillotto ebbe a stento la forza di rispondere ai complimenti entusiastici di Eilan.
<<Non sapevo di avere un amico bardo!>> esclamò Artù mentre il cavaliere deponeva la cetra con gentilezza.
Immediatamente i suoi occhi corsero a quelli di Ginevra, scambiandosi un sorriso di intesa. Morgana non si allontanò più dalla coppia reale, ben attenta, però, a cogliere ogni cenno da parte di Lancillotto. Quando poi il cavaliere chiese congedo, lo seguì discretamente, desiderosa di trovare conferma ai suoi sospetti. Giunsero fino ad un parapetto interno piuttosto appartato da cui, tuttavia, si poteva godere di una meravigliosa veduta della valle, ora avvolta nei raggi d’argento della luna piena. Si confuse tra le ombre, attendendo con pazienza.
Xena si poggiò sulla balaustra di pietra, chiudendo gli occhi e stringendo tra le mani un piccolo sacchetto in pelle scura. Riconobbe immediatamente la cadenza dei passi che sentiva avvicinarsi con cautela. Sorrise senza neppure aprire gli occhi.
<<C’è una luna meravigliosa…>> disse poi, percependo la presenza di Olimpia al suo fianco. Si voltò verso di lei e ne incrociò gli occhi smeraldini, resi ancora più vividi dalla gioia evidente che le illuminava l’intera figura.
“Ecco la dolce Olimpia…” pensò Morgana, soddisfatta, mentre nella sua mente cominciava a comporsi il mosaico perfetto per la sua vendetta.
La guerriera le prese una mano e le fece scivolare nel palmo un monile. La regina lo sollevò con mani tremanti, osservandone le rifiniture minuziose, incise con meticolosa grazia sulla superficie d’argento.
<<È meraviglioso…>> riuscì a dire, porgendoglielo affinché glielo allacciasse al polso.
<<Sapevo che ti sarebbe piaciuto. Buon genetliaco, Olimpia>> le rispose tenendole le mani tra le sue. Le sorrise complice, notando però la nuvola che aveva oscurato la gioia negli occhi della donna. L’abbracciò senza neppure il bisogno di chiederle cosa la turbasse tanto.
<<Xena…io…>> fece per dire la donna, ma l’altra le fece cenno di tacere, dopo aver sciolto l’abbraccio, guardandola negli occhi.
<<Shh>> le accarezzò con dolcezza le guance, sorridendole per nascondere il suo dolore.
<<Ho, freddo, Xena..>> Olimpia la guardò negli occhi con un’espressione che le lacerò il cuore. La guerriera immediatamente l’avvolse con il suo mantello, quasi come se volesse inglobarla in sé. Sentì le lacrime dell’altra bagnarle la spalla, ma era atrocemente consapevole che nessuna sua parola avrebbe potuto alleviare le ferite che facevano sanguinare entrambe. Ne cercò lo sguardo, senza lasciarla andare, e le asciugò le lacrime con un bacio.
<<Perché non possiamo fuggire?>> chiese Olimpia, più a se stessa, dando voce ad un desiderio troppo dolce per essere anche solo concepito. Xena si sforzò ancora di sorriderle.
<<Se fuggissimo, non ci sarebbe posto dove potremmo trovar pace, lo sai bene>> le disse, cercando di credere lei stessa alle sue parole, sfiorandole le labbra con le sue.
<<Qui possiamo ugualmente stare insieme, nonostante tutto>> si sarebbe derisa da sola tanto era consapevole dell’assurdità con cui voleva rasserenarla. Olimpia sorrise, comprendendone le ragioni.
<<Ma non siamo libere: io sono incatenata al mio trono e tu sei…>> la guardò negli occhi <<un uomo! Il solo parlarci può essere oggetto di pettegolezzo!!>> sbottò, quasi con rabbia.
<<Non che sarebbero completamente nel torto>> le disse la guerriera, sorridendo ironica.
La regina si lasciò sfuggire una piccola risata.
<<Ora è meglio che rientri: i festeggiamenti sono per te>> le disse poi, sviando abilmente dalla situazione, ormai troppo pesante. La regina si tolse il mantello e, sollevandosi sulle punte, le sfiorò le labbra con le sue.
<<Non ho mai ascoltato una voce bella come la tua, Xena>> le sussurrò, allontanandosi con passo sicuro.
Xena la osservò andar via con un senso di soffocamento che le attanagliava la gola, poi, indossato il mantello, si avviò nella direzione opposta.
Morgana uscì dall’ombra sorridente.
“Goditi questa felicità, guerriera, perché non te ne lascerò neppure una goccia”

<<Devo partire immediatamente>> il viso di Ginevra si era fatto mortalmente pallido mentre il messaggero finiva di riferire le notizie che portava dalla Carmelide. Artù le prese la mano nel tentativo di rassicurarla.
<<Certo, Ginevra. Darò immediatamente disposizioni perché organizzino una scorta ed al massimo entro due giorni…>>
La regina lo interruppe con un fermo diniego del capo.
<<No, voglio partire adesso>> ripeté, alzandosi dal trono di scatto.
<<Ma…>> il sovrano fece per seguirla, ma si fermò quando ne incrociò gli occhi.
<<Artù, mio padre sta male…è anziano e molto probabilmente è in fin di vita. Come puoi chiedermi di aspettare anche solo un momento?>> mantenne a stento la voce salda, ma non poté controllare le lacrime che le rigavano il viso.
Il sovrano, corrucciato, assentì con un gesto del capo.
<<E sia… Preparati. Però Lancillotto dovrà scortarti>> concluse, facendo cenno ad un paggio affinché andasse a chiamare il cavaliere.
Con un’abilità che sorprese se stessa, Ginevra mascherò il sobbalzo di gioia con un’espressione di malcelata rassegnazione, poi si congedò, dirigendosi a grandi falcate nelle sue stanze e sperando che Eilan, appresa la notizia, accettasse di aspettare che venisse disposta una scorta. Non era affatto certa che Artù le avrebbe lasciate partire entrambe con un solo cavaliere, sebbene si trattasse di Lancillotto.
Vedendo arrivare il paggio trafelato, Lancillotto si fermò, tergendosi la fronte con una manica dell’ampia blusa bianca che indossava. Fermandosi cominciò a sentire il peso della spada farsi gravoso, percependo solo allora un po’ di stanchezza dopo lo sfibrante allenamento. Attese con calma che il ragazzo lo raggiungesse, appoggiandosi all’arma che aveva conficcato nel terreno del piccolo cortile.
<<Il re…vuole che…lo raggiungiate….immediatamente>> riuscì a dire mentre si fermava, piegandosi in due per prendere fiato.
Il cavaliere aggrottò le sopracciglia mentre si allacciava il cinturone con il fodero e riponeva la spada.
<<È accaduto qualcosa?>> chiese mentre si avviavano verso il castello.
<<Un messaggero dalla Carmelide ha riferito della malattia del sovrano>>
L’espressione del cavaliere si incupì. Non disse più neppure una parola fino a quando furono nella sala del trono. Il re non gli diede neppure modo di aprire bocca.
<<Preparati. Accompagnerai Ginevra fino in Carmelide nel più breve tempo possibile. Le sue dame la raggiungeranno con una scorta>> disse secco, con un’espressione che non ammetteva repliche.

<<Eilan, non essere irragionevole>> sbottò Ginevra mentre si allacciava il mantello da viaggio sulle spalle. La fanciulla la guardava furente ed addolorata.
<<Come fai a dire una cosa del genere? È anche mio padre!>> gli occhi le si erano velati e la voce era sul punto di spezzarsi.
<<Dobbiamo viaggiare il più velocemente possibile e ci rallenteresti troppo, Eilan. Si tratta di attendere solo qualche giorno!>> non aveva la minima intenzione di cambiare la sua posizione.
<<Bugiarda! Vuoi stare da sola con Lancillotto, ecco cos’è!>>
Ginevra si fermò immediatamente, guardandola con un’espressione sconvolta.
<<Il fatto che tu sia mia sorella non significa che tu possa insultarmi impunemente>> la voce le si era fatta bassa e roca. Le si avvicinò, fermandosi ad un soffio dal suo viso.
<<Tu rimarrai qui e partirai con tutte le altre dame quando sarete pronte. E se dovessi osare un’altra volta insinuare una cosa del genere, sappi che non esiterò neppure un istante ad esiliarti, anche in Cornovaglia, se necessario>> il suo sguardo era fermo negli occhi dell’altra che non ebbe il coraggio di aggiungere altro.
<<Bene>> disse poi Ginevra prima di uscire sbattendo la porta alle sue spalle. Ignorò volutamente i singhiozzi che provenivano dalla stanza, avanzando con passi quasi militari verso le stalle. Sicuramente Xena era già pronta. Difatti la vide già in sella, in attesa. Senza dirle una parola montò sulla cavalcatura che era stata preparata per lei e le fece cenno di avviarsi. Spronarono gli animali ed uscirono dalla cinta muraria al piccolo trotto per poi procedere al galoppo.
Morgana le vide allontanarsi fino a scomparire. Era pronta ad agire.

<<Olimpia, dobbiamo fermarci: il sole è tramontato da molto>> disse Xena dopo essersi affiancata al cavallo dell’altra.
<<Non possiamo fermarci! Potremmo non arrivare in tempo!>> le rispose secca Olimpia, spronando ancora la sua cavalcatura, che, stremata, avanzava a stento.
<<Fermati: non vedi che non ce la fa più? Ed anche tu hai bisogno di riposo>>
La guerriera temette di aver usato un tono troppo duro, ma tenne a bada i suoi sensi di colpa, attendendo che anche l’altra tirasse le redini. Smontata da cavallo, le si avvicinò e l’aiutò a scendere, stringendola quando le crollò tra le braccia in preda ad una crisi di pianto. Lasciò che sfogasse la sua ansia in silenzio.
<<Shh.. Ora calmati>> le disse poi con dolcezza, facendola sedere sul suo mantello mentre improvvisava un piccolo accampamento. Le porse la borraccia dell’acqua.
<<Capisco che tu non voglia mangiare, ma bevi almeno un po’>> le disse di fronte al suo cenno di rifiuto.
Intorno a loro stava calando un buio fitto, ma non c’era nulla con cui accendere un fuco ed era poco sicuro allontanarsi in quelle condizioni. Xena le si sedette accanto, cingendole le spalle. Olimpia continuò a fissare un punto indefinito di fronte a sé, con lo sguardo perso.
<<Olimpia?>> la chiamò, cercando di ottenerne l’attenzione. Quando finalmente incrociò i suoi occhi smeraldini, il dolore che vi lesse le strinse il cuore. Le prese le mani tra le sue con delicatezza.
<<Tuo padre vivrà, Olimpia, non temere. Dobbiamo solo dare alcune ore ai cavalli per riposarsi…>> le disse con un filo di voce. La regina annuì chiudendo gli occhi e cercando di assaporare il calore delle sue mani.
<<Me lo prometti?>> le chiese d’un tratto riaprendo gli occhi. Xena la guardò interrogativa.
<<Cosa devo prometterti?>>
<<Che almeno tu non mi lascerai>>
La guerriera sentì il cuore sobbalzare, ma si sforzò di non darlo a vedere.
<<Non preoccuparti, neppure tuo padre ti lascerà. Farò del mio meglio…>>
Olimpia la interruppe scuotendo la testa.
<<Non ti ho chiesto questo, Xena…>>
Tra le due scese un silenzio saturo di emozioni contrastanti.
<<Olimpia, non potrei lasciarti neppure se lo volessi…. Ora però cerca di riposare: dobbiamo alzarci presto per ripartire>> concluse, alzandosi per arrangiare due giacigli.
Sentì i passi di Olimpia dirigersi verso di lei e la donna le si mise accanto, sdraiandosi poi in modo da stringersi a lei. La guerriera prese ad accarezzarle i lunghi capelli biondi ed attese che il suo respiro si facesse regolare prima di chiudere gli occhi.
<<Xena?>> sentire la sua voce la sorprese: era certa che si fosse addormentata profondamente.
<<Dimmi>>
<<Guardami negli occhi>>
La guerriera aprì le palpebre e si voltò verso di lei, incrociandone lo sguardo.
<<Mi ami?>> le chiese la regina d’un tratto.
Xena ebbe l’impressione di aver ricevuto in pieno viso tutte le folgori del cielo. Sbatté le palpebre, muta di fronte agli occhi limpidi dell’altra. 
<<Olimpia, io…>> cominciò a dire, ma le parole le morirono in gola, stretta da una morsa che neppure lei era in grado di definire. Un sorriso amaro piegò le labbra di Olimpia in un’espressione di non sorpresa delusione. (non sorpresa delusione?)
<<Capisco>> disse asciutta, sciogliendo l’abbraccio e voltandosi per darle le spalle.
La guerriera le prese un braccio attirandola a sé e la baciò. Entrambe ebbero la sensazione che l’amore dell’una fluisse attraverso quel contatto fino a riempire l’altra di una felicità intensa ed accecante come la luce del sole. Quando si separarono, senza respiro, Xena le sorrise.
<<Non sono mai stata brava con le parole>> le disse, scostandole una ciocca di capelli dal viso.
Olimpia fece per dirle qualcosa, ma sentiva ancora le labbra delle guerriera bruciarle le sue e non riuscì ad articolare che qualche suono indistinto. Xena rise ancora.
<<A quanto pare è contagioso>>
Nessuna delle due riusciva a staccare gli occhi da quelli dell’altra ed alla guerriera non sfuggì l’ombra che l’aveva colta. Corrugò le sopracciglia, interrogativa.
<<Stamattina Eilan ha insinuato che tra noi ci fosse qualcosa>> confessò, sentendo la collera che si risvegliava.
<<Non che abbia tutti i torti>> sorrise nel vedere l’espressione sconvolta della regina
<<Devi ammettere che qualche sospetto potrebbe nascere: ti ricordo che io sono un cavaliere>> aggiunse la guerriera, assumendo un tono più serio.
<<Ma non è accaduto nulla, e poi io sono la regina: sono al di sopra di ogni sospetto!>>> esclamò Olimpia.
<<Ti piace proprio dirlo, eh?>> le accarezzò la gota con la mano per calmarla. <<Non preoccuparti: Artù non è tipo da dare ascolto a simili voci>> la rassicurò.
<<Certe volte vorrei che avessero ragione…>> sussurrò Olimpia, dando voce ai suoi pensieri.
Xena fece finta di non aver sentito le sue parole, limitandosi a stringerla a sé.
<<Ora riposa, Olimpia>> disse, sfiorandole le labbra con le sue.

<<Sire, cosa vi affligge?>> chiese Morgana al sovrano, notando il suo sguardo cupo. Con fare gentile prese la caraffa del vino e gli riempì la coppa istoriata.
<<Sono solo in pensiero per la regina, lady Morgana>> le rispose, sorridendo forzatamente.
La sacerdotessa prese tra le sue la mano che l’uomo teneva posata sul tavolo, fissandolo negli occhi intensamente.
<<Sire, l’avete affidata a sir Lancillotto: darebbe la sua vita per proteggerla. Sapete che vi è molto fedele…lo sono entrambi>> disse, sfruttando la situazione che le si era offerta. L’uomo ebbe un lievissimo sobbalzo, ma non disse nulla.
Morgana era ben attenta a che il suo calice fosse sempre pieno, continuando ad offrirgli dolci parole di conforto. Quando poi Artù fece per alzarsi, gli fu immediatamente accanto non appena lo vide barcollare.
<<Permettetemi di accompagnarvi, maestà. Non siete in grado di arrivare alle vostre stanze da solo>> la sua voce era bassa e soffusa. L’uomo accennò ad un assenso e lasciò che la donna lo conducesse lungo le scale fino alle sue stanze. Con voluta tenerezza lo aiutò a sdraiarsi e gli tolse gli stivali, cercando di sfilargli il corpetto di cuoio. Si trovava ad un soffio dal suo viso quando Artù aprì gli occhi. Dopo poco lui l’attirò a sé baciandola senza che lei opponesse alcuna resistenza. Lasciò che la spogliasse e che l’amasse, mostrandosi docile e voluttuosa ai suoi desideri. Quando poi fu certa che si fosse addormentato, si strinse le lenzuola attorno al corpo nudo e sorrise.
“Bene, Ginevra…o dovrei dire Olimpia. Presto il tuo caro sposo non avrà occhi che per me”

Gli accarezzò il viso beffarda: lui era la chiave per distruggere Olimpia e con lei Xena. Pregustò la sua vendetta spavalda, certa che in questa vita non sarebbe uscita sconfitta dalla lotta. 

CAPITOLO III

<<Padre…>> la voce di Ginevra era dolce mentre stringeva tra le sue la mano fredda e debole dell’uomo. L’anziano aprì a fatica gli occhi stanchi che ebbero un moto di gioia quando riconobbero il viso della figlia.
<<Ginevra… Speravo di poterti vedere un’ultima volta prima di morire>> le sue parole erano stentate ed il respiro difficoltoso.
<<Non dite così, padre! Sir Lancillotto è qui per curarvi e presto starete meglio>> sembrava più un tentativo di convincere se stessa che di rassicurare l’anziano. Leodegranz si sforzò di sorridere.
<<A meno che non sia un mago…e possa riavvolgere il tempo, non credo che…il tuo amico possa fare molto… La vecchiaia è una malattia incurabile>>
Avere la conferma dei suoi pensieri più cupi le impedì di controllare oltre le lacrime, che presero a scorrerle sulle gote completamente libere. Il padre la fece avvicinare e gliele asciugò lentamente.
<<Piccola mia, non devi piangere per me… Ho fatto il mio tempo, ho avuto le mie gioie…. È ora che raggiunga tua madre>> le disse incredibilmente sereno.
Non c’erano ombre né timori a violare la dolcezza di quel viso ormai stanco. Ginevra continuava a piangere, stringendosi al petto affaticato ma ancora solido del padre, che le accarezzava i lunghi capelli biondi intrecciati.
<<Abbi cura di Eilan…. È giovane ed ha sempre visto in te la sua guida>> continuò, quasi a volerle consegnare, ora che poteva farlo di persona, le sue ultime volontà
<<E fai in modo che trovi uno sposo che sappia renderla felice... e che possa essere anche un buon re cui affidare la mia corona>> si fermò a prender fiato, affaticato.
La regina continuava a scuotere la testa, mormorando poche parole appena comprensibili. Si sforzava con tutte le sue energie di negare l’evidenza di quella terribile ma inevitabile realtà.
<<Piccola mia, non piangere…Non rendermi tutto così difficile. Non voglio portare con me il ricordo del tuo viso in lacrime>> le disse, facendola sollevare per guardarla negli occhi, ora gonfi ed arrossati dal pianto.  Ginevra si sforzò di riprendere la sua dignità di regina, ricacciando indietro i singulti che ancora minacciavano di agitarle il petto.
Deglutì più volte, prendendo fiato, prima di riuscire a sostenere il suo sguardo con tranquillità sufficiente. Leodegranz le sorrise.
<<Dammi la tua benedizione, figlia mia, e potrò andarmene in pace>>
Ginevra si sentì vacillare nel profondo e desiderò intensamente di urlargli che non poteva lasciarlo andare, che non voleva perderlo così all’improvviso, così presto.
Gli diede un bacio sulla fronte chinandosi su di lui.
<<Sii felice, figlia mia…>> disse, poi chiuse gli occhi.
Smise di respirare poche ore dopo. La regina lasciò il capezzale dell’uomo solo quando giunsero i sacerdoti per comporre la salma. Lancillotto le fu immediatamente accanto, convincendola a riposarsi per quella notte e di cominciare la veglia al corpo del padre la mattina seguente.
<<Ho inviato un messaggio ad Artù per avvisarlo dell’accaduto.>> le disse, accompagnandola nella sua stanza. Ginevra annuì silenziosa, quasi assente. Si sedette sul bordo del letto che le era stato preparato, fissando un punto indefinito davanti a sé. Il cavaliere, preoccupato, chiuse la porta e le si avvicinò.
<<Olimpia, stai bene?>> le chiese dolcemente. La donna si voltò a guardarla.
<<Come posso stare bene? Mio padre è appena morto tra le mie braccia!>> la sua voce era venata sia di dolore che di rabbia. Lentamente le lacrime tornarono a riempirle gli occhi e si gettò tra le braccia dell’altra, che la strinse a sé, in silenzio. Lasciò che fosse lei a separarsi quando ebbe smesso di piangere.
<<Grazie>> disse, asciugandosi gli occhi con il fazzoletto che l’altra le porgeva. Xena le sorrise, facendo poi per uscire dalla stanza.
<<Xena>> la fermò prima che potesse aprire la porta. La guerriera si voltò verso la donna.
<<Resta qui…Non ce la faccio a rimanere sola>>
La guerriera la guardò, combattuta, senza essere in grado di risponderle.
<<Te ne prego>> aggiunse Olimpia, comprendendo i dubbi che stavano attraversando la mente dell’altra. Xena rimase in silenzio ancora per alcuni momenti prima di risponderle.
<<Se non mi vedessero uscire, sarebbe troppo sospetto. Non dimenticare chi siamo, Olimpia. Ti raggiungerò più tardi, dopo aver fatto ritirare Lancillotto nelle sue stanze>>
La regina annuì ed attese che uscisse prima di cominciare a spogliarsi per mettersi a letto. Si era quasi addormentata quando sentì i battenti schiudersi lentamente. Rimase ad occhi chiusi quando sentì il corpo di Xena sistemarsi accanto a lei. Poteva sentire il suo respiro tranquillo quando le posò un bacio sulla fronte. Solo allora schiuse le palpebre per voltarsi verso di lei. Le sorrise.
<<Cominciavo a pensare che non saresti venuta>> le disse.
<<Mantengo sempre le mie promesse>> rispose serena <<Ora, però, cerca di dormire>>
Coprì entrambe con le coperte e, tenendola a sé, chiuse gli occhi. Olimpia posò il capo nell’incavo del collo della guerriera, respirando l’odore di fresco che emanava la sua pelle e, confortata dal calore e dalla forza di quell’abbraccio, si addormentò, lasciando che un sonno senza sogni le invadesse completamente la mente.

Con il velo nero calato sul capo, Ginevra osservava, silenziosa ed impassibile al braccio dello sposo, la pira su cui era stato deposto il corpo del defunto re Leodegranz. Sulla collina alle spalle del castello, dalla quale il re amava osservare i suoi possedimenti, aveva fatto realizzare il tumulo che ne avrebbe ospitato le ceneri.
“Così non smetterai mai di guardare la tua amata terra” pensò, fissando le fiamme che avvolgevano, danzando, la salma. Sentiva distintamente i singhiozzi di pianto che Eilan cercava di trattenere, reggendosi al braccio di Lancillotto, che si era offerto di accompagnarla al rituale. Oltre alla corte reale di Camelot, era presente tutta la nobiltà locale e, per quanto suo padre potesse essere amato, Ginevra era certa che la maggior parte di loro fosse lì per mettersi in buona luce per la successione. Ora la reggenza era nelle sue mani, o meglio, in quelle di Artù, ma non appena Eilan si fosse sposata, avrebbe ottenuto il diritto di regnare. Respirò lentamente, allontanando quei pensieri mentre procedeva alla testa del corteo funebre all’interno delle mura: un picchetto di guardie scelte sarebbe rimasto a vegliare la pira fino a quando il fuoco non si fosse spento completamente.
Entrando nella sala del trono e sedendosi sullo scranno che aveva occupato sua madre, sentì un brivido correrle lungo la schiena. Si limitò a rivolgere i saluti di circostanza a coloro che le porsero i loro omaggi ed il loro cordoglio, cercando spesso gli occhi di Lancillotto per prendere forza. Artù, d’altro canto, mantenne uno sguardo corrucciato per tutto il tempo e non ebbe per lei neppure una parola di conforto. Quando si ritrovarono nella loro stanza, tuttavia, il sovrano continuò a comportarsi in modo freddo e scostante, senza neppure mai guardarla in viso.
<<Artù, qualcosa non va?>> gli chiese, slacciandosi i nastri dell’abito nero che indossava.
Lo sposo le rispose con un grugnito indefinito, sistemandosi tra le coltri e dandole le spalle. Quando fu pronta, entrò nel talamo, tenendosi però a distanza da Artù.
<<Eilan dovrebbe sposarsi>> disse poi l’uomo all’improvviso, senza neppure voltarsi.
Ginevra non rispose: le sembrava sciocco e poco sensibile accelerare così le cose.
“Non è morto da neppure una luna e già parla di come sostituirlo?” pensò, notevolmente infastidita.
<<Sono abbastanza sicuro>> proseguì imperterrito <<che Lancillotto sarà bel lieto di sposare Eilan. Del resto lei ha per lui un’assoluta venerazione>> concluse.
La dama sobbalzò, colta completamente alla sprovvista. Aveva colto anche lei l’interesse della sorella minore, ma aveva sperato che non si arrivasse ad una simile situazione.
<<Mi sembra fuori luogo organizzare un matrimonio quando le ceneri di mio padre non si sono ancora raffreddate>> gli rispose, ma il tono della voce tradì il suo disagio.
Artù si decise a voltarsi e la fissò negli occhi come se volesse estrarne la verità che avrebbe posto fine ai dubbi che lo attanagliavano.
<<Non sei d’accordo con questa unione?>> le chiese.
<<Non è questo il punto… E poi non so se Lancillotto sarebbe disponibile>> fu la sua risposta, che cercò di far sembrare il più disinteressata possibile.    
<<Tu credi? Te l’ha detto lui oppure lo sai perché è già legato a te?>> la voce di Artù si era fatta rabbiosa e l’espressione del suo viso le mise paura.
<<Cosa stai insinuando, Artù?>>
<<Non fare la sciocca quando non lo sei!>> urlò l’uomo. <<Sai benissimo di cosa sto parlando! Credi forse che non mi sia accorto che per te il sole sorge e tramonta quando lui viene e va? Anche oggi non avete fatto che scambiarvi sguardi!>> entrambi erano scesi dal letto e la figura di Artù torreggiava su quella di Ginevra, il cui viso era una maschera di furia.
<<È questa la fiducia che riponi nella tua sposa? Se avevi di questi sospetti, perché hai lasciato che fosse lui a scortarmi?>> la voce della donna era tremante nel tentativo di tenere a freno l’indignazione. Artù rimase quasi disorientato, guardandosi attorno nella stanza per non dover sostenere il suo sguardo,
<<Non ho mai voluto crederci, ma è evidente che Morgana…>>
<<Lady Morgana?>> lo interruppe Ginevra. <<È tanta la stima che hai nei miei riguardi che bastano le parole di una qualsiasi delle dame di corte per accusarmi di adulterio?>> di fronte al suo silenzio un sospetto si impose nei suoi pensieri.
<<Ora capisco… Non è una qualsiasi dama per te, vero?>> lo guardò con un sorriso ironico dipinto in viso.
<<Stai accusando me di tradirti per giustificare il TUO adulterio. Non è così?>> gli chiese. L’espressione che comparve sul viso del sovrano fu ben più eloquente di qualsiasi risposta.
<<Bene>> disse Ginevra, coprendosi con il mantello e dirigendosi verso la porta.
<<Non ho intenzione di dividere il letto con un uomo che non ha fiducia nell’onore e nella fedeltà della sposa che diceva di amare>> gli disse, oltrepassando la soglia a passo sicuro.
<<Domattina annuncerò il matrimonio e tu non potrai fare nulla per opporti!>> le urlò dietro in un moto di testardo orgoglio. Cercò di mettersi a dormire, ma il letto quella notte fu per lui un rovo di spine.

<<Dorilea?>> chiamò Ginevra bussando alla porta della stanza in cui alloggiava la donna che era stata la sua balia.
<<Ginevra? Cosa ci fai qui a quest’ora?>> le chiese l’anziana, visibilmente svegliatasi da poco, dopo averle aperto la porta.
<<Posso entrare?>>
<<Certo, piccola! Entra>> la donna si spostò per lasciarla entrare, facendole cenno di sedersi sul letto. Le fu immediatamente accanto dopo aver acceso  un piccolo lume e le prese le mani tra le sue.
<<Dimmi cos’è accaduto, piccola mia>> le disse, percependo il tormento dei suoi pensieri.
Ginevra le aprì completamente il suo cuore, raccontandole di lei e di Selene, di ciò che erano state e del legame che ancora le univa in modo così indissolubile che nulla poteva separare, né ora né mai. Dorilea l’ascoltò in silenzio, ben attenta a tenere per sé il propri stupore.
<<Piccola mia… Quale segreto ti porti dentro…>> le disse quando tra di loro calò il silenzio. Non ebbe la forza di rassicurarla che tutto si sarebbe risolto: non si potevano piegare le leggi del destino.
“Ti aspetta una dura lotta, Ginevra cara”

L’intera corte osservava il sovrano, in attesa di venire a sapere la causa di una convocazione così repentina. Un borbottio tutt’altro che mascherato accompagnò l’ingresso nella sala della regina che sul capo portava la corona della Carmelide e non quella della Britannia. Lancillotto notò il disappunto di Artù quando la donna gli si sedette accanto con sterile formalità ed un’aura di altera fierezza che ne impregnava ogni movimento. Preoccupato, il cavaliere cercò gli occhi della regina, ma non riuscì a leggervi nulla al di fuori di una profonda collera.
<<Miei signori>> esordì Artù con voce profonda <<Come tutti sapete, il trono di Carmelide è nelle mani della mia sposa fino a quando la principessa Eilan non prenderà marito>> fece una pausa per misurare la reazione dei suoi ascoltatori. La fanciulla lo fissava interrogativa, senza riuscire a capire dove volesse arrivare con quel discorso.
<<Sarebbe per me motivo di gioia se la tua scelta, Eilan>> fissò lo sguardo sulla ragazza <<cadesse sul mio miglior cavaliere, sir Lancillotto>>
Nella sala calò il silenzio più assoluto. Ginevra non diede cenno di provare alcuna emozione, mentre il viso di Eilan era illuminato a tratti dalla gioia, a tratti dallo stupore. Il cavaliere, invece, aveva sgranato gli occhi per la sorpresa e sentiva il sudore freddo scorrergli lungo la schiena.
Quasi non sentì le parole con cui il sovrano lo invitava ad avvicinarsi al trono. Avanzò con passi quasi incerto, la mente che si affollava di pensieri alla ricerca di una soluzione a quell’imbarazzante situazione. S’inchinò al sovrano ed osservò la fanciulla, che emanava una gioia così intensa da farla quasi risplendere di luce propria. Cercò gli occhi di Ginevra e non vi trovò che una compartecipe impotenza. Strinse la mascella e si risolse che non ci fosse solo un modo per uscire da un simile imbarazzo.
“Perdonami, Eilan” pensò, poi chiese al sovrano la parola.
<<Sire>> esordì <<è un onore immenso questo che mi state offrendo e non c’è uomo che non vorrebbe avere una simile fanciulla come sposa>> prese un respiro profondo. <<Ma quell’uomo non posso essere io>> sentì il cuore stringersi quando vide il volto della principessa che si raggelava. Il silenzio gravava sulle sue spalle come un macigno immenso.
<<Sono un guerrieri consacrato alla Dea e come tale posso sposare solo una sacerdotessa consacrata>> abbassò gli occhi, lottando contro il senso di profonda rabbia che sentiva crescere.
Le lacrime di Eilan, poi, lo colsero impreparato. Si voltò verso di lei e la supplicò con lo sguardo di perdonarlo. Fece per avvicinarsi  e prenderle la mano, ma la giovane si scostò come inorridita. Si guardò intorno, sentendo tutti gli occhi puntati su di lei. Neppure Ginevra sembrava comprenderla o offrirle altro che non fosse pietà. Scappò via lungo la navata, ancora in lacrime.
<<Spero che ora ti ritenga soddisfatto>> sussurrò la regina ad Artù.
L’uomo non le rispose, continuando a guardare fisso davanti a sé con gli occhi puntati sul cavaliere, che teneva lo sguardo basso. Quando lo rialzò, l’espressione che vi lesse lo fece quasi sobbalzare: le iridi azzurre sembravano mandare lampi così intensi da accecare chiunque osasse sfidarne la potenza. Si avvicinò al trono di un passo.
<<Sire, non so cosa vi abbia spinto ad una simile azione, ma sappiate che se dovesse accadere qualcosa alla giovane Eilan, vi riterrò direttamente responsabile>> disse con voce tale che le sue parole venissero udite solo dai due sovrani.
<<E sai bene, Artù, quanto letale può essere la mia spada>> concluse, inchinandosi prima di abbandonare la sala a grandi falcate. In cuor suo sperava di non dover affrontare l’amico in duello perché era certo di uscirne vincitore, cosa che avrebbe fatto sprofondare l’intera Britannia nel caos più assoluto.
Si fermò quando sentì dei passi alle sue spalle e, voltandosi, vide un’anziana donna che ricordò essere stata la balia della regina. Attese che lo raggiungesse, certa che stesse cercando lui.
<<Sir Lancillotto, la regina vuole vedervi nelle sue stanze>> gli disse senza il minimo cenno di affanno nel respiro, nonostante avesse camminato a passo svelto.
<<Dite alla regina che sono a cavallo>> rispose, voltandosi per continuare nella sua direzione.
<<Aspettate!>> gli si avvicinò di nuovo. <<Non vi manda a chiamare come Ginevra, ma come Olimpia>> sussurrò in un modo appena percettibile. Il cavaliere sgranò gli occhi.
<<Come fate a sapere…?>> poi la risposta si mostrò nella sua ovvietà, ma non fece mutare la sua decisione.
<<Dite allora ad Olimpia che sono fuori a cavallo>> questa volta il suo tono non ammetteva repliche e Dorilea si limitò ad annuire prima di andar via.

<<Cosa significa  che non è nelle sue stanze?>> la voce di Ginevra era venata di notevole preoccupazione. La domestica abbassò ancora di più il capo.
<<Maestà, ieri non ho voluto disturbarla: ho visto la porta chiusa ed ho pensato che non volesse mangiare. Poi quando non mi ha risposto…>> cercò di giustificarsi.
“Ed ora dov’è andata?” pensò la regina, preoccupata.
<<Manda a chiamare il capo della guardia e sir Lancillotto: voglio vederli subito>> le ordinò. Quando fu andata via, si diresse veloce nelle sue stanze, sostituendo il suo abito con dei più pratici calzoni da cavallo.
“Non può essersi allontanata di molto… Se avesse preso un cavallo sicuramente qualcuno se ne sarebbe accorto. Eilan, perché devi sempre comportarti in questo modo?”
A passo quasi di marcia raggiunse Artù, mentre la collera cominciava a montarle dentro come le onde di un mare in piena tempesta.
<<Artù!>> urlò spalancando la porta, ignorando ogni cerimoniale. L’uomo era ancora semi assopito e sobbalzò per la sorpresa. Non gli diede neppure il tempo di proferire una parola.
<<Eilan è scomparsa! Ho già mandato a chiamare il capo delle mie guardie. Convoca anche i tuoi uomini>> gli disse con un tono che non lasciava spazio alle obiezioni. Artù annuì, cominciando rapidamente a vestirsi mentre sul suo viso diventava sempre più evidente il senso di colpa. Ginevra lo ignorò volutamente e, raggiunte le sue stanze, trovò sulla soglia i due guerrieri ad attenderla.
Fece loro cenno di seguirla e spiegò la situazione. Lancillotto sembrava una maschera di cera tanto il suo volto era inespressivo. La regina ne cercò gli occhi, trovandovi la sua stessa rabbia. Nessuno dei due disse nulla e solo uscendo il cavaliere le sfiorò il dorso della mano con la sua.

Lancillotto era consapevole che il suo cavallo era ormai allo stremo delle forze e che incitarlo ancora sarebbe stato inutile. Lasciò che rallentasse il passo, facendo cenno a Ginevra di fare altrettanto. Raggiunta la regina, si scambiarono uno sguardo d’incoraggiamento, pur essendo consapevoli che le speranze di ritrovarla erano ridotte all’osso. Stavano setacciando la zona per un raggio di diverse miglia da due giorni, ma della principessa neppure la più piccola traccia.
<<Poco più avanti c’è una polla d’acqua>> disse Ginevra con voce atona. Il cavaliere si limitò ad annuire, conscio che nessuna parola sarebbe servita a molto. Superò di pochi metri la donna non tollerando oltre la cappa di doloroso silenzio che era calato. Arrivato in vista dello specchio d’acqua sentì il cuore perdere un colpo: era Eilan. Chiese un ultimo sforzo al povero animale e lo spronò al galoppo, pregando la dea che non fosse tutto uno scherzo della sua mente stanca. Man mano che si avvicinava, però, si rese conto della realtà: il corpo della fanciulla era riverso nell’acqua prono e mortalmente pallido. Scese da cavallo e la trasse all’asciutto: l’espressione vuota dei suoi occhi le serrò la gola, costringendola a lottare con le lacrime.
Sentiva distintamente il cavallo di Ginevra avvicinarsi e l’attese immobile, in ginocchio, con il corpo della giovane stretto al suo, quasi nell’inconscio tentativo di donarle il suo calore. Agli occhi della regina la situazione fu inequivocabile.
<<No!>> l’urlo lacerò il silenzio sereno attorno a loro come una lama affilata.
Lancillotto la cedette alle sue braccia non appena la raggiunse.

La pira ardeva a pochi passi dal luogo in cui era stata eretta quella del padre, di cui erano ancora visibili le tracce di bruciato. La figura di Ginevra si ergeva in tutto il suo il suo fiero dolore, sufficientemente vicina al rogo da sentire le ondate di calore colpirle il viso ed asciugarle le lacrime.
“Non doveva andare così…. Qualcuno pagherà per questo” continuava a ripetersi ogni volta che le sembrava di rivedere il sorriso gioioso della sorella.
Dietro di lei Artù assisteva a capo chino alla cerimonia, pienamente consapevole di essere l’unico responsabile di quella tragedia, sebbene si sforzasse di accusare Lancillotto, che lo osservava, silenzioso, nascosto tra le ombre delle colonne del porticato. Alcune ore dopo era rimasta solo Ginevra a vegliare la pira e solo allora le si avvicinò, intonando in onore della fanciulla defunta un canto funebre.
<<Xena, perché?>> le chiese Olimpia stringendole la mano.
La guerriera rimase in silenzio mentre i raggi del sole davano l’ultimo bacio alle ceneri di Eilan, le cui braci erano prossime ormai a spegnersi. Rimasero immobili, l’una accanto all’altra, attendendo che la notte ponesse il suo sigillo a quell’infausto giorno.

<<Andar via?>> Artù sembrava sorpreso dalla richiesta del cavaliere. <<Perché?>> gli chiese.
<<Sire, la corte ora mi porta alla mente troppi ricordi… Ed io ho bisogno di trovare serenità>> fu la risposta pacata che ottenne.
Guardò Lancillotto negli occhi e le sue iridi cerulee gli infusero un brivido gelido. Era l’occasione per liberarsi di lui eppure l’amicizia che li legava gli impediva di gioirne. Il ricordo delle parole di Morgana poi lo scosse. Quell’uomo aveva osato infangare il suo onore, anche se non poteva ancora dimostrarlo ed ora chiedeva un esilio volontario, come poteva tentennare?
<<Se è questa la tua decisione, non posso certo impedirtelo. Vai pure>> disse, facendogli cenno con la mano.
Il cavaliere si inchinò ed andò via. Aveva fatto portare i suoi pochi bagagli nella stalla e sellare il cavallo in modo da poter partire immediatamente. Era già in sella quando la voce di Ginevra lo fece fermare. Attese che lo raggiungesse, immobile.
<<Dove stai andando?>> gli chiese la donna, guardandolo con triste rassegnazione.
<<Torno ad Escalot…Poi, non lo so>> le rispose freddamente.
<<Non c’è nulla che possa fare per convincerti a restare, vero?>>
Lancillotto scosse la testa. <<Olimpia, ora Camelot non può essere il mio posto>> aggiunse. Non aveva immaginato che reggere il suo sguardo sarebbe stato così difficile…
<<Portami con te…>> disse la sovrana, sorridendo amara, consapevole dell’assurdità delle sue parole.
<<Ti prego, Olimpia, non rendere tutto più difficile. Se avrai bisogno di me, saprai sempre dove trovarmi>> si chinò su di lei e le posò un bacio sulla fronte, poi spronò il cavallo al galoppo, senza voltarsi indietro.

Camelot divenne un luogo asfittico: la presenza di Morgana e l’ormai impudico ed evidente favore che Artù le accordava aveva diviso la corte in due, ma ero ancora troppo lacerata dal mio dolore per preoccuparmi delle beghe delle mie dame. Inoltre, mi importava poco il fatto di vedere Artù solo nelle occasioni ufficiali in cui era strettamente necessaria la mia presenza: se Eilan era morta e Xena lontana, lui era il solo responsabile. Lui ed il veleno che Morgana gli iniettava costantemente con le sue parole. Aveva fatto del re il suo burattino ed ogni suo volere era legge. Chiusa nelle mie stanze, cercai di isolare la mia vita da ciò che c’era al di fuori della corte, sforzandomi di dimenticare tutto e tutti.
Scrissi più volte a Xena, affidando i messaggi a cavalieri fidati, ma non ottenni mai risposta. Cominciai a temere che mi volesse fuori dalla sua vita e smisi di insistere. Passò più di un anno senza che ricevessi alcuna notizia dalla corte di Escalot, ma non riuscivo a smettere di immaginare come sarebbe stata una vita con lei, senza re né regine, senza false apparenze. Solo lei ed io, come eravamo state un tempo, come temevo che non saremmo state più.