episodio 12

EPISODIO N. 12
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di GXP

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L’insostenibile leggerezza dell’essere - parte II

 

 

Capitolo 16 – limbo

 

Quando la principessa guerriera riaprì gli occhi, si ritrovò distesa su una roccia bianca. Accanto a lei sedeva Marte. Un cerchio alla testa le infastidiva la vista, ma nonostante ciò si mise a sedere.

- Che ci fai tu qui? - chiese bruscamente.

- Veglio su di te - fu la risposta dolce del dio.

- Dove sono? -

- In un luogo chiamato limbo. Qui ci rimangono le persone che ancora non possono accedere ai piani alti e quelle che aspettano di essere giudicate –

- Fa parte del patto? -

- Sì. Se ricordi ti dissi che non potevi assistere alla comparsa delle persone evocate –

- Mi hai taciuto che sarei finita qui -

- È una loro garanzia. Se uno dei redivivi fuggisse e riuscisse a scoprire la fonte del rito, potrebbe interrompere il legame spirituale che si è instaurato e rimanere per sempre nel tuo mondo. Questo comporterebbe decisamente un bel caos. Non trovi Xena?-

- Sei tu il collegamento -

- È per quello che sono qui -

- Nessuno di loro può batterti. Come puoi pensare di essere in pericolo? Non sanno nemmeno come ci sono arrivati sulla terra! –

- Sanno che sei tu l’artefice e questo può bastare per sperare in una mossa falsa –

- Nessuno di loro è così egoista da lasciarmi qui –

- Nessuno, certamente – disse il dio sarcastico, poi si toccò il pizzetto – Ma dopo molto alcool il senno può lasciare la mente. Infondo il padre di Olimpia non ti ha mi retto molto. Potrebbe giocare d’astuzia. –

- Olimpia non glielo permetterebbe –

- Ne sei certa? È suo padre –

- Non hanno mai avuto grandi rapporti –

- C’è anche sua madre –

Xena tacque. Marte proseguì.

- Se non ci saranno sorprese domattina sapremo se il tuo piano ha funzionato e decideremo se sarai mia in eterno o no –

- Già – rispose stizzita la guerriera - C’è modo di vedere come vanno le cose ? –

- No – rispose seccamente il dio – ma ti posso dire che spero sempre salti tutto all’ultimo secondo –

- Smettila, Marte –

I due si guardarono.

- Xena, è mai possibile che tu non voglia capire? –

- Capisco benissimo, Marte. Mi domando come sia possibile che sia tu a non capire –

- Lei non ti merita! Io ti ho aspettato per cinque lustri! – disse lui concitato.

- Sì, consolandoti con mia figlia! – rispose lei agitata.

- Non sapevo fosse tua figlia! Quante volte te lo devo ripetere? –

- All’infinito, Marte e ugualmente continuerò a non crederti! – rispose acidamente

- Non l’amavo e se l’ho amata era solo un pallido ricordo di te! Perché mi ricordava te! E questo dovrebbe farti capire che sono sincero quando dico che ti amo! –

- Oh, Marte, il vaticinio è già stato scongiurato. Puoi evitarti la scenata –

- XENA! – ruggì lui mettendole le mani alle spalle e scrollandola poi sibilò – Sarai mia se questo piano fallirà! –

- Avrai il mio corpo, ma mai la mia anima – sussurrò lei con cattiveria osservandolo dritto negli occhi.

Lo sguardo del dio mostrava incredulità e delusione. Strinse ancor di più la presa. Venere aveva ragione. Lo aveva raggirato con le parole. Sarebbe stato capace di possederla tutte le volte che lo avesse desiderato. Ma sapeva benissimo che senza la passione della principessa guerriera, senza la sua compiacenza non avrebbe avuto altro che un corpo di cui approfittare. Ma lui l’amava. Amava il suo spirito, la sua determinazione, la sua partecipazione, la sua forza, il coraggio, la prepotenza, la dolcezza, la sensualità. Un corpo privo di tutto ciò lo avrebbe certamente costretto a sciogliere il patto dopo poco tempo. Proprio perché lui l’amava e non avrebbe mai accettato di vederla deperire e lasciarsi usare come un balocco di pezza per adulti. Era stato gabbato.

Contro ogni sua volontà gli occhi si fecero lucidi. Si perdevano nel grigio sguardo di lei che di fronte a lui non si muoveva per svincolarsi dalla stretta ma, anzi, lo osservava. Alla mente gli ritornò il momento in cui la credette morta. Rivide attimo dopo attimo, la sepoltura nel ghiaccio e le parole che le disse: ecco, ora siete vicine. Io ho sempre sbagliato con te, lo so. Lei ti poteva dare l'amore che volevi, puro ed incondizionato. E io non ne sono stato capace. Ma c'erano cose che apprezzavo in te più di lei. Il tuo furore, la tua violenza… la bellezza… quando ti sacrificavi per gli altri eri sua….ma nella mischia della battaglia….eri solo mia.

Lei pareva leggergli nella mente. Si accorse che stava rivivendo qualcosa di importante, perché dal suo sguardo traspariva quel dolore che più di una volta aveva mascherato con la spregiudicata voglia di ricominciare da zero. Il dio allentò la presa allontanandosi da lei di qualche passo. Le diede le spalle e portatosi le mani al viso si nascose il volto. Iniziò a ridere. Una risata da prima piuttosto soffocata. Poi più profonda fino a diventare sguaiata ed isterica.

- Mi hai giocato anche questa volta, Xena! Che Olimpia ricambi o no il tuo amore tu non sarai mai mia perché sai bene che non voglio solo il tuo corpo. – si voltò puntandole un dito contro - Sei furba ahahahaha, sei davvero molto furba ahaha! Ed è questo che amo di te! Ed è per questo che non mi arrenderò mai! – chiuse la mano a pugno come a volere stritolare un collo invisibile.

-Ti perseguiterò! Ora che la tua amica ha fatto il passo falso io starò lì pronto a prendere il suo posto. – si avvinò a lei con lunghi passi decisi ritrovandosi a pochi centimetri dal suo corpo. La riprese per le spalle

- Che ti ricambi o no io sarò sempre lì. Tu ti sei promessa a me. Siamo legati dal patto. – le disse scrollandola - Quindi anche se non mi amerai con lo spirito il tuo corpo mi apparterrà finché io non deciderò di sciogliere l’incantesimo. - si guardarono negli occhi.

- Ahahaha. È assurdo. Sei nelle mie mani e non voglio approfittare di te! –

Xena gli si avvicino col viso. Marte smise di ridere e si fece serio.

- Se mi sono affidata a te, è perché sapevo che potevo fidarmi. Se non avessi conosciuto Olimpia, sarei certamente caduta tra le tue braccia e tu lo sai bene. Sarei diventata la tua spietata regina ed insieme avremmo dominato il mondo –

- Perché allora non rinneghi questa vita e vieni con me? - chiese ostinato lui.

- Quello che c’è tra noi va oltre il carnale, Marte –

- Un motivo in più per lasciare Olimpia –

Xena taque. Si osservarono ancora negli occhi e lui le portò una mano sulla guancia. Gliela sfiorò e lei ne respirò l’odore per poi baciarne i polpastrelli.

- Xena, questa è la nostra occasione - sussurrò lui mentre col naso sfiorava le labbra di lei posate sulle sue dita.

- Shh -

Fu solo un secondo e la mano che li divideva sparì facendo in modo che le labbra si trovassero. Si baciarono, dapprima lievemente, come se entrambi non fossero certi di ciò che stava accadendo. Poi la passione prese il sopravvento e il bacio divenne più profondo ed appassionato. Marte la stringeva a sé col timore di vederla svanire a causa del rito che accingeva a concludersi. Xena si lasciava toccare ed avvolgere dal calore del dio. Infilava le sue dita tra i ricci del petto raggiungendo il collo a cui si aggrappava con forza mentre si spostavano alla cieca verso la pietra bianca su cui prima giaceva la principessa guerriera addormentata. Il dio vi sbatté con la schiena e l’urto provocò un distacco delle labbra. Si guardarono nuovamente consci di ciò che stavano facendo. Solo allora si accorsero che lo spazio virtuale in cui si trovavano poco prima era svanito e che ora si trovavano in mezzo alla foresta poco distante dalla casa in cui si teneva la festa del bardo.

- Che cosa è successo? - chiese Xena, ancora legata al collo del dio.

- Credo ci abbiano bandito dal limbo - suggerì lui riavvicinandosi alle sue labbra ma lei si scostò.

- Il rito è finito? - chiese lei senza staccarsi da lui.

- Credo di no. Tu dovresti smaterializzarti, evidentemente certe cose non si possono fare in quella terra di mezzo – commentò con un tono di ironia.

Xena lo osservò un po’ contrariata e si sciolse dall’abbraccio del dio.

- Sento dei rumori, dobbiamo vedere se la festa prosegue - disse lei mentre si risistemava la corazza.

- È finisce così? – chiese lui amareggiato.

- Marte… -

- Ok, ok, lascia perdere Xena - disse allontanandosi da lei e ridandole nuovamente le spalle - Era un altro trucco vero? Che sciocco. Era tutto un trucco. Sapevi che ci avrebbero cacciato senza sospendere il rito. L’hai fatto perché vuoi vedere con i tuoi occhi come sta vivendo il momento la tua Olimpia! –

Xena lo raggiunse imponendosi davanti a lui.

- Marte -

- Oh, Xena lasciami in pace ora. Va’, va da lei -

La guerriera rimase immobile davanti a lui.

- Ho detto di andartene - disse senza guardarla negli occhi.

Lei gli posò una mano sul volto basso e, afferratolo lievemente per il mento, fece in modo di muovere il suo viso per poterlo vedere negli occhi. Si guardarono. Lei gli sorrise ma lui rimase impassibile nel suo sguardo abbattuto.

- Grazie - sussurrò la donna mentre si avvicinava poggiandogli un casto bacio sulle labbra.

Si allontanò nascondendosi tra gli alberi e i cespugli. Riuscì ad avvicinarsi a sufficienza per sentire le chiacchere intorno al fuoco e la musica provenire dalla casa. Rimase lì ad ascoltare finché non vide che la testa di Olimpia cominciava a barcollare: stava cedendo al sonno. Virgilio la esortava a restare sveglia ancora un po’ e Fillide le portava tazze fumanti di miscela.

- Vorrei resistere ancora - diceva lei con la voce roca.

- Bevi Olimpia, bevi! - le consigliava con agitazione Virgilio

Era tutto inutile. Gli occhi venivano attratti dal buio e, sebbene anche Hercules e Iolao cercassero di mantenerla sveglia, loro stessi percepivano la stanchezza prendere il sopravvento.

- Ragazzi. È giunto il momento di salutarci – disse con serenità Corilo.

- Padre, è troppo presto! - supplicò un Virgilio quasi in lacrime - Olimpia, per gli dei! Resta sveglia! - la rimproverava.

Xena assisteva alla scena con il cuore straziato. Aveva certamente fatto un bel dono all’amazzone ma non aveva ipotizzato quanto potesse essere ardua una nuova separazione. Si ricordò di quando dovette lasciare suo figlio Seleuco nei Campi Elisi e di come avesse sofferto, seppur felice di vederlo nel posto che gli spettava di diritto. Si sentì in colpa sebbene il corpo le sembrasse leggero. Stava svanendo nuovamente. Ma come? Non era già riapparsa? Si voltò per cercare Marte e chiedere spiegazioni ma di lui non c’era più traccia.

Tornò a osservare gli amici attorno al fuoco e vide gli abbracci straziati e le lacrime che sgorgavano. Olimpia chiedeva scusa a tutti mentre barcollava come una sonnambula tra un abbraccio e l’altro, sorretta da Evi.

Vide Corilo posarle un bacio sulla fronte mentre i figli gli si stringevano attorno. I genitori di lei la presero tra le braccia in un abbraccio a tre. E mentre ancora i singhiozzi si sentivano nell’aria, Xena si sentì svanire, così come svanirono in fumo bianco le figure dei tre ospiti d’onore.

Fu Hercules che prontamente intervenne per evitare che Olimpia cadesse a terra trascinandosi anche Evi.

- Portiamola dentro - disse con tono imperativo la giovane.


Capitolo 17 – congedi

 

Nessun rumore proveniva dalle altre stanze. Una luce soffusa passava tra le sgangherate finestre legnose. Un filo d’aria muoveva la tenda di stoffa chiara. Il caminetto era spento e i tizzoni si stavano freddando.

Xena osservava la stanza in stato confusionale. Le girava la testa e non riusciva a capire come fosse arrivata fin lì. L’ultima cosa che ricordava era Olimpia in lacrime tra i genitori. Poi il vuoto. Provò a ruotare sul fianco destro e accanto a sé ritrovò la figlia, Evi, sveglia, che la osservava placidamente.

- Ti hanno trovato le amazzoni poco distante dalla stalla – sussurrò.

Xena la osservò con fare interrogativo.

- Ti hanno trovato questa mattina presto, poco prima dell’alba. Eri molto fredda. Si sono molto spaventate ma per fortuna era solo l’aria della notte. Ti hanno portato qui e ti abbiamo subito messa nel letto. Non ricordi nulla? –

- No - rispose la guerriera con un filo di voce - Olimpia? – chiese con occhi pieni di timore.

Evi si spostò in modo tale da mostrare alla madre che l’amica giaceva al suo fianco ancora addormentata.

- È stato un rito piuttosto pesante per entrambe, Olimpia non ha aperto più occhio da quando è crollata ieri - commentò la messaggera.

Poi ritornò alla posizione precedente oscurando la visuale alla madre.

- Cerca di riposare madre. È ancora molto presto – suggerì.

- Hm, no – disse con fatica la guerriera cercando di alzarsi- Devo trovare Marte e capire cosa è successo.

Evi la osservò perplessa. La domanda era implicita nello sguardo.

- Mi trovavo in un posto detto limbo ma improvvisamente sono ricomparsa nella foresta e di lì a poco sono svanita. Voglio capire perché sono riapparsa e scomparsa due volte -.

- Temi che qualcosa nel rito sia andato male? Ti posso assicurare che nessuno è rimasto. Né i genitori di Olimpia né Corilo –

Xena tacque. Nella mente rivide gli attimi di fugace passione con Marte e pensò che forse il dio avesse ragione nel sostenere che fossero stati cacciati per quel motivo. Lo sguardo tradì colpevolezza.

- Cosa è successo nel limbo, madre?- Evi era figlia di Xena nei fatti e certe volte anche nei modi.

- Nulla -

- Tu menti -

- Non voglio parlarne -

Un vagito le fece zittire. Olimpia si stava risvegliando. Le due si scambiarono uno sguardo di intesa: quell’argomento sarebbe stato affrontato più tardi.

Fillide irruppe nella stanza con un vassoio carico di leccornie da prima colazione.

- Sorgete, stelle leggiadre e cominciate a splendere – cinguettò citando il padre in una delle avventure raccontata la notte prima.

Olimpia balzò su letto chiamando incredula il nome di Corilo ma quando vide Fillide riuscì solo a regalargli un sorriso triste.

- Quante cose buone, Fillide – Evi tentò di sdrammatizzare mettendosi seduta sul letto.

- Le ho fatte tutte con le mie mani! Su forza, gli altri sono tutti svegli! Venite! In tavola c’è molta altra roba! –

- Così presto, Fillide? – domandò quasi disturbata la messaggera di pace.

- È giorno di partenze Evi, bisogna sfruttare ogni secondo! Forza, Su! – rispose allegramente il ragazzo.

- Dacci qualche minuto e vi raggiungeremo – disse Xena, mentre poggiava la schiena alla parete mettendosi seduta a letto.

Solo allora Olimpia si voltò dalla sua parte e si rese conto della sua presenza.

Le due si scambiarono uno sguardo lungo e muto.

- Bene - disse Evi, battendo le mani sulle ginocchia - Direi che ci possiamo alzare- Si spostò dalla posizione di trincea in cui si trovava scendendo dal letto.

- Forza allora, ho scoperto che il Cos’è con il latte di mucca è delizioso!- esortò il ragazzo, lasciando la stanza e trascinando per un braccio la messaggera di pace. La porta rimase aperta.

Olimpia, che aveva distolto lo sguardo per osservare la figlia scendere dal letto rocambolescamente, tornò ad osservare la principessa guerriera in procinto di scendere dal giaciglio.

La osservò mentre, di spalle, si infilava i calzari. Continuò a guardarla mentre si allacciava il corpetto e quindi chiudeva l’armatura. Con le mani si sistemò i fluenti capelli neri.

- Posso?- chiese la guerriera senza guardare l’amica. Con la mano indicava la spazzola che giaceva sul comodino di fortuna posto ai piedi del letto.

Olimpia annuì. Bastò un rapido colpo di spazzola per rendere quei capelli lucidi e visibilmente morbidi.

Dall’esterno della stanza si sentivano gli ospiti prepararsi per la colazione e commentare positivamente i panini dolci che il bravo Fillide aveva preparato per tutti. Nella stanza si udiva solo lo strusciare dei capelli di Xena sull’armatura e i respiri profondi di entrambe.

- Ho finito- disse la guerriera voltandosi verso l’amica.

Le due si guardarono ancora.

Olimpia aveva in viso un’espressione frustrata. Xena lo vide subito e anche il suo volto, falsamente quieto, mostrò un alone di tristezza. L’aedo notò quel repentino cambiamento e un senso di colpa la pervase.

Quello che ha fatto, l’ha fatto per me. Forse dovrei essere più cortese con lei. Ma come faccio? Non so dove sia stata... con chi. Che cosa c’entra Marte? Non guardarmi così, Xena. Non guardarmi così… L’hai fatto per me. Ma cosa hai fatto?

- Io vado- disse con tono dispiaciuto la principessa guerriera - Cerca di fare presto o non rimarrà nulla in tavola –

Dandole le spalle si accinse a raggiungere la porta ancora aperta, ma con uno scatto la poetessa si slanciò versò di lei afferrandone il polso destro. Si ritrovarono così: Xena di spalle diretta verso la porta ed Olimpia in ginocchio sul letto che la fermava per un braccio.

- Xena - sussurrò lei. – Voltati-

La guerriera si voltò con timore. Negli occhi l’espressione di chi non sa cosa aspettarsi.

- Grazie - le disse l’amica allentando la presa e accarezzandole il polso con le dita.

Xena le sorrise. Olimpia la trasse verso di sé finché le ginocchia della mora non toccarono l’asse che fungeva da struttura del letto. Quindi la stessa Olimpia, sulle proprie ginocchia si avvicinò al corpo dell’amica. Una maniera un po’ goffa che fece sorridere entrambe. Si guardarono nuovamente sempre con il timido sorriso a rallegrare i loro occhi. In quel momento poteva bastare. Avrebbero parlato dei dettagli dopo. Olimpia le si cinse al collo e la abbracciò.

Fu un sollievo per Xena. Ricambiò l’abbraccio respirando avidamente l’odore della pelle che a lungo le era stata negata. L’amazzone le aveva appoggiato il mento tra il collo e la spalla e poteva sentire i capelli corvini sfiorarle il naso. Li faceva passare tra le dita mentre le accarezzava la testa. Eppure in cuor suo sentiva che doveva avere spiegazioni. Perché Xena si era assentata durante un momento così importante? Lei l’aveva cercata con lo sguardo, ma l’amica era sparita. Nuovamente la lista di domande che le avevano affollato la mente nella notte precedente e nel mattino, le stava rovinando quell’attimo di tregua che attendeva da mesi.

Brunhilde non mi avrebbe lasciata sola.

Il solo averlo pensato la fece rabbrividire. Erano un paio di giorni che non pensava a lei mentre stava con Xena. Che fosse qualche residuo del sortilegio di Marte? Decise di sciogliersi dall’abbraccio. Xena non aveva tentato di andare oltre e lei stessa non lo avrebbe voluto. Le sorrise ancora una volta e poi la invitò a seguirla nella sala da pranzo dove gli altri stavano già mangiando.

Il primo a dar loro il benvenuto fu Hercules.

- Eccovi qui! - disse, alzandosi per fare spazio in tavola.

- Ben svegliate – commentò ridente Iolao.

Evi guardò dritta sua madre che fece finta di ignorarla.

- Ed ecco qui i miei panini dolci! Provateli col Cos’è e il latte. Sono deliziosi! – squillò Fillide, comparendo alle loro spalle con un vassoio. Le due si accomodarono vicine.

In questa occasione i commensali erano così disposti partendo dal capotavola più vicino al cucinino: Fillide a capotavola, alla sua sinistra Valesia, Caleipe, Genziana, Iolao, Hercules, Virgilio all’altro capotavola, quindi Evi, Olimpia, Xena, Soloniche e infine Mistrene che osservava Fillide con occhi meravigliati.

- Mistrene, sorella, devo ricordati quali sono gli obblighi di un’amazzone? – la rimproverò la regina.

- Oh su, Valesia, non essere così rigida – commentò divertita Olimpia.

- Non le sto impedendo nulla, Regina Olimpia, solo non è il momento di pensare all’accoppiamento –

Il povero Iolao che stava sorseggiando la sua miscela col latte si ingozzò ed il bravo Hercules prontamente gli diede due colpetti sulla schiena per aiutarlo a riprendersi. Quindi si pulì la bocca.

- Accoppiamento? - chiese Fillide - Con i panini e il Cos’è ci sta bene il latte! Non vi pare? -

- È senza speranza!- commentò incredulo Virgilio.

Tutti scoppiarono a ridere.

Fecero colazione serenamente senza menzionare la festa della sera prima. Ognuno parlava dei propri progetti dopo quella giornata che difatti sarebbe stata l’ultima trascorsa insieme.

Valesia annunciò che la delegazione sarebbe dovuta rientrare al campo amazzone non prima di aver cacciato un po’ si selvaggina perché dalle loro parti scarseggiava e la battuta di caccia sarebbe costata loro ancora due giorni e due notti di viaggio.

Hercules avvisò che era ben lieto di riportare a casa l’amico Iolao e di aiutarlo del sistemare alcune parti dell’abitazione: da quando anche la figlia se ne era andata con il fratello, c’erano un sacco di lavori da concludere e un piccolo signore della guerra da sistemare sulla strada.

- Ci penso io, Xena, lascia anche a me un po’ di gloria! – disse ridendo il semidio

- Farsi vedere con un vecchietto come me nuoce alla sua popolarità, permettigli di picchiare un po’ di gentaglia, sù – commentò ironico lo stesso Iolao.

- Fate pure – disse lei, sorridendo – Spero di avere ancora qualche giorno di tregua – disse toccandosi la spalla che si era slogata (ed ovviamente sistemata da sola) al tempo del Ragnarok.

- Io… - si introdusse timidamente Fillide – io ho chiesto a Virgilio di portarmi alla locanda di nostro padre, sperando che i miei fratellastri l’abbiano saputa gestire bene... e magari potrei…sì, ecco… avere anche io… una famiglia – concluse passandosi le mani sui calzoni come a volere pulire.

- Ma è una notizia meravigliosa Fillide! - esclamò Olimpia, ma subito si rabbuiò

- Certo, ci mancherai… però è giusto che anche tu abbia la tua famiglia e... beh un’attività sicura –

Senza di lui sarebbe stato più duro rimanere da sola con Xena.

Il pubblico si voltò verso Evi. Ovviamente tutti volevano sapere quali fossero i suoi piani.

-Beh io… ecco, vorrei predicare nel villaggio qui vicino e nella polis… ma posso sempre chiedere alloggio ai miei confratelli, non c’è problema! –

Xena intervenne prontamente - Sciocchezze, starai qui! Ho intenzione di fermarmi ancora per un po’. Sei sempre la benvenuta in casa mia –le sorrise. In mezzo a loro due c’era Olimpia, ancora turbata per la partenza di tutti, ma ancora di più dal fatto che nessuno aveva chiesto a lei quali fossero le sue intenzioni. Davano tutti per scontato che sarebbe rimasta lì con Xena. Forse nessuno di loro sapeva. Era certa che Evi e Fillide ne fossero a conoscenza eppure nessuno di loro due le aveva chiesto nulla. Si sentiva quasi ignorata. Come se un bel dono bastasse a farle dimenticare il passato.

Fu un lampo. Xena le aveva fatto quel dono meraviglioso perché l’aveva perdonata! E lei si stava comportando come se fosse la vittima. Che sciocca che era stata. Attorno a lei tutti ridevano, erano sereni. Erano certi che lei sarebbe rimasta con Xena proprio perché la sua principessa guerriera aveva organizzato tutto quello solo ed esclusivamente per lei. Per farle capire che l’amava ancora. E quale dono migliore per dimostrare amore eterno se non restituirle l’eterno amore delle persone care?

Si voltò a guardarla mentre l’amica sorrideva rivolta a Fillide, spiluccando il suo panino dolce. Ascoltava la sua voce melodica che derideva dolcemente i due fratelli per la scelta fatta. La osservava fiera nella sua statura. Con i gomiti poggiati al tavolo ed i capelli che le scendevano dolcemente verso la tavola. Le venne istintivo: lentamente le spostò una ciocca dietro l’orecchio evitando che finisse nel piatto. Xena provò un brivido mentre spostava gli occhi nella direzione della bionda per trovarvi un dolce sorriso. Ricambiò placidamente e tutti quelli che sapevano trassero un sospiro di sollievo.

A colazione finita ognuno si dedicò al rifacimento delle proprie bisacce, pronti per il rientro verso i rispettivi compiti. Un po’ di malinconia scese su tutti loro, consci del fatto che solo gli dei potevano sapere quando ancora avrebbero potuto trascorrere momenti sereni come quelli.

Le prime ad andarsene furono le amazzoni. Abbracciate una per una e salutate con il classico gesto del pugno, Olimpia le osservò cavalcare verso il villaggio, fino a quando le loro sagome non furono sparite nella luce.

Nel primo pomeriggio partirono anche Hercules e Iolao. Preferivano viaggiare a piedi come ai bei vecchi tempi e si erano organizzati un piccolo itinerario con numerose soste per far riposare le gambe del più anziano.

Virgilio e Fillide avrebbero preso il carro serale che dalla Polis portava direttamente a Tebe, lo stesso che aveva utilizzato il più giovane per rintracciare Evi ed il fratello. Da lì avrebbero raccolto gli oggetti personali che il poeta aveva lasciato presso la bottega dove aveva recuperato un lavoro utile a pagare dei corsi di poesia nella grande città e a cui era disposto a rinunciare per amore del fratello ritrovato. Una rinuncia provvisoria, chiarì subito. Una volta sistemato Fillide, lui sarebbe tornato a Tebe per diventare un grande poeta.

- Non è pericoloso viaggiare di notte? – chiese Olimpia, con il vero intento di scoprire come Xena avesse organizzato tutto quanto.

Fillide commentò seriamente

- Beh in realtà è pericoloso viaggiare anche di giorno - poi aggiunse diventando ironico - Ma tutti sanno che quello è un carro di poveracci in cerca di fortuna presso la grande città. Anche se ci attaccassero non troverebbero altro che tasche bucate - mostrò un dito fuoriuscire da un buco nei calzoni.

La risata fu nuovamente collettiva.

di GXP

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