episodio n. 8
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Era calata la notte ormai il popolo libero sembrava caduto nel silenzio.
Olimpia era ritornata nella sua tenda, non provò neppure a guardare in quella di Xena: tanto sapeva che non c’era.
Infatti Xena si trovava esattamente nel luogo dell’incidente di Olimpia dove aveva sospettato per la prima volta una possibile parentela tra Arete e Callisto.
Guardava la sua immagine disegnata dall’acqua e non poteva non pensare a Callisto.
Con la mente ripercorse tutte quelle volte che l’aveva affrontata, tutte le volte che quella donna l’aveva messa in difficoltà.
Ma in fondo sapeva che in tutto questo lei aveva un margine di colpa: aveva ucciso la famiglia di Callisto.
Era così triste e stranita che non sapeva che pensare.
Xena si adagiò sulla riva del prato. Si meravigliò nel notare che non provava nessun pregiudizio su Arete. Lei era si, la figlia di Callisto. Ma non era come lei. No, Arete era un’altra cosa. In fondo dopo tante battaglie, dopo tanto odio… Callisto era come un’ossessione, era ovunque lei andasse.
Aveva rivisto Callisto negli Inferi, nell’animo di Livia e ora ne vedeva una copia fisica in Arete. Forse era vero che era parte di lei.
Sentì dei passi. Dei piccolissimi impercettibili passi, incerti come se cercassero qualcosa. O qualcuno.
Non si alzò neppure, prese il chakram e con noncuranza attese. Attese ancora un po’. Doveva essere un’amazzone, o Melissa o addirittura Arete.
Invece era Olimpia.
Xena sorrise nel vederla arrivare.
-Che fai?- disse Olimpia avvicinandosi lievemente all’amica che sedeva sull’erba accanto al ruscello. La luce lunare l’illuminava a tratti facendola sembrare una divinità: il suo aspetto era così nobile, così regale che era difficile non scambiarla per un’abitante dell’Olimpo. Il suo volto era baciato dalla luna e i suoi occhi sembravano di un colore che superava anche il blu quotidiano, ma si avvicinavano all’irreale e i suoi capelli apparivano ancora più neri del solito dalle gelide sfumature che regalava la luna.
-Dentro quelle tende non riesco a prendere sonno. Qui mi rilasso e rifletto -
Olimpia le sorrise e si avvicinò fino a sedersi accanto a lei.-A che pensi?-
-Ato pensando a quanto Callisto abbia cambiato la mia vita...- si fermò in una pausa glaciale che sembrò non finire mai:- ...E la tua-
-Ma ora è passato. Perché pensi ancora a lei?-
La principessa Guerriera non disse nulla, ma Olimpia vedeva nel suo cuore. E disse:-Non ti devi sentire in colpa. Callisto è vero, l’hai creata tu. Ma ora lei è uno spirito d’amore incarnata in tua figlia-
-Callisto è sempre stata una viva parte di me. Lei rappresentava i miei rimorsi, i miei errori passati. Ma io uccidendola non ho ucciso i rimorsi che tutt’ora provo. Chissà… forse anche lei sarebbe potuta diventare una guerriera giusta-
Olimpia scosse la testa:- No, non credo. Il suo animo è stato forgiato nell’odio-
-Anche il mio lo era. Callisto era solamente una donna che cercava pace.-
-Ma la cercava nella vendetta. E nel tuo dolore.-
-Io la guardavo e rivedevo me stessa. Tutta la rabbia che avevo quando Linceo era morto e a me fu data la colpa… pensavo che uccidendo le famiglie degli altri, avrei placato la mia ira e il mio vuoto. Anche Callisto credeva di sentirsi appagata quando ha istigato Speranza ad uccidere Seleuco. Ma poi anche lei ha sentito tornare l’angoscia, il vuoto... la disperazione che l’aveva condotta a tutto questo ora era di nuovo lì, come se tutto non fosse accaduto.-
Olimpia guardò Xena negli occhi e la lasciò continuare.
-Se… Se io non avessi ucciso la sua famiglia, ora lei non sarebbe diventata una sanguinaria… tu…- poi fissò Olimpia. –Tu avesti avuto una famiglia e saresti invecchiata felice e circondata dai figli di Perdicca… E forse anche mio figlio sarebbe ancora vivo-
Olimpia le si parò nervosamente davanti:-Basta Xena, BASTA!! Non puoi assumerti le colpe di questo destino. Non devi. Adesso basta pensare al passato, concentrati e dai il meglio nel presente. Non ti affogare nei sensi di colpa-
Xena sorrise, come avrebbe potuto fare senza Olimpia?
-Hai ragione- disse infine –Basta pensare alle disavventure passate.-
Olimpia le sorrise.
- l’unica cosa che mi preoccupa è il pensiero di Arete che scopre la vera identità di sua madre, allora sì che sarà pericolosa, sentirà i suoi punti d’appoggio... le sue certezze... crollare-
-Anche a me spaventa una simile prospettiva. Ma ci penseremo domani- sorrise Olimpia amorevolmente.
Xena diede uno sguardo al cielo e ridendo disse:- Ma è già "domani".-
-No, questa è una scusa bella e buona!- disse Olimpia mentre entrambe si dirigevano verso le rispettive tende, sperando di dormire quelle poche ore che le separavano dall’alba.

-Guerra!!!!- urlavano tutte le amazzoni in coro –Guerra ai Dori!-
Riunite, davanti ad un piccolo palchetto incitavano Varia a salirci sopra e guidare la guerra contro i Dori. Finora avevano recitato la parte dei topi che si nascondono dal gatto cattivo, ma ora basta. Volevano reagire.
Varia stava nella sua tenda poi uscì dirigendosi verso le compagne e salì sul palco.
La situazione era sorvegliata da meticolosa attenzione dalle guerriere greche che non osavano proferire parola, non per ora.
-Sorelle,- iniziò Varia.- Anch’io sono stanca d’essere braccata e credetemi nessuno come me vorrebbe uscire allo scoperto e dare una bella lezione ai Dori. Anch’io voglio la guerra, noi non scapperemo di certo-
Urla di approvazione si dispersero per tutta la piazzetta che prima era rimasta in silenzio. Varia con un breve cenno della mano riconquistò il silenzio e disse:- Ma quella che mi chiedete non è una mossa saggia. I nostri confini sono controllati da alcune truppe di nostre sorelle, e anche se dovessero sormontarli il nostro villaggio è introvabile all’interno delle nostre foreste. Finché resteremo qui, saremo al sicuro. E poi... ci serve tempo per pensare ad un attacco senza punti deboli.-
un fastidiosissimo brusio iniziò a diffondersi nella piazzetta e Varia continuò col dire:-Questa guerra per noi è fondamentale. Vi prego di non agire con superficialità, ci serve tempo per pensare.- concluse la regina scendendo dal piccolo palco, aveva concluso il suo discorso, ora le sue sorelle conoscevano la sua decisione.
Il popolo libero rimase in uno strano silenzio. Che preludeva solo un intervento immediato. Infatti Arete salì sul palco e con un gesto impertinente invitò la regina a salire con lei, il dibattito non aveva ancora avuto termine.
-Mia regina- iniziò con un tono di falsa sottomissione - Noi siamo stanche d’essere trattate come mosche in una ragnatela. Ci inviano compromessi assurdi, come se fossero già vincitori. Provano pena nei nostri confronti. Che vergogna!-
Subito applausi e urli di consenso sottolinearono le parole di Arete, lei li fermò e continuò:-Ma non si può certo biasimarli. In fondo siamo state noi che ci siamo etichettate questa fama. Prima eravamo delle guerriere temute. Ora siamo braccate all’interno dei nostri stessi territori-
Altre urla si dispersero nella piazzetta e davano a Varia un tale senso d’instabilità che non riusciva neppure a reggere lo sguardo di Arete.
-Le diamo una mano?- chiese piano Olimpia a Xena.
-Meglio di No. Se ci intromettiamo sottolineeremo la debolezza di Varia, diventerebbe lo zimbello di tutti. Una regina deve saper gestire il suo potere.-
Lo sguardo di Olimpia tornò a concentrarsi su Varia che subiva l'affronto di Arete, in silenzio.
Melissa nascosta in un angolo rideva, rideva delle amazzoni.
-Amazzoni- prese parola la regina –Certe volte attendere non è sinonimo di debolezza, ma d’astuzia se nel tempo in cui si sta nascoste si adotta un piano per vincere-
Tutti rimasero in silenzio, una voce, e questa volte non era Arete, si alzò sopra le altre:-La nostra regina ha ragione. Dobbiamo adottare una tattica, prima d’agire. E tu Arete, faresti bene a non metterti sempre contro Varia, solo per competizione.-
Tutti i sostenitori di Arete si estinsero per accentuare le parole dell’amazzone che aveva appena parlato e lodavano la regina per la sua astuzia.
Arete si ritrovò sola e mesta scese dal palco, come per dichiarare che aveva finito.
Aveva addosso gli occhi di tutto il popolo libero. Le più giovani la guardavano con ammirazione per aver tentato, almeno, di convincere le amazzoni che quello era sbagliato, le più anziane sembravano sul punto di sputarle addosso.
Passò accanto a Xena e Olimpia e quando si trovò accanto all’aedo si girò e disse:-come va il ginocchio?-
Olimpia imbarazzata dal fatto che quella conversazione la stessero seguendo decine d’amazzoni disse:-Bene, anche se devo riposare qualche giorno-
-Sono contenta- disse Arete mentre montava a cavallo e velocemente se ne andava.
Appena andò via galoppando la principessa guerriera si sentì invasa da una strana sensazione ed ebbe un tale capogiro che dovette appoggiarsi all’amica, altrimenti sarebbe caduta.
-Xena.. tutto bene?- chiese preoccupata Olimpia.
-No. Ho un presagio Olimpia. Un brutto presagio -
Olimpia restò a guardare l’amica, preoccupata di quello che sarebbe potuto accadere.

Cavalcò parecchio, il tempo necessario per smaltire la rabbia nei confronti di quelle compagne che l’avevano incitata ad opporsi a Varia e poi l’avevano pugnalata alle spalle, alcune addirittura avevano riso di lei.
Scese da cavallo appena credette che il suo cavallo non potesse andare oltre e si sedette a terra.
Aveva sbollito a sufficienza la rabbia e ora sarebbe anche potuta tornare se un impercettibile rumore non avesse attirato la sua attenzione.
Con maestria sfoderò l’ascia e si posizionò in fase d’attacco.
-buongiorno. Sbollita la rabbia?- a rivolgerle parola era stata una voce dietro di lei, Arete si girò di scatto.
Davanti a lei un uomo giovane, vestito con un’armatura e con un’aria da sciacallo dipinta in volto.
-Chi sei? Perché sei nei nostri territori?- domandò fredda Arete.
L’uomo sbruffò per non essere stato riconosciuto e disse:-Sono Marte, il dio dell..-
-Che vuoi da me?- lo interruppe l’amazzone, senza minimamente abbassare l’ascia.
-Proprio un bel caratterino... mi ricorda molto qualcuno… - finse di pensare il dio della guerra.
-I tuoi ricordi non mi interessano, io non ti conosco- le rispose brusca l’amazzone, poi rinfoderò l’ascia e fece per salire a cavallo se la voce del dio non l’avesse trattenuta.
-Eppure tua madre mi conosceva... E anche bene- aggiunse Marte, certo di attirare l’attenzione della donna.
Arete si girò nella sua direzione:-Mia madre non aveva in amicizia una divinità- disse in tono serio rivolta al dio. La voce le profumava d’odio e astio. In fondo chi poteva darle torto: sua madre era morta un mese fa e ora Marte le diceva cose impensate sul suo conto!
-Sbagli. Io e tua madre abbiamo combattuto assieme diverse volte.-
Arete si alterava lentamente:-Mia madre non era un granchè nel battersi-
-Al contrario. Era molto abile. Chiedilo a Xena, se non mi credi-
L’amazzone rise:-Xena? Quella donna non l’ha neppure conosciuta!-
-Stai sbagliando ancora Arete... Xena e tua madre avevano un rapporto… come posso definirlo? Conflittuale? Si, credo che conflittuale vada bene...-
Arete perse la pazienza:-Basta! Non è vera una sola parola di quello che dici...-
-Già perché ti hanno insegnato di non fidarti degli estranei, vero?- rise Marte, poi continuò:-Al contrario bisogna fidarsi di chi ci vuole bene… loro si che non mentirebbero mai…- e scoppiò in una fragorosa risata.
Arete si sentì improvvisamente insicura e balbettò un incertissimo:-Che vuoi dire?-
Marte si avvicinò e disse:-Voglio dire, che non faresti bene a fidarti ciecamente delle amazzoni.-
-Io non mi fido di loro!- controbatté velocemente Arete:-E poi non vedo che cosa centri mia madre in questa storia!-
Marte sorrise e disse:-Sai perché le notizie su tua madre che ti sto dicendo non corrispondono con ciò che sai?-
Arete sentì le proprie sicurezze, assieme alla spavalderia svanire lentamente e in quell’istante si sentì come un cane bastonato:-Perché?- chiese con un filo di voce.
-Perché non stiamo parlando della stessa donna, Arete –
Arete fece un veloce passo indietro:-Spiegati meglio!!- urlò.
-Le amazzoni ti hanno mentito sin dal giorno della tua nascita. Ti hanno fatto credere che eri una di loro, e ti hanno detto che una certa donna ti ha partorito una bella serata d’agosto… non è così?- chiese il dio, quasi urlando.
Arete non disse nulla ma il suo sguardo rispose per lei.
-Ebbene la sai la verità? Quella donna non è donna che ti ha generato! L’unico nesso che ha con te è averti salvata dalle grinfie della tua VERA madre, quando quest’ultima voleva ucciderti!-
Arete era pietrificata, ora sembrava in un mondo che era solo il suo... gli occhi fissi a terra, ma ascoltava ogni parola del dio.
Marte se ne accorse ed astuto continuò:- No.. tu non sei un’amazzone Arete… tu sei la figlia di una delle più grandi assassine di questo mondo! Sei figlia di Callisto!-
Marte continuava imperterrito il suo piano:-Le amazzoni ti hanno tradito ancora, Arete. Come oggi, nella piazzetta. Del resto tu che sei figlia di…-
Arete urlò:-Non è vero!!! Io non sono sua figlia!! Non sono la figlia di un assassina! Io sono un amazzone!!-
-perché non lo chiedi alle tue care “sorelle”?- disse prima di scoppiare a ridere e scomparire velocemente.
Arete montò in groppa e corse in una velocità pazzesca verso il villaggio amazzone...
Callisto…. Callisto…… Callisto… quel nome le girava nella testa come una giostra impazzita e addirittura le annebbiava la vista.
-Non è vero!- urlava ogni tanto, quando sentiva le parole del dio insopportabilmente nella sua testa ad un volume troppo alto o quando l’immagine di sua madre che sta per ucciderla le oscurava gli occhi, escludendola dal resto del mondo.
Mise il cavallo ad un’andatura leggermente più rallentata: ormai era arrivata al villaggio amazzone.
Era il momento della verità.

-E' arrivato il momento giusto- disse tra sè Melissa mentre ritornava dal solito nascondiglio dove aveva messo il suo nuovo messaggio per la sua gente.
L’ordine era chiaro: attaccare prima della mezzanotte.
Oramai i suoi uomini sapevano con certezza dove si trovava il villaggio amazzone, l’avrebbero attaccate e finalmente sarebbero morte tutte!
Sorrise diabolicamente, mentre osservava Arete arrivare come una furia nel villaggio, scendere da cavallo e dirigersi verso la tenda di Varia.
Arete entrò senza annunciarsi, come faceva sempre.
-Varia!- urlò appena entrata nella tenda.
La regina amazzone era sola nella sua tenda e rispose a Arete:-Che c’è che non va?-
-Chi è Callisto?- domandò Arete, fuori di sè per la rabbia. I suoi occhi bruciavano più di una torcia e sembrava davvero di aver al cospetto non un’amazzone, ma la temibile assassina.
-E'… una guerriera, un’assassina…- balbettò Varia, innervosendosi sempre di più.
-E chi è Celia?- urlò ancora più forte l’amazzone citando il nome della donna che fino a quel giorno lei aveva ritenuto sua madre.
Alcune amazzoni sentendo che chiasso proveniva dalla tenda si avvicinarono, ma non entrarono... più che altro ascoltavano discrete fuori dalla tenda.
Varia dopo un interminabile silenzio disse:-Che domande mi fai Arete? Celia era tua madre...-
-Bugiarda!!- urlò ancora più forte Arete.- Callisto era mia madre!-
Varia si sentì crollare. Si appoggiò al tavolo e disse silenziosamente:- Chi.. chi te l’ha detto?-
-Tu mi hai mentito! Non importa chi me l’ha detto! Tu mi hai mentito. Mi avete mentito tu e Marga. Siete delle false e delle ipocrite! Per tutti questi anni io ho creduto...-
-Adesso calmati Arete!- urlò Varia cercando di risultare convincente. –Anche se tua madre era Callisto, per noi non ha mai avuto alcuna importanza!-
-Per voi… certo per voi non ha importanza, ma per me si!- ribatté Arete.-E' tutta la vita che cerco di integrarmi. Non mi sono mai sentita parte delle amazzoni, mai. Io mi sono sempre sentita diversa. E per tutto questo tempo ho sempre pensato di dovermi ambientare, di dover socializzare… e ora vengo a sapere che io con voi non centro nulla... voi mi avete “adottato”, fine della storia. Io sono figlia di una guerriera, non di un’amazzone!!!- e Arete accentuò soprattutto quest’ultima parte con degli urli che sembravano quasi disumani. –Io non centro nulla con la vostra tribù con le vostre usanze… io sono qui per sbaglio!! Il mio posto è altrove!-
-No, il tuo posto non è altrove!- intervenne Olimpia, che furtivamente era entrata nella tenda quando lei e Xena avevano sentito chiasso ed erano accorse. La principessa guerriera sapeva già che scena avrebbe fatto, così preferì non entrare.
Arete si girò verso il bardo:-No, lo è invece- ora la sua voce era bassa e rassegnata. –Mia madre vi odiava. E anch’io vi odio…. Anche lei aveva capito, dunque, di che pasta siete fatte voi amazzoni.-
-Ascolta.. tu ora..- provò a dire Olimpia ma la donna uscì velocemente dalla tenda interrompendo il discorso.
Xena l’osservava senza parlare. Poi silenziosamente se ne andò.
Aveva altro ora a cui pensare.

-Tu conoscevi Callisto, vero?- era la voce di Arete a spaventare Olimpia intenta in alcune ricerche: cercava Xena. L’amica ultimamente era strana spariva spesso e per i più futili motivi faceva molto tardi.
-Se cerchi Xena non la troverai. Anch’io l’ho cercata, invano-
Olimpia si sedette su una roccia ed invitò Arete a fare altrettanto. L’amazzone dagli occhi scuri disse:-Raccontami di mia madre.- e dalla sua voce trapelava una forte commozione.
Olimpia aprì il suo zainetto e tirò fuori alcune pergamene: l’unico modo che aveva per parlare di Callisto a sua figlia era farlo attraverso delle pergamene.
Così le raccontò di Callisto in tutte le avventure in cui avevano visto la loro antagonista, non tralasciò nulla, neppure di Seleuco o della loro avventura negli inferi. Poi le raccontò del sacrificio di Xena e quindi di come Callisto sia diventata uno spirito d’amore incarnato in Evi, sua figlia.
-Questa è una sua lettera. Dice che non è più potuta recarsi a Roma, perché l’impero in questo momento è troppo sconvolto dalla guerra. Ora dovrebbe essere alla Città Rialzata-
La donna ascoltava attentamente, senza neppure dire una parola.
Olimpia concluse molti minuti dopo e l’amazzone non sembrava affatto rilassata o soddisfatta, anzi dai suoi occhi trapelava ancora tanta rabbia.
-Callisto aveva un lato scuro. Era un’abile guerriera ma era sconvolta dal dolore per la sua famiglia. decise che avrebbe vissuto solo nel dolore degli altri. Solo nel dolore di Xena. Credeva che la pace che cercava, sarebbe arrivata dopo che avesse intriso la spada nel sangue della vendetta. E questa fu la sua rovina.-
-Io credo- iniziò poi a dire –Che i tuoi racconti.. siano un po’… di parte-
-Sbagli Arete. Io scrivo quello che vedo- la corresse Olimpia.
-E tu vedi tutto dal punto di vista di Xena, non è così?- le urlò in faccia Arete.
-Ti prego calmati. Non c’è bisogno che ti scaldi. Io sono un aedo e cantando le gesta di Xena è ovvio che…-
-Allora lo ammetti! Sai che ti dico? Sono tutte baggianate!- e buttò a terra tutte le pergamene che Olimpia teneva sulle gambe. Il bardo le raccolse ma Arete disse:-Io non credo che mia madre sia stata un angelo, ma neppure il grande demonio che tu descrivi!- e con queste parole corse via di nuovo, chissà dove.
Ad un certo punto si fermò, stanca.
Pensò a Callisto. No, non poteva averla abbandonata. No, sicuramente non era andata così. Quell’impicciona di Celia l’aveva rapita da sua madre, ecco la verità!
Pensò a Callisto… a quando vide i suoi genitori trucidati da Xena… era ovvio che si vendicasse!
Pensò a quante ingiustizie aveva subito sua madre: per vendetta aveva affrontato Xena in tanti episodi, solo per vendetta. Era stata Xena la causa di tutto e Callisto alla fine ci aveva rimesso comunque.
No, doveva fare qualcosa per onorare sua madre… Assolutamente.
Decise quindi che avrebbe agito.
“Tanto per cominciare conoscerò questa Evi. Lei deve pagare per prima. Poi toccherà ai seguaci di Belhur. Le amazzoni verranno sterminate dai Dori e tanto basta. Ed infine la pagherà chi più di tutti ha rovinato la vita di mia madre… Xena! È solo causa sua se lei è poi diventata un’assassina. Si, anche lei deve pagare per il male che le ha fatto!!” così pensava Arete, e la sua mente, ora incapace di ragionare elaborava pensieri maligni su come vendicare la morte della madre.
Prese il cavallo e si diresse verso la Città Rialzata.
Così si compiva il piano di Marte, far di Arete un’erede della madre.
L’erede di Callisto.

4 CAPITOLO
Xena giocherellava poco allegramente con la spada facendola roteare in aria, con velocità.
Ad un certo punto la puntò in una direzione precisa, come se lì ci vedesse qualcosa.
Poi sbuffò e ripose la spada nella custodia. Attese qualche secondo poi, senza smettere di fissare quel punto, disse:-Vieni fuori…-
Come previsto Marte comparve ma non fece neppure in tempo a mettere piede lì che gli arrivò un pugno potentissimo in faccia.
-Diavolo… ma che…- gemette a terra –Che ti prende?-
Xena era allibita:-Mi prendi in giro? Secondo te chi può aver detto a Arete della sua vera madre sentiamo!- urlò adirata.
Marte continuò :- Sai che ti dico? Chiunque sia stato… ha fatto la cosa giusta..-
Xena scattò con un calcio, che il dio parò; poi con un altro pugno questa volta al ventre, lo fece piegare per la potenza del colpo.
-Ok, va bene… va bene… lo ammetto sono stato io…- disse la divinità rialzandosi.
-Ti rendi conto di quello che hai fatto?- gli domandò Xena alquanto furiosa.
-Penso di aver fatto la cosa giusta… e credo che anche tu in fondo sei d’accordo con me…< tutto questo è assurdo >… l’hai detto tu stessa ricordi?-
Xena lo fissò:-Ci spii anche allora…-
-No, ero lì per puro caso... quando ho saputo tutto, mi sono detto: questa è una vera e propria cattiveria! Devo subito andare a dire la verità a quella povera ragazza-
Xena lo fissò dritto negli occhi :-E' inutile Marte con me non attacca dovresti saperlo! Non cercare di nascondere in buone azioni tutto quello che tu fai per i tuoi sporchi interessi! Non ti è bastata l’avventura con Vendetta per farti venire un po’ di sale in zucca?- urlò Xena.
Marte era stato smascherato alla grande, ma come al solito non lo diede a vedere e disse:- Non ti seguo-
-Adesso mi segui?- gli disse Xena estraendo la spada.
Il dio fece altrettanto.
Subito la foresta fu invasa dal suono di rumori metallici. Xena colpiva il dio con tanto odio e con rabbia... per non parlare della incredibile violenza poichè
sapeva che non avrebbe potuto ucciderlo. Marte parava colpi a destra e a manca, ma non gli riusciva d’attaccare, la sua guerriera oggi sembrava davvero di pessimo umore ed era decisa a fargli dire la verità ad ogni costo.
Un altro fendente della principessa guerriera, un salto per parare un colpo basso di Marte e poi finalmente la mossa finale per disarmare il dio, accompagnata da un poderoso calcio in faccia. Marte era a terra sotto la spada della principessa guerriera.
-Va bene… hai vinto…- disse alzandosi mentre Xena rinfoderava la spada.
-Allora.. quale cammino hai previsto per Arete?-
-Pensavo che avrebbe potuto eguagliare la madre ma non ci conto troppo... e poi non importa… non riuscirai a sdoppiarti e salvare le amazzoni e Evi in contemporanea.- s’interruppe bruscamente consapevole d’aver parlato troppo.
-Evi?- disse Xena avvicinandosi al dio –Che cosa centra mia figlia in questa storia?- gli urlò contro prendendolo per il gilet :-Se non mi dici subito cosa centra Evi io….-
Ares sorrise e disse :-Chiedilo a Olimpia. È stata lei a rivelare a Arete l’esistenza di tua figlia!-
-Cosa?- disse Xena incredula.
-Proprio così!- sorrise il dio aumentando il tono di voce –Gli ha raccontato della storia di Callisto e poi le ha detto di Evi, la sua reincarnazione che addirittura ne è predicatrice dei seguaci di Belhur!-
Xena lasciò la presa e fece qualche passo indietro.
Marte soddisfatto d’averle messe una contro l’altra, continuò:-...E ora vuole vendetta. Lei in fondo pensa che sua madre sia stata diffamata in terra e vuole farla pagare a chi ne ha avuto la colpa... inizierà da Evi perché ritiene che disonora il ricordo di sua madre-
Xena alzò lo sguardo e incontrò gli occhi del dio:- Complimenti Marte hai calcolato tutto… ma non riuscirai a portare Arete sulla strada di sua madre… Non te lo permetterò.- La guerriera si girò su se stessa e se ne andò.

Arrivò alla Città Rialzata che era già sera, ma non le importava.
Se Evi era così importante e famosa come le aveva descritto Olimpia, le sarebbe bastato chiedere a qualcuno e sarebbe stata portata da lei. Legò il cavallo ad un palo di una taverna. Prima di entrare si guardò intorno. Quello una volta era il territorio sacro delle amazzoni e non avrebbero mai permesso di edificare case; Ora invece i subdoli Sciiti avevano colto l’occasione per costruire le loro abitazioni appena le amazzoni si erano indebolite.
E ora sorgeva lì una vera e propria città.
Sospirò ed entrò nella taverna.
C’erano donne che servivano e uomini che mangiavano molto attentamente ma al suo arrivo ebbe tutti gli occhi addosso compresi quelli delle bambine.
Era raro che un’amazzone entrasse nella città Rialzata.
-Che avete da guardare?- chiese innervosita mentre si sedeva ad un tavolo.
Subito tutti tornarono alle loro vivande, tutti tranne un uomo che aveva l’aria da spaccone e ridendo disse:-Che ci fa un’amazzone qui?-
Tutti ripresero incuriositi a fissare Arete, interessati. Infatti era quello che si stavano chiedendo tutti dal suo arrivo.
-Sto cercando una donna che si chiama Evi. Ne sapete nulla?- chiese Arete.
Tutti tornarono alle loro occupazioni, le donne servivano e gli uomini mangiavano, i bambini pulivano o facevano da camerieri. Sembravano ignorarla volutamente.
-Allora?- chiese gridando.
Nessuno rispose.
“Deve essere ben protetta questa Evi.” Pensò mentre chiamava un bambino al suo tavolo.
-Cosa desideri signora?- disse il bambino con un fogliettino e una piuma in mano, pronto a segnare l’ordinazione della donna.
Arete sorrise e disse:-Una zuppa di farro quanto viene?-
-Otto denari, signora amazzone.- rispose timido il bambino. Evidentemente non aveva mai visto un’amazzone prima d’ora. L’aveva solo sentita chiamare da quello sciita.
-Ti potrei dare quindici denari- disse Arete.
Il bambino s’illumino:-Quindici?-
Arete continuò:-Otto denari li darai alla tua padrona, mentre 7 saranno tutti per te, contento?-
Il bambino non parlò ma dal suo volto era chiaro che era arcicontento. Doveva provenire da una famiglia molto povera, se per lui sette denari in più potevano essere motivo di gioia.
-Allora li vuoi questi 7 denari in più?-
Il bambino timidamente disse di si.
-Bene, e allora dimmi dove sta una che si chiama Evi… - il bambino si rabbuiò e fece per andarsene, ma poi restò e disse :-Ma tu chi sei? Perché vuoi vedere Evi?-
Arete tirò fuori tutte le sue abilità e disse:- Sono …. Una sua carissima amica… Olimpia…- continuò l’amazzone.
-Tu.. sei Olimpia?-
-Proprio così. Allora sai dirmi dov’è Evi?-
Il bambino sorrise e disse :-E' vero sei proprio tu. Hai i capelli biondi e sei un’amazzone… ma non li tenevi più corti i capelli?-
-Senti non ho tempo per le sciocchezze… Dov’è Evi??? - disse Arete cercando di non impaurire il bambino con un tono troppo aggressivo.
-E' nella piazza del villaggio. C’è un grande portone, fai sette colpi, non uno in più, né uno in meno, lì dentro c’è Evi –
-Grazie piccoletto. Eccoti 15 denari-
-Le porto subito la zuppa-
-Non c’è bisogno. Sto bene così. Tienili tutti per te quei soldi e non ti preoccupare...- sorrise Arete mentre scompigliava leggermente i capelli al bambino e si alzava. Lentamente uscì dalla taverna.
“Sto arrivando Evi” pensò mentre prendeva la strada per la piazzetta.

di Diomache

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