episodio n. 9
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Introduzione/ Esodo
Ovunque era silenzio. Tutto pareva tacere, sotto il suo ferreo volere. O, meglio sotto il ferreo volere della sua mente.
L’uomo sedeva, in postura da meditazione, solo, in una tenda d’accampamento.
Il suo corpo era un misto di rilassatezza e tensione.
Ogni muscolo era scolpito perfettamente. Più che un uomo, egli pareva una delle migliori sculture di Prassitele.
I lineamenti del volto erano duri e fieri: la mascella scolpita, il naso un po’ aquilino, gli occhi chiusi, a mandorla.
Il viso virile, incorniciato da lunghi e lisci capelli corvini, degni d’una fanciulla.
Ma ciò non gli toglieva mascolinità.
Oltre che per la parvenza fisica, l’uomo sembrava una statua per la postura: rigido come un tronco.
A petto nudo, seppur facesse freddo, egli continuava la propria meditazione, con le spalle rivolte all’entrata della tenda.
Era abituato al clima freddo del luogo ad egli natio, il Tibet.
Un solo movimento, freddo, totalmente preciso e letale.
Senza neanche aprire gli occhi, aveva lanciato un bastoncino usato per mangiare il riso e, questo, aveva colpito un moscone, andando a conficcarsi nella parete della tenda, tale era la potenza del lancio.
L’uomo tornò nella sua statica compostezza, imperturbabile.

Capitolo Primo/ Atto Primo
<<Dovrebbero inventare qualcosa che solchi il cielo anziché la terra… e con maggior rapidità!>> Esclamò Olimpia, scendendo da cavallo.
<<Qualche altra richiesta?>> Scherzò Xena, camminando davanti a lei.
Olimpia non rispose. Quello che s’era trovata di fronte, l’aveva fatta tacere come nessuna frase di Xena, per quanto pungente potesse essere, avrebbe potuto.
…Il Tibet…
Il paesaggio era diverso da tutti gli altri molteplici nei quali era stata.
Forse aveva qualcosa in comune con la Cina… o il Giappone… o forse l’India…
Non sapeva deciderlo nemmeno lei.
Quel luogo aveva qualcosa di unico. Le piccole case, le botteghe, avevano tetti spioventi, a capanna, pratici contro la neve.
Olimpia notò subito quanto anche la gente stessa sembrasse diversa.
Non c’era chiasso, nessuno bisticciava, i mercanti non reclamizzavano la loro merce, i bambini non strillavano… tutto sembrava immerso nella pace.
Al bardo, quella visione piacque immediatamente.
Xena guardava Olimpia osservare quel luogo. La Principessa Guerriera sapeva quanto la poetessa avrebbe apprezzato.
Un freddo vento spirava, scompigliando i capelli del bardo ed arrossandone leggermente le gote e le labbra.
<<Xena… - sussurrò meravigliata, l’amazzone – è bellissimo…>>
La Principessa Guerriera sorrise. Lei guardava la sua amica, come questa guardava quel luogo.
Nonostante la conoscesse da anni, riusciva ancora a restare incantata da lei, da come parlava, gesticolava, dalla luce che emanavano i suoi occhi turchesi, dalla bellezza del suo esterno, riflessione del candido animo.
<<Sembra un mondo di favola.>> Rispose, quindi, Xena.
Olimpia annuì e si strinse di più nella pezza con la quale si stava comprendo. Il clima era davvero fresco ed era risaputo: lei preferiva il caldo.
Una giovane donna, di media statura, dai lineamenti tipici del luogo, s’avvicinò a loro.
<<Sei Xena?>> Chiese.
<<Sì.>>
La giovane chinò il capo, in segno di stimato saluto. <<Il mio nome è Kharisma, mi manda il Maestro.>> Disse poi.
La Principessa Guerriera ricambiò il cenno, imitata da Olimpia.

Subito dopo, le due risalirono a cavallo e seguirono la ragazza, alla volta del Monastero di Burkhang. Cavalcarono velocemente, attraverso un bosco di freddi abeti argentati. Olimpia, seduta dietro a Xena, le stringeva i fianchi saldamente, per non cadere.
Il vento gelido continuava a muovere l’aria e l’amazzone strinse la presa con maggior forza, al busto di Xena. Sentí il profumo che emanava invaderle le narici e se ne riempí i polmoni, come a voler prendere la guerriera entro se stessa. Xena se ne accorse e si voltó per un istante indietro, per guardare la sua compagna. Le sorrise dolcemente ed Olimpia, dopo aver ricambiato, appoggió la testa sulla schiena della guerriera, chiudendo gli occhi.

Le due non si trovavano in Tibet per caso, circa una luna prima, avevano ricevuto una missiva dove il Maestro Grahaam chiedeva l’urgente aiuto di Xena.
La Principessa Guerriera raccontò ad Olimpia d’averlo conosciuto quando ancora era una fanciulla e viveva ad Anphipoli ed averlo rivisto, poi, dopo la morte di Akemi, quando il suo animo tormentato dalla morte, non faceva altro che cercare pace.
Il Maestro aveva sempre avuto una grande considerazione di lei, vedendo dentro al suo animo oscurato, uno spirito nobile e potente.

Dopo più d’un ora di tragitto a cavallo, le tre donne giunsero all’imponente e mistico monastero.
Neanche Xena v’era mai stata prima. La calma sembrava regnare persino su quel luogo che traspirava spiritualità dalle sue fredde mura.
L’interno era spoglio, minimalista e disadorno ed il silenzio assoluto che vi era, non incuteva timore, anzi, tutto era pace.
Olimpia inspirò profondamente, volendo raccogliere in sè anche quell’atmosfera.
In una sala, da un lato, le pareti di vetro davano una perfetta visuale del bosco esterno; Sedeva a terra, a gambe incrociate un piccolo uomo che pareva così vecchio, da aver visto nascere le divinità. Profonde rughe solcavano il suo viso dall’immagine buona, addolcito da caldi occhi scuri, a mandorla.
Xena sorrise, appena lo vide. L’ultima volta che lo aveva visto era vecchio, sì, ma non così tanto.
In fondo non c’era da stupirsi, erano passati sei lustri… Ora, l’uomo, doveva aver superato la novantina.
<<Maestro…>> Sussurrò la Principessa Guerriera.
L’anziano s’alzò ed allargò le braccia. <<Mia splendida Xena… - Esclamò, cingendola in un paterno abbraccio. – Non sai che piacere rivederti in salute.>>
<<Lasci che le presenti la mia fedele compagna, Olimpia…>>
Solo allora il bardo s’avvicinò, non avrebbe voluto violare il momento d’intimità tra Xena e l’anziano Maestro. La donna chinò la testa e quando la rialzò, l'uomo sfiorò l’indice ed il medio sulla sua fronte.
<<La tua luce e forza m’incantano, Olimpia. Lieto di conoscerti.>>
L’amazzone si sentì onorata da quelle parole e già un po’ più intima in quella situazione.
<<Maestro… - intervenne Xena. – Mi avete fatto preoccupare con quella missiva d’urgenza.>>
L’anziano indicò alle guerriere di sedersi sui cuscinetti posti a terra.
Kharisma, rimasta ferma all’entrata della sala, s’avvicinò e sedette, vicino al maestro.
<<Mia cara Xena, devi sapere che un pericolo imminente incombe su tutti noi. Lord Larek, figlio dell’Imperatore, è un omicida. Non per vendetta, nè per arricchirsi, è già talmente ricco di suo… Lui vuole il mondo ed ama la sofferenza. Il suo spirito è arido, non conosce pietà e bontà. La sua armata è molto numerosa ma ciò che più è preoccupante, è la sua implicazione con l’ultraterreno.
Domani quando il sole sarà alto a mezzogiorno, egli invocherà lo spirito in sè e diventerà così creatura del male, indistruttibile e immortale.>>
Olimpia sussultò leggermente, le parole ed il tono del Maestro la spaventavano.
Neanche Xena era completamente tranquilla, conosceva il Maestro Grahaam e sapeva ch’egli non era tipo da creare allarmismi inutilmente. Se indicava un pericolo, questo c’era sicuramente.
<<Ho saputo delle tue imprese, mia Xena… Le tue pergamene, Olimpia, ed il tramandare di voci vi ha reso davvero grandi. Sono in pochi coloro che ancora non conoscono la vostra forza e le vittorie che avete avuto sulla morte.>>
A quelle parole, le due guerriere si scambiarono un’occhiata colma d’affetto.
Ogni volta che guardava Xena, Olimpia non riusciva a non pensare a com’era stato perderla e all’immensa gioia di riaverla. Se c’era una cosa che quell’esperienza le aveva insegnato, era l’importanza d’ogni attimo trascorso con le persone che si amano.
<< Solo voi… - continuò il Maestro Grahaam - Solo voi, potete fermarlo e dovete farlo prima che sia troppo tardi.>>
<< E lo faremo.>> Disse, Xena, risoluta.
Sconfiggere Larek, per quanto forte e preparato fosse, non sarebbe stato impossibile, per la Principessa Guerriera. Per lei che s’era battuta contro ogni genere di creatura esistente e che aveva sempre vinto.
<< So che puoi uccidere gli dei e che, grazie al potere che ti è stato conferito dall'onorabile Belur. Ma questa volta é diverso, Xena. Chi diventa immortale per aver invocato il male non é come le altre divinitá. Non ti basterá il tuo dono per uccidere Larek se sará giá diventato immortale. Devi ucciderlo prima del rito, prima della sua ascensione. Domani, all’alba, dovrai sorprenderlo al suo accampamento, poco distante da qui. La sua folle smania di gloria e conquista gli dà un particolare senso dell’onore. Non rifiuterà mai una sfida contro te. E dei suoi uomini non c’è da preoccuparsi, non attaccheranno mai senza un suo ordine. Ordine che non riceveranno se lo sfiderai. Se vinci, sarà la pace…>>
<<Ma se perdi…>> Intervenne Kharisma, rimasta sino allora in silenzio ad ascoltare la conversazione.
Xena la fissò per un istante.
<<Non devi perdere, mia dolce Xena. – Disse il Maestro, posando la mano su quella della guerriera. – Ora andate a riposare, la battaglia sarà dura… La sorte del mondo è nelle tue mani.>>
Olimpia guardò Xena. Non era la prima volta che il destino del mondo dipendeva dalla Principessa Guerriera eppure, ad avviso dell’amazzone, quella era una responsabilità alla quale non ci si poteva abituare. Eppure Xena sembrava così decisa e sicura. Ma il bardo la conosceva troppo bene per lasciarsi incantare dalla sua corazza: sapeva che Xena non sottovalutava mai il nemico, così era sempre pronta al peggio e le cattive sorprese non la coglievano impreparata. Sorprese che, però, arrivavano sempre. Puntuali ed inesorabili.

di Lisa

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