episodio n. 5
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PROLOGO

Tipica sera primaverile… Il cielo era sereno, punteggiato da mille piccoli e luminosi astri: milioni di lucciole che schiarivano le tenebre. La luna splendeva sulla sua testa con un tenue pallore; l'aria fresca della sera le sembrava tanto limpida e pulita, mentre una lieve brezza le passava sulle ciocche castane, scompigliando i capelli della donna, che posando una mano sulla chioma, cercava invano di domare quei ricci ribelli; le lacrime, che nascevano dai suoi caldi occhi bagnati, le scendevano sul volto, come tante piccole perle, destinate a perdersi ogni volta che si frangevano sotto il suo mento; nelle mani una pergamena vergine, forse una delle ultime che avrebbe avuto occasione di scrivere… si, perché il Fato, era stato ancora una volta poco benevolo nei suoi riguardi.
Saffo era affacciata al davanzale della sua loggia, immersa completamente nell'oscurità proveniente dalla sua stanza da letto; solo quelle stelle che rischiaravano la volta celeste, le facevano da lampada. Il suo animo era triste, sconvolto da una profonda crisi interiore; una delle tante nella sua vita; anzi, forse la prova più difficile che le si fosse presentata innanzi… Mentre le lacrime continuavano a sgorgare copiose dai suoi scuri iridi, la poetessa alzò gli occhi al cielo, cominciando a singhiozzare delle parole, che sembravano essere dei versi: <Madre dolce, più non riesco a tesser la tela; sono domata dal desiderio di un ragazzo, a causa di Venere molle.> Attanagliata dal dolore, Saffo alzò contrita i palmi delle mani al cielo, stringendoli poi a pugno e recitando con tutto il suo dolore:
<Venere, trono adorno, immortale, figlia di Giove, che le reti intessi, ti prego: l'animo non piegarmi, o signora, con tormenti e affanni. Vieni qui: come altre volte, udendo la mia voce di lontano, mi esaudisti; e lasciata la casa d'oro del padre venisti, aggiogato il carro. Belli e veloci passeri ti conducevano, intorno alla terra nera, con battito fitto di ali, dal cielo attraverso l'aere. E presto giunsero. Tu, beata, sorridevi nel tuo volto immortale e mi chiedevi del mio nuovo soffrire: perché di nuovo ti invocavo: cosa mai desideravo che avvenisse al mio animo folle. "Chi di nuovo devo persuadere a rispondere al tuo amore? Chi è ingiusto verso te, Saffo?
Se ora fugge, presto ti inseguirà: se non accetta doni, te ne offrirà: se non ti ama, subito ti amerà pur se non vuole." Vieni da me anche ora: liberami dagli affanni angosciosi: colma tutti i desideri dell'animo mio; e proprio tu sii la mia alleata…>
Appena terminati questi versetti, vi fu un attimo di silenzio nel quale riecheggiavano solo i singhiozzi della donna; poi un urlo si levò al cielo: <Venere! O Dea dell'amore, perché mi hai abbandonata anche tu? Perché lasci che la tua prediletta soffra mille tribolazioni a causa dell'amore non corrisposto del bel Faone? Perché! Perché…>
Una giovane figura, giunta lì appena sentito l'urlo, rimase silenziosa sull'uscio della porta della camera di Saffo, muta ad ascoltare il suo sfogo…
<Se questa è un'altra delle prove a cui il Fato vuole sottopormi… mi spiace, ma ha già vinto: Sono stanca di soffrire per amore; di amare persone che puntualmente vanno via; o peggio ancora che non corrispondono il mio sentimento… Se il Fato vuole questo, non lo accontenterò stavolta… preferisco morire ponendo per sempre fine alle mie pene d'amore. E neppure tu, Venere, se non puoi darmi aiuto, potrai impedirmelo!>


CAPITOLO 1

Era una tiepida e tranquilla mattina di primavera; il sole era sorto da poco, ed illuminava con i suoi primi tiepidi raggi, i giacigli disfatti delle due guerriere, che anche quella notte, come del resto quasi tutte le altre trascorse insieme, avevano dormito nel bosco. Il fuocherello che avevano acceso la notte prima per scaldarsi, era ormai spento da un bel po', tuttavia sotto le ceneri dei tizzoni bruciati, ardeva ancora una lieve brace. L'accampamento nel quale si erano sistemate Xena e Olimpia, pareva però deserto… certo vi erano i loro cavalli, le loro bisacce, le loro armi, ma delle guerriere nessuna traccia. Ad un tratto, giocosi schiamazzi ruppero la quiete di quel silenzioso mattino; dunque poco lontani dall'accampamento, sparsi un po' per terra, un po' appesi ad un tronco, nei pressi di un lago, vi erano gli indumenti delle due, che ridevano a più non posso nell'acqua, facendosi i dispetti a vicenda.
Era sempre stata loro abitudine fare un bagno rigenerante mattutino, e quel giorno non fece eccezione! Xena e Olimpia si divertivano come matte: Si bagnavano, si schizzavano dandosi battaglia fino all'ultima goccia, e la cosa più divertente era vedere come quelle due donne "grandi e grosse", si comportavano in quel momento ricreativo, come due bambine dispettose:
<Xena! Beccati questo gavettone!>
<Non avrai mica intenzione di…> Purtroppo non riuscì neppure a finire la frase che si trovò travolta dall'acqua che la fece andare a testa sotto. Appena riemerse, Xena disse all'amica sputacchiando ancora l'acqua che aveva bevuto: <Ma brava! Poi se mi vendico per questo brutto tiro, dici pure che sono sempre in competizione con te!>
Olimpia cercando di istigarla: <Perché, vuoi dire che non è così?>
Xena <E mi spieghi perché dovrei voler competere con te?>
Olimpia <Non lo so; ma è una cosa che hai sempre fatto! Ed ora dovresti essere più motivata di prima, perché adesso anch'io sono la guerriera della situazione!> Così dicendo si avvicinò a Xena dandole un pizzicotto sulla guancia.
Xena con un pizzico di ironia: <Ma sentila! Caro il mio bardo, le faccio notare che da quando ha imparato ad usare il pinch, e a lanciare il chackram, si sta esaltando un po' troppo… Non sono questi dei validi argomenti per poter affermare di essere una guerriera!>
Olimpia canzonandola: <Oh già! Avevo dimenticato di non avere a che fare con una guerriera qualunque: Scusami grande Principessa Guerriera!>
Xena incalzò: <Se se, fai pure la spiritosa, ma ti ricordo che nessuno sà che io sono morta e poi ritornata alla vita…>
Olimpia la interruppe: <E con ciò?>
Xena continuò sicura di se: <Vedrai: La gente che avrà bisogno di aiuto verrà a cercare Xena la principessa guerriera, non Olimpia il bardo di Potidea!>
<Ne sei proprio sicura?>
Xena con atteggiamento di sfida : <Scommettiamo?>
Olimpia, che era stata messa K.O. dalla disarmante sicurezza dell'amica, le fece una molto eloquente smorfia, ma vedendosi messa alle strette, strinse la mano che Xena le aveva teso per stipulare la sommessa, formulando poi un abbastanza tentennante: <Scommettiamo…>
A quel punto Xena tornò alla carica: <Se perdi pescherai con me per tutte le idi di marzo…>
Olimpia si lamentò: <Xena, ma sai che odio pescare!>
La principessa guerriera con un ghigno beffardo la rimproverò: <Niente ma! E' un pegno, e le vere guerriere i pegni li pagano! Ma non ho finito, dicevamo: pescherai con me per tutte le idi di marzo e mi laverai la schiena massaggiandola a dovere per quindici lune… Già mi gusto il relax che le tue dolci e sapienti manine sapranno donarmi!>
Olimpia le rispose quasi piagnucolando: <Xena, tu non sei una benefattrice dell'umanità; tu sei una sfruttatrice! Mi ero illusa che fossi diventata meno profittatrice da quando sei ritornata a vivere sulla terra con me, ed invece…>
Xena la guardò in volto, fissando i suoi occhi in quelli smeraldini dell'amica; sapeva quanto Olimpia fosse cresciuta interiormente, e quanta strada avesse fatto anche come guerriera; tuttavia, pronunciando quella frase, le era parso per un momento, di ritornare a vedere in lei, quell'indifesa fanciulla che aveva conosciuto molti anni prima; le si avvicinò ponendole una mano sulla spalla, che massaggiò delicatamente sussurrandole poi nell'orecchio, con voce intensa: <Va bene, ho capito: Vuoi le coccole vero? Che ne dici se mi faccio perdonare… lavandoti la schiena? Dopotutto fra un po' dovrai lavarla tu a me per un bel po'!>
Olimpia ritrovando il suo ardore: <Stai parlando come se già avessi vinto la scommessa, ma… se invece dovessi vincere io? Quale sarà il mio premio?>
Xena con atteggiamento di sufficienza: <Bhè… farò per quindici lune tutto quello che vuoi tu! E' un prezzo da pagare troppo alto, rispetto al tuo pegno, ma… è talmente remota la possibilità che tu vinca…>
Olimpia falsamente arrabbiata si girò verso di lei, serrò a pugno la mano, e la colpì sul petto, forte, ma non abbastanza da farle male, poi ribatté:
<Continui ad infierire su una donna morta!! Hai un cuore di pietra!>
Xena per tutta risposta si limitò a fissarla divertita, poi divenne di colpo seria, passandole una mano sul viso, per carezzarglielo delicatamente, spostandole una bionda ciocca bagnata, che le penzolava davanti gli occhi. Un brivido corse lungo la schiena di Olimpia: Com'era possibile che quella donna tanto forte e brutale sapesse essere all'occorrenza, e con lei soprattutto, così dolce e delicata? Com'era possibile che quelle mani possenti e vincenti in battaglia sapevano procurarle intensi brividi ogni volta che la sfioravano, annientando le sue difese? La guerriera continuò quell'effusione e mentre la carezzava, le disse molto dolcemente:
<Se avessi il cuore di pietra, allora non proverei quello che...>
L'idillio di quel momento fu però interrotto da un prolungato brusio tra gli alberi, che mise in allerta le due guerriere:
<Olimpia…>
Ma la donna l'anticipò: <Xena, lo so! C'è qualcuno dietro quel cespuglio di more… E a quanto pare, è li che ci sta spiando da un bel po'!>
Xena guardò l'amica stupefatta; pensò: <Allora ho davvero creato la copia bionda di me stessa?>; ma non v'era tempo per compiacersi dell'intuizione del bardo; così con un paio di scatti silenziosi e repentini, furono subito fuori dall'acqua, nei pressi del cespuglio "sospetto"; quasi fulmineamente Xena, affiancata dall'altro lato dal bardo, spostò la chioma di quell'arbusto, per vedere cosa, o più probabilmente chi si celasse dietro di esso.


CAPITOLO 2

Quando la guerriera mosse con molta cautela le fronde di quel cespuglio; tale fu la sorpresa delle due, vedendo sbucare fuori da esso una donna piuttosto mingherlina, con grossi occhi neri e capelli altrettanto scuri, ma con i tratti somatici caratteristici dei paesi ellenici. Era vestita con una tunica bianca di pizzo, ricamata agli orli e con dei calzari preziosi; così la guerriera intuì subito che doveva provenire da una famiglia abbastanza agiata. Istintivamente Xena si mise in posizione d'attacco, più per abitudine però, che per paura che quella donna potesse effettivamente far loro del male, comunque la donna alquanto impaurita riuscì a dirle: <Non farmi del male; non sono armata e vengo in pace!> Xena ruppe la posizione d'attacco, così si ritirò; i suoi muscoli si allentarono dalla tensione che li aveva imprigionati poco prima, ed anche il suo viso assunse un portamento più sereno.
Olimpia porgendo una mano alla donna, aiutandola così ad uscire dal suo "improvvisato" nascondiglio, le chiese: <Chi sei? Perché ci stavi spiando?> La donna sembrò del tutto riprendersi dallo spavento di poco prima tirando un profondo sospiro per lo scampato pericolo; cominciò quindi a pulirsi con una mano, il terreno che le sporcava la tunica all'altezza delle ginocchia. Si gettò all'indietro i capelli ormai sconquassati, con molta disinvoltura, e poi si mise finalmente in posizione eretta stiracchiandosi; in quel momento, si rivelò alle due, come una donna abbastanza alta, molto aggraziata e bella.
Xena era però spazientita da quell'atteggiamento vanitoso della donna che non si affrettava a rispondere alla sua amica le intimò quindi: <Ehi, sei sorda? Perché non rispondi alla domanda che ti ha fatto?> La donna distolse gli occhi dal suo vestito sgualcito e fissò le due guerriere, squadrandole da capo a piedi; rimanendo però muta dinnanzi allo spettacolo che i suoi occhi le offrivano; solo in quel momento Xena e Olimpia, guardandosi a vicenda, si accorsero di essere ancora del tutto nude… Alla donna che continuava a fissarle con insistenza, scappò dalla bocca in un sottile bisbiglio quasi impercettibile:<Stupende!> E piene di imbarazzo le guerriere presero i primi stracci che avevano sotto mano per coprirsi temporaneamente, almeno, finché quella donna non avesse smesso di guardarle inebetita. Olimpia, alquanto infastidita dallo sguardo insistente e penetrante della donna, le chiese:
< Per gli Dei! Che hai da guardare? Insomma, vuoi dirci chi sei?>
Fu solo in quel momento, che la donna sembrò abbandonare il suo stato di estasi tornando alla realtà; si degnò dunque di rispondere alle due che attendevano ansiosamente che lei proferisse parola: <Scusatemi se vi ho disturbato meravigliose fanciulle, passavo di qua per caso, ma sono stata vinta dalla curiosità di sbirciare, per vedere da dove provenivano quegli allegri schiamazzi… Dunque ho trovato voi, mi dispiace se ho interrotto qualcosa di…>
Xena con atteggiamento misto fra lo spazientito e l'imbarazzato le disse: <Si, ma taglia corto, vuoi dirci una buona volta chi sei?>
La donna rispose: <Il mio nome è Attis, lieta di fare la vostra conoscenza…>
Xena seccata rispose: <Se la situazione fosse diversa direi che il piacere è tutto nostro, ma… ehi, la smetti di fissarmi come una che non ha mai visto una donna?>
Attis le rivolse parola con fare dolce e suadente, ed un aria ancor più trasognata: <Scusa è che sei una creatura meravigliosa…>
Xena abbassò il capo scoraggiata in segno di resa… Olimpia invece, fu colta da una folle gelosia a causa di quelle parole; non le capitava mai di essere incredibilmente gelosa di qualcuno, ma Xena era l'unica eccezione che confermava la regola; tuttavia cercò di controllarsi, e già che c'era, deviò anche il discorso, che altrimenti sarebbe diventato insostenibile per tutte e tre, perciò disse:
<Sembri un'aristocratica, cosa ci fai tutta sola in un bosco? Perché passavi di qui per caso? Dove eri diretta?>
Attis, che fino ad un istante prima, fissava le donne con uno sguardo acceso e luminoso, improvvisamente si incupì in volto; questo mutamento riuscì ad essere così palese che Xena e Olimpia lo carpirono contemporaneamente, fissandosi a vicenda come per dirsi: <E adesso che ha?>.
La loro curiosità fu però, subito fugata dalla donna che si mise a sedere con fare molto svogliato sul prato verde, e martirizzando un ciuffetto d'erba, cominciò a parlare con tono triste guardando un punto dell'orizzonte non definito:
<Bhe, in effetti… sono un'aristocratica, ma la mia storia è lunga e triste, e non vorrei annoiarvi…>
Mentre Olimpia indossava il suo corsaletto cominciando a rivestirsi, intimò alla donna di parlare: <Attis, spiegaci meglio quello che vuoi dire! Accidenti, l'Oracolo di Delfi sarebbe meno misterioso di te!!>; intanto Xena, che non proferiva parola, imitò l'amica rivestendosi, e in un baleno fu di nuovo bella, pronta e sistemata. Attis che nel frattempo aveva calato lo sguardo su quel ciuffetto di erba che stringeva in mano, lo risollevò quasi intimidita, guardando sott'occhio a che punto fosse la fase di vestizione delle due guerriere, poi si schiarì la voce e continuò:
<Come vi dicevo sono un'aristocratica, ma non perché le mie origini fossero nobili, infatti provengo da una famiglia poverissima che vive tutt'oggi sull'isola di Lesbo, la mia patria; ma sposando Alceo, ho ereditato il suo titolo nobiliare, nonché tutte le sue ricchezze; purtroppo però, è stato un matrimonio combinato… Io neppure lo volevo sposare quello là!>
Xena la interruppe chiedendole di delucidarla: <Ehi, un momento, scusa, ma di quale Alceo stai parlando? E' per caso quel riccone che con la sua politica pedestre crede di voler apportare grossi cambiamenti al sistema politico (che tra l'altro è uno schifo) in Lamia e successivamente anche in tutta la Grecia?>
Olimpia si intromise incuriosita: <Xena, ma Alceo, non era il Signore del villaggio in cui siamo state quattro lune fa?> La guerriera prontamente le rispose: <Assolutamente si! E' di lui infatti che sto parlando!!>
Attis alzò lo sguardo fissandolo in quello della guerriera: <Lo conosci allora il mio sposo?>
Xena riluttante rispose: <Si che lo conosco… per sentito dire, si intende; ma posso assicurarti che non gode di buona fama tra gli abitanti di Lamia! E a dire la verità neppure da qui ad Eubea è ben visto!> La donna quasi per giustificarsi disse: <Si… ma io non condivido le sue scelte…>
Olimpia non riusciva a trovare il nesso tra tutte quelle situazioni, così si sedette sull'erba, vicino ad Attis e la interrogò: <Andiamo con calma: dunque ti sei sposata contro voglia, ma non capisco perché tu ti sia ritrovata improvvisamente tutta sola in un bosco… Stavi per caso scappando da lui?> Attis rispose con un tono di voce abbastanza meravigliato: <Oh… no di certo! Nonostante tutto, Alceo è buono con me! Io non stavo scappando; la verità è che io mi sono messa in viaggio tutta sola perché devo cercare delle persone a cui so di poter chiedere aiuto…>
Xena drizzò le orecchie, e di colpo si fece più interessata alla situazione; disse con tono meno burbero di prima: <Attis, non possiamo aiutarti se non ci dici qual è il problema!>
La donna le sorrise amaramente e disse: <Oh fanciulla… apprezzo il vostro altruismo, ma purtroppo non siete voi che potete aiutarmi!>
Olimpia rispose: <Possiamo sapere almeno chi cerchi?>
Attis irruppe in un pianto disperato: <…Fatemi finire di raccontare e capirete: Quando mi sono sposata, ho lasciato una cara ehm… amica, ora so che questa mia amica è in grosse difficoltà. Vorrei poter andare da lei e soccorrerla, ma purtroppo non posso: Alceo me lo impedisce. Ero disperata, finché una delle mie ancelle personali, che conosce la mia storia, mi disse che forse c'era un modo per aiutare la mia amica: Mandare da lei due guerriere…> Di colpo la mente di Xena si aprì, cercò di parlarle, aveva capito che Attis stava cercando loro e stava per dirgli che i suoi guai erano finiti perché aveva trovato coloro che cercava, ma fu subito arrestata da Attis che riprese fiato, asciugò le lacrime con un pezzetto di stoffa che Olimpia le aveva porto, e riprese il racconto: <…Mi disse che queste due guerriere sono molto buone, e aiutano sempre chi si trova in difficoltà. Mi informò che erano recentemente state nel mio villaggio, così io ho pensato di andarle a cercare al mercato di Lamia; speravo davvero di poterle trovare là, ma così non è stato… in seguito, rifocillandomi ad una taverna, riuscii a sapere dall'oste che erano andate via proprio quella mattina, e che probabilmente erano dirette in Calcide. Mi affrettai dunque a prepararmi per mettermi in viaggio e raggiungere le due guerriere, sapendo però che Alceo non avrebbe condiviso nè permesso il mio modo di agire; ovviamente ho dovuto mentire dicendogli che andavo da una parente ad Eubea per due giorni… altrimenti non mi avrebbe permesso in alcun modo di partire per aiutarla! Tutto il resto della storia è quello che sto vivendo con voi adesso…>
Xena sentì un brivido percorrerle la schiena; aveva giudicato male e con troppa fretta quella donna, che aldilà della sua stupida vanità, era realmente in pena per la sua amica… in un certo senso si sentì come partecipe di quel dolore: Quante volte, in vita ma anche nell'aldilà aveva temuto per le sorti della sua piccola Olimpia? Quanto forte era il dolore che provava ogni volta che la sapeva in pericolo e non poteva far nulla per aiutarla? Per quella donna, evidentemente non doveva essere tanto diverso… A quel pensiero posò per un attimo lo sguardo sul bardo che nonostante avesse dovuto affrontare mille e più pericoli, adesso era comunque lì con lei.
Olimpia d'altronde, riuscì a scorgere l'amarezza nelle parole di quella donna, e sinceramente colpita da quel racconto le si rivolse: <Devi volere molto bene a questa tua amica, è così?>
Attis la fissò per un attimo nei suoi occhi color smeraldo, accorgendosi solo allora di quanto fossero belli, e della sensazione contagiosa di pace che emanavano; poi sembrò rivolgere lo sguardo all'orizzonte perdendosi per un attimo nei suoi ricordi, dunque le rispose: < E tu? Ci tieni molto alla tua amica?>
Olimpia rimase perplessa, guardò Attis, guardò Xena, poi di nuovo Attis; prese coraggio e disse: <E' tutto quello che ho di più caro al mondo!>
<Allora cosa faresti se la sapessi in difficoltà?>
Olimpia rispose, stavolta senza esitazione, guardando la guerriera negli occhi cerulei: <Farei esattamente quello che stai facendo tu adesso, anzi se potessi, anche molto di più! Andrei fino ai confini del mondo e tornerei per Xena!>
Attis accennò un piccolo sorriso e disse: <Allora mi capisci?>
Olimpia annuì, poi la donna continuò: <Ora però sono presa dallo sconforto; sono due giorni che sono nei pressi della Calcide e non ho ancora nessuna idea di dove poter trovare le guerriere. Accidenti, ma dove saranno? Mi pare che si chiamassero Xena e… O... Ofelia? >
Xena sorrise sentendo quel nome e pensò: <Poverina, se Olimpia si fosse chiamata così, non so fino a quando le avrei permesso di seguirmi! Quanto è brutto questo nome!> Poi guardò il bardo con il suo solito sorrisetto beffardo e col sopracciglio inarcato; la donna recepì che il suo messaggio velato era: <Tesoro, hai perso la scommessa! Pronta a pagare pegno?> <Sicuramente mi vorrà dire questo…> pensava.
Dunque Xena si voltò verso Attis, stava per rivelarle il vero nome dell'amica, quando per l'ennesima volta fu messa a tacere da quella logorroica donna che sembrò avere come una folgorazione ed urlò: <No! Olimpia! Ma adesso devo andare, devo trovarle prima che accada il peggio grazie per avermi ascoltato e…> Sembrò ritornare di nuovo cupa in volto: <…E non separatevi mai l'una dall'altra, perché l'affetto che vi lega è qualcosa di speciale! E' grandissimo l'amore che potete dare l'una all'altra! Siete l'una il completamento, la parte mancante dell'altra… Ed io di queste cose me ne intendo, fidatevi!>
Detto questo, fece per alzarsi e per andarsene, ma Xena la fermò: <Attis, dove vuoi andare, vieni qua ti aiutiamo noi!>
La donna si voltò e disse: <Non credo proprio che possiate...> e ritornò sui suoi passi;
Xena e Olimpia si guardarono confuse, poi il bardo disse: <Ma non puoi andare via così!>
Improvvisamente Attis si rivoltò pensierosa: <Hai ragione: Prima di andare via, leggiadre fanciulle, posso sapere i vostri nomi?> Un senso di scoramento prese le due guerriere che non erano ancora riuscite a capire, il modo di comportarsi di quella donna che alternava stadi di serenità, a stadi di profondo tormento interiore; poi Olimpia prese la palla al balzo e disse: <Indovina un po'? Siamo Xena e Olimpia!>
Xena aggiunse in tono ironico: <Sorpresa!>
La donna lasciò cadere la bisaccia che aveva in mano, per terra, provocando un sordo tonfo; sgranò gli occhi dallo sgomento poi disse balbettando: <E'…è…impossibile! Stavo parlando da tutto questo tempo con le donne che sto cercando da giorni e voi non mi dite niente?>
Xena le fece notare con un tono abbastanza pungente: <Ma sai che sei proprio strana? Ho cercato di parlarti più di una volta, tu mi hai sempre interrotto!> poi continuò imitando il tono di voce di Attis: < "Fatemi finire e capirete"… Ah no, non puoi biasimare noi adesso!>
Poi prese parola Olimpia: <Guarda il positivo: Ti sei sfogata e ci hai già detto cosa ti è accaduto, così ora non sarai più costretta a rinnovare il tuo dolore ogni volta che ci parli della tua amica!>
Xena disse: <Senti: allora, ti serve il nostro aiuto o ti arrangi da sola? No perché non possiamo stare qua tutto il giorn… Ehi, ma mi senti?>
Attis, come aveva intuito Xena, non la stava proprio calcolando, e guardava le due donne con un aria stupita, imbambolata.
Olimpia disse: <La smetti di guardarci come se fossimo due creature a te sconosciute?>
Attis si riprese e disse: <Scusatemi; è che immaginavo Xena e Olimpia, queste due leggendarie guerriere più alte…>
Olimpia si grattò il capo squadrandosi tutta, aveva sempre avuto il complesso di essere bassa, ma chiunque lo era se messa vicino alla Principessa Guerriera; Xena le si avvicinò sussurrandole nell'orecchio: <Credo proprio che ce l'abbia con te!!> Olimpia rispose con un sorrisetto dispettoso: <Semmai si riferisce a tutte e due; ha parlato al plurale!>
Attis continuò: <…Più muscolose…>
Xena arrabbiandosi disse: <Ehi, cos' hanno che non vanno i miei muscoli?>
Olimpia la trattenne per evitare il peggio, poiché sapeva quanto Xena faticava per tenersi in forma, e proprio non accettava quando le si diceva che non lo era; quindi chiese ad Attis: <Attis, ma ti aspettavi di avere a che fare con due guerriere o con i titani? No perché da come ci stai descrivendo, nella tua fantasia sembriamo due titanesse!>
La donna si difese: <No… è che circolano così tante leggende sul vostro conto e tutti vi enfatizzano… Io vi immaginavo così per quello che ho sentito dire, ed il fatto di avere di fronte a me le due più impavide guerriere del mondo, che hanno il mio stesso esile aspetto, è stata per me una tale sorpresa…>
Xena si rivolse a Olimpia preoccupata: <Esile? Sono esile secondo te?>
Olimpia le disse: <Bhè, effettivamente da quando sei tornata mi sembri un po' più sciupata… Ma non farne un dramma adesso!> Poi ricordandosi che c'era anche Attis con loro Xena le si rivolse: <Allora, te lo ripeto per l'ultima volta, vuoi il nostro aiuto?>
<Certo che lo voglio!! Che domande, mica ho girato giorni e giorni per ritornarmene a Lamia senza mandare soccorso alla mia amica!?!>

di Bard and Warrior

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