episodio n. 4
stampa

2
3
4
5
6

ATTO 2

Lo scoppiettio del piccolo fuoco nel camino fu l'unico rumore che i tre sentirono durante la cena. Le due donne avevano tacitamente deciso di non forzare Fiachra, ma di lasciarlo libero di decidere quando e come terminare il suo racconto.
Terminati il formaggio e le mele e riposto nella sacca ciò che restava della pagnotta di segale, Xena si spostò in un angolo della stanza e lì iniziò ad affilare la spada, con movimenti lenti e cadenzati. In realtà, dentro di sé, sentiva ribollire l'urgenza di costringere il giovane a riprendere il discorso interrotto quasi un'ora prima: le cure che stava dedicando all'arma erano solo un estremo tentativo di tenere il proprio umore sotto stretto controllo.
Olimpia, notando il comportamento dell'amica, decise di porre fine alla situazione di stallo. Si portò a sedere accanto al ragazzo e gli rivolse la parola, con tono conciliante.
- So di chiederti tanto, ma ti assicuro che sarà lo sforzo finale e poi potrai riposare… - guardò Fiachra dritto negli occhi, - Eve è anche figlia mia… -.
Il ragazzo le rivolse uno sguardo interrogativo e Olimpia si sentì in dovere di spiegarsi meglio - Quando era ancora piccola, le cedetti il mio "Diritto di casta" amazzone. Come me, anche Eve è una principessa amazzone, Fiachra. -.
Il ragazzo le sorrise - Una sorta di adozione ufficiale… -.
- Già. E, come "madre", ho il diritto di sapere il destino che mia figlia si è scelta nel momento in cui i Glancoir sono entrati nel vostro accampamento… - alzò la testa e guardò Xena. La guerriera sembrava assorta nel lavoro d'affilatura che aveva intrapreso poco prima. In realtà, Olimpia lo sapeva bene, stava ascoltando attentamente ogni parola, lasciando che la sua compagna conducesse il gioco.
- Certo… - rispose assorto il giovane, - Sapete, per me è doloroso rivangare nella memoria, ma capisco che voi abbiate tutto il diritto di sapere. - sospirò profondamente. Olimpia gli appoggiò dolcemente la mano sul ginocchio, in segno d'incoraggiamento.
- Naturalmente noi non restammo a guardare mentre quei fanatici facevano scempio delle nostre povere cose. Nonostante noi predicassimo l'amore incondizionato, il primo istinto ci suggerì di reagire all'offensiva, impugnando i bastoni, unica arma disponibile in quel momento… -.
La poetessa sorrise, - Un bastone può decisamente essere un'ottima arma, Fiachra, credimi. -.
Il ragazzo ricambiò lo sguardo - Lo so: Eve più di una volta ci ha narrato quanto tu fossi abile con il bastone, prima di passare ai sais. Ci saresti servita, Olimpia. Tua… Vostra figlia, ora, non sarebbe prigioniera… - di nuovo sospirò. Olimpia guardò fugacemente Xena dall'altra parte della stanza. Le nocche della mano che impugnava l'elsa della spada erano bianche per la pressione esercitata. La poetessa sapeva che l'animo della compagna era in subbuglio, ma decise di lasciare a Xena la decisione di intervenire o meno nel discorso.
- Mio fratello si era da poco unito al gruppo. - Fiachra fissò lo sguardo nelle lingue infuocate che salivano per la cappa dai ciocchi accesi, - In verità il suo intento, all'inizio, era stato quello di riportarmi a casa. Poi, però, una volta imparato a conoscerci e ad apprezzarci decise di fermarsi ed unirsi a noi… - si asciugò fugacemente una lacrima con la manica della tunica, poi riprese. - Penso che avesse una vera e propria venerazione per Eve. - Sorrise dolcemente, - Ad ogni modo, quando i Glancoir fecero irruzione, lui fu il primo a ricorrere alle armi. Era sempre stato un bravo guerriero… Mio padre ne andava fiero… - s'interruppe un attimo, fissando attentamente i bagliori rossastri che si alzavano nel camino. - Purtroppo, i bastoni servono a poco contro le spade. Hugh fu trafitto da una lancia, probabilmente un istante prima che Eve si buttasse nella mischia e urlasse a tutti di fermarsi, consegnandosi spontaneamente nelle mani degli assalitori. Ricordo ancora la mia angoscia: non riuscivo a trovare mio fratello nell'accampamento in subbuglio, ed ero impotente di fronte alla cattura della donna che mi aveva insegnato a vivere amando la vita… Quando Daon parlò, le sue parole si marchiarono nella mia memoria: "Oggi è un gran giorno! La sgualdrina di Roma è stata presa e sarà giudicata per le sue colpe!" - Fiachra chiuse gli occhi, mentre la sua voce cambiava tono, facendosi via via più roca, - Mi lanciai nella direzione di Eve, ma fui bloccato da due energumeni. Eve chiese di potermi parlare e, quando mi fu vicina, mi sussurrò: "Rintraccia mia madre e Olimpia. Dì loro che le amerò per sempre. Non fare nulla per salvarmi e vieta a mia madre di lanciarsi in mio soccorso: saprò affrontare il mio destino…qualsiasi cosa mi riservi.". Poi si lasciò portare via… - per un attimo, si coprì il viso con le mani - Così mi ritrovai solo… Eve rapita e mio fratello Hugh… Non ho potuto neppure dirgli addio… - di nuovo, una lacrima gli solcò la guancia. - E' morto combattendo, come aveva sempre desiderato. - Sospirò, - Mi sento tremendamente in colpa … La via dell'amore non faceva per lui e io l'ho costretto… - si sfregò il naso nei bordi della tunica e, pur sforzandosi, non riuscì a riprendere il discorso.
Olimpia stette a guardare Fiachra a lungo. Le ultime parole del ragazzo avevano riacceso ricordi penosi nella sua mente.
"La via dell'amore non faceva per lui, così come non faceva per me…- pensò dolorosamente, - Entrambi siamo morti, per questo. Ma io sono qui, di nuovo, mentre quel povero ragazzo è morto per difendere ciò in cui pensava di credere…". Nonostante il fuoco nel camino scoppiettasse allegramente, fornendo un piacevole tepore, la giovane si sentì rabbrividire, mentre davanti ai suoi occhi si disegnavano le sagome di due croci spazzate dalla tormenta di neve… In cuor suo pregò con foga che Eve non fosse già stata messa sotto tortura, che, nonostante la sua richiesta di non intervenire, ci fosse la speranza di arrivare in tempo a salvarla ed evitarle una morte violenta. La poetessa sospirò: morire non è mai bello, pensò, ma è peggio quando la fine arriva come una liberazione…
Il rumore secco di un ciocco spaccatosi nel camino riportò Olimpia alla realtà. Sorrise benevolmente al ragazzo accanto a lei e, istintivamente, volse lo sguardo verso il lato della stanza in cui sedeva Xena. Vuoto… La sua compagna doveva aver lasciato la stanza in fretta: la pietra per affilare era abbandonata sulle coperte, insieme al sacchetto di pelle che di solito la conteneva.
- Vai a riposare. Domani sarà ancora una giornata dura: ci servi in forze! - gli appoggiò una mano sulla spalla, - Il tempo lenirà il dolore, Fiachra: tu non hai ucciso tuo fratello. Lui ha scelto liberamente la sua strada e si è sacrificato per difendere le sue idee. Devi essere fiero di lui. Non piangerlo: onoralo. - il ragazzo le sorrise e si alzò lentamente. Senza proferire parola, andò a sdraiarsi sulle sue coperte, dove si rannicchiò, forse schiacciato da ricordi troppo pesanti anche per il dolce Morfeo.

Olimpia s'infilò il cappotto di pelle ed uscì dal bivacco, affrontando l'aria frizzante del valico alpino.
Fuori, il cielo terso dava la possibilità di ammirare la Via Lattea che attraversava in tutto il suo splendore la volta celeste. La ragazza rimase per un po' ad osservare le stelle, brillanti ed opaline nel nero di pece che le circondava.
All'improvviso udì un rumore alle sue spalle. Chiuse gli occhi e si concentrò.
"Una sola persona. Passi tranquilli. Nessun pericolo." fu la veloce analisi che fece della situazione. In realtà, sin da subito aveva fiutato la presenza di Xena nei dintorni, ma aveva preferito lasciarle il tempo di decidere se sfogarsi con lei oppure no.
D'un tratto, silenziosamente, la guerriera le fu accanto.
- Eccoti. - le disse senza guardarla, - Ti ho sentita arrivare… -
Xena sorrise: - Non avevo dubbi, Olimpia. Come si dice: "L'allievo ha superato il maestro"… Dovevo aspettarmelo, sapevo che prima o poi le tue doti di guerriera sarebbero venute definitivamente a galla. - finalmente si voltò a guardare la compagna: Olimpia la stava fissando, gli occhi verdi vibranti alla luce fioca delle stelle.
- Non sai quanto mi sia costato farle "venire a galla"… - la ragazza sospirò quietamente.
Xena allargò le braccia ed attirò a sé il bardo, che si lasciò abbracciare e ricambiò il gesto con trasporto. La guerriera appoggiò le labbra alla fronte della compagna, imprimendovi un lieve bacio: - Lo so, lo so… Ma ora è tutto passato, tutto finito ed io sono qui. Grazie a te… - staccò il viso della ragazza dal suo petto e la guardò negli occhi: - Per fortuna sei qui con me, Olimpia. Non so come farei, se fossi da sola ad affrontare questa nuova prova. -
Olimpia si sciolse dall'abbraccio e sorrise all'amica: - Non ti avrei mai lasciata da sola, Xena. Dimentichi forse che Eve è anche figlia mia? Siamo entrambe chiamate in causa quando si tratta di lei, ricordatelo. - prese la guerriera per mano e s'incamminò verso alcune rocce poco distanti dal sentiero - Sediamoci un po', vuoi? - Xena non rispose, ma seguì docilmente la compagna, prendendo posto accanto a lei.
- Ho visto che effetto ti hanno fatto le parole di Fiachra. Sei furente e preoccupata, non negarlo, Xena. Per lo meno non tentare di negarlo a me: ti conosco troppo bene. - la giovane, che aveva trattenuto tra le sue la mano dell'amica, puntò lo sguardo nell'immensità stellata di fronte a lei. Inspirò profondamente l'aria frizzante, quindi riprese: - Qui c'è così tanta pace… Il mondo degli uomini sembra sconosciuto a questa quiete. Ti sei mai chiesta, Xena, perché nella nostra vita ci è sempre stato chiesto di batterci? - sorrise, più a se stessa che all'amica, - Io penso che fosse così perché capissimo l'importanza di ciò per cui ci stavamo battendo. C'è più gusto nell'ottenere qualcosa per cui si è faticato, sofferto, anche pianto, perché no? Molto più gusto che non avere tutto facilmente. Guarda gli dei dell'Olimpo, annoiati dalla loro stessa potenza, così privi di scopo da doversi immischiare nelle beghe umane per dare un senso alla loro presenza in questo mondo… - spostò lo sguardo negli occhi della guerriera, che la fissava intensamente.
Olimpia riprese: - Eve sta lottando per ottenere la vita che ha sempre desiderato. Conosci nostra figlia: non sarà soddisfatta finché non avrà scontato la pena per tutti i suoi misfatti… E non sarebbe serena se non fosse certa di aver pagato per le sue colpe… Xena, non fraintendere le parole che sto per dirti: penso che il comportamento di Eve sia giusto e… - la mano della guerriera scivolò via da quelle della poetessa così velocemente che ella quasi non percepì il movimento.
Xena si alzò dalla roccia - Non una parola di più, Olimpia. Cercavo conforto, probabilmente mi sbagliavo nel ritenerti partecipe del mio dolore. - un sorriso amaro stirò le labbra della guerriera: - Dimenticavo che anche tu hai seguito "la via dell'amore"… e sei finita appesa ad una croce, per questo. - Si voltò, gli occhi freddi fissi sul volto dell'amica, che era rimasta ancora seduta, apparentemente calma.
- Ti sbagli, Xena. Sono finita "appesa ad una croce" perché così ho voluto. Perché solo così avrei avuto ciò che volevo: restare con te, costasse pure la mia vita! - Il bardo si alzò e si portò verso la compagna. Sospirò piano, mentre allungava una mano ad accarezzarle il viso, poi riprese, con tono conciliante, ma fermo: - Perché devi essere sempre così sciocca da non attribuirti mai un merito? -
La guerriera sorrise: - Bel merito! Ho ferito e distrutto tutto ciò che amavo… Mio fratello, mia madre, mia figlia, tu… -
Olimpia prese il viso della compagna tra le mani: - Tu non hai distrutto nessuno, Xena… Lyceus è morto da eroe, combattendo. Tua madre ha difeso il tuo onore davanti alla popolazione di un intero villaggio. Tua figlia ha fatto da sola le sue scelte mentre tu, piuttosto, l'hai riportata sul cammino dei giusti. In quanto a me… -
- Olimpia… -
- Lasciami finire. Per quanto mi riguarda, non ti imputo alcuna colpa… Stare con te è l'unica cosa che dia un senso alla mia vita. Ho lottato per riaverti indietro, lotterò ancora se necessario. Ci sono cose per cui vale la pena lottare o morire, Xena… - Le due donne si guardarono intensamente, mentre Olimpia accarezzava dolcemente con ambedue i pollici gli zigomi della compagna.
- Dietro di te, Olimpia. - mormorò dolcemente Xena, restando immobile.
- Lo so… Sono due. Altri due a destra e a sinistra… - incalzò il bardo.
- … E due alle mie spalle… Bene… Diamo inizio alle danze, mia cara? - una luce divertita apparve negli occhi della guerriera.
- Con immenso piacere! - fu la risposta.
Le due si sorrisero, poi, fulmineamente, scattarono in posizione di difesa.
Da dietro le rocce, come richiamati dal repentino cambiamento di posizione delle due guerriere, sbucarono otto uomini, brandendo grosse spade che, nella fioca luce notturna, parevano avere la consistenza di un sogno.
- Amo combattere durante la notte! - gridò Xena alla compagna, - Mi fa sentire viva!-
- Per come la vedo io, Xena, la notte è fatta per altri scopi… - La guerriera alzò un sopracciglio, rivolgendo uno sguardo, a metà tra il malizioso e lo stupefatto, al bardo. Olimpia si sentì in dovere di proseguire: - Beh, sì… Dormire, riposare… Insomma, hai capito, dai! -
- Attenta, da dietro! - urlò la Principessa Guerriera.
Olimpia si voltò, parando perfettamente un fendente ed assestando un potente calcio all'inguine dell'assalitore, che cadde a terra contorcendosi.
Xena, nel frattempo, dopo aver abbattuto tre uomini, aveva ingaggiato un duello con quello che sembrava essere il capo della banda: un gigante barbuto dalla pelle chiara e i capelli color della cenere. L'uomo brandiva un immenso spadone, ed era protetto da uno spesso pettorale di bronzo, calosce e coprispalla dello stesso materiale. Si muoveva con destrezza, nonostante la mole, ed aveva costretto Xena verso un avvallamento, circondato da massi e pietrisco, al limitare del quale si trovava un precipizio.
Olimpia sistemò facilmente altri due briganti, stordendoli con precisi e violenti colpi di sais alla testa. Quando si voltò per accertarsi che Xena non fosse in difficoltà, percepì un fortissimo dolore al braccio destro, tale da costringerla a lasciar cadere l'arma a terra. Uno degli assalitori, sbucato dall'oscurità, aveva lanciato un pugnale nella direzione della donna: la scarsa visibilità gli aveva impedito di fare centro completo, ma la lama si era comunque conficcata nella carne, quasi fino all'elsa. Olimpia si portò la mano all'arto dolente e, con un gemito, estrasse il pugnale: la ferita sanguinava copiosamente. "Troppo sangue…" pensò, "Ha reciso qualche vena…". Nonostante si fosse perfettamente resa conto che il taglio era assai profondo, raccolse l'arma da terra e si preparò ad affrontare il nemico incalzante. Il dolore era lancinante.
"Xena se la caverà benissimo da sola…" pensò la ragazza. - Fatti avanti, bastardo… - sibilò tra i denti, mentre si lanciava contro l'assalitore e iniziava una sequela di colpi al viso ed al petto dell'uomo, che presto lo ridussero ad un fantoccio in sua mercé. Nonostante l'esito positivo del combattimento, lo sforzo ebbe l'effetto di far sanguinare ancor più copiosamente il taglio al braccio. La manica del cappotto, ormai inzuppata, appariva luccicante al riverbero delle stelle, mentre il liquido caldo che la impregnava iniziava a gocciolare a terra.
Dopo aver gettato un ultimo sguardo all'uomo privo di sensi davanti a lei, Olimpia, si avviò faticosamente verso l'avvallamento, dove Xena si stava ancora confrontando col gigante biondo. La vista le si andava annebbiando a poco a poco, ma era più che decisa a raggiungere l'amica: con lei si sarebbe sentita al sicuro.
Era evidente che l'intento del gigante fosse quello di far precipitare la guerriera dall'orrido, tale era la foga con cui menava fendenti, incalzando la donna perché arretrasse proprio in direzione del precipizio.
Xena, dal canto suo, a parte qualche lieve taglio, sentiva che tutte le sue forze erano ancora concentrate nel suo braccio: avrebbe potuto continuare a combattere per ore… Guardandosi alle spalle, si rese conto di essere quasi arrivata al bordo del burrone. Decise di aver ancora lo spazio necessario a prendere lo slancio e saltare alle spalle dell'uomo, per assestargli un calcio alla nuca e farlo precipitare al suo posto. "Così scoprirai di persona che effetto faccia volare, pancione…" rise fra sé la guerriera.
Proprio mentre stava per saltare, scorse alle spalle dell'uomo una figura: una persona s'apprestava a scendere la china che portava alla valletta. Guardò meglio: era Olimpia. In principio fu sollevata: ciò significava che la ragazza aveva sistemato a dovere gli altri banditi. Poi, però, quando la sagoma sbandò nel buio, s'accasciò e cominciò a rotolare verso di lei, la guerriera fu presa dal panico. Ferita! Olimpia era stata ferita!

di Dori

2
3
4
5
6

Stampa il racconto


www.xandrella.com