episodio n. 4
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L'ansia sul volto di Xena non dovette passare inosservata al bandito, che si voltò e, individuata la ragazza svenuta a terra, decise di abbattersi su di lei, iniziando a correre a grandi passi verso la giovane. Xena, intuita l'azione, prese la rincorsa e, con un balzo poderoso, atterrò proprio davanti all'uomo, assestandogli repentinamente un colpo al naso. Il gigante non sembrò scomporsi più di tanto, tant'è che abbassò un fendente in direzione della testa della guerriera, che lo scansò per poco, rotolando di lato. Xena estrasse il chakram e lo lanciò in direzione dell'uomo che, straordinariamente, lo evitò avvicinandosi a Olimpia.
La ragazza, esanime, aveva finito con l'arrestarsi nei pressi di un masso.
L'uomo la raggiunse ed alzò la spada. Xena gli fu addosso, colpendolo ripetutamente al fianco con svariati calci, ma l'uomo sembrò resistere anche a quei colpi. Anzi, colpì la guerriera con un possente manrovescio, che la scaraventò a terra. La spada era ancora in posizione di attacco… Un secondo d'infinita attesa… Il gigante s'apprestava ad infierire, quando il chakram, che non aveva mai rallentato la sua corsa, ritornò sibilando da chissà dove e sfiorò l'uomo da dietro, all'altezza delle caviglie. Per un istante senza fine nulla sembrò muoversi, nell'aria frizzante di quella notte.
Poi, dall'uomo proruppe un grido disumano, misto di dolore e rabbia. I piedi s'incrociarono ed egli precipitò al suolo, trascinato dalla propria enorme mole.
Xena, ripresasi dallo stordimento, afferrò al volo il chakram e corse dall'amica.
- Olimpia! Olimpia! Oh, Olimpia… - gridò, mentre sollevava il corpo della giovane e le liberava la fronte dai ciuffi di capelli sudati ed imbrattati di sangue. - Olimpia, avanti, apri gli occhi! - Le sue mani percepirono la manica inzuppata del cappotto. - Troppo sangue… - Intuendo immediatamente l'entità della ferita, la guerriera sistemò le dita sopra un punto di pressione, situato poco sotto lo sterno della poetessa e premette con decisione. La ferita smise di sanguinare.
- Ecco, Olimpia… - sussurrò dolcemente Xena alla compagna, - è tutto sistemato… Non devi temere, sono qui. Sei stata brava, molto brava… Ora apri gli occhi, Olimpia… -
Quasi come se la voce dell'amica avesse funto da richiamo, la poetessa emise un gemito e, con immane sforzo, aprì lentamente gli occhi.
- Xena… Io… Stai bene? -
La guerriera non poté fare a meno di sorridere: Olimpia, pur ferita, si preoccupava di lei e non della propria salute.
"Se questo non può definirsi…" ma il pensiero della donna fu interrotto dai lamenti del gigante. Solo in quell'istante Xena si ricordò della sua presenza.
Si alzò, reggendo tra le braccia Olimpia, e si voltò verso l'uomo, lo sguardo freddo e penetrante fisso negli occhi rabbiosi e sofferenti dell'altro: - Mi prenderò cura della mia amica e poi tornerò a prenderti. - disse con estrema calma, - Non tentare di alzarti: i tuoi piedi non ti reggeranno… Il mio chakram ti ha reciso i tendini: temo ti sarà impossibile assalire i viandanti, d'ora in poi… - con un lieve sorriso sulle labbra, la guerriera si voltò e fece per andarsene.
- Xena… - la voce tagliente dell'uomo, con chiara inflessione gallica, stridette nell'oscurità, - Giustizia sarà fatta, comunque. Tu non puoi competere con gli dei… - l'uomo, pur scosso dal dolore, riprese a parlare con rabbia, - E neppure tua figlia… -
Senza voltarsi a guardare negli occhi l'interlocutore, Xena rispose: - Non credo negli dei, tantomeno nel loro potere. Mia figlia sopravviverà al vostro inganno e batterà i vostri stupidi dei. - Ciò detto si allontanò ed affrontò a grandi passi la salita che portava al bivacco, spinta dalla rabbia, dalla fretta di arrivare presto e dalla preoccupazione di trovare un rimedio.

All'interno del capanno il fuoco, quasi spento, buttava barbagli rossastri sui muri di calce e sulla figura rannicchiata davanti al camino. Sorprendentemente, Fiachra era rimasto addormentato durante tutto il tempo, neppure minimamente disturbato dai rumori del combattimento avvenuto poco distante.
Xena spalancò la porta con un tonfo secco: il ragazzo sobbalzò, cercando d'istinto una spada inesistente accanto al proprio giaciglio.
Impiegò qualche istante a realizzare la scena che gli si stava presentando di fronte.
- E'… ferita? - chiese con un filo di voce, quasi s'aspettasse di svegliarsi e di riscuotersi da un brutto sogno.
Xena non rispose, adagiò Olimpia sulla branda e s'accinse a levarle il cappotto di pelle, notando con disappunto che il sangue rappreso aveva fatto aderire la manica al braccio.
- Chiudi la porta e sprangala come riesci. Poi rinfocola la fiamma, metti dell'acqua a bollire e infila questo pugnale fino all'elsa dentro le braci. - gli passò il piccolo pugnale che teneva ben nascosto nell'armatura. Fiachra afferrò al volo l'arma e si mise celermente al lavoro.
Olimpia emise un breve lamento nel momento in cui la compagna la sollevò a sedere e le sfilò l'altra manica dell'indumento. Poi, dolcemente, Xena iniziò ad incidere con una lama le cuciture della manica inzuppata di sangue, finché non la staccò dal resto del cappotto.
- Per fortuna ho agito su uno dei punti di pressione: hai smesso di perdere sangue, ne avevi perso fin troppo - la guerriera sospirò, - Olimpia, ascolta. Dovrò prima sfilarti la manica, che ha aderito completamente al taglio… Poi cauterizzare la ferita e sai che non sarà piacevole… -
Il bardo raccolse tutte le sue forze per rispondere all'amica. La sua voce era vagamente udibile: - Non è la prima volta che… affrontiamo… problemi di questo tipo… - chiuse gli occhi, come in cerca di ulteriore forza, - Ricordi? …L'armata Persiana… - accennò ad un sorriso, - solo che… questa volta… mi dovrai comprare… un cappotto nuovo, non calzari… - Xena sorrise a sua volta e posò un leggero bacio sulla fronte fredda e madida della ragazza.
- Sei forte. Andrà tutto bene, vedrai… -
- Tutto bene… finché siamo… insieme… - poi chiuse gli occhi, emettendo un lieve gemito di dolore.
Xena stese sul giaciglio il corpo esanime della compagna, si alzò e tolse dal recipiente di stagno messo sul fuoco un po' di acqua calda, versandola in una ciotola. Vi intinse poi una pezza ed iniziò ad inumidire la manica di pelle del cappotto di Olimpia, con l'intento di sciogliere l'incrostazione di sangue e poter così estrarre il braccio della poetessa senza provocare ulteriori danni.
Per tutto il tempo Fiachra rimase quasi istupidito a fissare le mani della guerriera che si affaccendavano sulla ragazza.
- Prendi dalla bisaccia attaccata alla sella il sacchetto di pelle chiara e versa metà del suo contenuto nell'acqua bollente, Fiachra. - le direttive di Xena gli giunsero ovattate, come provenienti da un'altra dimensione. - Hai capito?? Sbrigati, prendi quel sacchetto! -
Fiachra fece celermente quanto gli era stato ordinato.
- Fatto… - disse in tono ossequioso, mentre rimestava l'intruglio ottenuto: una crema verdastra e dall'odore dolciastro, che andava addensandosi man mano.
- Bene. Versane un po' in una ciotola. Poi leva il pugnale dalle braci e portamelo, insieme all'unguento… E attento: quell'arma scotta. - la guerriera aveva terminato il suo lavoro: sfilò la manica del cappotto dal braccio di Olimpia, che emise l'ennesimo gemito di dolore, ma rimase priva di sensi.
Fiachra si avvicinò, posò la ciotola accanto alla guerriera e porse il pugnale a Xena. Avrebbe voluto urlarle che non era un ragazzino e sapeva benissimo come ci si comporta di fronte alle ferite profonde ed al metallo rovente. Preferì tacere, considerandosi in parte colpevole della situazione di Olimpia… "Se fossi rimasto all'erta, come un vero guerriero, avrei aiutato Olimpia e lei non sarebbe ridotta così..." .
Si fermò a debita distanza, osservando silenziosamente Xena che, ripuliti i bordi della ferita con una pezza, avvicinò alla carne il pugnale e ne appoggiò l'estremità rovente ed appuntita all'interno del profondo taglio. Il sentore di carne bruciata si levò nella stanza, accompagnato dal lamento di Olimpia: Xena estrasse la lama e spalmò celermente l'unguento sul taglio, abbondando vistosamente vicino alle slabbrature della ferita. Con un ago lungo ed appuntito ricucì la carne a punti piccoli e precisi. Poi, prese delle strisce di stoffa, bendò con cautela il braccio.
Una volta terminata la medicazione, adagiò una coperta sopra Olimpia e si alzò.
Fiachra guardò la donna di fronte a lui: non sembrava la persona con cui aveva discusso pacificamente per tutta la giornata. Ora si era trasformata in una perfetta macchina da combattimento: ogni suo muscolo era in tensione, pronto a scattare, i nervi tesi, i sensi amplificati fino allo spasimo. Era l'incarnazione dello spirito di battaglia…
- Usciamo, Olimpia ora dormirà a lungo. - Xena si rivolse al giovane con piglio militaresco.
I due uscirono dal bivacco e Xena sprangò la porta di legno per assicurare il sonno di Olimpia da qualsiasi irruzione sgradita.
- Ho lasciato il capo degli assalitori nell'avvallamento al limitare del dirupo, là, dietro a quelle rocce… Penso tu lo conosca bene, Fiachra. Daon, hai detto si chiamava la spia? - la guerriera procedeva decisa e spedita nell'oscurità, il giovane faticava a starle al passo - Bene, penso che ti abbia seguito fino a noi. Capisco perché Eve ti avesse detto di non cercarci… Lei sapeva che ti avrebbero usato per raggiungerci… -
Fiachra, sospirò profondamente: - Non ne combino una giusta, vero? - la sua voce salì repentinamente d'intensità, a sfogare la rabbia e la frustrazione accumulate in quelle ore. - Prima non faccio nulla per salvare mio fratello e tua figlia, poi mi lascio tranquillamente seguire da un gruppo di fanatici assetati di sangue, infine ho la felice idea di addormentarmi e non rendermi conto che eravate in pericolo, così Olimpia è stata ferita per la mia inettitudine… - Sorrise amaramente, - Aveva ragione mio padre: "Questo ragazzo è buono solo a pascolar le pecore"… In effetti, sono una pecora… - Colpì con un calcio un sasso, che andò rotolando giù per la china che portava nell'avvallamento sottostante.
- Non sei una pecora. - replicò secca Xena, - Hai avuto coraggio ad arrivare dalla Gallia all'Italia, senza un'arma e senza un'indicazione esatta. Una "pecora" non si sarebbe neppure messa in viaggio… Se Eve sopravviverà, sarà tutto merito tuo. -
Proprio al limitare della discesa, si poteva scorgere una figura umana, raggomitolata su di un fianco.
Xena si fermò a metà strada, osservando il corpo immobile a qualche metro da loro… Era strana, quell'immobilità…
Improvvisamente comprese e si precipitò sul gigante, rigirandolo in posizione supina e premendogli due dita sulla giugulare.
- Maledizione!! - imprecò irrigidendo la mandibola, - è morto! Dovevo aspettarmelo… - chinò il naso all'altezza delle labbra del cadavere ed inspirò profondamente - Odore di mandorle amare… Ha usato un veleno potente: voleva essere sicuro di non poterci rivelare nulla di compromettente… - alzò gli occhi verso Fiachra, che era rimasto indietro, impietrito alla vista del cadavere.
- Daon… Maledetto bastardo… - sibilò il ragazzo tra i denti - Perché venire fin qui? Perché tentare di uccidervi? Voi non c'entrate con Eve, tu hai detto che loro non attaccano chi non… -
- Sì che c'entriamo, invece. Sanno benissimo che la loro ordalia è un trucco, organizzato solo per annientare senza possibilità d'appello i nemici del loro popolo. Hanno paura, Fiachra. Paura che noi si arrivi in tempo a smascherare le loro ignobili macchinazioni. Hanno tentato di fermarci in tutti i modi… Ma noi non ci arrenderemo, ragazzo. Noi li fermeremo. - ciò detto si alzò e iniziò la salita.
Fiachra si attardò qualche istante accanto al corpo esanime del gigante, poi raggiunse la guerriera a grandi passi.

ATTO 3

Il giorno nuovo si annunciò con un'alba spettacolare, quanto fredda.
Fiachra si risvegliò di soprassalto, la testa appoggiata alla branda su cui dormiva Olimpia. Si guardò intorno: sopra il vigoroso fuoco nel camino, era stata appesa la pentola di stagno e l'acqua contenuta stava iniziando a bollire. Il ragazzo era certo d'aver percepito dei rumori provenire dalla stalla, fuori dal bivacco. Raccolse il pugnale che Xena, durante la notte, aveva usato per cauterizzare la ferita del bardo e si appostò dietro la porta.
Aprì con cautela e scivolò fuori, rabbrividendo al contatto con l'aria gelida.
Di nuovo quei rumori. E dov'era Xena? Possibile si fosse allontanata senza dir nulla, lasciando la sua compagna ferita? Forse era tornata all'avvallamento, per assicurarsi che Daon fosse davvero morto… TUMP! Ancora un tonfo, seguito da un nitrito: stavano rubando i loro cavalli!!
Senza indugi Fiachra si precipitò verso la staccionata della stalla: una figura, nell'ombra, stava trafficando vicino al cavallo di Xena.
Il giovane si fece coraggio e scivolò dentro la stalla dalla porta lasciata aperta. S'acquattò nel buio e si preparò a lanciarsi contro il ladro, apparentemente del tutto ignaro della sua presenza…
- Esci da lì, Fiachra - la voce di Xena, seguita dal nitrito di Argo II, si udì chiaramente.
- Ma come…? - il ragazzo non riuscì a terminare la frase.
- Ho detto: esci da lì. Ti controllo da quando sei uscito dal bivacco… Dovresti coprirti un po' di più: non vorrai ammalarti con questo freddo, vero? - c'era un vago tono divertito nella voce della guerriera. Fiachra deglutì faticosamente un paio di volte, poi si alzò, rendendosi conto solo allora, con un brivido intenso, d'aver addosso solo la camicia di lana e i pantaloni. Xena aveva davvero ragione: i suoi abiti erano troppo leggeri e avrebbe preso un malanno standosene lì!
La figura nell'oscurità si alzò lentamente ed uscì alla luce, portando con sé il palomino, al quale era stata legata una rudimentale slitta. A Fiachra, ancora stupito dalle abilità sensoriali della donna, fu subito chiaro che si trattava della barella per trasportare Olimpia.
- Per un po' Olimpia non potrà cavalcare: le sarebbe difficile reggere le redini con quella ferita… - lo illuminò Xena, - Inoltre, con tutto il sangue che ha perso, sarà debole. Torna nel bivacco e metti nell'acqua le erbe che ho appoggiato accanto al camino: Olimpia ha bisogno di rimettersi in forze e l'infuso che le preparerai la aiuterà di certo. -
Fiachra fissò la guerriera e la frase scivolò fuori dalle sue labbra ancora prima che se ne rendesse conto: - E' la persona più importante della tua vita, vero? -
Il ragazzo istantaneamente temette che la donna l'avrebbe colpito per la sua mancanza di tatto. Invece, Xena lo guardò con tenerezza, un tenerezza che Fiachra era sicuro non fosse per lui, ma per la ragazza ferita che dormiva dentro al bivacco.
- Sì… E' lei che dà un senso alla mia vita. E' stata in grado di restare con me, nonostante tutto… - la guerriera fissò il sole che indorava la cresta dei monti ad est.
- La vostra è un'amicizia così profonda, sinceramente invidiabile… - considerò Fiachra.
- Amicizia?... Sì… Amicizia… - sospirò la guerriera, - Sì, è molto profonda, Fiachra. E' qualcosa per cui vale la pena di battersi, sacrificarsi, anche morire se necessario… -
Il bagliore dorato del cielo si rifletteva sul volto della donna, disegnandone i contorni e sfumando i colori: Fiachra guardava ammirato quel viso bellissimo, gli occhi chiari, persi lontani nell'orizzonte.
- Bene, è ora di svegliare la bella addormentata… - Xena sorrise e s'avviò verso l'ingresso del bivacco. Assicurò le redini di Argo ad un gancio ed entrò, seguita da Fiachra il quale, una volta dentro, andò a gettare le erbe nell'acqua bollente, come gli era stato chiesto di fare poco prima.
Olimpia dormiva profondamente: Xena le passò una mano sulla fronte.
- Molto bene, - disse con evidente sollievo, - non c'è traccia di febbre. Ciò vuol dire che l'unguento d'erbe ha fatto effetto ed ha tenuto lontane le infezioni. - il suo sguardo si raddolcì. - Olimpia… Olimpia… Forza svegliati, dormigliona… - le dita della guerriera si soffermarono per un attimo sulle ciocche bionde, come cercando di sistemarne la scompostezza.
Il bardo aprì faticosamente gli occhi e sbatté più di una volta le palpebre, sforzandosi di mettere a fuoco l'immagine davanti a lei. Poi, accennando un sorriso, parlò in un soffio di voce: - Xena… Sto meglio… Ho dormito tanto. - si stirò lievemente i muscoli del collo e sbadigliò. - Ho sognato di essere a Poteidaia: Lila e Sarah mi correvano in contro ed io ero felice… Anche tu eri felice Xena… Eri accanto a me e ridevi… C'era Eve con noi… - lo stomaco della ragazza gorgogliò all'improvviso. Le due donne si guardarono e si misero a ridere simultaneamente.
- Non mi smentisco mai, eh? - disse arrossendo Olimpia.
- No - sorrise la guerriera accarezzando la guancia della compagna, - ma è un buon segno: il tuo corpo sta reagendo meglio del previsto Olimpia. Ad ogni modo, Fiachra sta preparando un infuso che dovrai bere tutto mentre è caldo. Ho fatto cuocere un paio di mele e le mangerai con del formaggio… - il tono non permetteva obiezioni.
Olimpia guardò l'amica con il sorriso negli occhi e poi spostò lo sguardo sul ragazzo intento a rimestare le erbe nella casseruola di stagno: - Trattata come al palazzo di Caligola, eh? Un pranzo degno degli dei… Grazie… -
Fiachra avvampò subito, mentre Xena s'era già avvicinata alla bisaccia, traendone un pezzo di formaggio ed una fiasca di latte.
Quando la frugale colazione fu consumata da tutti e tre, la compagnia si preparò per il viaggio.
Olimpia, nonostante le ripetute lamentele e le dichiarazioni di essere in grado di cavalcare da sola, accettò di essere messa sulla slitta solo quando l'incurvatura del sopraciglio di Xena fu tale da raggiungere quasi l'attaccatura dei capelli…
Fiachra aveva avuto il compito di condurre il cavallo del bardo, tenendolo legato alla sella della propria cavalcatura.
I tre iniziarono la discesa del vallo di prima mattina.
Il cielo era terso, l'aria frizzante entrava quasi dolorosamente nei polmoni, pungendo durante tutto il suo percorso nel petto.
Fiachra si stringeva il collo del proprio mantello e, a tratti, gettava sguardi furtivi alla giovane che si era riaddormentata nella slitta costruita appositamente per lei. Più di una volta la sua mente era andata al breve discorso fatto con Xena quella mattina ed una cosa in particolare continuava a girare nella sua testa: l'indecisione della guerriera nel definire il suo rapporto con Olimpia "amicizia"…
"Mah!" sospirò tra sé il ragazzo, "Qualunque sia la natura del loro rapporto non sono affari miei. Almeno avessi io la possibilità di stringere legami così forti…" alzò lo sguardo e si accorse che Xena lo stava guardando.
Ebbe la sgradevole sensazione di somigliare ad una pergamena srotolata e completamente leggibile: camuffò l'imbarazzo con un sorriso stirato, quanto fuori luogo, e coinvolse la guerriera una conversazione sull'utilizzo delle erbe montane nella preparazione di medicinali contro i malanni di stagione, che occupò il loro tempo finché il sole di mezzogiorno non fu alto nel cielo.

di Dori

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