episodio n. 16
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L’oste e la figlia fissarono costernati Olimpia, la quale a sua volta dopo averli rassicurati, rincorse la compagna.
<Xena! Xena!!> e fece uno scatto repentino.<Si può sapere che ti è preso!> urlò affannando Olimpia, stringendo forte il polso fuggente della compagna. <Lasciami stare!> le intimò Xena. <No, non sperare di cavartela così mia cara, voglio sapere cosa ti prende, e voglio un risposta adesso, immediatamente!> Le strinse quindi il polso quasi fino a farla male, tanto che Xena dovette girarsi e fu costretta a guardarla nei suoi occhi preoccupati e fieri allo stesso tempo. <Nulla Olimpia, credimi, nulla!> disse placando un istante la rabbia. <Qualunque cosa tu abbai, sappi che ti sei comportata da maleducata alla taverna!> La principessa guerriera tacque per qualche istante, così Olimpia continuò: <Oltretutto hai spaventato a morte la bambina!>Xena chinò il capo, per poi rialzarlo e specchiarsi nella verde limpidezza di quelle iridi. Fu quasi in un bisbiglio che le disse: <Scusa, sapere che Bacco è ancora in giro a fare del male, mi ha turbata molto…> <Capisco..> soggiunse Olimpia accomodante, che la abbracciò a se.
<Abbiamo un’altra faccenda da sbrigare noi due!> disse Xena subito dopo essersi ripresa, così si divincolò dall’abbraccio e si diresse verso la taverna mentre Olimpia la fissava. <Non preoccuparti, non ho intenzione di fare altre scenate! Voglio scusarmi con Nico e farmi dire dove possiamo trovare Parmione!> Xena abbozzò un tirato sorriso. Olimpia pensò che il comportamento della compagna era alquanto strano, passava da attimi di sconforto ad attimi di spietata lucidità. “Darei tutto il denaro di questo mondo, in cambio della conoscenza dei pensieri che ora le passano per la mente!” pensò tra se e se prima di avviarsi verso la taverna e raggiungere l’amica.
Un uomo e tre donne, seguiti da un piccolo corteo, tornavano con delle fiaccole accese dal greto del fiume, una donna intonava una nenia funebre, accompagnata da pianti e singhiozzi.
Xena ed Olimpia, in sella ad Argo II, intanto, girovagavano in cerca della famiglia di Parmione, per la periferia del villaggio: Nico fu chiaro: “…Abitano in una casetta, alla periferia nord di Melandria, poco prima dell’imbocco del bosco, nel quale scorre un fiumiciattolo che porta l’acqua fino in centro!…”
<Xena, non ti sembra incredibile tutto ciò?> parlò Olimpia interrompendo il silenzio che si era creato da ormai troppo tempo fra le due. <Cosa?> trasalì Xena.
<Non trovi strana tutta questa situazione? Voglio dire, siamo a Melandria!> esclamò Olimpia incredula. <Olimpia, non vorrei contraddirti…> le rispose poco entusiasta Xena, per poi riprendere: <Ma so benissimo dove ci troviamo!> <No, Xena, non intendevo questo!> Xena si voltò scrutandola con aria interrogativa. Olimpia afferrò al volo il significato di quell’occhiata e pazientemente continuò: <Le leggende hanno sempre indicato Melandria come luogo di inizio del fenomeno del menadismo… Hanno sempre raccontato la crudeltà con la quale queste “donne lupo” infierivano sulle loro prede… Parlavano di queste donne come figlie predilette del caotico Bacco…> Xena la fissava muta, <…Pensavo fossero solo racconti per spaventare i bambini particolarmente vispi, o magari quelli che non volevano andare a letto quando i genitori li strillavano, ed invece…> <Non capisco, a cosa ti riferisci?> le chiese Xena. <Un momento…> le rispose Olimpia <…Vuoi forse dire che vuoi lasciare questo villaggio in balia delle baccanti?> <Ho capito: sta cominciando ad intrigarti questa nuova avventura?> le rispose poco meravigliata Xena per poi riprendere: <Stavolta non ci ficcheremo nei guai: Aiuteremo Parmione e torneremo a casa nostra!> <Xena da quanto in qua io e te abbiamo una casa?> la punzecchiò Olimpia per poi continuare: <Ti faccio presente, cara la mia Principessa guerriera, che abbiamo rinunciato ad una vita sedentaria ormai molto, moltissimo tempo fa!> <Ad ogni modo, abbiamo una priorità: quella di aiutare Parmione!> ribatté Xena. Olimpia diventò di colpo seria e disse: <E lasceresti questa povera gente al loro destino?> <Olimpia lo hai detto stesso tu: Melandria è il luogo della nascita delle baccanti, questa gente ha sempre convissuto con loro, se la saprà cavare anche senza di noi, vedrai…Basta non fare uscire per qualche giorno donne e bambini di casa!> rispose la guerriera seccata, distogliendo lo sguardo. <Xena, ma se qualche momento fa quasi sembrava che se avessi avuto Bacco tra le mani lo avresti massacrato… spiegami ora: Cosa è cambiato?> la rimproverò Olimpia <Nulla! Ma già so che se devo affrontare Bacco, devo farlo da sola. E siccome ci sei tu non sono nella condizione di affrontarlo: lui sa qual è il mio punto debole! Chiederti di andare via, o di aspettarmi altrove non mi servirà, perciò non lo farò!> <Sei uscita fuori di senno? Quanti pericoli abbiamo corso insieme fianco a fianco; perché questa situazione dovrebbe essere diversa? Perché vuoi che vada via?> Xena rallentò la galoppata di Argo II, scese al volo, e tenne il cavallo per le redini, mentre Olimpia la fissava, esterrefatta da quel comportamento.
Qualche istante dopo, le due udirono un placido scroscio d’acqua, era il fiume di cui parlava Nico. <Ecco, credo che siamo quasi arrivate!> esclamò Xena non curante che Olimpia aspettava una risposta. La barda allora riprese: <Ehi, ti ho fatto una domanda, abbi almeno la compiacenza di rispondermi!> <Senti Olimpia, io vorrei aiutare gli abitanti di Melandria ad allontanare le baccanti e a sconfiggere Bacco, ma se ti permettessi affrontare Bacco insieme a me, non combatterei bene, perché avrei una costante preoccupazione per te! Lui sa che tu sei il mio punto debole, e farebbe di tutto pur di colpirmi dove sa che crollo! Ecco perché non so che fare!> <Ma per chi mi hai preso, per una bambina?> le strillò Olimpia che nel frattempo scese da cavallo. <No! Non fraintendermi…> Xena la fissò negli occhi, il suo atteggiamento di sufficienza avuto fino a qualche attimo fa, sparì. Arrestò la camminata di Argo II e arrivò vicino alla compagna che intanto, qualche passo più avanti si era fermata davanti al placido specchio d’acqua. <… Ehi, io so benissimo quanto tu valga come guerriera! Stai con me da tanti anni ormai, e ti ho visto fare cose che neppure pensavo tu ne fossi capace… So benissimo che tu vuoi che affrontiamo ancora una volta Bacco, perché vuoi liberare Melandria da questa piaga, ma dobbiamo stare molto attente…> Le disse bisbigliandole dolcemente all’orecchio Xena, per poi continuare, cingendole i fianchi da dietro: <Credi che non ti vorrei sempre con me, anche durante le battaglie più difficili, ma non posso essere così egoista da coinvolgerti in qualcosa che forse non è neppure alla mia portata…E se c’è anche solo una piccolissima, remota possibilità che tu possa perire in battaglia, allora non sono più così forte, perché è da te che deriva tutta la mia forza…Ti prego, non arrabbiarti con me solo perché ho il desiderio di saperti viva!>
La bionda sembrò calmarsi, e disse: <Capisco, ma ciò non toglie che è un discorso che dovremo riaffrontare, magari con più calma…> poi si voltò di scatto verso di lei: <Qualsiasi cosa tu farai, ti seguirò. Non mi importa se sarà un’impresa difficile: promettimi che aiuteremo gli abitanti di Melandria!> le sussurrò Olimpia.
Mentre si rimisero in cammino, Xena le disse soltanto un incerto: <Tenteremo di aiutare Parmione ed il resto degli abitanti di Melandria…>
Dopo poco tempo, le due si trovarono davanti all’uscio di casa della famiglia del giovane.
Un uomo che da lontano urlava a gran voce: <Xena! Olimpia!> attirò subito la loro attenzione. Le due si voltarono, ed in breve tempo, l’uomo alto, snello, con capigliatura corta bionda e i primi segni di barba sul volto, fu ben visibile alle due.
Il giovane si parò dinnanzi a loro, con un sorriso gioviale, e disse: <Finalmente! Era da un po’ che vi attendevo, come state belle guerriere?> E mentre disse questo, si chinò per fare un baciamano, prima ad Olimpia, poi a Xena, ma la guerriera ritirò la mano imbarazzata. Il giovane allora si ritirò di buon grado.
<Posso sapere chi sei?> rispose infastidita Xena. <Sono Parmione, il figlio di Palemone e vi ho mandate a chiamare perché so che dovete un favore a mio padre!>
<E dov’è tuo padre adesso?> incalzò pungente Xena.
Gli occhi del giovane mutarono in un attimo espressione, e la cosa non passò inosservata alle due guerriere, così Olimpia chiese: <Che hai?> Il giovane dallo sguardo perso nel vuoto, in un punto indefinito dell’orizzonte, si schiarì la voce e disse: <Vedete… mio padre è stato seppellito poche ore fa… E’ morto…> L’atteggiamento di Xena si fece repentinamente meno duro, quasi compassionevole, nei suoi riguardi, perciò bisbigliò: <Condoglianze…> Nello stesso momento, per cercare di infondere forza al ragazzo poco più che fanciullo, Olimpia poggiò una mano sulla sua spalla rompendo il silenzio: <Allora, ragazzo, perché ci hai cercato?>
Il giovane indicò loro l’uscio di casa e concluse: <Entriamo in casa, preferisco parlarvi privatamente, lontano da eventuali occhi ed orecchie indiscrete…>
Parmione dunque si avviò, seguito a ruota da Xena e Olimpia che fissandosi negli occhi, quasi con una sorta di telepatia, si chiedevano: <Che strana situazione, cosa avrà voluto intendere?>
La porta di casa si spalancò, lasciando intravedere il resto della famiglia di Parmione: la madre, e le sue quattro sorelline riunite nella cucina che si affaccendavano a bollire verdure e lessare cereali per il pranzo.
I tre entrarono, ma prima di richiudere la porta dietro di se, Parmione si affacciò guardingo, per assicurarsi che nessuno fosse nei dintorni.

CAPITOLO 3

<Quindi mi stai dicendo che ci hai cercato perché vuoi che io e Xena ti aiutiamo ad andare via da Melandria alla volta di Tebe?> concluse Olimpia dopo aver ascoltato quello che Parmione aveva da dire. Il giovane la fissò durante tutto il suo monologo, poi annuì deciso. <Incredibile!> disse spazientita Olimpia per poi continuare: <E
cosa vorreste che facessimo, io e Xena, aiutarvi a fare il trasloco?> Poi Olimpia si voltò verso Xena dicendole: <Xena, non possiamo, abbiamo ben altre priorità, ti ricordi che giorno è oggi?> Alludendo al fatto che di lì a poco le baccanti sarebbero tornate a Melandria.
Olimpia fu molto sorpresa, quando nel silenzio generale, ingombro di attesa, notò che Xena era davvero soprapensiero. Olimpia la scosse leggermente con la mano sul suo braccio dicendo: <Xena? Xena! Cosa c’è?> Improvvisamente la principessa guerriera si pronunciò a Parmione, ignorando la compagna: <Dunque, volete andare a Tebe? Ma se non sbaglio in questo periodo ci sono delle tremende lotte tra il re Penteo e un gruppo di ribelli guidati da un certo Atteone…> <Esattamente!> esclamò Parmione, surclassando qualsiasi eventuale risposta di Olimpia che guardava i due spaesata. <Sarà difficile riuscire a farvi entrare, lo sai?> continuò Xena <Certo che lo so!> rispose risoluto il ragazzo, mentre Olimpia sempre più confusa intervenne: <Andiamo Xena, ma è di Tebe che stiamo parlando! Tutto il mondo sa che Tebe è la città occidentale più liberale in assoluto, perché ora dovrebbe impedire a Parmione e alla sua famiglia di entrarvi?> Ma la sua considerazione fu completamente ignorata ancora una volta da Xena e tutti i presenti, che a loro volta fissavano Xena con occhi speranzosi.
<Sappiamo bene che è difficile, e per questo mio marito, che aveva previsto tutto, ha detto a Parmione che avevamo bisogno di aiuto; è un’impresa difficile, ci servivano le persone giuste e leali,e voi siete le migliori per garantire la libertà, non a me povera vecchia, ma i miei quattro figlioli! Vi prego, aiutateci!> intervenne la vecchia donna tenendo strette a se le due figliolette più piccole. Quell’appello risultò così accorato, tanto da riuscire ad intenerire Olimpia, la cui espressione facciale, passò repentinamente dal sarcasmo alla compassione; la bionda strinse la sua mano in quella di Xena, poi bisbigliò nell’orecchio alla principessa guerriera: <Forse possiamo aiutarli, non credi? Dopotutto è sempre più facile combattere contro un gruppo di ribelli piuttosto che contro Bacco…avremo di sicuro più possibilità…che ne pensi?>
<E gli abitanti di Melandria?> le rammentò flebilmente Xena stringendole di più la mano.
<Mi dispiace dirlo, perché avrei voluto davvero che Melandria si liberasse da questa tremenda calamità…ma a questo punto…beh, un favore è pur sempre un favore, specialmente e si tratta di un defunto! Non credi?> <Hai ragione…Penso glielo dobbiamo al vecchio Palemone… Dai, non disperare vedremo cosa riusciamo a fare!> le rispose accomodante Xena.
Poi le due guerriere comunicarono la loro decisione alla famiglia: <E sia! Vi aiuteremo a penetrare a Tebe ma ad una condizione, che tutto ciò avvenga nel più breve tempo possibile!> <Abbiamo fretta quanto voi di andarcene da qui, che credi?> rispose Parmione. <Perché?> rispose incuriosita Olimpia. Il giovane stette qualche secondo a pensare quello che doveva dire, poi farfugliò: <Perché a Tebe ci aspetta zio Leucippo..>
Xena osservò la reazione del giovane con molta attenzione, e fu per un attimo insospettita da qualcosa, poi scrutando al di fuori della finestra ed accorgendosi che si era fatto tardi, concluse: <Ascoltatemi! Domani mattina di buon ora ci incontriamo nella piazza del mercato; portate poche cose, giusto l’indispensabile per il viaggio! E’ meglio viaggiare leggeri, perché non si sa mai quello che si trova lungo il cammino… Dato che a Tebe si dirige solo la strada oltre porta nord della città!> Tutti i membri della famiglia ascoltavano con una luce di ritrovata gioia negli occhi, la gioia che presto avrebbero abbandonato quel posto, con la speranza di una nuova e meno stentata vita, e tutti furono felici che le due avessero deciso di aiutarli. Tutti i loro pensieri passarono nitidamente nella mente di Olimpia che riuscì a leggerli, e provò comprensione per quella sfortunata famiglia. Poi Parmione fissando Xena rispose: <Ci saremo domani, non temere!>
Concluso il discorso, le due si avviarono verso l’uscita della casa, e mentre Xena aprì la porta Parmione le disse: <State attente mi raccomando, specialmente quando attraversate il bosco… E tornate a casa prima che faccia buio!>
Le donne si voltarono, salutarono ed andarono via.
Xena ed Olimpia ritornarono alla taverna poco dopo il tramonto e furono ben accolte da Nico, il quale in parte per ospitalità, in parte per interesse, cercava di far trattenere il più possibile le donne a Melandria.
Quella stessa sera però, l’oste apprese con suo sommo disappunto, che le due guerriere l’indomani mattina sarebbero partite. <Ma non potete andare via! Come faremo senza di voi? La nostra gente ha bisogno di voi! Non potete respingere prima le baccanti e poi accompagnare Parmione e la sua famiglia a Tebe? Tanto Tebe è vicina…> espose preoccupato Nico.
<Non possiamo perché se non accompagniamo Parmione entro il prossimo zenit a Tebe, per loro potrebbe essere troppo tardi; sai, che Tebe ha chiuso tutte le porte della città e non permette di entrare a nessuno?> chiese Xena per poi continuare nel suo ragionamento: <Se noi accompagniamo Parmione a Tebe, entro lo zenith, sarà più facile eludere i controlli dei soldati! Altrimenti i tuoi amici possono anche dire addio a Tebe!> concluse autoritaria Xena.
<Suvvia, Nico…> rispose più accomodante Olimpia poggiando una mano sulla spalla dell’uomo per poi ultimare: < …In fondo siete sempre riusciti a respingere le baccanti anche senza il nostro aiuto, vedrete che ci riuscirete anche stavolta!>
<E poi non è detto che non si riesca a fare tutte e due le cose!> esclamò Xena alzandosi dal tavolo e prendendo la spada ed il chackram fino ad allora posati sul tavolo. Fu il chiaro segno per Nico, che la guerriera stava chiudendo la conversazione, così esclamò ironico: <Buonanotte Xena!> La guerriera sollevò il braccio e salutò senza dir nulla dirigendosi nella sua camera.
<Forse quando parlo dico cose sbagliate?> si crucciava l’oste, cercando di sfogarsi con Olimpia, la quale era ancora impegnata a seguire con lo sguardo la sua compagna finché non scomparve al di sopra della gradinata.
<Ehi, posso avere almeno la tua attenzione se non quella di Xena?> la sollecitò l’oste, e nel frattempo sua figlia poggiò una manina sul ginocchio di Olimpia. La donna sembrò ridestarsi dal torpore che l’aveva avvolta fino a quel momento, e accortasi della bambina la prese in braccio. <Come ti chiami piccolina?>
<Io Licia!> <Licia! Bel nome!> disse Olimpia dandole un pizzicotto così leggero sulle guance, quasi come fosse solletico, che suscitò la reazione ilare della bambina.
<Ehi sto parlando con te!!> Irruppe spazientito Nico rompendo l’atmosfera di armonia creatasi tra le due. <So benissimo con chi stai parlando!> rispose Olimpia facendosi seria, per poi continuare: <Ma a cosa ti serve agitarti in questo modo? Forse se ti comporti così riesci a scacciare le baccanti? Queste situazioni vanno affrontate con calma!> Nico incalzò: <Ma io cerco solo un po’ di aiuto!> <E lo avrai!> Le voci dei due si alterarono, così Nico urlò: <Si ma Xena…> <Ma Xena che?> rispose urlando a sua volta Olimpia. <Senti…> riprese a parlare con più calma Nico, consapevole che avevano degenerato abbastanza per quella sera<… Quando vi ho visto arrivare ho pensato che voi sareste state la salvezza delle nostre fanciulle, delle nostre donne, insomma, la salvezza di Melandria! Ed invece scopro che nelle priorità di Xena c’è solo quella di far raggiungere sani e salvi a Tebe, la famiglia di Parmione!> <Se ha deciso così, è perché forse è davvero più importante permettere che Parmione raggiunga Tebe!> Nico strabuzzò gli occhi esclamando incredulo:<Importante!?!> Olimpia inspirò un attimo, aveva capito che l’uomo aveva bisogno di spiegazioni, così con pazienza cominciò a parlare all’oste: <Ascolta, Xena è una donna molto saggia, sa sempre quello che fa, e se ha deciso così rispetta la sua decisione, ed abbi fiducia: Se ha detto che vi aiuterà, lo farà! Non ti resta che fidarti!>Nico colpì violentemente il tavolo e disse sardonico: <Incredibile!> <Non lamentarti Nico, dopotutto noi siamo accorse qui, solo perché è stato Parmione a mandarci una missiva, se davvero come dite voi, questo problema vi affligge da sempre, perché non ci avete chiamato prima? Io tengo a liberare Melandria dalle baccanti quanto te, oltretutto con quelle sciacalle abbiamo ancora un conto in sospeso, ma ammetti che effettivamente dobbiamo aiutare prima chi ci ha cercato, perché è più giusto.> <Ma…> <No Nico, anche io non ero d’accordo all’inizio con il modo di fare di Xena, ma mentre tornavamo qua, ci ho pensato a lungo! E’ giusto aiutare Parmione!> <E’ evidente che abbiamo opinioni diverse, ma so che tu sei una persona saggia e non permetterai che Xena compia un’ingiustizia simile! Deve aiutare Melandria!> puntualizzò Nico. Olimpia lo fissò contrariata da quell’affermazione, così l’uomo, rendendosi forse conto che non poteva imporre la propria volontà a nessuno, tanto meno alle due guerriere, addolcendosi nel tono disse: < Almeno prova a parlarle tu, visto che tra di noi non c’è un ottimo dialogo! Cerca di convincerla, sono sicuro che a te darà ascolto…> <Mi spiace Nico…> iniziò categorica Olimpia alzandosi dal tavolo e lasciando scendere dalle sue gambe la bambina, che osservava la loro discussione in silenzio giocando con il ciondolo che Olimpia portava al collo; poi Olimpia continuò: <Conosco Xena,e se ha preso una decisione, ne tu, ne io, ne nessun altro essere vivente di questa terra potrà farle cambiare idea! Ed ora scusami, sono stanca: Buonanotte!> Ed anche Olimpia si ritirò nella stanza per riposare.
Aprì la porta della loro stanza, ed il bardo si immerse nella penombra che avvolgeva quel locale. Richiuse la porta dietro di se, ed accese una piccola lanterna.
Quando la stanza fu illuminata un po’, il bardo si diresse verso il giaciglio che condivideva con la sua amica, e si accorse che Xena era ancora sveglia: <Ehi, notte insonne?> domandò il bardo avvicinandosi al viso di Xena per consegnarle un bacio sul viso. La guerriera che aveva gli occhi chiusi rispose : <Già…>
Calò qualche istante di silenzio tra le due; Olimpia allora, cominciò a svestirsi di tutto ciò che era superfluo e rimase solo con la gonnella e il bustino, poi, a piedi nudi si stese sul giaciglio di fianco alla compagna: <A cosa stai pensando Xena?>
Olimpia si accoccolò col viso sul petto della guerriera, poggiandovi anche una mano che fu subito coperta da quella di Xena, che ancora con gli occhi chiusi, disse: <Non lo so, ma c’è qualcosa di questa storia che non mi convince…> <Cosa?> chiese il bardo che adorava ascoltare la lenta ritmicità con la quale batteva il cuore di Xena. <E’ tutto troppo ingarbugliato…Voglio dire, Parmione vuole a tutti i costi andare via da Melandria, mentre Nico, vuole a tutti i costi che noi rimaniamo a Melandria per proteggere la sua gente dalle baccanti, qualcosa non mi convince…> <Xena, non riesco ad afferrare il ragionamento. Non capisco…> le disse Olimpia titubante. Xena rispose con una serietà quasi aulica: <Sinceramente, credo che la famiglia di Parmione non vada via da Melandria solo perché a Tebe hanno il parente che può concedergli un’esistenza più agiata…Ci deve essere dell’altro sotto, ma no riesco a spiegarmelo, o per lo meno non ancora…> <Quanto a Nico, non si comporta come uno che è sempre stato abituato a respingere le baccanti, sembra avere un terrore folle di loro…Quasi come se corresse un pericolo certo… come se in casa sua se ne aggirasse una!>
<Ah ha!> rise Olimpia <Ma che sciocchezze stai pensando! Xe, tu hai bisogno di riposo!> continuò spensierata Olimpia la cui risata le si smorzò in gola, non appena a pochi passi dal di fuori della loro porta sentì un rumore sinistro, e quasi rabbrividì.
Olimpia si alzò di scatto a sedere sul letto, Xena fece ugualmente, poi la osservò scendere dal letto e cominciare frettolosamente a barricarsi in camera.
<Non servirebbe a nulla, e lo sai…> le disse pacatamente la guerriera fissando la mobilia messa davanti alla porta da Olimpia, <Si, ma è una protezione in più, almeno!> affermò la barda, che una volta compiuto il lavoro, chiuse bene la finestra e ritornò nel letto tra le braccia della guerriera. <Olimpia, ma cosa c’è, hai paura?> <Io..N…no!> disse incerta e tremante Olimpia, che in cambio ricevette il caldo abbraccio di Xena, nel quale cominciò a rilassarsi. <Comunque sia, cerchiamo di dormire, tutti i nostri dubbi saranno chiarirti soltanto vivendo questa avventura… Domani ci aspetta una lunga giornata…> Poi Xena le posò un lieve bacio sulle guance augurandole la buonanotte, mentre un pesante silenzio calava in quella stanza.

CAPITOLO 4

I primi raggi di sole, illuminavano il cielo verso est, l’aria di prima mattina era gradevole ma pungente.
Xena e Olimpia, avvertirono l’arietta fredda di prima mattina, e si coprirono le spalle con una stola, mentre uscivano furtivamente dalla locanda.
Olimpia fu rattristata dal gesto che stavano compiendo: <Non è educato, scappare via come delle ladre, beffandosi del loro benefattore..> pensava; così, prima di uscire, nonostante le ripetute sollecitazioni di Xena a sbrigarsi, ella scrisse un biglietto all’oste, nel quale indirizzava anche un affettuoso saluto alla figlioletta, e lasciò venti denari sul banco della sala mensa, quasi come se avesse voluto in un qualche modo riparare al torto che sapeva di star facendo a quella famiglia.
Dopo pochi passi, le due furono al luogo dell’appuntamento, ed incontrarono la famiglia di Parmione.
<Mettiamoci subito in viaggio!> sollecitò solerte la Principessa Guerriera, che salutando appena i presenti, prese le briglie di Argo II, mentre si voltò per vedere cosa facesse Olimpia.
Xena vide che la sua compagna stava sistemando sul suo cavallo la vecchia madre di Parmione e la piccola Mila, e sorrise di fronte a quel gesto di grande tenerezza ed umanità, che sembrò spalancarle per un attimo le porte del cuore, e che rese Olimpia allora più splendente ai suoi occhi.
Xena fu raggiunta da Parmione, che distogliendola dai suoi pensieri le disse: <Ti ringrazio anticipatamente di quello che stai facendo per noi!>
Assumendo un tono più freddo la donna rispose: <Non ringraziarmi, hai ancora tante cose da spiegarmi, e ti assicuro che prima o poi lo farai!> la sua risposta fu così chiaramente e volutamente scostante, che Parmione si ritirò di buon ordine, per cedere il posto di fianco a Xena ad Olimpia. <Cosa ti ha detto?> chiese curiosa il bardo che aveva sentito i due confabulare sottovoce. <Nulla di importante…> tagliò corto Xena. Per poi sprofondare in qualche attimo di meditazione: <Fino a quando non farò luce sui misteri in cui ci stiamo via via immergendo, non voglio allarmare Olimpia, oltretutto non so se fidarmi di chi ho attorno, e se poi fossero le persone sbagliate? Non posso rischiare così tanto, non ora che c’è Bacco in giro, e nel caso Olimpia da difendere…>
Il viaggio fu molto breve, e taciturno, col silenzio intercalato solo da qualche breve battuta tra i membri della famiglia di Parmione, per lo più.
Olimpia più volte notò, la crescente ansia di Xena, nonostante la guerriera cercasse di apparire ai suoi occhi calma e serena.
Il bardo sapeva benissimo che dietro al fischiettare spensierato della guerriera, che talvolta imitava il canto degli uccellini, talaltra lo scroscio del torrente, si nascondeva una malcelata preoccupazione per la situazione che dovevano affrontare, e spesso per confortarla, le metteva una mano sulla spalla.
Il breve viaggio, condusse la comitiva ai piedi della maestosa porta del sole di Tebe, la principale via d’accesso alla città, che però appariva pullulante di soldati.
La marcia del gruppo si arrestò poco distante da questa, presso l’uscita del boschetto.
<Dannazione, come faremo? Hanno già bloccato gli ingressi a Tebe, non entreremo mai!> esclamò Parmione. <Entreremo, vedrai!> esclamò Olimpia, fissando Xena colma di speranza.
<La situazione è più complicata del previsto…Sarà difficile, ma cerchiamo di risolverla con le buone maniere… Altrimenti a Tebe ci entriamo, si, ma per farci un giretto nelle prigioni del palazzo reale!> disse Xena.

di Bard and Warrior

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