episodio n. 16
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Olimpia le domandò allora: <Xena, e se le buone maniere non funzionassero?> Senza dir nulla la guerriera fissò la compagna negli occhi, poggiandole una mano sulla spalla, poi la tolse facendola correre lungo la sua cintola, e con due dita andò a sfiorare il chackram. Osservando tutta la scena Olimpia si limitò a rispondere: <Capisco…>
Tutto il gruppo si avviò lentamente verso l’ingresso a Tebe, ma quasi come se il presagio di Xena si stesse avverando, i soldati li fermarono all’ingresso di Tebe.
<Perché siete venuti a Tebe?> tuonò la voce di un soldato che interloquì con Xena. Cercando di mantenere calma e lucidità, la guerriera rispose: <Abbiamo accompagnato questi nostri parenti perché hanno perso il capofamiglia, è qui c’è un nostro zio che potrà ospitarli, ma la zia è vecchia, i suoi figli piccoli, e il ragazzo da solo ragazzo non riusciva a condurre la sua famiglia qui…> recitò Xena per impietosire il soldato che rispose invece: <Capisco!> poi continuare: <Ma non potete entrare! Dobbiamo bloccarvi qui e chiedervi di tornare indietro, perché siete un gruppo troppo numeroso ed abbiamo avuto disposizione dal re che non più di dieci gruppi di due persone, possono entrare in una giornata a Tebe.> <Ma vi prego non fateci tornare indietro, la zia malata e molto stanca, le figliolette molto piccole, non riuscirebbero ad affrontare il viaggio di ritorno…> esclamò prontamente Olimpia cogliendo al volo l’interpretazione di Xena e portandola avanti. Un terzo soldato domandò: <Da dove venite?> <Da Melandria…> rispose esitante la madre di Parmione. <Non è tanto distante da qui, potete tranquillamente tornare indietro e andare a casa prima di sera…> <E prima che le baccanti trasformino i vostri corpicini in carne da macello!> esclamò ironico un quarto uomo, mentre in coro tutti gli altri ridevano.
La rabbia afferrò la mente di Xena, che cercò tuttavia di calmarsi, per il buon esito della missione, ma oltre a lei, anche Parmione si era infuriato, e purtroppo a differenza di Xena, non riuscì a controllarsi, difatti a gran voce urlò: <Sporchi e sudici idioti, cosa avete tanto da ridere?> I quattro si fermarono di botto, guardando verso Parmione, poi l’ultimo dei quattro che aveva parlato, continuo: <Stai zitto lurido pidocchio, o ti strappo la lingua dalla bocca e me la appendo come trofeo in garitta!>
<Sei solo un pallone gonfiato dal cervello bacato!> urlò con voce forte Parmione, che si avvicinò di due passi al soldato, che a sua volta stava perdendo la pazienza.
In quel preciso istante, Xena e Olimpia si guardarono negli occhi rassegnate, così Olimpia sussurrò: <Va bene, non abbiamo scelta…Vada per le maniere forti!> E Xena le rispose: <Quanto dovremo aspettare ancora prima che due uomini dalla diversa cultura, dai diversi modi di fare possano parlare in pace, senza attaccarsi, o farsi la guerra?> <Tanto, tantissimo tempo ancora, amore…> sospirò Olimpia dirigendo le mani verso i calzari.
Proprio mentre stava perdendo le staffe, il soldato sguainò la spada e menò per l’aria un fendente, diretto verso il braccio di Parmione, ma prima che l’arma potesse ferire il ragazzo, un rumore di ferraglia risuonò nell’aria sotto gli occhi sgomenti della famiglia del ragazzo. Parmione che chiuse gli occhi dalla paura gli riaprì, e si accorse di essere stato protetto da Xena che aveva parato il fendente con la sua spada.<Mi opponi resistenza, donna?> <Beh, mi sembra che puoi vederlo da te!> parlò ironica Xena, riacquistando tutta la sua maestosa grinta. <Sei una sciocca, la pagherai cara!> ed il soldato si menò in un duello, quasi un corpo a corpo con Xena. Gli altri soldati cominciarono anche loro a sfoderare le armi, ed ovviamente Olimpia che fino ad allora era stata solo spettatrice di quel duello, cominciò anch’ella a prepararsi per il suo impegnativo duello. Due soldati si lanciarono in aiuto del loro compagno, ma Xena prima di rendersi conto di quello che stava accadendo, si trovò subito le spalle coperte dalla compagna, che aveva ingaggiato lotta con i due, il quarto uomo, si gettò nella mischia, ma non prima di aver attirato l’attenzione di altre guardie, che corsero in loro aiuto, mentre le due guerriere riuscirono a liberarsi dal loro duellante, videro subito arrivarsi contro altri dieci o forse quindici uomini… <Entrate ora che la porta non è sorvegliata!> gridò Xena a Parmione ed alla sua famiglia, tenendo testa nel frattempo, a delle guardie. Il ragazzo, e la sua famiglia, non riuscivano ad andare via, erano così vicini alla porta che li avrebbe condotti alla salvezza, eppure non riuscivano a varcarla, rimanevano impietriti ad osservare il destino delle due donne.
<Non posso lasciarvi qui a combattere da sole contro tutti questi soldati!> urlò Parmione.
Olimpia si voltò distraendosi un attimo ed urlò:< Non fare lo sciocco, vai via: la legge di Tebe dice che sei intoccabile e sotto la protezione del re Penteo, se attraversi come scampato ad un combattimento la porta del sole… Porta la tua famiglia in salvo, ora!>
Convinto dalle parole del bardo, il giovane prese l’anziana madre sotto braccio, e le sorelle più piccole, e le condusse entro Tebe. Olimpia fu compiaciuta che il giovane una volta tanto aveva ubbidito, e poté concentrarsi nel suo combattimento.
Xena e Olimpia erano ormai stanche, piene di lividi e graffi…venti uomini tutti in una volta erano troppi anche per loro, così le due furono accerchiate, e si misero spalle contro spalle. <Xena, è la fine, vero?> sussurrò il bardo. <Venti uomini cominciano ad essere troppi anche per noi! Stiamo invecchiando!> scherzò, la Principessa Guerriera sorridendole, poi cercando di infonderle coraggio, le disse: <Dai, ci siamo trovate in situazioni peggiori… Ce la caveremo!>
La lotta sembrava già aver segnato i destini dei vinti e dei vincitori, quando dal bosco attiguo alla città, uscì un gruppo di uomini armati fino ai denti, che si fiondò contro i soldati, combattendoli arditamente.
Xena e Olimpia, rimasero attonite, non si aspettavano assolutamente dei soccorsi, così si guardarono chiedendosi: <E da dove sbucano questi?> E stettero per un attimo a guardare, mentre quegli uomini subito misero in ritirata, ad una ad una le guardie.
In poco tempo il combattimento fu finito, e le due guerriere salve.
Xena era alquanto incredula, inoltre la comparsa di questi uomini infittiva ancora di più il mistero; improvvisamente un uomo di bell’aspetto, con lunghi capelli neri ricci, ed una barba incolta, occhi neri e fisico statuario, si avvicinò alle guerriere e si presentò: <Lieto di fare la vostra conoscenza signore, io sono Atteone!> <Atteone?> urlò Olimpia, per poi rivolgersi a Xena: <E’ il capo dei ribelli, vero?> Xena annuì rispondendo all’amica, e fissando i suoi negli occhi del ribelle. Non sapeva perché, ma osservandolo cresceva in lei un sempre maggiore senso di inquietudine. Atteone dal canto suo, era perfettamente in grado di reggere lo sguardo inquisitorio della donna, tanto da dirle: <Almeno potreste presentarvi..> Xena che continuava ad avere i suoi strani presentimenti, si chiuse sulla difensiva e rispose poco entusiasta: <Io sono Xena di Anfipoli e lei è Olimpia di Potidea, ti ringraziamo per averci aiutato, ma ora scusaci, abbiamo altro da fare!> Detto questo fece per scansarsi seguita a ruota da Olimpia, ma si arrestò quando sentì che Atteone le afferrò il braccio e le disse: <Due forti guerriere insomma! Perchè non vi unite a noi?> Xena lo fissò, e sentì di non potersi fidare di lui, così con tutta la sua fierezza rispose: <Ti ho già ringraziato per averci aiutate, ma non ti aspettare altro da noi, tu e i tuoi seguaci siete dei ribelli fuori legge, dei fanatici, e non voglio condividere alcun tipo di esperienza con voi!> <Ne sei proprio sicura?> rispose Atteone fissandola intensamente. In quel momento la guerriera sentì che il suo corpo veniva pervaso da mille brividi di piacere, un intenso calore la avvolgeva tutta, si sentiva forte, e poi un secondo dopo confusa, quasi come se fosse ubriaca. Quella stranissima sensazione, finì nel momento in cui Olimpia la strattonò e la riportò alla realtà, così poggiando una mano sulla spalla della compagna, Xena disse al ribelle: <Non mi unirò mai a voi, sappilo, e non tentare più di persuadermi delle mie decisioni!> E così dicendo si recarono entro Tebe, per controllare che Parmione e la sua famiglia fossero sani e salvi.
<Metterò anche questo affronto sul tuo conto: me la pagherai Xena, ti distruggerò senza pietà, ed insieme a te anche la tua amica…Benvenuta nel peggiore dei tuoi incubi!> disse sottovoce Atteone, ghignando maligno mentre le vedeva andare via.

CAPITOLO 5

<Xena, ti sei accorta che anche qua c’è la stessa aria spettrale che si respirava a Melandria?> constatava Olimpia, mentre insieme alla Principessa Guerriera passeggiava quietamente per le strade deserte di Tebe nel crepuscolo.
<Si, ho notato…ma forse ci stiamo solo sbagliando, forse qui le cose sono diverse, dopotutto se c’è una banda di ribelli in giro, che solitamente agisce per devastare specialmente nella notte, è normale che tutti siano al sicuro…> rispose Xena quasi come se volesse convincere più se stessa che Olimpia, della normalità dalla situazione. <Si fa sempre più strana la situazione, vero?> chiese Olimpia preoccupata intuendo il senso implicito di quella risposta. Xena si soffermò un attimo a riflettere sulla situazione, a parte l’aver accompagnato la famiglia di Parmione a Tebe, tutto il resto era strano: La reazione di Nico a Melandria, le guardie reali con un eccesso di zelo, i ribelli che sbucano dal nulla, la scomparsa degli abitanti delle due città nelle ore del crepuscolo…“Tutto è così enigmatico… sembra quasi che tutti noi, nel nostro piccolo, stiamo cercando di combattere contro qualcosa di più grande di noi, contro una minaccia incombente…contro una divinità, che agisce con un potere immensamente esteso…” Poi ripensò subito alle sensazioni di poco prima, quando Atteone le aveva stretto il braccio e concluse: “Cosa mi avrà mai fatto quell’uomo per farmi sentire in quel modo? Cos’era magia, illusione, o che altro…” Olimpia interruppe il corso dei pensieri di Xena dicendo: <Xena, e ora cosa facciamo?> Xena la osservò, le prese la mano, e frenando il passo, la strinse forte a se; Olimpia rimase inizialmente spiazzata dal comportamento della compagna. Xena pensò: “Come ho potuto anche solo per un momento dubitare dei suoi sentimenti nei miei riguardi quando Atteone mi ha stretto il braccio e mi ha mostrato il potere?” Olimpia anche se inconsapevole di quello che stava pensando Xena si lasciò trasportare dall’ abbraccio per poi sentire la sua amica sussurrarle: <Non temere, ci sono io con te, non ci accadrà nulla di male! Non ti lascerò in pericolo come quando feci l’ultima volta in Scandinavia… Non ti permetterò di rischiare come quando affrontasti Asterione…Io ti voglio bene, e non saprei più che fare se ti perdessi, senza di te sono niente!> Olimpia fissandola le sorrise dolcemente per poi dirle: <E’ indubbio che anche io ti voglia molto bene!>
Rendendosi conto che il crepuscolo stava ormai cedendo il posto alle tenebre, Xena propose: < Olimpia, voglio vederci chiaro, e chi meglio del re può dirci quello che sta succedendo a Tebe?> <Mi stai dicendo che dopo che abbiamo messo le sue guardie ko, adesso ci tocca andare fin dentro la tana del leone?> rispose allarmata Olimpia. <Certo! Ormai ho deciso...> <Ah… Ormai hai deciso…> disse Olimpia ironizzando su quelle parole per poi continuare: <E posso esprimere la mia opinione o devo star zitta ed ubbidire?> <No! Non puoi esprimerla, perché già so che è un dissenso!> sorrise Xena replicando: <Mi stai dicendo che da adesso oltre ad essere messa sempre in secondo piano perché non sono alta, bella, mora e con gli occhi di ghiaccio, devo subirmi anche l’onta di non essere presa in considerazione? Ti ricordo che lo hai già fatto ieri a casa di Parmione e la cosa non mi è piaciuta neppure un po’…> esordì melodrammatica Olimpia. <A proposito, scusami per ieri , ma ero troppo impegnata a capire…> rispose la guerriera. <E che hai capito? Ad ogni modo, tornando a noi, cara Xena, ti ricordo che da quando viviamo insieme, tu hai sempre fatto il braccio ed io la mente…> disse con tono sufficiente il bardo <Sempre!?!> domandò pungente Xena <Va bene non sempre… diciamo quasi sempre?> e notò una smorfia nella faccia di Xena, che aveva umoristicamente cominciato a prenderla in giro con lo sguardo: <Va bene, qualche volta!> concluse Olimpia <Ahahhh!> rispose la guerriera, contenta di averla spuntata ancora una volta sulla sua compagna. Poi facendosi seria, e concludendo la messa in scena che avevano volutamente creato per divertirsi, concluse: <Olimpia ti ripeto: ormai ho deciso, rechiamoci da lui e chiediamogli un’udienza!> <Sei sicura?> rispose ancora perplessa il bardo. Xena la fissò negli smeraldi preoccupati dicendo: <Si…> e si addolcì nel tono, per poi continuare: <Olimpia, ti sei accorta che stanno calando le tenebre? Non ci conviene rimanere senza riparo… Se offriamo il nostro aiuto a Penteo, vedrai che non si lascerà scappare un occasione del genere, ci ascolterà, e noi saremo al riparo almeno per questa notte dalle b… ehm… dall’ignoto!> disse Xena, stando ben attenta a non tradirsi e a non accennare minimamente ad Olimpia il suo più grande timore. <Va bene Xena, lo sai che ho una fiducia incondizionata nei tuoi riguardi…> approvò il bardo le cui ciocche bionde cominciarono a sollevarsi dalla fronte a causa del venticello pungente che stava cominciando aspirare. <Lo so mio prezioso bardo!> rispose Xena cercando di non pensare troppo alle sue paure.
<Mhm… Xena, ma non dovevamo recarci a casa dello zio di Parmione per controllare che lui e la famiglia siano riusciti ad arrivare interi?> domandò Olimpia <Certo! Non preoccuparti, l’ho messo sulla lista di cosa da fare, ma se permetti, ora l’udienza con il re ha la priorità assoluta!> rispose Xena. <Allora, quante guardie ci attendono fuori al palazzo?> si informò ancora il bardo <Mah, otto, dieci… nulla che due prodi guerriere come noi non possano affrontare!!> rispose Xena strizzandole l’occhio. <Sarà…> concluse dubbiosa Olimpia, mentre i torrioni del castello erano ormai a pochi passi da loro.
Le grandi porte della sala del trono si aprirono ed illuminarono il corridoio, che fino a poco prima possedeva solo la tenue luce di qualche fiaccola.
Il giovane con i primi accenni di barba, vestito in abiti regali, con lo scettro e la spada appuntata alla cintola, che era seduto ad un tavolo pieno di vivande, si voltò verso la porta con ancora una coscia di pollo in mano: <Chi osa disturbare la mia cena? Avevo dett…> ma rimase sconcertato nel vedersi di fronte due donne. Gettò con alterigia il pollo nel piatto, su pulì le mani e disse infastidito: <E voi chi siete? Come avete fatto ad entrare?> <Stai calmo, e risponderemo a tutte le tue domande!> rispose Xena. <Allora? Sto aspettando!> incalzò il re, per poi continuare: <E vi prego di rivolgervi a me usando i miei attributi reali!> Xena lo guardò spazientita, poi guardò Olimpia e si manifestò alquanto alterata. Il bardo capì, così anticipandola e cercando di essere diplomatica disse: <Sire ci scusi per l’ora tarda; noi siamo Olimpia e Xena…> <Xena di Anfipoli ed Olimpia di Potidea?> domandò riflettendo il re, per poi realizzare la risposta da solo: <Certo, e chi sennò?> Si alzò di scatto dalla sedia e con tutto il fiato che aveva in gola urlò: <Guardieee!> ma nessuno sembrò accorrere in suo aiuto. Sbuffando Xena gli disse: <Puoi continuare a chiamare quanto vuoi, tanto non ti risponderà nessuno!> Il re la fissò confuso, ma Xena continuò: <Le tue guardie sono andate tutte a farsi un riposino…> <Tu! Tu ti sei permessa di entrare nel mio palazzo, ti sei permessa di affrontare le mie guardie stamattina assieme ai ribelli…Ti farò marcire in una cella insieme alla tua amica!> tuonò il re. <Marcire in cella? Io? E saresti tu a mandarmici? Ma guardati, non hai neppure un filo di barba che ti cresca più lungo di un fagiolo, e già pretendi di sbattermi in cella assieme ad Olimpia? E un’ultima cosa: non osare burlarti di lei, altrimenti ti faccio pentire di essere venuto al mondo moccioso sbarbato!> urlò furiosa Xena. Gli animi stavano decisamente cominciando a surriscaldarsi, Penteo sfoderò la spada puntandola contro la gola di Xena, che a sua volta aveva la mano posizionata sul gancio che teneva appuntato il chackram alla cintola. Per placare i due, subito Olimpia si frappose fra loro ed urlò: <Smettetela voi due! E possibile che non si riesca a parlare civilmente?> <Tu sei un re troppo frettoloso nel giudicare, non sei saggio! Ascolta prima quello che abbiamo da dirti almeno!> continuò Olimpia togliendogli la spada da mano, e lanciandola qualche passo più indietro sul pavimento, per poi riprendere: <E tu sei sempre la solita attaccabrighe!> rivolgendosi a Xena, che intanto aveva già abbandonato l’idea di utilizzare il chackram. <Re Penteo, ascoltaci, prima di trarre le tue conclusioni… Potresti scoprire che in realtà noi siamo qui solo per darti il nostro aiuto…> concluse con più calma Olimpia. <Aiuto? L’aiuto di due donne schierate con i ribelli? Pensavo foste guerriere valorose ed oneste, ma evidentemente la vostra fama giunge fin qui in maniera un po’ distorta!> rispose cinico Penteo. Con tutta la poca pazienza di cui ancora disponeva Olimpia gli disse: <Un buon re dovrebbe sempre essere lento all’ira e prudente nel giudizio… Ascolta Penteo, non stiamo dalla parte dei ribelli, anzi, per la verità neppure li conosciamo!> Olimpia si fermò un attimo per guardare il re negli occhi, poi si voltò e notò che Xena stava cercando di calmarsi, quindi continuò: <La storia è questa: abbiamo aiutato un ragazzo di Melandria, a venire qui a Tebe dopo la morte del padre, ma questo ragazzo aveva con se la sua famiglia: madre anziana e sorelline più piccole. Quando siamo giunti alla porta est della tua città, abbiamo chiesto alle tue guardie di farci entrare, loro prendendosi gioco di noi, ci hanno negato il permesso; il ragazzetto ha perso la testa, e la tue guardie hanno sguainato le loro spade contro l’adolescente inerme, quindi noi lo abbiamo difeso e lo abbiamo fatto entrare a Tebe come superstite con tutta la famiglia. Nel frattempo però, c’eravamo messe contro un intero plotone delle tue guardie che ci hanno attaccate…> Olimpia si arrestò un attimo per riprendere fiato, mentre il re cominciò a seguire con più interesse quel racconto reso ancor più affascinante dalle abilità evocative della poetessa; cominciò a capire cosa realmente fosse accaduto, ed iniziò a riflettere sulla cattiva condotta osservata anche dalle sue guardie. Olimpia riprese: <Stavamo per soccombere quando dal bosco adiacente la porta del sole sono sbucati questi uomini che ci hanno aiutato…Questo e tutto!> terminò Olimpia <E dopo?> questionò il re. <Dopo il combattimento ci hanno proposto di unirci a loro, ma Xena ed io, avendo intuito che erano i ribelli, abbiamo rifiutato categoricamente!> Penteo guardò contrito per la prima volta oltre Olimpia, ed incontrò lo sguardo di Xena, alla quale chiese: <E’ tutto vero quello che mi ha raccontato?> <Si, è la verità.> rispose Xena incrociando le braccia al petto. Il re allora senza aggiungere altro, prese due sedie che pose intorno al tavolo e disse: <Vi chiedo umilmente scusa, vi prego, unitevi a me per cenare qualcosa, dovrete essere molto stanche…> Xena rimase sbalordita di quel repentino cambiamento di atteggiamento, da cinico e spietato, a caloroso ed ospitale, così lo fissava mentre divideva la sua sontuosa cena in tre parti. <Non dare tutto a noi, mangia qualcosa anche tu!> esclamò Olimpia che lo stava aiutando a razionare il cibo. “E’ appena finita la discussione ma sembra esserci entrata addirittura in sintonia con il re!” notò infastidita Xena. I due si accorsero di avere gli occhi della guerriera puntati addosso, quindi il re chiese: <Cosa c’è?> La guerriera non perse tempo a parlare: <Sinceramente non capisco il tuo atteggiamento: un attimo prima quasi vuoi ucciderci, un attimo dopo ci inviti alla tua mensa?> <Vedi Xena, ho sbagliato me ne rendo perfettamente conto… sono un re giovane ed impulsivo, forse non sono pronto a gestire una città grande come questa… la tua amica ha ragione, giudico la gente con troppa facilità; avrebbe tanto da insegnarmi. So che non è molto, ma voglio ripagarvi in questo modo dei maltrattamenti che avete subito dalle mie guardie, con la promessa che domattina, appena si sveglieranno dal loro riposino, le farò punire per la loro insubordinazione!> rispose sorridente Penteo. Xena non lesse malizia nei suoi occhi, forse quello era davvero un giovane re confuso che troppo presto aveva dovuto imparare a cimentarsi con situazioni molto più grandi di lui, così cercò di rilassarsi e di non fare la scontrosa per tutto il resto della serata, almeno per ricompensare l’aiuto prezioso che Olimpia aveva saputo darle in quel frangente.
I tre cominciarono a banchettare, in silenzio, quando ad un tratto quasi come se sbucata dal nulla, accanto a loro compare una donna alta, coi capelli lunghi neri e gli occhi scuri, che interruppe il silenzio della stanza schiarendosi la voce per poi parlare: <Penteo! Ho sentito delle urla, è successo qualcosa? Chi sono queste donne che cenano con te, hai deciso di spassartela stasera?> chiese la donna che sembrava essere molto in confidenza col re. Il re sollevò gli occhi dal piatto e disse: <Madre! Che sorpresa, non ti abbiamo sentito arrivare…> Anche le due guerriere sollevarono gli occhi dal piatto e videro la donna di bell’aspetto, del tutto somigliante nelle fattezze, al figlio. Il re si alzò, prese la mano della madre, la baciò, ed accompagnò quest’ultima vicino al tavolo esclamando: <No madre, hai frainteso, queste due donne sono due guerriere con le quali penso di poter stringere un’alleanza…> <Capisco! E non ci presenti?> chiese la madre, fissando con sguardo ammiccante Xena. <Certamente! Stavo per farlo.. Ti presento Xena di Anfipoli ed Olimpia di Potidea! Sono le due eroine più famose del mondo conosciuto!> parlò infervorato Penteo.
Le due si alzarono per salutare la donna, ma appena furono dritte sulle loro schiene, la donna fece un giro completo attorno a loro, squadrandole ripetutamente da capo a piedi, per poi fermarsi a toccare il fondoschiena e le spalle di Xena e dire: <Che muscoli, che possenza, hai tutta l’aria di essere una forte guerriera!> E fece uno slancio verso Xena per annusare il profumo del suo corpo. <E che profumo eccitante!> aggiunse. <Calma, calma madre!> disse Penteo afferrandola per un braccio e tirandola verso di se, consapevole che la situazione venutasi a creare era del tutto normale per lui, abituato ormai a quei comportamenti quando si trattava di presentare donne alla madre, notoriamente amante delle donne. Intuendo però anche l’imbarazzo delle guerriere, ed il fastidio che provava Olimpia nel vedere un’altra donna che molestava la sua compagna disse: <Mi spiace ragazze… Mia madre a volte è un poco strana, ma in fondo è molto buona! Comunque, ve la presento: lei è Agave, la regina di Tebe!> <Piacere di conoscerti regina Agave!> disse sarcastica Olimpia, intuendo fin dall’inizio che la donna aveva mire sulla sua compagna. <E tu piccolina sei l’accompagnatrice di questa splendida guerriera?> Intervenne allora Xena, dispiaciuta della situazione in cui Olimpia era capitata, in cui ancora una volta, era stata posta in ombra rispetto a lei, così disse con molta fermezza e molto garbo: <Si da il caso mia regina, che Olimpia non è solo la mia accompagnatrice, ma è anche la mia compagna, la mia famiglia…> Agave guardò Xena confusa e la guerriera continuò risoluta: <Insomma, lasciamo perdere, tu non puoi capire ed io odio cimentarmi in questi ridicoli discorsi, ti basti sapere che lei è tutta la famiglia che ho!> <Va bene, va bene! Ho afferrato il concetto! Stai dicendo di starti alla larga, ma non c’è mica bisogno che diventi rossa come il colore del mantello di mio figlio!> rispose Agave ridacchiando.
Il re che si era affacciato un attimo alla finestra intanto, si schiarì la voce e riprese dunque parola: <Allora, possiamo affrontare discorsi seri adesso?> <E’ molto tardi per affrontare discorsi seri, non credi?> osservò Xena <Me ne rendo perfettamente conto, ma devo mettervi al corrente di quello che sta succedendo ultimamente qui!> Olimpia richiamò qualche istante Xena in disparte e disse: <Dai Xena, ascoltiamo cosa ha da dirci, può darsi che riusciamo a far in parte luce sul mistero di questi ribelli, e poi non dimenticarti che c’è ancora Melandria da salvare: se abbiamo ben presente il quadro degli avvenimenti, con un azione congiunta potremo fare anche tutte e due le cose, non trovi?> <D’accordo..> le sussurrò Xena per poi continuare carezzandole il viso: <Ma dimmi quando ti stanchi, perché andiamo a dormire, va bene?> Olimpia annuì, quindi Xena si diresse verso il tavolo per sedersi, mentre disse: <Allora Penteo, chi sono questi ribelli? Che vogliono?> Olimpia si sedette accanto a lei afferrando qualche chicco d’uva da mangiare mentre ascoltava quei discorsi. Sia Penteo che Agave si sedettero di fronte a Xena ed Olimpia, poi la regina fu la prima a parlare: <Sai Xena, è difficile capire chi siano questi ribelli e da dove vengono… Agiscono nell’ombra, di notte, senza alcuna pietà per chi si oppone a loro…> <Si, ma qualcosa dovranno pur volere no?> rispose la guerriera per poi continuare: <Nessuna persona con un minimo di senno diventa brigante se non vuole che cambi la situazione politica in cui si trova…> <Hai perfettamente ragione!> osservò Penteo, per poi continuare: <Un po’ di tempo fa, si presentò alla mia corte, chiedendo un’udienza personale, un uomo con lunghi capelli neri ricci, ed una barba incolta, occhi neri e fisico statuario. Diceva di chiamarsi Atteone. Io accolsi la sua richiesta così accorata, quindi lo ricevetti e parlò con me…> <E dunque?> chiese Olimpia <…Dall’aspetto sembrava un vero e proprio aristocratico, uno di quei patrizi benestanti e potenti…Insomma uno importante. In realtà era soltanto un borioso arrogante che voleva impormi la propria volontà anche con la forza. Mi picchiò, mi insultò, finché le mie guardie non riuscirono ad allontanarlo dal castello…> <D’accordo Penteo, ma cosa voleva?> rispose Xena cercando di andare al sodo. <Mi aveva chiesto di far abbattere il tempio di Giove, e di farmi erigere al suo posto un tempio per Semele, per iniziare un nuovo culto. Io gli risposi che il tempio di Giove era sacro più di tutti gli altri, e che pertanto non potevo assolutamente abbatterlo, per far erigere un tempio in onore di una comune mortale, per di più!> <Semele?> chiese Olimpia <Questo nome non mi è nuovo!> mugugnò poi tra se e se. <Tu cosa rispondesti?> chiese poi Xena. <Risposi che non potevo esaudire questa sua richiesta e che neppure per tutto l’oro di questo mondo avrei deciso di fare abbattere quel tempi per rimpiazzarlo con uno dedicato a mia zia!> <Semele tua zia?> risposero in coro Xena ed Olimpia sgranando gli occhi. <Si, Semele era mia sorella!> Parlò Agave. Prese fiato e continuò: <Molto tempo fa, Semele e Giove diventarono amanti…Il dio la ingravidò, e lei cominciò ad insistere con egli, per avere una relazione più stabile, voleva che lasciasse Giunone, per sposarsi con lei, ma siccome per uno strano scherzo del destino se sei dio puoi premetterti tutto, fuorché le nozze fra un comune mortale ed il re degli dei, Semele ebbe un rifiuto secco da parte del dio, il quale dopo aver ascoltato mille e più volte la stessa richiesta, e conscio del pericolo che correva se qualche volta per caso Giunone avesse ascoltato le loro discussioni, si annoiò di avere ancora tra i piedi mia sorella e la fulminò, nonostante ormai mancasse poco alla nascita del bambino…> <Che storia triste!> dichiarò Olimpia che poi concluse: <La leggenda narra che quando Semele morì, Goive salvò il figlio che da lei aspettava, e se lo fece cucire all’interno della sua coscia, finché la gestazione non fosse finita, Giusto?> <Giusto!> rispose Agave stupita della profonda cultura che aveva Olimpia. <E si sa, che fine ha fatto poi quel bambino?> andò sul concreto Xena. Penteo rispose: <Sappiamo solo che è diventato una divinità come gli altri…> prese fiato e sospirò: <Il figlio di mia zia è Bacco!> Quel nome risuonò gelido fra i presenti nei cui occhi serpeggiava il timore. Le facce di Xena ed Olimpia si imbiancarono, le loro bocche segnavano smorfie di profondo stupore, e forse per la prima volta da quando tutto era cominciato, Xena ebbe la giusta intuizione: “Il filo conduttore di tutta questa storia è Bacco sia per Melandria, sia per Tebe. Forse Atteone è uno dei sacerdoti di Bacco… o peggio ancora lo stesso Bacco… in tal caso, dobbiamo agire subito…siamo in pericolo!” pensò. Olimpia strinse forte il suo braccio mentre rifletteva, così Xena fu ridestata. Ad un certo punto una folata di vento entrò dalla finestra e spense tutte le candele che illuminavano la stanza.
Prendendo il coraggio a due mani, Xena si alzò portando Olimpia con se, e riaccese tutte le candele. Quando la stanza fu di nuovo illuminata, trovò Penteo ed Agave normalmente seduti al tavolo. <Forse Atteone ed i suoi ribelli sono seguaci di Bacco, per questo volevano l’erezione di un tempio qui a Tebe per Semele…> si pronunciò il re <In ogni caso non sono allarmato più di tanto, perché sono molto ben difeso. Non rappresentano minaccia alcuna per me!> concluse il re. <Xena prese un attimo per calmare i battiti del suo cuore che ormai erano avviati all’extrasistole poi disse: <Non sottovalutare il nemico Penteo, ti prego non commettere questo errore! Stasera e nelle sere a venire, rafforza il numero di guardie per ogni stanza del palazzo, serra le porte e barrica la città! Nessuno, dico nessuno deve essere in grado di espugnare le mura di questa città.> impose Xena. I suoi ordini furono immediatamente eseguiti, così vista l’ora tarda, decisero di andare a riposare.
Xena aveva fatto esplicita richiesta di una stanza senza finestre ne aperture verso l’esterno, il re la accontentò, anche se l’unica stanza disponibile, con quelle peculiarità, era nei pressi della torre nord, posta proprio sull’armeria, quindi fece accompagnare le due in stanza personalmente dalla madre.
Le due si barricarono in stanza mentre Agave stava incamminandosi per raggiungere la sua stanza dal lato opposto del palazzo. All’improvviso una voce dal nulla la chiamò, attirando la sua attenzione: <Agave…Agave… Tu farai parte del mio esercito! Tu sarai una delle mie predilette!> La donna si voltò senza tuttavia riuscire a scorgere nessuno; ad un tratto vide una nube di fumo giallo avvolgerla, accusò un momentaneo fortissimo mal di testa, si accasciò al suolo e si rialzò dopo qualche attimo. Si sorresse alla porta della stanza di Xena ed Olimpia, e con le nuove unghie che le erano spuntate, incise dei profondi graffi su questa, per poi gettarsi giù dalla finestra e cadere agilmente sul pagliericcio per scappare via verso il bosco, nel cuore della notte.
Olimpia fu spaventata dal rumore stridulo prodotto da quelle unghiate, e nel giaciglio, si avvicinò sempre più a Xena, che avendo capito la sua paura, la strinse forte a se per tutta la notte, carezzandole i capelli e la fronte per farla rilassare.


di Bard and Warrior

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