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::: NEANCHE LA MORTE :::

- STORIA E ANALISI DELLA RESURREZIONE DI UN MITO -

(dalla Xena Warrior princess Subtext Virtual Seasons)

di A.Scaglioni

31

DECIMA STAGIONE (2004 - 2005)

La promessa fatta sulla posta del sito da Sue Beck, durante la pausa estiva, non poteva non entusiasmare i frequentatori della SVS in fervida attesa della nuova stagione. Sue prometteva infatti, "andremo a scavare nel passato in un paio di episodi per rispondere ad alcune questioni rimaste irrisolte in un modo che penso sia molto fedele ai canoni della serie", e questo era esattamente quello che i fans volevano. Ciò che infatti più affascinava sia chi aveva cominciato a seguire la SVS dall'inizio, sia chi vi si era avvicinato più tardi, era la ricerca assoluta da parte di ogni singolo membro del team delle atmosfere e dello spirito originali dei telefilm, e andare a recuperare temi ed elementi lasciati in sospeso all'epoca era sicuramente un ottimo sistema per seguire questa strada. Ma ormai il consistente numero di episodi realizzati nei tre anni precedenti, e qualche leggero segnale di stanchezza qua o là, facevano temere che l'ispirazione che aveva sorretto l'intero progetto dall'inizio stesse affievolendosi. Tuttavia il rinnovato entusiasmo, che all'inizio di ogni nuova stagione, trapelava evidente dalle anticipazioni sul sito, più l'arrivo di sangue fresco nel gruppo, lasciavano ben sperare. E le speranze dei fans non sarebbero andate deluse, perché pur nella sua brevità, inferiore anche alle aspettative, come vedremo, questa decima e ultima stagione, avrebbe portato con sé alcune delle migliori storie dell'intera saga, e con l'aggiunta al team delle scrittrici di Linda Crist (che però aveva già cominciato a collaborare, pur senza firmare, la stagione precedente, e di cui avremo modo di parlare), una nuova ventata di romanticismo, che era stato forse un po' dimenticato negli ultimi tempi.


THE XENTHURIAN LEGEND

I primi momenti di questa decima stagione ci portano imprevedibilmente su un campo di battaglia davanti ad una fortezza in una terra non precisata, dove due eserciti si fronteggiano sanguinosamente. Quelli che sono evidentemente i due condottieri stanno duellando tra loro, feriti, laceri ed allo stremo delle forze. Alla fine uno dei due, approfittando di un errore dell'avversario, affonda un colpo al petto e vedendolo crollare esulta, solo per trovarsi a sua volta la lama del morente nel ventre. Correndo tra i cadaveri sparsi sul terreno, arriva un giovane che afferra il corpo del primo uomo trascinandolo all'interno della fortezza. Il ferito, Uther Pendragon, consegna nelle mani del giovane, Artù, che è suo figlio i destini del loro popolo e della loro terra, Camelot, contro i Sassoni invasori.

PENDRAGON: Ti affido Camelot, Artù. Vai, adesso e prendi Excalibur. E' arrivato il momento e ti appartiene. Tu condurrai il mio esercito alla vittoria e caccerai i Sassoni.

Artù guarda verso un'alcova dove due torce illuminano una grande pietra grigia squadrata. Le loro luci si riflettono sull'elsa lavorata di una spada conficcata profondamente nel suo centro.

ARTU'(confuso): Excalibur? Ma la Signora...
PENDRAGON(con una smorfia di dolore): La Signora l'ha predetto. Colui che impugnerà Excalibur guiderà il mio popolo dopo la mia morte. Tu sei quello. Vai adesso e rendimi fiero. Ti voglio bene, figlio...

Gli occhi di Pendragon si chiudono e la sua testa si abbatte da un lato, mentre emette l'ultimo respiro. Tra la disperazione dei presenti, Artù asciugandosi le lacrime si alza e si avvicina alla grande pietra, quindi inneggiando a Camelot, afferra l'impugnatura della spada e la tira con forza, ma questa non si muove di un millimetro. Dopo aver provato ancora ed ancora sotto lo sguardo costernato dei suoi soldati, scruta attentamente la sezione esposta della lama e vi vede riflessi, come per magia, un paio di occhi azzurri. Sconcertato da quell'imprevisto, il giovane corre ad un angolo dell'alcova dove è una polla d'acqua e vi si pone sopra, guardandovi intensamente dentro.

ARTU': Io chiamo te, Viviana, Signora del Lago, padrona di Excalibur. Io ti imploro, Signora. Concedimi ora il mio diritto di nascita, recare Excalibur e ricacciare i Sassoni lontano dalle nostre terre.

Lentamente un volto di donna bellissimo appare sulla superficie dell'acqua.

VIVIANA: Mi dispiace, Artù. Qualcun altro ha rivendicato Excalibur. Qualcuno che vive ancora. Lei, e lei soltanto, potrà impugnarla. Tu devi trovarla. Lei sola tiene tra le sue mani il destino di Camelot.
ARTU'(sconvolto): Ma... ma Excalibur... Tu hai promesso. (cercando di riprendersi, si china di nuovo sull'acqua) Mia Signora, per il bene di Camelot, come posso trovare questa donna? Dov'è? Qual'è il suo nome e quando avrebbe rivendicato Excalibur senza che noi lo sapessimo? Io...Io non capisco.
VIVIANA: Lei passò di qui trentatre inverni orsono. Quanto a trovarla, questo dipende da te, Artù Pendragon.

E l'immagine sull'acqua svanisce lentamente come era apparsa lasciando un uomo che implora vanamente per altre risposte. Lontanissime dall'immaginare che avvenimenti in una terra tanto remota possano riguardarle, troviamo Xena e Olimpia mollemente immerse in un momento d'ozio in cui è raro trovarle, con la guerriera dalle chiome corvine che si sta godendo un momento di relax in una vasca nella stanza della locanda che le ospita, e la poetessa dai biondi capelli occupata a riempire l'ennesima pergamena. Attività quest'ultima che non dura molto, quando attirata la compagna con un pretesto accanto a sé, Xena la tira dentro la vasca con tutti gli abiti. Aldilà delle proteste formali, l'iniziativa non sembra comunque sgradita ad Olimpia che si lascia insaponare docilmente per poi rifugiarsi tra le braccia della sua sposa a godersi un po' di quella pace di cui, dopo i mesi trascorsi presso il villaggio di Peti ad aiutare la popolazione per rimettere in sesto le abitazioni e le loro vite dopo le disavventure con Boadicea, sente un gran bisogno. Tuttavia come dovrebbero ormai aver imparato (e noi con loro), i momenti di pace per le nostre amiche hanno sempre una data di scadenza molto ravvicinata ed ecco infatti che nella stanza si sviluppa d'un tratto un vento di origini ignote che prende presto la forma di un violento mulinello che sembra attirare dentro di sè tutto ciò che lo circonda. Poi altrettanto improvvisamente, il vento cessa e al suo posto si rivela un uomo anziano con una lunga barba ed uno strano copricapo appuntito che si presenta come Merlino e che chiede a Xena di seguirla, ma la guerriera non è assolutamente disposta ad obbedire all'intruso che ha appena rovinato la loro prima notte tranquilla da mesi. Vedendo inutile ogni tentativo di ottenere il suo scopo pacificamente, Merlino si vede costretto ad usare le maniere forti e riattivato il piccolo ciclone vi attira all'interno Xena che non essendo comunque una che si arrende facilmente, combatte strenuamente per liberarsi, ma quando il vento impetuoso attira anche Olimpia non può fare altro che gettarsi in soccorso della compagna ed il singolare terzetto scompare dalla stanza. Le due donne si ritrovano così, rivestite nei loro soliti abiti, in un luogo completamente sconosciuto in mezzo ad un gruppo di uomini. Dopo essersi scusato per il sistema che ha dovuto usare, Merlino chiede ad uno dei presenti di confermare l'identità di Xena e questi, un vecchio, la scruta attentamente, affermando poi di ricordarla, come anche Olimpia, anche se adesso ha i capelli più corti, ma non si spiega come possano apparire a distanza di così tanto tempo, giovani come allora. Non potendone più di quella situazione assurda, Xena e Olimpia esigono che vengano date loro immediate spiegazioni. Ma già la prima di queste non è di loro gradimento: si trovano nella reggia di Camelot, residenza della casata dei Pendragon, in Britannia. Nel sentire il nome della terra che ha visto e indirettamente causato alcuni dei momenti peggiori della sua esistenza e di quella di Xena, Olimpia sente un brivido correrle lungo la schiena e a questo punto si fa avanti Artù, raccontando della morte di suo padre, di come abbia ucciso, prima di morire, il re del popolo contro cui combattono, i Sassoni, che adesso si stanno riorganizzando e che presto torneranno in cerca di vendetta. E come con il suo ultimo respiro, suo padre gli avesse detto che Excalibur, la spada della Signora del Lago, gli spettava, ma quando aveva cercato di estrarla dalla pietra, non c'era riuscito ed aveva visto il volto di Xena sulla lama. Xena chiede chi sia questa Signora e dove si trovi la spada e Artù le mostra semplicemente l'alcova dove giace la pietra con la spada conficcata al centro. Quella vista richiama istantaneamente agli occhi della guerriera ricordi precisi di un lontano passato ( "Gabrielle's Hope", terza stagione) e d'improvviso lei rivede se stessa mentre estrae quella stessa spada con noncuranza ed automaticamente compie lo stesso gesto, provocando la singolare reazione di tutti gli uomini presenti nella sala che subito si inginocchiano davanti a lei e le dichiarano la loro fedeltà. Sempre più confusa dagli avvenimenti che si stanno succedendo, Xena li costringe tutti a sedersi al grande tavolo nella sala ed a completare le loro spiegazioni. E questa volta tocca a Merlino, mago di corte e consigliere dei Pendragon raccontare.

MERLINO: Da molti anni è stato predetto dalla Signora del Lago, Viviana, che chiunque rimuova Excalibur dalla pietra la possiederà e guiderà il nostro popolo in battaglia contro i nostri nemici. Artù, qui, come legittimo erede al trono, avrebbe dovuto essere colui che avrebbe impugnato Excalibur. Ma tu... (puntando il dito su Xena) Tu in apparenza avevi già preso Excalibur.
ARTU': Secondo la Signora, tu sei l'unica che possa impugnare Excalibur, e condurci alla vittoria sui Sassoni. E' ovvio che tu sia una guerriera. E adesso sei la nostra nuova regina.

Ma la cosa non entusiasma affatto Xena che, affermando di non volerne sapere di immischiarsi in quella guerra che non la riguarda, tende la spada ad Artù, ma appena questi cerca di prenderla, scintille escono dal metallo e l'uomo grida per il dolore. Se Xena vuole sbarazzarsi da quel peso dovrà trovare altri mezzi e così ordina di essere condotta dalla Signora del Lago. Sulla strada, Xena e Olimpia si fanno spiegare qualcosa dal mago su questa misteriosa entità.

OLIMPIA: Allora, Merlino. Dove vive questa Signora? Avrei creduto che qualcuno così importante da dettare il fato del tuo popolo avrebbe almeno avuto diritto ad una stanza nel castello.
MERLINO(ridacchiando): Non è una mortale. (...) E' la Signora del Lago, la Dèa di Avalon, l'anello di congiunzione tra l'umanità e la Madre Terra. (...) Avalon è un'isola, sacra agli adoratori della Dèa. Ci fu un tempo, Olimpia, in cui il popolo di queste terre onorava la Dèa, la Terra e le stagioni, e l'ordine naturale delle cose. (...) Ma lentamente, altri popoli giunsero sulle nostre coste, brava gente e barbari, alcuni da appena oltre le acque, ed altri dall'altra parte del globo.
OLIMPIA: Dall'altra parte del globo? Concetto interessante.
MERLINO(strizzando un occhio): Vero? Come stavo dicendo... altre religioni giunsero sulla nostra terra, scontrandosi con le antiche credenze della Dèa e causando contese tra gli uomini.
OLIMPIA(pensierosa): Xena ed io abbiamo incontrato molti dèi e religioni nei nostri viaggi. E ho scoperto che molti di loro sono degli egoisti, e molte persone sembrano usare la religione a scopo personale. Ne ho incontrate solo pochissime che seguivano le strade della loro fede con intenti puri.
(...)
XENA: La Britannia è in lotta con i Sassoni per questioni religiose?
MERLINO: In parte. In parte è una lotta per il dominio, ma sì, molto di tutto ciò è dovuto al desiderio da parte dei Sassoni di costringerci ai loro costumi.
XENA: E che mi dici di Artù? Intende costringere i Sassoni agli usi della Britannia, se li sconfiggerà?
MERLINO: Forse vuoi dire se tu li sconfiggerai, Xena?

Ma Xena non intende fare promesse per ora, e vuole solo avere risposte convincenti, per cui Merlino, giunti sulla riva del lago, l'accontenta subito evocando per lei Viviana. Appena la magica visione sorta dalle acque si avvicina, la guerriera dichiara la sua intenzione di non essere coinvolta in quella storia solo per aver toccato per qualche attimo decenni prima quella spada e chiede alla dèa di restituire ad Artù il suo destino di condottiero. Ma la cosa non è così semplice, come Viviana le spiega. Aver estratto per prima Excalibur dalla pietra, l'ha resa l'unica degna di impugnarla e l'unica maniera di rinunciare a questo impegno è morire. Al solo sentire menzionare la parola morte, Olimpia dà in escandescenze, afferra la spada dalla mano di Xena e la scaglia nel lago, solo però perchè con un gesto, Viviana la sollevi nuovamente dalle acque e ne mandi la lama a piantarsi al suolo di fronte ai piedi della guerriera. Disperata all'idea che ancora una volta il destino di un popolo possa passare attraverso la morte della sua compagna, Olimpia fa per gettarla di nuovo, ma Xena le dice che è inutile, e Viviana le conferma che se loro se ne andranno condanneranno Camelot alla resa ai Sassoni. Frustrata oltre ogni dire, la ragazza urla tutta la sua rabbia impotente verso il lago che ha di nuovo inghiottito l'immagine della dèa, poi si volta verso Xena, contenendosi a stento.

OLIMPIA: D'accordo. Troveremo un modo, ma morire non è tra le opzioni, neanche per un minuto. Mi hai capito bene?

E se ne va a passo deciso, lasciandosi Xena e Merlino alle spalle.

MERLINO: Una donna risoluta.
XENA: A volte sa esserlo, sì. (Il suo sguardo segue Olimpia finché non scompare tra gli alberi.) Merlino, Olimpia ha toccato Excalibur...
MERLINO: Senza scatenare fulmini divini?
XENA: Già.
MERLINO: Solo uno stupido non vedrebbe che voi due siete molto più che amiche. Anche la Signora l'ha capito. Hai notato che ha detto che se voi ve ne andrete condannerete Camelot?
XENA: Olimpia... ha superato cose che avrebbero abbattuto uomini molto più grandi di lei. E' la persona più forte che abbia mai conosciuto. Ma io non la sottoporrò ad altro dolore per questo, Merlino. Mai più. Tu puoi dire ciò che vuoi, ma ti giuro che me ne andrò e lascerò che Camelot sprofondi all'inferno, prima di permettere che lei soffra più di quanto ha già soffero.
MERLINO: Voi due condividete lo stesso spirito. Per questo, anche Olimpia può impugnare Excalibur senza danni, e questa è diventata anche la sua battaglia.

Lasciato Merlino, Xena va a cercare Olimpia per parlarle e decidere con lei il da farsi, ma nel giardino del castello scorge uno dei cavalieri che aveva visto nella sala al loro arrivo, Lancillotto, appartarsi tra la vegetazione insieme ad una donna. I due sono chiaramente amanti e Lancillotto si rammarica di non poter dichiarare al mondo il loro amore. Visto che la cosa non la riguarda, Xena si allontana, ma non prima che la donna la veda e la indichi spaventata al suo accompagnatore. Ma quando questo si volta, Xena non è più in vista. Raggiunta la stanza a loro assegnata, la guerriera trova Olimpia sulla terrazza, intenta malinconicamente ad osservare il cielo notturno. Le due donne si abbracciano.

XENA E OLIMPIA(insieme): Scusami...
XENA(stringendola): Non ho intenzione di morire per Camelot
OLIMPIA(accarezzandole il viso): E io non ho intenzione di permettertelo. Xena, che facciamo?

Si siedono insieme su una panchina di marmo, l'una di fronte all'altra, con la brezza notturna che agita loro i capelli, ed il grido di un gufo in distanza.

OLIMPIA: Merlino sembra un uomo saggio. Non so perché, ma mi fido di lui. E Artù mi pare una brava persona.
XENA: Ho ancora qualcosa da chiarire con Merlino, ma sono d'accordo. Solo...
OLIMPIA: Vorresti conoscere meglio Artù? Anch'io. Mi sono fatta un'opinione abbastanza precisa di che tipo sia. Un uomo egoista avrebbe già studiato un piano per eliminarti prima ancora che tu arrivassi qui, rifiutandosi di inginocchiarsi davanti a te. Devo pensare che abbia davvero a cuore il bene di Camelot.
XENA: Si. Concordo, ma voglio prima sapere quali sono le sue intenzioni; come pensa di gestire il popolo sassone se lo sconfiggerà... perché non prevedo di restare da queste parti a occuparmi dei dettagli al posto loro. Ammesso che combatta davvero per loro.

E l'una accanto all'altra su quella panchina di marmo, le due compagne cominciano a discutere dei possibili modi di uscirne. Considerato che l'unica maniera per liberarsi dalla schiavitù della spada è morire, bisogna trovare il modo di farlo senza davvero rischiare la vita di Xena. Scartate varie ipotesi, rimane quella della "stretta", ma Olimpia si rifiuta di praticargliela, quindi Xena prospetta di usare una sacca piena di sangue animale che simuli una ferita mortale, lo stesso trucco usato per Iolao anni prima (in "Judgement Day", terza stagione di Hercules). Dopodichè quando Olimpia accorrerà al suo fianco, Xena si praticherà da sola la "stretta", interrompendosi il battito cardiaco per il tempo necessario a decretarne la morte davanti a tutti e spetterà poi ad Olimpia rimuoverla. L'idèa non raccoglie l'approvazione entusiastica della ragazza, ma al momento è meglio dormirci sopra, o magari in alternativa qualche altro piacevole passatempo, ed il giorno dopo studiare meglio la situazione. E al mattino, Xena prende visione delle difese del castello e delle capacità dei soldati, ma Lancillotto che l'ha seguita nell'ispezione le suggerisce di sfidare lui, che è il migliore tra i guerrieri, come prova del loro valore, e quando Xena lo sconfigge con relativa facilità insinua che sia stata in realtà il potere di Excalibur a darle la vittoria e la sfida nuovamente a combatterlo con un'arma normale. Xena non se lo fa ripetere e riposta Excalibur impugna la propria spada. Intanto, Olimpia sta mettendo alla prova invece le sue arti diplomatiche con Artù e i suoi uomini, ma mentre questi si allontana un attimo per parlare con Galahad, uno dei suoi cavalieri, si avvicina incuriosita ad una coppa in legno, singolarmente esibita su di un drappo di velluto rosso al centro di un tavolo, e la prende. Istantaneamente, la coppa si trasforma in oro tra le sue dita e al suo interno si forma un velo di nebbia dietro il quale appaiono d'improvviso immagini d'incomparabile bellezza. Un urlo la scuote da quelle visioni e Galahad l'implora di posare la coppa che chiama Graal e dice sacra. Ma la coppa è ridiventata di semplice legno e niente accade più neanche quando Galahad la prende a sua volta. L'incantesimo si è spezzato e tutti gli anni di preghiera e di attesa di un segno per lui che fosse giunto il momento di toccarla si sono vanificati in un attimo. Artù minimizza l'incidente, ma poco dopo, quando Olimpia si siede su una splendida sedia ornata ed imbottita in tessuti preziosi, lo sgomento riempie la sala. Quello è il Seggio del Periglio e chiunque osasse sedervisi senza un cuore puro cadrebbe morto e tutti pensavano che Galahad avesse il cuore più puro a Camelot. E un nuovo urlo di disperazione fa sobbalzare Olimpia, mentre Galahad come in preda ad un attacco isterico fugge dalla sala. Superati questi strani incidenti, Olimpia si concentra su Artù per cercare di capire quali siano i suoi piani in caso di vittoria e il giovane la soddisfa pienamente. Egli intende infatti dirimere ogni controversia unendo seguaci delle varie religioni in un unico popolo nel pieno rispetto delle altrui credenze e non ha sentimenti di rivalsa neanche verso i Sassoni che rimanderebbe alle loro famiglie. Nel frattempo Xena ha appena battuto Lancillotto anche con la sua spada guadagnandosi il suo rispetto e la sua lealtà, ma rassicurandolo che non ha nessuna intenzione di restare a regnare al posto di Artù. Olimpia arriva a riferirle le impressioni tutte positive che ha ricevuto dal suo colloquio con Artù e gli altri cavalieri ("Anche se qualcuno di loro è un po' strano.") e anche a sollecitarla a parlare con Merlino per accordarsi sul loro piano per sfuggire alla maledizione di Excalibur. Ma Merlino appare improvvisamente per avvisarle dell'imminente attacco dei Sassoni. Il momento in cui dovranno affrontare il problema si avvicina e Olimpia si aggrappa spaventata al braccio della compagna, che la fissa e le accarezza il viso con le dita.

XENA(con voce morbida): Una sola battaglia, Olimpia, e potremo tornare a casa.
OLIMPIA: Prometti?
XENA: Prometto.
OLIMPIA: Io sarò là al tuo fianco, lo sai.
XENA: Non vorrei nessun altro.

E mentre le navi sassoni si avvicinano, l'esercito britanno attende sulle coste e Xena e Olimpia, anch'esse in tenuta da battaglia, sono in prima fila. Ma prima che lo scontro abbia inizio, Olimpia chiede a Xena di non praticarsi la "stretta", nel momento in cui fingerà di cadere ferita. Ha elaborato un nuovo piano e le chiede solo di avere fiducia in lei. E la battaglia ha inizio e mentre Xena, al comando delle truppe di Camelot, non ha difficoltà ad individuare il comandante dell'armata nemica e punta direttamente su di lui, Olimpia si occupa del suo secondo in comando e Artù e Lancillotto combattono fianco a fianco. Lo scontro infuria intorno a loro ad ogni livello e Olimpia è la prima ad aver ragione del suo avversario stendendolo privo di sensi. E improvvisamente il comandante sassone che era impegnato contro Xena, volge la sua cavalcatura e si lancia contro Olimpia. Xena si getta al suo inseguimento urlando e lo raggiunge trafiggendolo al petto un attimo prima che raggiunga la compagna. Caduto il loro condottiero, i Sassoni che già stanno subendo una dura lezione cominciano a ritirarsi e per Xena è il momento di mettere in opera la sua commedia. Con la complicità di un incantesimo di Merlino che ha tenuto tutto sotto controllo a distanza, Xena crolla apparentemente ferita a morte, coperta di sangue, e il suo cuore e il suo respiro paiono arrestarsi. Fingendosi disperata, Olimpia si abbatte piangente sul corpo della compagna, tra il cordoglio generale dei presenti e poco dopo, evocata, la Signora del Lago deve constatare personalmente che la regina ha cessato di vivere e non può fare altro che consegnare Excalibur al nuovo sovrano dei Britanni, anche se non si spiega come anche il cuore di Olimpia abbia smesso di battere, nonostante lei sia molto evidentemente viva. Non appena il passaggio di consegne è avvenuto, senza scariche di fulmini, Merlino produce il suo miracolo riportando in vita Xena, davanti agli occhi stupiti di tutti e allo sguardo sollevato di Olimpia che può adesso recitare la scena della felicità e che tuttavia ha una perplessità, che appena soli cerca di farsi chiarire dal mago.

OLIMPIA: Merlino, i nostri cuori...
MERLINO: Essi battono all'unisono. E quando il cuore di Xena s'arresta, così fa il tuo.

Xena e Olimpia sono ormai pronte a partire, immediatamente dopo aver partecipato al banchetto della vittoria, ed è proprio nel salutare Artù che Xena riconosce nella donna al suo fianco che egli le presenta come Lady Ginevra, sua prossima sposa, la donna che aveva intravisto nel giardino in atteggiamento intimo con Lancillotto, e questa riconosce lei ed immediatamente arrossisce. La situazione si presta a degli sviluppi, ma... ("Ah no... Ho risolto tutti i problemi che volevo risolvere qui.") E così, grazie ancora una volta alla magia di Merlino, le due compagne si ritrovano a casa, ma non nella stanza della locanda da cui erano state strappate, bensì nel loro classico bivacco nei boschi. E qui, frugando casualmente nel loro bagaglio, alla ricerca di erbe, Olimpia ritrova con sorpresa il Graal che evidentemente Merlino senza che se accorgessero ha lasciato loro come ricordo, ma preferisce riporla senza dire nulla a Xena.

XENA: Non che mi lamenti, ma mi chiedo, perché Merlino ci ha mandate qui? Pensavo che ci avrebbe rimandato nella locanda da cui ci aveva portate via.
OLIMPIA(sorridendo): Oh, semplice Ci ha chiesto di pensare a dove volevamo essere e questo è cio a cui io ho pensato.
XENA: Davvero?
OLIMPIA: Davvero. Una sola notte in quel castello, mi ha fatto sentire la mancanza di... questo. (girandosi verso Xena) Mi chiedo piuttosto, se tu hai pensato alla locanda, come mai siamo finite entrambe qui?
XENA(Girandosi anche lei verso Olimpia e passandole un dito lungo il braccio): Anche questo è semplice. Io non ho pensato alla locanda. Ho solo pensato di voler andare dovunque volessi tu.
OLIMPIA(rivolgendole un sorriso incantevole): Sul serio?

Xena l'attira a sé e la bacia, poi si stacca, sfregando il naso contro il suo.

XENA: Come sempre.

Si baciano ancora, mentre l'immagine dissolve in nero.

PS: Quindi pare proprio che i residui di un'avventura che alle menti di Xena e Olimpia risvegliano solo ricordi dolorosi non finiscano mai. Dopo un ritorno incidentale nella Britannia del nord, a causa di una tempesta che aveva trascinato fin là la nave sulla quale si trovavano ("Dreams of The Heart", settima stagione), e l'imprevedibile riemergere di un personaggio di quel passato come Boadicea, nell'ultimo episodio della precedente stagione, ecco che di nuovo il destino, questa volta sotto forma del mitico mago Merlino, le trascina di nuovo nella terra che non avrebbero mai voluto rivedere, a causa di un casuale gesto compiuto da Xena, molti anni prima, come estrarre distrattamente una spada da una roccia. Chiunque abbia visto l'episodio della terza stagione, "Gabrielle's Hope", di cui ho già parlato più volte, non può aver dimenticato, forse l'unico momento leggero di quella storia, quando appunto, trovandosi al cospetto di Excalibur, e davanti agli occhi esterefatti dei cavalieri, l'aveva tirata fuori dalla pietra in cui era conficcata, e dopo averne apprezzato la magnifica fattura l'aveva rimessa al suo posto, come se niente fosse. Poi, mentre i cavalieri tentavano a loro volta di estrarla vanamente, si era messa a parlare con Olimpia, senza più pensarci. In quel tempo, Xena e Olimpia avevano ben altro di cui preoccuparsi, e quella scenetta rimase fine a se stessa, finché la SVS non l'ha riesumata dalle nebbie del passato per proporne qui le conseguenze. Questo episodio d'apertura della decima stagione vede anche l'esordio di Linda Crist, ultimo acquisto del team e scrittrice di fanfiction molto apprezzata (di lei è soprattutto ricordata la serie di racconti, "Between The Lines", purtroppo rimasta incompiuta, che ha confezionato partendo dalle storie delle prime stagioni televisive, mostrandoci cosa potrebbe essere accaduto nelle vite e nei pensieri delle due compagne tra un episodio e l'altro). La Crist, basandosi sulle più moderne teorie storiche che hanno riscritto le "leggende Arturiane"(da questo il titolo dell'episodio) portandole indietro nel tempo di vari secoli, come nel recente film "King Arthur" (id.), e ambientandole molto più verosimilmente nel periodo dell'Impero Romano, inserisce perfettamente il mito dei Cavalieri della Tavola Rotonda nella saga di Xena e ci lascia intravedere interessanti doti ironiche nel disegnare la figura di Galahad (che forse avrebbe meritato più spazio di quello che ho potuto concedergli), che da purissimo cavaliere senza macchia dell'iconografia classica, qui diventa un isterico frustrato che annoia anche i suoi compagni o nelle scene della nascente relazione tra Lancillotto e Ginevra e del loro futuro tradimento verso l'ancora ignaro Artù. Insomma un buon esordio per questa scrittrice, che dà anche nuovo respiro allo status di anime gemelle di Xena e Olimpia, questione lasciata un po' in disparte forse nella stagione precedente, amplificandola al battito dei loro cuori (tema più volte riproposto anche da Missy Good nei suoi romanzi) e facendoci quindi pensare che i timori di Olimpia che Xena possa nuovamente morire lasciandola sola siano ingiustificati: il loro cuori battono insieme ora e un giorno, speriamo il più lontano possibile, insieme si fermeranno.





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