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::: NEANCHE LA MORTE :::

- STORIA E ANALISI DELLA RESURREZIONE DI UN MITO -

(dalla Xena Warrior princess Subtext Virtual Seasons)

di A.Scaglioni

35

OCEAN OF FIRE

Impegnate nell'attraversamento di una vasta landa desertica in Medio Oriente, Xena e Olimpia, insolitamente entrambe a piedi, stanno cercando di orizzontarsi per ritrovare la strada che dovrebbe condurle al tempio dove avranno finalmente la possibilità di riconsegnare il Graal, la coppa dai misteriosi poteri che Merlino ("The Xenthurian Legend", episodio d'esordio di questa decima stagione) all'insaputa di Olimpia le aveva infilato nella bisaccia, per scopi non troppo chiari. Ora lo spirito del mago si è rifatto vivo in maniera estremamente inquietante (ed intempestiva, secondo Xena), con voce incorporea durante un bivacco notturno, ed ha chiarito i suoi intenti, dando loro le istruzioni per riportare la coppa al luogo a cui appartiene, e ammonendole che il suo possesso illegittimo porta sventura. Considerati i guai capitati loro di recente, Xena non esita molto a credere nella sfortuna che la coppa porterebbe con sé, e anche se Olimpia le fa giustamente notare che la loro vita è sempre stata a questo modo, la guerriera non vede l'ora di sbarazzarsi dell'oggetto sacro. Giungendo ad un'oasi, le due compagne scorgono un branco di cavalli bradi intenti a rifocillarsi e immediatamente lo sguardo di Xena si immalinconisce. Quella scena, infatti, le ricorda il giorno in cui, circa trentasei anni prima, incontrò Argo, la sua cavalla originale, la madre di quella che ha attualmente e che ha ereditato il suo nome. Vedendola intristirsi così, Olimpia l'abbraccia e l'invita a raccontarle la storia. Come le spiega Xena, la storia ebbe inizio nel periodo tra la sua separazione da Hercules e il loro incontro. Uno dei più solitari della sua vita.

OLIMPIA: Se ti sentivi così sola, perché non sei tornata da Hercules. Era tuo amico. Saresti stata la benvenuta, Xena. Dopo quello che aveva fatto per te, non era il tuo eroe?
XENA(pacatamente): Eroe? Mentore, forse, ma non ho mai pensato a lui come al mio eroe. E poi, ero troppo testarda. Dovevo capire un po' di cose per conto mio.

E poco dopo, ristorate dalla pausa e dal bagno e distese l'una accanto all'altra, Xena approfondisce il discorso.

XENA: Sarò sempre grata ad Hercules per aver avuto fiducia in me, e per avermi aiutata a muovere i primi piccoli passi verso un completo ribaltamento della mia vita. Avevo cercato di convincermi di amarlo, ma in tutta onestà, ciò che realmente volevo era essere come lui. (fissando con un po' di risentimento Olimpia che è scoppiata a ridere) Cosa ci trovi di divertente?
OLIMPIA(riprendendosi, le sfiora un braccio): Scusami, ma stavo solo pensando a come fosse tutto l'opposto per me quando ti incontrai. Cercavo di convincermi che ti venivo dietro perchè volevo essere come te, quando in realtà lo facevo perché ero innamorata di te.
XENA: Almeno tu avevi una scusa. Io ho passato innumerevoli notti insonni cercando di trovare una spiegazione logica a perché ti permettessi di viaggiare insieme a me. (Si guardano l'un l'altra quasi con timidezza, poi Xena tende la mano ad accarezzare la guancia di Olimpia, prima di continuare.) Comunque... Hercules... Non avrei potuto restare con lui... Non credo che ci sarebbe stato spazio per due ego da guerrieri nel gruppo. In più c'era Iolao e avrei sconvolto un sodalizio che funzionava già benissimo senza di me. Così me ne andai per la mia strada. Ricordo di aver detto ad Hercules che tutto ciò che faceva era per onorare la memoria di sua moglie e dei suoi figli che Giunone gli aveva strappato. Era quella la sua ispirazione. E ricordo che gli dissi che io non avevo niente del genere nella mia vita. E sentivo nel mio cuore che non l'avrei trovato se fossi rimasta con lui.

Separatasi dal semidio, continua a raccontare Xena, aveva vagabondato per la Grecia senza riuscire a trovare uno scopo, senza amici e con torme di nemici a cui il suo ventilato ravvedimento non aveva fatto alcun effetto, nel continuo tentativo di stare lontana dai guai e da coloro che avevano tutta l'intenzione di vederla morta. Dopo un po', stanca di scappare dai cacciatori di taglie, senza denaro e nessuna voglia di procurarselo con i vecchi metodi, si era risolta a vendere il cavallo ed a trovare ingaggio su una nave diretta in Egitto, sperando che il duro lavoro potesse schiarirle le idèe. Ma il trattamento riservatole dal comandante, che non perdeva occasione per tormentarla, aveva avuto presto ragione di ogni sua buona intenzione, e dopo l'ennesima prepotenza, Xena gli era saltata addosso e tutti i suoi istinti selvaggi che con tanta fatica era riuscita a dominare negli ultimi mesi avevano preso il sopravvento. Solo nel momento in cui teneva ormai l'uomo sotto di sé con un pugnale puntato alla gola, si era resa conto di quello che stava facendo e si era lasciata catturare dagli uomini dell'equipaggio che fino ad un attimo prima si erano guardati bene dall'intervenire. Infuriato per essere stato messo al tappeto da una donna, il comandante aveva ordinato che le fosse fatto fare un intero giro di carena, e così legata per le braccia e per le gambe, la donna era stata gettata in mare e poi trascinata al di sotto dell'imbarcazione per poi farla riemergere dall'altra parte, dopo averla tenuta in apnea abbastanza da rischiare l'annegamento.

OLIMPIA(sconvolta): Xena! Per gli dèi.
XENA: Rilassati. Posso tenere il respiro a lungo. Ho nuotato fino al Tartaro, ricordi?
OLIMPIA: Cerco di non pensarci molto. Quello è stato davvero un brutto periodo per me. Non era molto che ero tornata dall'accademia. E mi sentivo ancora male per averti lasciata in quel modo. E poi tu te ne vai ad aiutare Marcus. Io... Mi chiedevo se avessi davvero voglia di tornare.
XENA(prendendole la mano): Vuoi sapere cosa mi ha sostenuta durante la lunga nuotata di ritorno in superficie quella seconda volta?
OLIMPIA: Cosa?
XENA: Ad ogni bracciata, pregavo ogni dio che volesse ascoltarmi che tu fossi ancora sulla riva di quel lago ad attendermi.
OLIMPIA(a voce bassa): Xena, tu non preghi...
XENA: ...a meno che non mi resti altra scelta. Se tu fossi stata là, avrei avuto ogni motivo per andare avanti. Altrimenti... (sospirando) Tu fosti per me un'ancora di salvezza quel giorno. Quando arrivai in superficie e ti vidi seduta là, credo che avrei potuto camminare sull'acqua per il resto del tragitto.

Asciugandosi gli occhi, Olimpia si predispone ad ascoltare il seguito della storia. Deluso dalla sopravvivenza di Xena, il comandante l'aveva fatta mettere ai ferri e scaricata sulla prima spiaggia con appena un po' d'acqua e del cibo, restituendole però le sue armi. Tuttavia, Xena si trovava su una terra completamente sconosciuta e desertica e subito male accolta dal suo approdo. Infatti una tremenda tempesta di sabbia l'aveva costretta a camminare per miglia senza avere la minima idea della direzione in cui stesse andando e solo casualmente il destino l'aveva messa sul sentiero di un'oasi provvidenziale dove la donna aveva potuto immergersi completamente in una pozza d'acqua, e finalmente trovare refrigerio e riposo. Poco dopo, si era sentita toccare ed immediatamente era schizzata in piedi, pronta a qualsiasi pericolo, per scoprire che a svegliarla era stato un cavallo brado, una femmina dal manto dorato, come aveva capito facilmente, che evidentementer incuriosita da quello strano fagotto emergente dalle acque, si era avvicinata per spingerlo lievemente col muso. Spaventata dalla sua reazione la cavalla si era rapidamente allontanata, nitrendo ed agitando gli zoccoli, ma era rimasta a distanza di sicurezza, continuando a scrutarla, brucando l'erba dell'oasi. Adocchiata una palma ricca di noci di cocco, Xena vi si era arrampicata e procuratasi qualche frutto aveva cominciato a spaccarlo per berne il succo e mangiarne la polpa. Quindi ne aveva utilizzato, quasi solo per divertimento, alcuni pezzetti per convincere il cavallo ad avvicinarsi di nuovo, e pur con qualche diffidenza, alla fine la golosità aveva avuto il sopravvento sulla naturale ritrosia della bestia, che cautamente era arrivata fino a mangiare dalla sua mano. E' notte nell'accampamento di Xena e Olimpia, e le due donne abbracciate nel loro giaciglio osservano il branco di cavalli che adesso sembrano addormentati.

OLIMPIA(ridendo): Una patita di dolci. Ti dico io, accidenti se la sua passione non ci aveva messo nei guai con quegli Sciiti. Tutto per poche misere mele.
(...)
Xena sorride consapevolmente e tira a sé la sua sacca, ci fruga dentro e ne estrae un fagotto.

XENA: Già, sembra che le donne della mia vita abbiano la tendenza a ficcarsi nei guai a causa dei dolci.

Tende il fagotto ad Olimpia, che lo prende e lo annusa, mentre i suoi occhi si spalancano dalla gioia.

OLIMPIA: Pane alle noci! (Strappa l'involto e spezza la pagnotta in due, offrendone la metà a Xena, poi afferra il significato di ciò che le ha detto.) Oh, dèi. Riuscirò mai a fartelo dimenticare?(...) Ero una tale ragazzina, allora.
XENA: Una ragazzina molto carina, se ricordo bene. Inoltre...
OLIMPIA: Inoltre cosa?
XENA(con un sorriso nostalgico): Quando mi dicesti che ero bellissima, mi stendesti. Non letteralmente come te, certo, ma...

Olimpia la colpisce leggermente con una gomitata alle costole, e le due compagne si azzuffano scherzosamente per un po', per poi tornare a tenersi strette.

XENA: Mi ricordo di aver desiderato che tu provassi le stesse cose per me anche quando non fossi stata sotto l'effetto della droga. E quanto fui sorpresa quando mi resi conto del mio desiderio.
OLIMPIA(sussurrando): Ed era così, sai... era quello che provavo.
XENA: Già, lo so adesso. Ma allora... tutto quello di cui ero cosciente erano questi sentimenti che non sapevo come affrontare.
OLIMPIA: Almeno tu li riconoscevi per quello che erano. Io pensavo solo di essermi buscata qualche febbre cronica che mi causava sogni ad occhi aperti di continuo e mi faceva inciampare nelle cose anche in pieno sole.
XENA(la tira a sé, baciandola): Oh, lo sapevo eccome cosa avevo. Mi stavo innamorando di una ragazzina. Ricordo che mi chiedevo se avrei potuto tenerti finché non fossi cresciuta.(...) Poi, non molto tempo dopo, tu mi dimostrasti quanto eri effettivamente cresciuta. Ricordi Salmoneo e l'acqua con le bolle?
OLIMPIA(improvvisamente triste): Ecco un altro periodo a cui preferisco non pensare. Ma accidenti, cosa non fece Argo per te. Era davvero un gran cavallo.
XENA(guardando nel vuoto): Veramente.

Ripensando al suo cavallo, la memoria di Xena ci riporta a quell'oasi di trentasei anni prima, in cui lei e l'animale avevano ormai fatto conoscenza. La cavalla si lasciava accarezzare ed in cambio otteneva altri pezzetti di cocco, ma ormai per la guerriera era ora di andare ed aveva cominciato ad allontanarsi, dopo averla salutata, quando si era improvvisamente sentita toccare alle spalle. Istntivamente aveva afferrato la spada, ma dietro di lei c'era solo il quadrupede che era riuscito a seguirla senza che se accorgesse. Impressionata dalla cosa, Xena aveva lasciato che la bestia continuasse a seguirla, anche se sapeva che almeno per il momento non si sarebbe lasciata cavalcare. Ma giunte all'interno di un'insenatura tra due alte rocce, l'improvviso attacco di una banda di predoni, aveva appianato ogni problema tra le due nuove amiche e non solo la cavalla le aveva permesso di montarle in groppa, ma addirittura aveva risposto al suo richiamo, aiutandola a sconfiggere gli aggressori a colpi di zoccoli. Sottrattesi all'inseguimento, Xena aveva ridato fiato alla sua cavalcatura, scendendole di groppa, e le aveva proposto di chiamarla Argo. Nome che a quanto pare la cavalla approvava.

OLIMPIA: Perché Argo?
XENA: Quando Giasone commissionò ad Argus la sua nave, nessuno aveva mai visto niente del genere. Era una cosa imponente.
OLIMPIA: Oh, va bene. Ho capito. Era una cavalla formidabile. Immagino che ti abbia tolto un sacco di volte dai pasticci.
XENA: Questo è un eufemismo.
OLIMPIA: Quella volta con Salmoneo e l'acqua con le bolle, credo che sia stato allora che io ed Argo legammo. Dopo di allora, non mi spaventava più come prima.
XENA(si gira verso di lei e gioca con i suoi capelli, spostandoglieli dalla fronte): Ricordo che ti dissi che sapevo che sarei tornata a casa un giorno... visto che avevi rischiato la tua vita per riportarmi ad Amphipoli. Ma la verità, Olimpia, è che quella notte restai sveglia molto tempo, a guardarti dormire dall'altra parte del fuoco. Credo che sia stato allora che qualcosa dentro di me mi fece capire che ero già a casa.

Olimpia la guarda, nei loro occhi si riflette il legame che le unisce. Poi, tende il braccio e senza una parola l'attira a sé per un lungo bacio. Il giorno dopo, di primo mattino, le due compagne si rimettono in viaggio, ma questa volta con due cavalli che Xena ha facilmente catturato dal branco in cui evidentemente vi sono animali già addomesticati. La strada che stanno percorrendo adesso, le spiega Xena, non è molto distante da quella che si era trovata a percorrere tanti anni prima con Argo, anche se allora aveva le idèe assai più confuse sulla direzione in cui dirigersi. Era giunta sulle sponde del fiume Eufrate e l'aveva seguito fino al Golfo Persico. Poi aveva viaggiato lungo la costa occidentale per arrivare infine a Gaza. Olimpia si meraviglia della cosa visto che quella città è nella direzione opposta e molto lontana e Xena le conferma che dista un migliaio di miglia, ma che lei le aveva comunque percorse in groppa ad Argo in soli cinque giorni. La prima volta che aveva sentito parlare dell'"Oceano di fuoco" era stato da un ladruncolo in una città sulle rive del Golfo Persico. Dopo aver tentato inutilmente di alleggerirla di qualche moneta, l'uomo aveva dato un'occhiata al suo cavallo e aveva menzionato appunto quelle parole. Xena non aveva capito di cosa stesse parlando e non vi aveva dato molto peso, ma subito dopo nella taverna in cui si era fermata per ristorarsi, il proprietario le aveva fatto la stessa domanda, e le aveva spiegato che si trattava di una corsa attraverso il deserto arabo dalla città di Hajar fino a Gaza sul Mare Mediterraneo. Mille miglia attraverso uno dei territori più bollenti e desolati che si possano mai immaginare. Insomma un vero "Oceano di fuoco". Tuttavia, appreso che il suo cavallo non era un purosangue arabo, aveva dubitato che potesse iscriverlo alla corsa che era molto selettiva. Ma Xena aveva già deciso di provarci comunque. La borsa per il vincitore era sufficiente a permetterle di vivere confortevolmente per il resto dei suoi giorni e questo le avrebbe forse consentito anche di poter tornare a casa bene accolta dalla sua famiglia. Anche se fosse costata la vita di Argo, le chiede Olimpia. Ma all'epoca, quella Xena non si poneva problemi del genere e il fatto che solo pochi giorni prima il suo cavallo l'avesse salvata non costituiva un ostacolo al suo progetto. La corsa era organizzata da due fratelli, due sceicchi arabi che vivevano uno a Gaza e l'altro ad Hajar. Unitasi ad una carovana, Xena era arrivata ad Hajar dove contava di incontrare il primo dei due fratelli, il principe Galeel e convincerlo ad iscrivere Argo alla corsa, nonostante non fosse un purosangue. Galeel era un noto giocatore, appassionato soprattutto di un particolare gioco di dadi chiamato Tabula, e riuscita ad avvicinarlo, Xena lo aveva rapidamente affascinato ed ancor più rapidamente battuto, tanto da fargli perdere la calma e costringerlo ad un'ultima disperata scommessa per riguadagnare il suo onore di imbattibile giocatore: Argo, contro la possibilità di schierarla nella corsa. Se avesse vinto il principe si sarebbe preso il cavallo, in caso contrario avrebbe dovuto dare il suo consenso alla loro partecipazione all'"Oceano di fuoco". Lei aveva vinto, anche se aveva rifiutato la nomina a nuovo campione di Tabula, per non umiliare ulteriormente Galeel, e questi aveva dovuto riconoscerle il suo premio, ma Xena non sapeva ancora cosa l'aspettava. Alla partenza, il mattino dopo, un certo Fajer, che il rancoroso Galeel le aveva messo alle calcagna, fingendo di volerle dare dei consigli su come gestire le forze del cavallo durante la gara, le aveva dato invece dei suggerimenti che secondo lui avrebbero dovuto metterla rapidamente in crisi, ma Xena era ormai già concentrata sulla sciarpa che Galeel stava per lasciar cadere e che, quando avrebbe toccato il suolo, avrebbe segnato l'inizio della corsa, per curarsi troppo di lui, anche se non tanto da non accorgersi dello strano conciliabolo tra il fin troppo gentile Fajer ed un altro uomo, Wahed. E immediatamente, i cavalli schierati erano scattati sotto la spinta dei loro cavalieri lasciando dietro di loro una nuvola di polvere e la sola Xena con Argo che procedeva invece al piccolo trotto, attendendo che il grosso del gruppo rallentasse passate le prime velleità. E infatti quando al tramonto, Fajer e il suo amico avevano raggiunto il luogo di sosta per la notte avevano avuto la sorpresa di trovare Xena, già accampata ed intenta a consumare il proprio pasto. Non troppo bravi a dissimulare la delusione, si erano allontanati sotto lo sguardo divertito della donna, ma nei giorni seguenti la musica era destinata a cambiare. All'alba del terzo giorno, Xena si era sentita svegliare da Argo che, nonostante le sue proteste, aveva continuato ad insistere finché la guerriera non era stata ben desta e in piedi per rendersi pienamente conto del pericolo che stava per abbattersi su loro. La più grande tempesta di sabbia che si fosse mai vista con onde rossastre alte decine e decine di metri avanzava verso i partecipanti alla corsa, ancora per la maggior parte immersi in un sonno profondo. Xena aveva avuto appena il tempo di raccogliere velocemente le armi e poco altro prima di correre in cerca del più vicino riparo. Seguendo una strada che evidentemente conosceva, la cavalla l'aveva condotta all'interno di uno stretto canalone tra alte rocce, dove avvolte sotto delle coperte e strette l'una all'altra, avevano atteso che la furia della tempesta passasse su di loro. E quando, l'assordante rumore aveva alla fine lasciato il posto ad un ancor più assordante silenzio, lo spettacolo che si era presentato agli occhi di Xena era molto più desolante di prima. Tutto nel raggio di chilometri era coperto da uno spesso strato di sabbia in un nuovo paesaggio irriconoscibile sotto il quale molti di quelli che erano stati i suoi avversari nella gara giacevano adesso sepolti, privi di vita. Ma la tempesta aveva lasciato dietro di sé anche altri problemi. Delle tre borracce d'acqua che Xena portava con sé, solo una era ancora bevibile, mentre le altre due contenevano ormai solo fanghiglia, e anche il poco cibo era per lo più immangiabile. Questo l'avrebbe costretta a razionare rigidamente l'acqua fino al prossimo pozzo. Ma l'esperienza aveva in qualche modo cambiato il suo punto di vista, come spiega ad Olimpia che continua ad ascoltarla avidamente, accarezzandole la testa che la compagna ha adagiato nel suo grembo. Adesso la priorità era passata dalla vittoria della corsa alla sopravvivenza di Argo. Dopo il modo in cui la sua cavalla l'aveva ancora una volta salvata, Xena sentiva di doverle qualcosa e non era più disposta a farle rischiare la vita. Tuttavia la gara era continuata e Xena e Argo mantenevano una posizione intermedia tra i concorrenti superstiti, non più di una ventina, come aveva contato quella notte nell'accampamento, esausta e prossima ad arrendersi. Era stata ancora Argo a convincerla a continuare, quando la mattina l'aveva trovata pronta ai nastri di partenza per un nuovo giorno di gara, e la notte successiva, l'ultima prima del giorno dell'arrivo, mentre riposava distesa sull'unica coperta che le era rimasta, usando la sella di Argo per cuscino, Xena si era guardata intorno per controllare i pochi avversari rimasti e tra questi aveva visto ancora Fajer e Wahed, sopravvissuti alla tempesta, e quello che a tutta prima sembrava solo un ragazzino. Poi, lo sguardo le era caduto sulle scie luminose delle stelle cadenti. Era passato molto tempo da quando aveva espresso un desiderio vedendone una, ma che male poteva fare? Aveva bisogno di tutta la fortuna possibile. E adesso, in un'altra notte, in quel bivacco, distesa accanto alla sua compagna, sta ammirando un cielo stellato molto simile a quello di tanti anni prima.

OLIMPIA: Non sapevo che ti piacesse guardare le stelle prima che ci incontrassimo.
XENA: Infatti, a parte quando serviva ai miei scopi.
OLIMPIA: Ma esprimesti un desiderio a quella stella cadente. Doveva esserci della magia lassù per te, anche allora.
XENA(sorride e si gira verso lei, accarezzandole il braccio con un dito): Non c'era nessuna magia nelle stelle, Olimpia, finché tu non mi hai insegnato a vederla.
OLIMPIA(sorride a sua volta e abbracciandola sussurra): Vuoi sapere un segreto?
XENA(sussurrando anche lei): Cosa?
OLIMPIA: Non c'era nessuna magia in loro per me, finché non ho avuto qualcuno con cui condividerla.

Ma alle stelle luminose di quella notte nel deserto di trentasei anni prima, Xena doveva essere grata anche per altre ragioni, quando la loro luce aveva rivelato l'attacco a sorpresa di Fajer e Wahed che, evidentemente stanchi di aspettare che abbandonasse la corsa, avevano deciso di accorciare i tempi, eliminando lei e il suo cavallo. Xena aveva ucciso senza esitazioni Wahed e subito dopo anche il suo compare, che aveva cercato di farle credere di essere intervenuto per aiutarla, ma che quando si era reso conto che Xena sapeva che erano entrambi sicari di Galeel, che aveva giurato di impedirle a tutti i costi di vincere la gara, aveva tentato il tutto per tutto restando trafitto dalla spada della guerriera. Ormai ben sveglia, Xena aveva sellato Argo ed era partita per l'ultimo giorno di gara, nonostante l'alba fosse ancora lontana, subito seguita dagli altri concorrenti. Ma forse, più per non soffermarsi a pensare a ciò che aveva appena fatto, come confessa ad Olimpia.

XENA: Il fatto è, Olimpia, che avevo goduto ad ucciderli.
OLIMPIA: Ma tu stavi difendendo Argo. E te stessa.
XENA: Ma mi era piaciuto.
OLIMPIA(sfiorandole il viso con le dita): E dopo tutto questo tempo, credi che non mi sia accorta di questo tuo lato? Xena. guardami. (Xena esegue.) E' parte di te. Dèi, è anche parte di me. So cosa si prova. (...) Xena, è sopravvivenza. Fa parte del mondo in cui viviamo. Uccidere o essere uccisi, non è quello a cui tutto si riduce a volte? (Xena annuisce.) Una volta ti dissi che avevo i riflessi di un guerriero, ma non la sua capacità di giudizio. Ricordi? Con Virgilio e i cannibali?(...) Ma quella scarica di adrenalina, Xena. Io lo so com'è. Quell'ondata, quando ti rendi conto di aver appena scampato la morte.
XENA: Ma a te non è mai piaciuto uccidere.
OLIMPIA(sospirando): No. Ma a volte nel fervore della battaglia, mi pare che tutto mi si confonda dentro. Quell'ondata, qualche volta è ciò che ti fa andare avanti, e a volte ti fa sentire bene, capisci? Ma a volte ti è necessaria per sopravvivere.
XENA: Ma tu non sei un'assassina.
OLIMPIA: E neanche tu. Neanche allora. Xena, da quando hai incontrato Hercules, hai più assassinato qualcuno? Non ucciso per autodifesa o per proteggere qualcun altro, ma semplicemente ucciso qualcuno?
XENA: Io... Ming...
OLIMPIA: No! Ci avrebbe permesso di andarcene vive dalla Cina se fosse sopravvissuto?
XENA(piano): No. Ci avrebbe inseguite.
OLIMPIA: Nessun altro? Nessuno a cui tu riesca a pensare?

Xena chiude gli occhi riflettendo, mentre Olimpia continua ad accarezzarle il viso. Poi, lentamente, Xena li riapre, sollevando una mano e posandola su quella della compagna.

XENA: No. Sai cosa penso?
OLIMPIA: Cosa?
XENA: Penso che avrei voluto avere un'Olimpia a quel tempo che mi instillasse un po' di buon senso. Allora, tutto quello che provai per il resto della gara era un senso di colpa. Avevo lasciato la Grecia e fatta tutta quella strada, solo per scoprire che nel mio profondo, mi piaceva ancora uccidere. Fu uno dei miei momenti peggiori.

Ma la corsa, racconta Xena, era ormai finita e la vittoria era sua e giungendo al traguardo nella città di Gaza, aveva avuto l'occasione di fare la conoscenza con il fratello di Galeel, il principe Majeed, che aveva il compito di premiare il vincitore, che si era dimostrato molto diverso dal fratello e consegnandole la somma vinta aveva avuto parole di ammirazione per lei e la sua impresa. Ma allora, vuole sapere Olimpia, come mai, sono sempre in giro per foreste e deserti, invece che nella loro lussuosa casa chissà dove, ma Xena l'invita ad aspettare, e le dice intanto di come, si era diretta nuovamente nel deserto per lasciare Argo con i suoi simili. Sentiva di doverle ridare la libertà per tutto ciò che aveva fatto, e poi era tornata verso la città, progettando di procurarsi un passaggio su qualche nave per la Grecia, il giorno dopo, ma prima aveva bisogno di un luogo per pensare e riposare un po', lontana dal clamore dei festeggiamenti della folla, e così se ne era andata sulla spiaggia, a camminare a piedi nudi con in mano la sacca del denaro. E lì aveva scorto una figura, rannicchiata su se stessa, e chiaramente singhiozzante. Era lo stesso ragazzo che aveva visto durante la gara. Avvicinatasi, Xena si era fatta spiegare le ragioni della sua tristezza ed aveva saputo che il giovane, che si chiamava Shabab, aveva partecipato alla corsa perché sperava di vincere la somma per riscattare la sua intera famiglia, tenuta in schiavitù in Egitto. A questo scopo, saputo dell'"Oceano di fuoco", aveva viaggiato per paesi e regioni, di carovana in carovana, aveva fatto da servo nelle stalle dello sceicco, ed era riuscito a guadagnarsi un cavallo con cui sperava di partecipare alla gara e di vincere, ma ormai era tutto finito. Con mano tremante e senza neanche pensarci, Xena gli aveva consegnato la sua sacca, e augurandogli buona fortuna se ne era andata, prima che potesse rendersi interamente conto di ciò che stava facendo. Di nuovo senza un soldo e senza cavallo, la guerriera si era accampata per la notte fuori città, e qui aveva ricevuto la visita inattesa di Argo, che evidentemente non voleva saperne di lasciarla e aveva ripercorso a ritroso tutta la strada per tornare da lei (" La capisco." dice Olimpia.) E così, Xena aveva fatto ritorno in Grecia, e in compagnia solo della sua cavalla, aveva ricominciato a vagabondare in cerca del suo destino, finché non vi aveva inciampato, non si sa quanto incidentalmente, in una certa radura vicino al villaggio di Potidea, ed il resto, come suol dirsi, è storia. Ma adesso, per Olimpia, è tempo di una domanda. Una domanda che non ha mai fatto, o che non ha mai osato fare.

OLIMPIA: Xena?
XENA: Mmmh?
OLIMPIA: Quando ci incontrammo... e tu ci salvasti da quei mercanti di schiavi, le tue armi erano sottoterra. Io... me ne sono appena ricordata. Buffo, come le piccole cose ti ritornino alla mente.
XENA: Già. Buffo.
OLIMPIA: Xena?
XENA(sospirando): Sì?
OLIMPIA: Perché le tue armi erano sottoterra?
XENA(girandosi verso di lei e tenendola sempre per mano): Non ne avevo più bisogno.
OLIMPIA(sussurrando): Avevi intenzione di ucciderti, vero?
XENA(annuendo): Io... non ne potevo più. Non mi era rimasto niente per cui vivere. Avrei cavalcato fino a casa per dire addio a mia madre, e le avrei lasciato Argo. Pensavo di doverle un buon riparo.
OLIMPIA: Cosa ti fece cambiare idea?
XENA(tristemente): Niente all'inizio. Dopo aver ricondotto te e i tuoi compaesani in salvo a Potidea, pensai solo che era sciocco viaggiare fino ad Amphipoli senza armi. Se fossi stata assalita avrei dovuto sopravvivere abbastanza per portarvi Argo. Ma quando arrivai là, mia madre... c'era così tanto odio nei suoi occhi che credetti di fare la cosa giusta. Poi quando seppi che Draco era diretto in quella direzione e cercai di farli ragionare, beh, hai visto cosa volevano fare.
OLIMPIA: Volevano lapidarti. E tu li avresti lasciati fare, eh?
XENA: Sarebbe stata una giustizia poetica, Olimpia. Credevano che avessi preso le vite dei loro figli. E avevo sicuramente gettato vergogna su di loro negli anni dopo Codro. Ma tu... irrompesti là in mezzo e mi difendesti. Nessuno aveva mai fatto una cosa del genere. Mi salvasti la vita tre volte, Olimpia, quella settimana.
OLIMPIA: Tre volte?
XENA: La prima volta in quella radura a Potidea, poi nella taverna di mia madre e più tardi, quando spuntasti al mio bivacco dopo lo scontro con Draco.
OLIMPIA: Al bivacco? Non capisco.
XENA: Dopo la partenza di Draco, l'anziano del villaggio mi offrì la roba che avevano messo insieme per Draco e i suoi. Olimpia, aveva ancora paura di me. Tutti... avevano ancora paura di me. E ne avevano ogni diritto, dopo quello che avevo fatto. Mi vedeva solo come un altro signore della guerra, proprio come Draco, e voleva rabbonirmi perché non mi rivoltassi contro di loro. Sembrava che non ci fosse speranza per me da nessuna parte. Se Amphipoli non mi voleva, perché avrebbe dovuto volermi chiunque altro? Così, mi riconciliai con mia madre e andai ad accamparmi fuori città. Restai a guardare il sole che tramontava quella sera, pensando che fosse l'ultimo tramonto che avrei visto.
OLIMPIA(tirandosi a sedere e fissandola): Stavi ancora pensando di ucciderti? Xena...
XENA: Già. E poi spunta questa ragazzina scarmigliata, e... tutto cambia.
OLIMPIA: Ma come? Io... Xena, tutto quello che feci fu piombarti tra i piedi e chiederti di portarmi con te.
XENA: Sì, infatti... ma io avevo pensato di andarmene al Tartaro. Non credo che avrei potuto portarti con me laggiù, vero?
OLIMPIA: N...no.
XENA: Olimpia, quello che facesti fu credere in me. Quando non ci credevo io stessa. Tu mi desti qualcosa per cui vivere... Ciò che decisi fu, che non c'era bisogno che mi uccidessi subito. Avrei affrontato un giorno alla volta per vedere cosa succedeva.
OLIMPIA(cautamente): Quando decidesti di non ucciderti?
XENA: Non saprei dire esattamente quando. Solo... un giorno, guardai oltre il fuoco del bivacco, e capii che avevo trovato quell'ispirazione che avevo tanto cercato. Non aveva più molta importanza dove andassi, o perfino cosa avrei fatto, finché l'avessimo fatto insieme.

Olimpia l'attira a sé e la bacia teneramente, poi l'abbraccia stretta.

OLIMPIA(sussurrando): Non l'ho mai saputo.
XENA: Sei tu il mio eroe, Olimpia. Spero che tu lo sappia adesso.

Olimpia comincia a piangere sommessamente e Xena le bacia via le lacrime. Il lungo racconto di Xena è ormai finito, e le due compagne giungono finalmente nel luogo di origine del Graal, un tempio non ben identificato, circondato da prati lussureggianti e curati, dove i loro cavalli, appena liberati da selle e bardature, cominciano a rotolarsi nell'erba fresca per ripulirsi della sabbia del deserto.

OLIMPIA: Come li capisco.
XENA: Vorresti rotolarti nuda nell'erba?

Olimpia spalanca gli occhi fino a far scomparire le sopracciglia dietro la frangia di capelli sulla fronte, fissando Xena che la sta guardando dalla testa ai piedi con un sorriso conturbante.

OLIMPIA: Aspetta finché non troviamo dell'erba che non sia intorno ad un luogo sacro.
XENA: Potremmo fingere di celebrare il rito della fertilità. E' una cerimonia religiosa.
OLIMPIA: Considerando che siamo entrambe fertili, potrebbe rivelarsi una prospettiva pericolosa, specialmente dato che non sappiamo con che tipo di dèi abbiamo a che fare qui.

Entrate nel tempio, Xena e Olimpia avvicinano un gruppo di monaci intenti alla preghiera, che immediatamente interrompono vedendole. I monaci sono evidentemente votati al silenzio, visto che non rispondono che a cenni alle domande delle due donne, ma quando Olimpia estrae dalla sua sacca la coppa, il gruppo di monaci immediatamente cade in ginocchio e quello che sembra il più alto in grado, ritrovata la parola le ringrazia e le invita a posare personalmente la reliquia al centro dell'altare. A loro, spiega, non è concesso toccarla e si erano imposti il voto del silenzio finché non fosse stata restituita. Xena offre loro anche i cavalli, ma Olimpia la ferma, chiedendole di poter tenere il suo. E' molto tempo che non ne possedeva più uno e ha gia deciso di chiamarlo Giasone, proprio come il nome del comandante della nave Argo su cui, insieme a quelli che passarono alla leggenda come gli Argonauti, partì alla ricerca del Vello d'Oro. Giasone e Argo, due nomi votati anch'essi ad un destino unico.

OLIMPIA: Allora, dove andremo ora? Sei pronta a salire su quella nave per casa?
XENA: Per me non ha importanza, Olimpia, finché sarò accanto a te. E' già molto tempo che io sono a casa.

Olimpia appare profondamente commossa. Si ferma e prende la mano di Xena, intrecciando le loro dita insieme. E si allontanano così verso il tramonto, mano nella mano, parlando, mentre in distanza sembra quasi di vedere la figura di un cavallo dal manto dorato che cavalca libero nel vento del deserto.

PS: La decisione, abbastanza improvvisa, ma lungamente meditata di chiudere l'avventura della SVS al settimo episodio di questa stagione (ma approfondiremo meglio l'argomento dopo), costrinse probabilmente a trasformare quello che era solo un bel soggetto per un nuovo episodio di Xena, in qualcosa di più. La storia, che avrebbe semplicemente dovuto narrare come la Principessa Guerriera e la sua prima originale Argo si erano incontrate, ispirandosi al film "Hidalgo-Ocean of Fire" ("Oceano di fuoco") uscito nelle sale cinematografiche solo l'anno prima, e colmando un'altra di quelle lacune di cui abbiamo già parlato abbondantemente, si allargò quindi fino a diventare una specie di compendio, non solo del periodo della vita di Xena di cui non conoscevamo quasi nulla, tra il suo abbandono di Hercules ("Unchained Hearts", prima stagione della serie sul figlio di Giove) e il suo incontro con Olimpia, nel primo episodio della sua serie personale, ma anche dei primi anni della loro relazione, chiarendo alcuni dubbi e qualche perplessità comportamentale che la serie tv si era lasciata dietro senza mai veramente spiegarli. E non c'è dubbio che per questo particolare compito sia stata fatta la migliore scelta: infatti, Linda Crist, che aveva già scritto per la SVS, l'episodio di esordio di questa decima stagione, "The Xenthurian Legend" (a cui peraltro, con il tema del Graal, questo episodio fa da appendice) è nota soprattutto tra gli xeniti come l'autrice della purtroppo incompiuta raccolta di racconti "Between The Lines", a cui avevo già brevemente accennato, in cui si era divertita ad immaginare cosa poteva essere accaduto tra un episodio e l'altro della serie tv, cercando di descrivere sensazioni e stati d'animo delle due compagne alle vicende che capitavano loro, quando calava il sipario, e provando anche a dare una logica ad atteggiamenti talvolta contrastanti con i caratteri dei personaggi, dovuti alla disparità dei punti di vista dei vari sceneggiatori televisivi che si alternavano a firmare gli episodi. L'opera però, come ho detto, s'interruppe dopo il quinto episodio della seconda stagione, "Return of Callisto", e da allora, la scrittrice non vi si è più dedicata con grande delusione dei fans. Per cui, credo, abbia fatto piacere a molti, vederla integrare almeno in parte quella serie di racconti con questo episodio finale della SVS che ne è un buon erede. La Crist ha anche colto l'occasione (oltre che per tornare in maniera intrigante sul tema della fertilità), per ribadire una sua profonda convinzione: che all'inizio di "Sins of The Past", il primissimo episodio della serie, quando Xena si ferma a seppellire le sue armi, fosse in realtà in procinto di suicidarsi, e tra i motivi di questa convinzione, vi è anche quello che in una scena quasi speculare in "Friend in Need", ultimo episodio invece della serie tv, Xena compie lo stesso gesto, ben consapevole di andare incontro alla morte, chiudendo per certi versi un cerchio, e la cosa le fu confermata ufficialmente da Melissa Good che aveva avuto modo di saperlo direttamente dai creatori del personaggio. L'unico suo dubbio, come confessò nella pagina della posta del sito, era se Olimpia se ne fosse mai resa conto. Alla fine optò per il sì, e il dialogo di questo episodio lo dice chiaramente, spazzando così quest'ultima residua nube. Tra gli altri episodi tv non ancora citati di cui si parla (e di cui ho preferito omettere ogni riferimento in sede di narrazione per evitare troppe interruzioni) in rapida panoramica, ci sono "Mortal Beloved" ("Xena e l'elmo di Plutone"), con il viaggio al Tartaro di Xena, "Altared States", con Olimpia sotto gli effetti della droga, mentre Salmoneo e l'acqua con le bolle appartengono a "The Greater Good", tutti della prima stagione, poi abbiamo l'uccisione di Ming Tien in"The Debt II", terza stagione, l'avventura con gli Sciiti è in"In Sickness and in Hell", quarta stagione, e Virgilio e i cannibali sono in "The Abyss", sesta stagione.


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